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Già con la “legge di Moore
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” del 1964 (ormai diventata una leggenda) si parlava
di un teorico aumento esponenziale dei circuiti microelettronici ogni 12 mesi.
Attualmente i microprocessori dei computer raddoppiano di potenza, a parità di
prezzo, circa ogni diciotto mesi. Questo per affermare che si tratta di un settore in
evoluzione continua e potenzialmente incontrollabile, per questo ci si chiede
ormai da tempo se necessiti di un monitoraggio costante e una legiferazione in
permanente aggiornamento, oppure possa essere lasciato libero di autoregolarsi.
Lo spazio Web (che chiameremo Internet, o semplicemente Rete), è un
contenitore di scambio immateriale che William Gibson nel 1984 definì
cyberspace (spazio cibernetico) e tuttora questo termine viene utilizzato per
definire gli utenti di Internet (cibernauti) e la Rete stessa (ciberspazio). All’interno
di questo spazio virtuale si sono sviluppati in questi ultimi anni dei veri e propri
“luoghi” immateriali per incontri, per relazioni, per il reperimento delle
informazioni più disparate, per giocare, per quasi ogni cosa. Gli utenti americani
per primi hanno elaborato un sistema di “linguaggio telematico” ad uso e
consumo degli utenti di Internet: per fare un esempio, due utenti che entrano in
contatto via Internet tramite le molteplici forme possibili (vedremo in merito i
newsgroup, le chatrooms) possono salutarsi scrivendo le lettere “cu”, e ancora
aggiungendo numeri “l8r”, che pronunciato all’americana nell’insieme diventa
“see you later” (ci vediamo più tardi).
Questo esempio, per quanto faceto e apparentemente banale, evidenzia come ci
sia un “mondo parallelo” che corre lungo i fili del telefono e sviluppa una cultura
autonoma, addirittura un linguaggio (l’esempio americano era solo l’inizio,
attualmente anche in Italia esiste un linguaggio “virtuale” ben definito).
Si è ormai creata una società virtuale che necessita di legislazione completa ed
aggiornata perché, stando agli ultimi sviluppi di questo fenomeno di portata
mondiale, questa sorta di comunità riesce purtroppo a favorire nel suo interno
anche le devianze della società reale. Per questo la legge dovrebbe porre
un’attenzione costante agli sviluppi di Internet, gli Stati non possono permettere
che sfugga di mano data l’interazione di questo sistema con tutti i campi della
società, dell’economia e della politica. Molti governi e giuristi sostengono che
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http://www.gandalf.it/uman/moore.htm
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Internet vada regolato da leggi certe, armonizzate a livello internazionale,
considerato che non esiste un’autorità centrale o un soggetto che pretenda diritti
esclusivi per effetto di un atto statale di concessione o di un accordo tra Stati
internazionalmente valido e recepito dai contraenti nella loro legislazione interna
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in materia di Internet. Non è dimostrabile l’esistenza di un ordinamento giuridico
internazionale dei rapporti tra privati al quale sia possibile attribuire la disciplina
dei fatti che avvengono in Internet (Ballarino). Insomma, molti ravvisano
l’esigenza di un’autorità istituzionale sovra-nazionale unica e armonizzata a
regolamentazione del mondo del Web: lo stesso ex presidente degli Stati Uniti
d’America Bill Clinton affermava nel Time Magazine del 14 luglio 1997
l’esigenza di un accordo internazionale e non di leggi statali per assicurare il
libero commercio su Internet: ovviamente il problema non riguarda solo il
commercio, bensì ogni campo che viene toccato dalla Rete.
Questa corrente di pensiero pro-legge e pro-trattati internazionali si scontra con
un’altra, che sostiene che la “macchina Internet” sia praticamente perfetta, perché
i suoi utenti diverranno (se non lo sono già) talmente abili ed esperti da poter
fronteggiare ogni devianza che lo stesso sistema potrà generare: insomma, una
corrente di pensiero che sostiene la necessità di una piena autonomia di Internet.
Sia la prima che la seconda corrente di pensiero tendono a rivelarsi “chiuse”
rispetto all’attuale stato dell’arte riguardante Internet, ma queste posizioni estreme
probabilmente possono giungere a mediazione ed arrivare a soluzioni globali,
nell’interesse di tutti, tutelando i bisogni di (quasi) tutti.
Posto come base che in questi anni si è creata una vera e propria comunità
virtuale, il principale interrogativo è il “come” questa nuova società si possa
regolare, in considerazione del fatto che è un “ordine sociale spontaneo” (come
evidenzia Angelo Maria Petroni), è una società che per quanto immateriale, riesce
ad auto-generarsi, ad auto-rinnovarsi, e per certi versi anche ad auto-regolarsi: è
una società che, viste le premesse e gli attuali sviluppi, ha influenzato e influenza
pesantemente quella reale.
