6
Nel secondo capitolo si propone, invece, un breve excursus sul mondo
dell’interpretazione in campo sociale, il suo radicamento nella realtà francese e il
modello di intégration à la française che influenza notevolmente le scelte operate in
tema di immigrazione. L’associazione ISM-Interprétariat con i suoi obiettivi, la sua
organizzazione, le sue attività e i servizi offerti è oggetto del terzo capitolo. Di seguito
(quarto capitolo) si ripercorrono le tappe che precedono l’analisi vera e propria,
fornendo alcuni cenni riguardo alla metodologia utilizzata e presentando in seguito la
versione integrale della rappresentazione dei dati raccolti, la trascrizione. Infine il
quinto capitolo è composto dall’analisi di alcuni meccanismi della conversazione
registrata. Dopo alcune osservazioni di carattere contestuale riguardanti la
comunicazione in ambito medico, vengono analizzati alcuni aspetti dell’interazione: le
ripetizioni di parole pronunciate precedentemente da un altro parlante, le strategie di
face saving, il loro legame con il discorso riportato, le ripercussioni sullo status degli
interlocutori, e infine l’utilizzo dei marcatori conversazionali e il loro ruolo nella
costruzione dei rapporti all’interno dell’interazione.
7
CAPITOLO 1
L’immigrazione in Francia
1
Étranger ! Que signifie ce mot ? Quoi, sur ce rocher, j’ai moins de droits que dans ce champ ?
Quoi, j’ai passé ce fleuve, ce sentier, cette barrière, cette ligne bleue ou rouge
visible seulement sur vos cartes, et les arbres, les fleurs, le soleil ne me connaissent plus ?
Quelle ineptie de prétendre que je suis moins homme sur un point de la terre que sur l’autre !
(Victor Hugo, en exil à Guernesey)
1.1 Immigrato o straniero?
Prima di addentrarsi nel mondo dell’immigrazione in Francia, è opportuno
distinguere due termini che vengono spesso utilizzati come sinonimi, ma che si
riferiscono a due realtà concettuali diverse: immigrato e straniero. L’immigrato è colui
che risiede in un paese pur non essendovi nato. Lo straniero è invece colui che pur
risiedendo in un determinato paese non ne possiede la nazionalità. La difficoltà sta nel
fatto che non tutti gli stranieri sono immigrati e, viceversa, non tutti gli immigrati sono
stranieri. Una persona può per esempio essere immigrata, ma aver acquisito la
nazionalità francese oppure può essere straniera solo poiché ha conservato la nazionalità
del paese d’origine di un genitore, pur essendo nata e vissuta in Francia.
Questa distinzione, che potrebbe di primo acchito sembrare inutile, è in realtà
molto rilevante nello studio dei fenomeni legati all’integrazione dell’individuo in un
determinato paese. Nel mese di marzo del 1999, data dell’ultimo censimento della
popolazione francese, gli immigrati residenti nella Francia metropolitana erano
4.310.000, mentre gli stranieri erano 3.260.000. Quest’ultimo dato varia notevolmente
in funzione dell’acquisizione della nazionalità e va segnalato che l’85% degli stranieri
non era nato in territorio francese ed era quindi anche immigrato.
1
I dati quantitativi sono tratti dal sito dell’istituto nazionale francese di statistica.
8
La confusione terminologica è quindi giustificata dal fatto che talvolta i due
termini, pur rimandando a due concetti distinti, possono identificare
contemporaneamente la stessa persona, come si può notare dal grafico proposto qui di
seguito.
Infine, è opportuno precisare che l’immigrato può diventare francese per
acquisizione (immigrato francese appunto) o conservare la nazionalità del suo paese
d’origine (immigrato straniero).
9
1.2 I flussi migratori in Europa
A partire dal dopoguerra il vecchio continente, terra di emigrazione durante tutto
il XIX secolo, ha dovuto adattarsi ad accogliere grandi ondate di migranti. Dopo la fine
della seconda guerra mondiale, si possono distinguere sei tipi di migrazioni di massa:
spostamenti di popolazioni legati alle conseguenze della guerra; migrazioni legate alla
decolonizzazione; migrazioni post-coloniali; migrazioni legate all’apporto di mano
d’opera e successivi ricongiungimenti familiari; migrazioni d’élites; flussi di rifugiati.
