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CAPITOLO 1:
Le caratteristiche del giacimento di Pietraroia
CENNI GENERALI
Pietraroia è una piccola cittadina in provincia di Benevento (Tav. I.G.M.162
III SW – Cusano Mutri). E’ conosciuta fin dal 1788 per i suoi calcari litografici,
ed a lungo sfruttata per tale peculiarità.Il suo margine occidentale discende
rapidamente fino al fiume Titerno , mentre il margine
opposto declina verso Est in maniera più dolce. La “Civita” si trova su di una
struttura omoclinatica, delimitata ad Ovest dal massiccio del Matese ed
interessata da un complesso sistema di faglie dirette ed inverse. Esse,orientate in
direzione E-SE, presentano scarso rigetto ed inclinazione di circa 15°
(Carannante, 1982)La “Civita”di Pietraroia è posta sul margine sud-orientale del
Matese, facente parte dell’Unità stratigrafico-strutturale “Matese- Monte
Maggiore” (D’Argenio et alii , 1972).Esso si è formato dopo la deformazione
subita, durante la tettogenesi miocenica, dalla Piattaforma Carbonatica
Abruzzese-Campana , un’unità paleogeografia mesozoico-terziaria.La “
Formazione di Pietraroja” (Selli, 1957), costituita da sedimenti terrigeni di età
Serravalliano- Tortoniano ed occupante il “graben” più occidentale di Cusano-
Mutri, è indiretto contatto con la “Civita”, a causa di una faglia presente sul
lato Est di quest’ultima.
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Il lato occidentale sopra citato si alza di circa 400 m rispetto al graben di
fondovalle al cui interno scorre il fiume Titerno. Su questo stesso versante
affiora la successione carbonatica che si è formata tra la fine del Giurassico
e l’inizio del Cretacico e che, come tutte le piattaforme carbonatiche del Sud
Italia è caratterizzata da sedimenti ricchi in foraminiferi,dasicladali e codiacee,
peloidi e oncoliti.Nella parte sommitale del rilievo si trovano, in eteropia di
facies i “calcari ad ittioliti”, datati Aptiano-Albiano (Bravi,1998);essi sono
costituiti, oltre alla fauna di vertebrati da calcilutiti sottilmente stratificate, con
intercalazioni di selce.
Figura 1. Ubicazione del plattenkalk di Pietraroia.
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Figura 2. Sezione geologica attraverso la Civita di Pietraroia.
A. Calcari grigi a diceratidi calcari avana privi di macrofossili (Giurassico
sup. – Aptiano).
B. Calcari ad ittioliti (Aptiano).
C. Calcari grigi e bianchi a diceratidi,con rare orbitoline, calcari
conglomeratici (Aptiano – Albiano).
D. Calcari bianchi a litotamni ,pettinidi,ostreidi e briozoi;calcari marnosi
e marne ad orbulina (Langhiano sup. – Elveziano)
E. Argille siltose e marne arenacee grigie con intercalazioni di calcareniti
(Elveziano – Tortoniano).
F. Trasgressione.
G. Faglie dirette.
H. Faglie inverse.
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CRONOLOGIA
La Civita di Pietraroja è conosciuta per la sua ricchezza di organismi fossili fin
dalla fine del XVIII secolo. Il primo a menzionarla fu Breislak(1798), nel
lavoro “Topografia fisica della Campania”.Il giacimento fu riconosciuto come
formazione calcarea di età giurassica da altri autori,ovvero Tondi (1824), Covelli
(1839), Agassiz (1833, 1843) e Pilla ( 1833);ma nel 1842 Tchihatcheff assegna i
calcari ad ittioliti di Pietraroja al Cretaceo.Costa fu un grande studioso del
giacimento; anche se la sua trattazione (1851) fu molto approfondita nell’
analisi dei fossili è da ritenersi inconcludente dal punto di vista stratigrafico.Il
lavoro di Bassani (1882, 1885) risulterà importante perché le correlazioni tra i
fossili trovati da Costa con quelli di Capo D’Orlando permisero l’ attribuzione
dei calcari di Pietraroja al Neocomiano,in quanto correlò questi ultimi a
quelli di Capo D’ Orlando.Nel 1839 Cassetti,riconoscendo all’interno del
Mesozoico del Matese due parti differenti (inferiore e superiore affioranti su
due versanti separati) e attribuendo al Turoniano i calcari del nucleo centrale,
indicò come precedenti, anche se non di molto quelli del giacimento di
Pietraroja. Cassetti si avvalse degli studi fatti da Di Stefano (1892).Nel 1913
Galdieri pubblica un lavoro nel quale osserva fori di litodomi scavati nei
calcari ad ittioliti e riempiti successivamente dal calcare terziario bianco a
Pecten. Purtroppo però, a causa del poco materiale a disposizione, egli non fu
in grado di arrivare a determinare il genere dei molluschi che li avevano
scavati.D’Erasmo (1914 – 1915) schematizza stratigraficamente la zona,
individuando le seguenti componenti:
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1. “Calcari chiari” , compatti, a grana piuttosto fine ed a frattura concoide in
cui risulta assente la microfauna.