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Ballarino, Tito, Internet nel mondo della legge, CEDAM, Milano, 1998
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La spontaneità della società virtuale è sotto gli occhi di ogni utente, che anche nel
semplice fruire delle informazioni si trova di fronte a scelte consapevoli su “dove”
andare a reperire materiale, “come” acquisirlo e in che forma, però affronta anche
il problema di come relazionarsi con altri utenti e in questo analizza anche le varie
forme di “lesione” della sfera altrui: è possibile infatti creare dei danni agli altri
utenti (i più gravi coinvolgono i minori), e li affronterò nel corso della ricerca.
Quindi la spontaneità e l’autonomia di Internet sono le prime caratteristiche che
colgono l’attenzione di ogni utente, anche il meno esperto.
Gran parte delle operazioni che oggi si possono compiere con un PC da casa sono
le stesse che due o tre anni fa si ritenevano difficili da eseguire anche dagli utenti
più esperti e quattro o cinque anni fa per alcuni versi erano impensabili: con
queste premesse come si deve comportare il legislatore? È possibile un continuo
aggiornamento dell’universo legislativo a seconda dei cambiamenti del sistema
informatico oppure è più semplice (e prudente) definire i principi generali per
colpire le principali devianze che vengono offerte da tale sistema e lasciare libero
sfogo alla fruizione delle informazioni come contributo alla cultura della società
del domani? Sono interrogativi di straordinaria attualità, perché come presenterò
nel corso dell’elaborato esistono innumerevoli casistiche all’interno della Rete
(Internet), molte delle quali sono ancora in fase embrionale e di conseguenza
difficili da rilevare.
Il materiale disponibile a livello letterario su questa materia è relativamente
limitato e in gran parte risulta non attuale, perché molti degli interrogativi che
sono stati posti nella letteratura di pochi anni fa sull’argomento hanno trovato
risposta anche poco tempo dopo attraverso la creazione di leggi, di convenzioni,
di semplici convegni o tavoli di discussione, nonché di sentenze delle massime
corti di giustizia. Per questo la maggior parte del materiale riguardante Internet è
consultabile proprio in Internet stesso, essendo uno strumento che si aggiorna in
tempo reale.
Il dibattito attorno al tema dell’autonomia di Internet è recentissimo e vede
posizioni contrastanti all’interno della società ma anche all’interno degli addetti ai
lavori.
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In questa ricerca affronterò implicitamente il problema dell’evoluzione di Internet
e della sua influenza sulla società; tratterò con particolare attenzione il documento
elaborato dalla Chiesa Cattolica in merito all’etica di Internet perché ritengo
fondamentale analizzare la posizione di un ente religioso nei confronti di un
fenomeno di così grande attualità rispetto ai canoni tradizionali di cultura e di
società. L’approccio della Chiesa è un tentativo come tanti altri (forse però più
autorevole dal punto di vista morale) di dare delle direzioni a Internet stesso
(quindi ai suoi utenti), o a chi deciderà di regolamentarlo.
Affronterò il grande tema della libertà di manifestazione del pensiero in Internet,
della tutela dei diritti della persona all’interno di questo nuovo strumento di
informazione che si sta rivelando anche un potente veicolo di relazione e
interazione tra individui, con le conseguenze che ne derivano.
Tratterò le principali forme di devianza all’interno della Rete (i cosiddetti Internet
crimes e non solo) con i riferimenti principali alle leggi vigenti, considerando che
sono quasi tutte in fase di modifica continua e quindi affrontando il più possibile
gli aspetti generali concentrandomi sul sistema italiano.
Sintetizzerò casistiche internazionali per porre ad esempio quali siano alcuni
interventi della legge in materie piuttosto dibattute riguardanti Internet, e
soprattutto se tali interventi vadano in una direzione condivisa a livello mondiale,
o siano solo “episodici”.
Uno scopo ulteriore di questo elaborato è aprire un varco su quali possano essere
gli sviluppi della “società dell’informazione”, considerato il fatto che la “società
reale” è già dotata di regole e di ordinamenti che fanno capo ai singoli Stati e ad
organi istituzionali superiori che li raggruppano (come l’Unione Europea). La
Web Society invece è una sorta di “mondo parallelo” all’interno del quale si
possono sviluppare, oltre alla diffusione di ogni genere di informazioni, anche
relazioni umane, dibattiti in tempo reale, discussioni tra gruppi e quant’altro: è
chiaro che uno spazio d’azione così ampio necessiti delle regole per essere
controllato, specie se coinvolge persone reali. L’opinione pubblica è piuttosto
restia ad accettare che all’interno del mondo virtuale si possano generare rapporti
reali (tra gli utenti), invece esistono già in modo cospicuo esempi di come la
società virtuale possa ospitare luoghi, ovviamente immateriali, che incontrano
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molte somiglianze con i luoghi “veri” di tutti i giorni (vedremo gli esempi noti
come newsgroup, forum, chatrooms). In questi luoghi all’interno della Rete si
sviluppano spesso numerose regole spontanee (non legate a leggi disciplinate
dalle Istituzioni bensì a leggi interne ai siti che li ospitano) che funzionano a volte
meglio delle leggi “reali”.