Nell’arco di pochi anni l’Europa ha quindi dovuto adoperarsi per gestire, in misura
variabile secondo il paese, tutte le problematiche connesse all’arrivo di queste nuove
popolazioni.
Alla fine degli anni ’70, la maggior parte degli stati europei riteneva però che
l’era delle grandi migrazioni internazionali fosse giunta a termine. La sospensione dei
flussi legati alla mano d’opera straniera retribuita e l’adozione di politiche per favorire il
ritorno dei lavoratori nelle loro terre d’origine avrebbe segnato, secondo l’opinione
comune, la fine dell’immigrazione. Tuttavia nel corso degli anni ’80 e ’90, l’Europa è
diventata un vero e proprio continente di immigrazione e i flussi hanno continuato ad
aumentare. A partire dagli anni ’80, la moltiplicazione di reti e contatti economici,
mediatici e culturali ha risvegliato la “voglia d’Europa”, destando alcune regioni e
popolazioni che fino ad allora erano parse sedentarie. Numerosi paesi storicamente
d’emigrazione (come Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Polonia e Ungheria), sono
diventati paesi di immigrazione, anche di massa, e hanno dovuto adottare delle politiche
consone alla gestione del problema.
Attualmente, nella maggioranza degli stati europei, si mira alla limitazione dei
flussi migratori cercando di regolamentare l’immigrazione temporanea che risponde alle
esigenze del mercato del lavoro. Gli immigrati, dal canto loro, rientrano sempre più
raramente nei loro paesi d’origine. Tuttavia, nonostante si moltiplichino i dibattiti
politici sulla gestione del problema e insorgano non pochi detrattori nei confronti della
tolleranza verso l’immigrazione, è evidente che numerosi paesi europei dipendano
sempre più dall’apporto degli immigrati alle nostre società, che si trovano a dover
10
combattere contro la drastica diminuzione del tasso di natalità e l’invecchiamento della
popolazione.
È infine opportuno ricordare che la distribuzione degli stranieri all’interno
dell’Europa evidenzia una forte concentrazione in un numero esiguo di paesi e mostra
l’esistenza di rapporti privilegiati tra alcuni paesi d’origine e stati di accoglienza, legati
da affinità culturali, economiche e politiche spesso radicate nella storia. Per quel che
riguarda la Francia, il 97% degli algerini residenti in Europa risiede in territorio
francese, così come i 2/3 dei tunisini e dei portoghesi espatriati in Europa e il 47% dei
marocchini.
1.2.1 La politica di immigrazione in Europa
Verranno proposte qui di seguito, in sintesi, le maggiori tappe della politica
europea in materia di immigrazione.
Il punto di partenza è costituito dal trattato di Roma del 1957, che sancisce la
libertà di circolazione dei lavoratori all’interno dell’Europa e ne disciplina i diritti.
L’Atto unico europeo del 1985 porta, in seguito, alla creazione dello spazio unico
europeo senza frontiere che garantisce a tutti gli individui la libertà di circolazione.
L’accordo di Schengen siglato nello stesso anno prevede una serie di misure, tra le quali
la sospensione dei controlli per le persone alle frontiere interne (tra gli stati firmatari
dell’accordo) e il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne, l’adozione di un
sistema informatico di controllo e di un sistema per la messa in rete dei dati sui
clandestini.
Nel 1990, gli accordi di Dublino definiscono una politica comune europea in
materia di asilo, stabilendo per esempio il principio di solidarietà tra i paesi europei per
il controllo delle entrate clandestine. Il trattato di Maastricht del 1992 riconosce poi la
cittadinanza europea che garantisce al cittadino la libertà di circolare, stabilirsi e
lavorare all’interno dei paesi dell’Unione, il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni
europee e al Parlamento europeo. Successivamente il vertice di Tampere del 1999, a
11
seguito di una riunione informale dei Ministri europei dell’Interno e della Giustizia,
durante la quale Francia, Gran Bretagna e Germania presentarono un contributo
comune
2
, definisce una politica comune in materia di immigrazione sulla base degli
obiettivi economici e demografici dell’Unione, abbandonando il progetto
dell’immigrazione zero.
Nel 2000 viene creato un Fondo europeo con l’obiettivo di favorire
l’accoglienza, l’integrazione e l’aiuto al rimpatrio dei rifugiati. Il vertice di Laeken del
2001 conferma la necessità di attuare una politica comune in materia di immigrazione e
di asilo, mentre il vertice di Siviglia del 2002 sottolinea l’importanza di una
regolamentazione dell’immigrazione clandestina.