2. “Calcari cenerognoli” , che gradatamente vanno fino al giallastro, tenaci,
molto
compatti, a frattura concoide, a grana finissima, a volte ittiolitiferi, con liste e
noduli di selce, in cui la selce è commista al calcare in mantelli
concentrici.
3. “Calcare terziario bianco”, spesso brecciforme, compatto, con pettinidi, in
discordanza col precedente.
D’Erasmo attribuisce l’intera successione della Civita al Cenomaniano, grazie
anche allo studio di centinaia di esemplari di pesci del giacimento.Soltanto
nel 1963 si avrà un nuovo lavoro su Pietraroja, pubblicato da
D’Argenio.Partendo dal riconoscimento e dall’analisi di strutture sedimentarie
nei calcari ad ittioliti giunse ad un’esauriente ricostruzione paleoambientale e
paleoecologica della Civita di Pietraroja. D’Argenio ricostruì l’ambiente di
sedimentazione dei calcari ed inserì il giacimento nel contesto evolutivo dello
Appennino Campano nel Cretaceo.Nel 1975 Freels, seguendo la definizione di
Seilacher (1970) definisce la Civita di Pietraroja come “Fossil
Lagerstätt”.Lavori più recenti sulla Civita sono stati compiuti, tra l’altro, da
Carannante (1982), Barbera e Macuglia (1989), Bravi (1998).Molti altri sono
attualmente in preparazione.
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STRATIGRAFIA
La successione stratigrafica è divisibile in due parti, secondo D’Argenio:
1. Parte inferiore : costituita da 250 metri di intramicriti
fossilifere con interstrati marnoso argillosi e livelli calcareo-
dolomitici, con rudiste e gasteropodi (cf. Nerinea)
2. Parte superiore: costituita da micriti ed intramicriti fossilifere;
gli strati
inferiori sono costituiti da lumachelle e molluschi, mentre quelli superiori da
calcari bianchi con intrusioni calcareo- conglomeratiche di cemento arenaceo.Il
livello a calcari ittiolitici è inserito nell’ambito di tale successione.Gli strati
costituiscono uno spessore di circa 25 metri e presentano affioramenti piuttosto
omogenei: è il caso di Vallenova (valletta a NO di Pietraroja), del Monte
Cigno e della Civita di Cusano.
Su questi livelli Mesozoici si può notare una netta superficie di erosione che
porta a livelli Miocenici costituiti da calcari chiari non laminati e
caratterizzati da foraminiferi bentonici, ostracodi, denti di selaci, briozoi e
litotamni.Questi affioramenti fanno parte della piattaforma carbonatica
abruzzese- campana.A N-E della Civita sono presenti giacimenti bauxitici che
testimoniano una emersione medio cretacica e che segnano il passaggio ad
affioramenti di ambiente continentale.I calcari ad ittioliti sono costituiti da
strati sottili (spessore variabile tra i 5 e i 25 cm) nei quali sono presenti liste
di selce spalmature bituminose; queste ultime si trovano sulla “faccia” degli
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strati. I microfossili più frequenti in tali strati sono: foraminiferi, rappresentati
dalle cuneoline (Cuneolina camposauri e C. laurenti) e da Orbitolina, associata a
Textularidae, Miliolidae, Vulvunidae e Ophtalmididae; da alghe, tra cui
salpingoporelle ( Salpingoporella mulbergi, S. Dinarica), Thaumatoporella
parvovesiculifera e codiacee.
Alcuni autori (Bravi 1995) sulla base di tale associazione
micropaleontologica,comparata anche a serie analoghe dell’Appennino
Meridionale, attribuiscono tutta la serie al Cretacico Inferiore. Inoltre gli stessi
autori hanno rilevato sulla parte sommitale della successione la presenza di
Ovalveolina reicheli De Castro,sia nel substrato di calcari detritici su cui
poggia l’orizzonte ittiolifero più basso che nelle intercalazioni detritiche della
parte bassa dello stesso livello ittiolitico, permettendo l’attribuzione all’ Albiano
di questi due orizzonti e degli strati immediatamente sottostanti.Un’associazione
data da Orbitolina spp, Salpingoporella dinarica ed oogoni di Caracee è
presente nella parte sommatale, posta oltre i calcari ad ittioliti; tale livello è
conosciuto come “livello a Orbitolina”.La trasgressione miocenica tronca in
cima questa successione cretacica ed è caratterizzata da calcari biostromali a
litoamni, Ostreidi, pettinidi e briozoi e marne siltose ad Orbulina. Bravi (1995)
individua due diversi Plattenkalk,divisi in I e II; l’affioramento nel giacimento
delle Cavere sarebbe proprio il “II” . Il bacino ittiolifero sarebbe così
circoscritto all’interno di esso ,in netta “variazione litologica rispetto ai calcari
dendritici circostanti”.