Senza cadere nella provocazione, cercherò di fare degli esempi su alcune forme di
aggregazione sociale e di spontaneità delle leggi in Internet per compiere un
implicito parallelismo con le leggi vigenti negli ordinamenti degli Stati, allo
scopo di poter generare una riflessione sul futuro di questo fenomeno che, spesso,
è fin troppo simile a tutto ciò che accade nella vita reale, di tutti i giorni, nella
società. Di conseguenza è necessario che questo strumento venga - attraverso
norme, discussioni spontanee, regole consuetudinarie o quant’altro – regolato in
modo globale e armonico per poter essere favorito e messo in condizioni di dare
un reale contributo allo sviluppo della società del domani.
Nelle conclusioni cercherò anche di accennare alle proiezioni della socialità in
Internet, l’impatto che la Rete può avere nell’educazione dei bambini, dei giovani,
in particolare minorenni. In Internet si può trovare qualsiasi tipo di materiale e
questa ricchezza di informazioni non è mai stata così disponibile nella storia
dell’uomo: resta il problema di analizzare quanto questa ricchezza di informazioni
sia positiva anche agli occhi di un minorenne, e quanto invece possa essere
nociva.
Per questo è necessario affrontare quanto prima a tutti i livelli istituzionali il
problema della regolamentazione di Internet, per poter finalmente seguire una sola
strada, valevole per tutti, che disciplini questa nuova società in modo uniforme e
condiviso. Da un lato l’autonomia di Internet andrebbe conservata per quanto
riguarda i suoi caratteri più positivi, come la libertà di espressione e di azione,
dall’altro la legge degli Stati deve impedire che tale libertà diventi una patologia
per il sistema stesso lasciando libero sfogo alla devianza di ogni genere.
Per impedire questo si deve probabilmente trovare un compromesso di portata
mondiale, eventualmente con la progettazione di un organo in grado di correggere
tali devianze in un ottica di libertà di ogni singolo utente.
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Cercherò nel corso dell’elaborato di dimostrare che la soluzione migliore potrebbe
essere una combinazione tra autonomia ed eteronomia della regolamentazione di
Internet, nel rispetto delle esigenze degli utenti da un lato, nell’ottica di una
legiferazione istituzionale a riguardo dei problemi più complessi dall’altro.
Nell’ottica della sussidiarietà, infatti, l’azione statale (e sovra-statale) dovrebbe
evidenziare le ragioni per le quali è richiesto il suo intervento e integrare la
condotta dei singoli utenti quando questa non sia idonea a preservare quel bene
intorno al quale si è riconosciuta la comunità politica
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(riferendoci in questo caso
alla “comunità virtuale”).
Considerato che la Rete è sempre più simile a una vera e propria aggregazione
sociale, gli interessi di questa comunità dovrebbero auspicabilmente essere tutelati
da rappresentanti della comunità stessa, in sinergia con le istituzioni e i governi, i
quali possano controllare con mezzi più adeguati affinché non nascano devianze
che possano causare la sua estinzione oppure inserire in essa problematiche che
avrebbero riscontri negativi anche sulla società tradizionale, cioè quella reale.
In Internet dovrebbe maturare la responsabilizzazione del singolo in ordine alle
questioni concernenti “l’organizzazione societaria” della Rete stessa, come “via
regia” per il miglioramento dei rapporti fra utenti e istituzioni teoricamente atte a
regolamentare, in quanto stimolerebbe “la mobilitazione del potenziale endogeno
della società (di Internet), del suo patrimonio di conoscenza, della sua creatività e
della sua capacità di apprendere e risolvere problemi”. Quest’ultima riflessione
liberamente adattata, tratta da Franzese
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e riferita al rapporto tra cittadini e
Pubblica Amministrazione, è adiacente alla realtà di Internet con riferimento alla
necessità di maturazione da parte degli utenti di una sorta di coscienza collettiva,
di conoscenza condivisa, di capacità autocritica. Se gli utenti sapranno maturare
questa “coscienza” e responsabilizzarsi, saranno anche in grado di regolarsi
autonomamente, benché questo sia un processo ancora lungo: non è escluso che
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Franzese, Lucio, Ordine economico e ordinamento giuridico, CEDAM, Padova, 2004
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Franzese, Lucio, Ordine economico e ordinamento giuridico, CEDAM, Padova, 2004, cfr
Pastori, G, Istituzioni pubbliche e società civile nelle riforme recenti, in “vita e pensiero”, 1999 e
Vorkuhle, A., Concetti chiave della riforma amministrativa nella Repubblica federale tedesca, in
“diritto pubblico”, 2000
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sia una strada percorribile per poter rendere la regolamentazione di Internet quasi
totalmente autonoma, fermo restando che allo stato attuale questa coscienza
comune non è ancora ben definita né riconoscibile.
E’ quindi necessario regolamentare Internet in modo eteronomo laddove
l’autonomia, ancora apparentemente “immatura”, non riesca ad arrivare o non sia
in grado di prendere delle decisioni.