Il Consiglio dei Ministri dell’Unione europea adotta nel febbraio del 2003 un
testo sul diritto al ricongiungimento familiare che costituisce il primo esempio di
direttiva in materia di immigrazione legale, a partire dal momento in cui questo tema è
diventato di competenza europea. Tale direttiva verrà tuttavia annullata nel dicembre
dello stesso anno dalla Corte di Giustizia alla quale si è rivolto il Parlamento, poiché
subordinava l’ammissione di un individuo di età superiore ai 12 anni al superamento di
alcuni test di integrazione. In seguito, il vertice di Salonicco del 2003 si pone come
obiettivo, tra gli altri, l’armonizzazione della politica comune. Gli stati membri e i paesi
candidati approvano la creazione di una struttura incaricata di coordinare i progetti di
cooperazione alle frontiere esterne dell’Unione europea. Vengono inoltre previsti
stanziamenti per la realizzazione del progetto.
Infine, nel febbraio 2004 la Commissione europea propone ai Ministri
dell’Interno dei 15 stati membri riuniti a Dublino di partecipare finanziariamente
all’espulsione dei clandestini, utilizzando una parte dei fondi comunitari per i cosiddetti
“charters congiunti”.
2
Il documento, presentato alla vigilia della preparazione del vertice di Tampere, sancisce il rifiuto della
“immigrazione zero” ma altresì della “libertà totale” e invita gli stati membri a definire una politica di
sviluppo comune con i paesi d’origine dei migranti.
12
1.3 L’immigrazione francese in cifre
Secondo i dati raccolti dall’INSEE
3
, nel mese di marzo 1999, data dell’ultimo
censimento nazionale, il numero di immigrati residenti in Francia era pari al 7,4% del
totale della popolazione francese. Questo dato mostra come la percentuale di immigrati
sia rimasta pressoché stabile dalla fine degli anni ’70 alla fine degli anni ’90. Nel
seguente grafico si noterà inoltre l’evoluzione del fenomeno nella popolazione
femminile e quella maschile.
Nel 1999, su un totale di 4.310.000 immigrati, 1,56 milioni possedevano la
nazionalità francese. Pertanto più di un immigrato su tre (36%) era a tutti gli effetti
cittadino francese.
Le origini geografiche di questi individui sono sempre più variegate e lontane.
Nel 1999 gli immigrati originari di uno dei quindici paesi appartenenti all’Unione
europea erano 1,6 milioni, cifra inferiore al censimento precedente (1990) di circa nove
punti percentuali.
3
L’INSEE è l’Institut National de la Statistique et des Études Économiques.
13
La spiegazione di questa diminuzione va ricercata nell’immigrazione di vecchia
data, che ha portato a una stabilizzazione dei flussi tradizionali provenienti
principalmente da Spagna, Portogallo e Italia. È stato registrato invece un aumento del
dato degli immigrati originari di paesi europei non appartenenti all’Unione, sebbene la
percentuale totale di immigrati provenienti dal vecchio continente sia in diminuzione. In
netta crescita è anche il numero di persone originarie di altri paesi e in particolare
Turchia (16% del totale), paesi asiatici (35% del totale) e Africa sub-sahariana (questi
ultimi con un rialzo del 45%).
Per quel che riguarda la distribuzione degli immigrati all’interno del paese, la
maggior parte di essi risiede nella regione parigina, l’Île-de-France (37%), seguita da
Rhônes-Alpes e PACA (Provence, Alpes, Côte d’Azur), rispettivamente 11% e 10%. Le
tre regioni francesi più densamente popolate raggruppano più della metà di tutti gli
immigrati francesi. La popolazione immigrata si concentra quindi soprattutto nelle
grandi città e in particolare nella capitale, dove un abitante su sei è immigrato.
14
Il generale aumento dell’immigrazione rispetto all’inizio degli anni ’90 è dovuto
a un incremento delle donne (+7,2%). L’immigrazione, da sempre prioritariamente
maschile, ha pressoché raggiunto l’equilibrio tra uomini e donne grazie alle politiche
legate al ricongiungimento familiare. Per quel che riguarda le fasce d’età della
popolazione immigrata, si può affermare che si differenziano fortemente dalle fasce
dell’insieme della popolazione francese. I giovani, infatti, sono poco numerosi, poiché
per definizione l’immigrato è un individuo che non è nato in Francia. La metà degli
immigrati ha un’età che varia tra i 30 e i 55 anni e un quarto di essi ha più di 60 anni.
