Il Parco delle Orobie tra difficoltà e innovazione nei mutamenti della montagna bergamasca
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CAPITOLO 1:
Criticità e problematizzazioni in un quadro conoscitivo
1.1 Dalle origini alla situazione odierna
Il Parco delle Orobie Bergamasche si caratterizza ad oggi per un immobilismo
che lo configura, dalle origini come un progetto per certi aspetti incompiuto se non
malriuscito. Ciò discende, probabilmente, non tanto dall'estensione (circa 63 mila ettari)
tale da non essere ingovernabile, ma dalla frammentazione amministrativa del suo
territorio.
Quest'ultimo è ricompreso in tre Comunità montane e in 44 comuni. Inoltre, le
condizioni morfologiche hanno condizionato storicamente lo sviluppo di determinate
località, rendendo il tessuto culturale e socio-economico palesemente difforme.
Quantunque si tratti di condizioni arcaiche o piuttosto di un recente passato, non si può
prescindere dal volerle considerare condizioni limitanti per lo sviluppo del Parco in
ragione dei conseguenti retaggi culturali, che tendono peraltro a sopravvivere in contesti
montani più che in altri.
Tuttavia, il problema odierno consiste soprattutto nella capacità dei vari enti di
coordinarsi e cooperare in un progetto comune che li chiama a partecipare. Nondimeno,
appare evidente la difficoltà di conciliare istanze provenienti da contesti territoriali che
si caratterizzano per proprie peculiarità.
La scelta di assimilare una siffatta area in ragione, non di una omogeneità
sociale, culturale, economica e territoriale, ma piuttosto di una caratteristica meramente
fisica quale quella di disporsi geograficamente sul versante bergamasco della dorsale
orobica, ha manifestato da subito difficoltà di coordinamento.
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Il Parco, privo di statuto, comitato di gestione e piano territoriale, manca
evidentemente di un baricentro amministrativo tanto che, per smuovere l'immobilismo
che dalle origini ne ha limitato non solo lo sviluppo ma la stessa esistenza, la Regione
ha dovuto ricorrere, nel 1997, allo strumento del commissariamento (con L.R. n. 17 - 9
giugno 1997).
Nei mesi scorsi è stato redatto il Piano Territoriale di Coordinamento del Parco
delle Orobie Bergamasche che, sottoposto all'osservazione degli enti interessati, attende
ora di essere approvato.
Il suddetto documento, palesa delle evidenti limitazioni, prima tra tutte
l'incapacità di vedere la disomogeneità territoriale di cui sopra, che da indubbio fattore
limitante potrebbe costituire una forza propulsiva se opportunamente sviscerata e
problematizzata, anziché giacere nell'oblio.
Tuttavia dalla necessità di smuovere l'inerzia che dalle origini accompagna
questo Ente, si è anche elaborata la proposta di legge
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, all'esame della Giunta regionale,
che prevede lo smembramento del Parco in due aree, quella della Valle Brembana e
quella della Valle Seriana e di Scalve.
Si auspica, con ciò, che le due gestioni riescano a coordinare più efficacemente
le amministrazioni coinvolte. La perimetrazione del Parco non subirebbe variazioni e lo
stesso PTC non risentirebbe della divisione meramente amministrativa.
La stessa perimetrazione è stata già prima dell'istituzione del Parco un'annosa
questione che ha visto scontrarsi differenti pareri, che col senno di poi, testimoniano
l'oggettiva difficoltà di circoscrivere confini. Infatti, le prime proposte non solo
facevano riferimento a singole comunità montane, ma spesso comprendevano anche
zone di fondovalle. Nella scelta definitiva di comprendere le tre comunità montane, si è
optato, però, per uniformare la fascia altitudinale, dando vita ad un parco di quota oltre i
1500 metri.
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Progetto di Legge N. 0078 di iniziativa della Giunta regionale - DGR N. 2071 del 17/11/00,
"Istituzione dei Parchi regionali delle Orobie Bergamasche Orientali (Val Seriana e Val di
Scalve) e delle Orobie Bergamasche Occidentali (Val Brembana)". Presentato il 21 novembre
2000.
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La nascita del Parco è stata da sempre accompagnata da contrastanti pareri: da
un lato quanti vedevano nello stesso l'occasione di un rilancio socio-economico e
l'alternativa ad un progressivo quanto tangibile degrado, dall'altro quanti invece
manifestavano scetticismo vedendovi ulteriori vincoli per le già difficili condizioni della
montagna.
La stessa istituzione del Parco è stata preceduta da una serie di studi e proposte
che hanno anticipato di alcuni decenni l'effettiva nascita dell'Ente. La prima istanza di
tutela (proposta Isnenghi) risale al 1952. La stessa proponeva un parco che fosse
occasione di rilancio per la Valle Seriana (con porta di entrata a Ponte Nossa) e
comprendeva, nell'ambito della stessa, aree di quota e fondovalle. Successivamente si
annovera la proposta avanzata dal CAI di Bergamo (1982) a favore di un "Parco
naturale nelle Alpi Orobie", in questo caso si suggeriva l'istituzione di un parco
cosiddetto di quota, con esclusione del fondovalle (zona B).