Quest’ultima fascia è in continua crescita, a conferma dell’invecchiamento
dell’immigrazione apportatrice di mano d’opera negli anni ’60 e ’70.
Sempre nell’anno dell’ultimo censimento, è stato registrato che 1,5 milioni di
immigrati (36% del totale) possedevano la nazionalità francese. Questo dato è
strettamente collegato all’età degli immigrati stessi, poiché sono necessari almeno
cinque anni di residenza nel territorio per poter avviare la domanda di acquisizione della
nazionalità. È pertanto logico che la percentuale di immigrati francesi aumenti secondo
le fasce d’età.
15
Al contrario il numero di immigrati stranieri, ovvero coloro che hanno scelto di
mantenere la nazionalità del proprio paese d’origine, è leggermente diminuito rispetto
all’ultimo censimento. Nel grafico proposto qui di seguito si può notare come la
percentuale di immigrati in possesso della nazionalità vari notevolmente secondo il
paese d’origine.
16
1.4 La legislazione nazionale
Si analizzeranno ora i principi guida della politica francese in materia di
regolamentazione dei flussi migratori. Negli ultimi 10 anni l’immigrazione è stata uno
dei temi più scottanti all’ordine del giorno e, se da una parte ha costituito una delle
maggiori preoccupazioni per gli uomini politici, dall’altra è stata spesso associata a una
sensazione di insicurezza da parte dell’opinione pubblica. Si distinguono attualmente
cinque categorie di immigrazione:
• immigrazione economica: escludendo i cittadini europei che godono della libertà
di circolazione, raggruppa per esempio i lavoratori stagionali o il personale
qualificato extra-comunitario;
• ricongiungimento familiare: in questa categoria vengono considerati sia i
congiunti dei cittadini stranieri che i congiunti degli immigrati francesi;
• categorie specifiche: per esempio persone economicamente autonome e che non
necessitano di lavorare, oppure ricercatori;
• immigrazione temporanea: per esempio gli studenti;
• rifugiati statutari per motivi politici o economici suddivisi in tre micro-categorie:
immigrati permanenti, ovvero stranieri che ottengono un
permesso di soggiorno della durata minima di un anno;
immigrati temporanei, ovvero stranieri il cui permesso di
soggiorno ha una durata variabile tra i 3 mesi e l’anno;
immigrati stagionali, stranieri il cui contratto di lavoro ha una
durata massima di 6 mesi, ma consente loro di ottenere
un’autorizzazione di soggiorno lavorativo.
Nonostante i numerosi dibattiti sulla mancanza di controlli, gli arrivi di nuovi
immigrati in Francia si sono pressoché stabilizzati.
17
Un terzo arriva sul suolo francese per il ricongiungimento familiare, il 20% sono
persone che richiedono lo status di rifugiati, il 25% sono lavoratori permanenti e la parte
restante persone alle quali viene concesso un soggiorno temporaneo.
Negli ultimi decenni la legislazione che regola i flussi migratori, la lotta
all’immigrazione clandestina e la concessione d’asilo ha visto un abbondante
moltiplicarsi di norme e regolamenti, che hanno dovuto tra l’altro armonizzarsi con le
norme europee. Verranno presentate ora le tappe più recenti. Le leggi Pasqua del 1993
4
ponevano l’accento su una serie di restrizioni: controllo dei flussi migratori, limitazione
del ricongiungimento familiare in un’unica volta e nel rispetto di alcuni criteri minimi di
reddito, controllo dei matrimoni bianchi e controlli severi alle frontiere. L’insieme di
queste disposizioni generava però un clima di diffidenza e di sospetto nei confronti
dello straniero.
Inoltre il testo di legge era estremamente complicato e le modifiche successive (in
particolare la legge Debré del 1997
5
) generarono ulteriori difficoltà. La soluzione di
situazioni individuali apparentemente inestricabili impose pertanto una semplificazione
legislativa. Il rapporto Weil del 1997 propose importanti miglioramenti dell’apparato
amministrativo, tra i quali:
• l’eliminazione di alcuni controlli per evitare alla pubblica amministrazione un
inutile dispendio di tempo ed energie (semplificazione del sistema di
concessione dei permessi di soggiorno, limitazione delle situazioni considerate
di clandestinità, ecc.);
• un cambio radicale nella lotta all’immigrazione irregolare (rafforzamento dei
dispositivi per la lotta al lavoro nero, miglioramento delle misure per
l’allontanamento degli immigrati in posizione irregolare, ecc.);
4
Tale dispositivo comprende la legge n. 93-1027 del 24 agosto 1993 relativa alle condizioni di entrata e
di soggiorno degli immigrati in Francia e la legge n. 93-1417 del 30 dicembre 1993 che ha comportato
alcune modifiche del Codice Civile.
5
La legge n. 97-396 del 24 aprile 1997, detta legge Debré, prevedeva in particolare il certificato
d’alloggio, obbligatorio, con o senza permesso di soggiorno, anche per coloro che venivano in visita
presso un parente o un amico e l’obbligo di comunicare la partenza dell’ospite al centro civico del
quartiere del proprio domicilio.
18
• l’inserimento della politica di immigrazione al centro della politica
internazionale, migliorando così anche l’accoglienza degli studenti universitari,
degli investitori e degli esperti, e favorendo il legame tra immigrazione, sviluppo
e aiuti al rimpatrio.
La legge Chevènement del 1998
6
, ispirata al rapporto Weil, modificò
sostanzialmente la legislazione precedente. Tuttavia, la complessità e talvolta le
contraddizioni normative sull’immigrazione hanno portato alla creazione di casi
individuali apparentemente irrisolvibili, con la conseguente presenza sul territorio
francese di immigrati di vecchia data in situazione irregolare, i cosiddetti sans papiers
7
.
Una circolare ministeriale invitò a riesaminare la situazione di alcune categorie di
stranieri in posizione irregolare, come per esempio le persone alle quali era stato
rifiutato lo status di rifugiato politico. Secondo le stime del Ministero dell’Interno, dei
circa 300.000 clandestini residenti in Francia al 31 gennaio 1999, 79.700 hanno ottenuto
un permesso, previa richiesta.
Gli altri resteranno comunque sul territorio francese. Infatti, pur non essendo la
loro posizione regolarizzabile secondo i criteri stabiliti, non potranno essere espulsi in
massa data la loro quantità e l’indeterminatezza della loro situazione. Alcune
disposizioni della legge Chevènement (come per esempio la concessione di un permesso
di soggiorno di un anno allo straniero che ha soggiornato per almeno 10 anni sul
territorio francese, anche in posizione irregolare) hanno poi permesso di regolarizzare
ancora qualche migliaio di immigrati.
La legge più recente in materia di controllo dell’immigrazione, soggiorno degli
stranieri in Francia e concessione della nazionalità è la n. 2003-1119, promulgata il 26
novembre 2003. Tale legge inasprisce le condizioni di entrata e di accoglienza degli
stranieri in Francia e prevede la creazione di un registro di impronte digitali a partire dai
permessi di soggiorno e dai controlli effettuati alla frontiera, il prolungamento della
6
La legge n. 98-349 dell’11 maggio 1998, detta legge Chevènement, regolamenta in particolare l’entrata
e il soggiorno degli immigrati in Francia, il diritto d’asilo e i diritti sociali.
7
In questa categoria vanno inclusi anche gli ex demandeurs d’asilenai quali è stato rifiutato l’asilo
politico.
19
durata massima di detenzione amministrativa nelle “zone d’attesa” da 12 a 32 giorni,
sanzioni più severe per i trafficanti di clandestini e la concessione della residenza a un
congiunto straniero solo dopo 2 anni. La legge prevede inoltre una riforma della doppia
pena
8
, secondo la quale, al termine del periodo di reclusione, uno straniero non potrà
essere espulso dalla Francia se vi è nato o se vi risiede almeno a partire dall’età di 13
anni. Pesanti pene sono state anche introdotte contro i cosiddetti matrimoni fittizi, con
l’unico obiettivo di consentire l’arrivo di nuovi cittadini extracomunitari, e per arginare
il fenomeno della “paternità di favore”
9
. Con la nuova legge, per ottenere il
ricongiungimento familiare, il genitore dovrà dimostrare di aver provveduto dall’estero
al sostentamento del figlio.
8
La doppia pena prevede l’espulsione di un irregolare dopo aver scontato la reclusione in territorio
francese.
9
Questo fenomeno riguarda gli abusi in materia di ricongiungimento familiare concesso a genitori
extracomunitari di bambini con cittadinanza francese.