A seguito delle prime istanze avanzate da gruppi naturalistici, la L.R. n.86/83
prevedeva l’istituzione del Parco delle Orobie avente un ambito territoriale
comprendente il versante bergamasco, quello valtellinese e la zona orientale in
provincia di Brescia.
La successiva divisione in due dell’unica grande area protetta orobica determinò
l’istituzione del Parco delle Orobie Valtellinesi (L.R. n.57/1989) e del Parco delle
Orobie Bergamasche (L.R. n.56/1989). La legge citata, successivamente modificata con
L.R. n.59/1990 (composta da dodici articoli cui si allega una planimetria in scala
1:25.000 raffigurante il perimetro del Parco), ha i medesimi contenuti delle leggi
istitutive degli altri Parchi regionali. Pertanto designa l’Ente gestore del Parco e le
competenze del Comitato di coordinamento, definendo i contenuti dello Statuto del
Consorzio, inquadrando la figura del Direttore del Parco e fissando le competenze di un
Comitato Scientifico. Inoltre, detta norme di salvaguardia in attesa del PTC e norme
procedurali per la disciplina dei boschi.
Secondo la suddetta legge, gli obiettivi di conservazione, valorizzazione e
recupero dei beni ambientali e naturali sono perseguibili attraverso la conservazione
attiva dei beni stessi, la sperimentazione di rinnovati parametri del rapporto
uomo/ambiente, la promozione culturale e socio-economica delle popolazioni, nonché
la fruizione ricreativa e turistica e la promozione di attività di ricerca, educazione e
informazione.
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1.2 Lettura critica del PTC
Il Parco si sta dotando di uno strumento di governo che non ne valorizza
sufficientemente le peculiarità e che non è stato in grado di cogliere le tipicità e
problematizzazioni che lo caratterizzano al fine di una gestione mirata, che costituisca
una occasione di sviluppo socio-economico capace di far fronte alle questioni prioritarie
della montagna, prima fra tutte lo spopolamento, nonché il degrado e l'impoverimento
del territorio.
Il documento sembra ispirarsi alla più tradizionale forma di tutela passiva
("Parco-Museo", "Parco=Vincolo"), pertanto, ad un copioso e dettagliato elenco di
valori ambientali e naturalistici non fa seguito un altrettanto dettagliato piano di
intervento per mantenerli e conservali in un ottica che superi quella del vincolo. Manca,
infatti, proprio nelle Norme Tecniche di Attuazione, di indicazioni incoraggianti i
cittadini ad una fruizione sostenibile.
Appare, pertanto, più un atto dovuto e formale che un'occasione di realizzare una
tutela che superi i retaggi culturali del vincolo restrittivo orientandosi ad una apertura
che ne esalti i valori ambientali e paesaggistici.
A questo proposito, se dal punto di vista del valore naturalistico/ambientale è
fatto specifico riferimento alle normative vigenti, viceversa, dal punto di vista del valore
paesaggistico manca il riferimento esplicito al documento di indirizzo più completo, la
Convenzione europea del Paesaggio (Firenze, 20 ottobre 2000), la quale supera la
visione estetica del paesaggio per ricontestualizzarlo in una visione olistica capace di
coglierne al contempo gli aspetti estetici, naturalistici, culturali, sociali ed economici.
Nel PTC la componente paesaggistica, peraltro di elevato valore in ragione delle sue
interrelazioni e del suo tessuto culturale, pare in secondo piano rispetto alle altrettanto
significative istanze naturalistico-ambientali.
Inoltre, dal punto di vista normativo, lo strumento del PTC del parco offre la
possibilità di essere piano di maggior dettaglio rispetto al Piano Territoriale Paesistico
Regionale (Parte I - Disposizioni Generali, Art.3). Lo stesso Parco, come sottolineato
dal PTC (pag. 10) è compreso in ambito di elevata naturalità ai sensi dell'art. 17 del
PTPR. Il PTC tuttavia non sembra cogliere l'opportunità e approfittare dello scarto
offerto dai due strumenti normativi al fine di realizzare una tutela più mirata alle
specifiche esigenze territoriali, rispetto alle previsioni più generiche (per ambiti) del
PTPR.
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Il PTC sembra inoltre mancare, non già nella parte descrittiva ma nelle Norme
Tecniche di Attuazione, di esplicite previsioni per realizzare quello sviluppo socio-
economico auspicato. Non vi è menzione delle modalità con cui perseguire i risultati
attesi. Ad un simile strumento si chiede invece di preventivare interventi a sostegno
delle attività agricole e silvo-pastorali delle valli, nonché di individuare e promuovere i
poli culturali e montani con maggiori potenzialità al fine di incentivarne lo sviluppo.