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STRUTTURA DEGLI STRATI
Nel 1963 D’Argenio ha compiuto un attento studio sedimentologico,
riconoscendo le strutture sedimentarie all’interno e “tra” gli strati.
Sono inoltre state divise in:
- epigenetiche (situate sulla superficie dello strato)
- singenetiche (situate all’interno dello strato)
- organiche (prodotte da attività biotica)
Strutture interne:
● Lamine di deposizione ritmica
Hanno uno spessore massimo di 5 mm e sono costituite in genere da fango
microcristallino, con resti organici, spesso riempito da spicole di
spugna.Possono essere perfettamente dritte o presentare leggere ondulazioni.
E’possibile notare l’alternanza di lamine più chiare date da calcite
microcristallina e lamine più scure formate dalla stessa calcite ma più opaca: è
possibile che esse siano il prodotto delle variazioni della velocità di accumulo
di carbonati (D’ Argenio)
● Increspature di fondo
Sono state notate, peraltro raramente, all’interno di strati intramicritici.
Sono molto ridotte e asimmetriche.
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● Laminazione obliqua
Anch’ essa è un elemento raro, originata probabilmente da una corrente di
fondo che urtando i granuli li ha disposti in lamine oblique. Se queste poi
sono state precedentemente deposte, le stesse correnti possono eroderle o
depositare foglietti discordanti dai precedenti.
● Laminazione convoluta
Appena accennata, con strutture complesse accompagnate dall’ allontanamento
delle lamine più spesse e da pieghettature in alcune lamine sottili.
● Increspature sulle superfici delle lamine
Anch’esse sono accennate appena. Sono più o meno dolci e date da due
fenomeni:deformazione da carico causata da frammenti calcarei, che interessa
una o poche lamine, oppure da un frammento deposto poco prima dello
indurimento delle lamine: in tal modo la lamina suddetta non risulta
deformata ma quelle successive presentano increspature in quel punto.
● Liste e concrezioni di selce
Rinvenute abbastanza spesso, possono presentarsi in sottili lamine o in
concrezioni più spesse. L’ origine di tali strutture è incerta ma è plausibile
che derivino dalla dissoluzione delle spicole silicee delle spugne che si
trovano lungo la barra della laguna.
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● Stiloliti
Presenza limitata, presenti soprattutto come microstiloliti poste negli strati
fogliettati.
● Fossili
Presenti solo come microfossili. Va segnalata la presenza di vari tipi di
polline e la totale assenza di alghe calcaree.
● Icniti
Tra le varie tracce dell’attività biotica sono state trovate “cilindriti”, ovvero
strutture cilindriche ottenute dal riempimento di gallerie ad opera di
vermi.Sono attualmente in studio icniti derivate dallo scavo nel sedimento
sempre da parte di organismi vermiformi.
Strutture sulla superficie dello strato:
Questo gruppo comprende brecce, impronte di disseccamento, e cavità di
erosione anche se l’esistenza di tale gruppo è stata recentemente messa in
dubbio da studi più recenti di quello di D’Argenio.
● Fori di litofagi
Sono fori di foladi che si rinvengono in una vasta parte del giacimento delle
Cavere; in seguito questi fori sono stati riempiti da calcare miocenico.
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● Icniti
Anche in tali strutture sono presenti come tracce di deambulazione e di
reptazione. Negli strati più chiari è possibile trovare orme esterne di piccoli
bivalvi.
● Fossili
E’ sulla superficie degli strati che si possono trovare i reperti più
importanti,principalmente vertebrati ( pesci, rettili e anfibi ),ma anche asteroidei,
gamberetti e varie tracce di vegetali.Oltre a questi due tipi di struttura si
ritrovano spesso interstrati argillosi,dolomitici e placche silicee. Di recente
sulla superficie degli strati sono stati ritrovati ciottoli ovali, molto simili a
quelli fluviali.
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Figura 3. Colonna stratigrafica del sito di Pietraroia.
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I FOSSILI DI PIETRAROJA
I fossili ritrovati a Pietraroja sono sia microfossili (foraminiferi, radiolari,
spicole di spugna) che macrofossili ( echinodermi, crostacei e vertebrati). Tra
questi vanno aggiunti anche i pollini e le icniti.
A) Radiolari
Spesso associati a spicole di spugna, nel caso di Pietraroja indicano
paleodepositi di acque basse e calde, sebbene adesso le ritroviamo in depositi
abissali.
B) Foraminiferi
Sono presenti forme bentoniche, probabilmente trasportate dalle correnti marine
in maniera incostante. Manfredini e Catenacci (1963) segnalano anche forme
pelagiche.
C) Crostacei
Nonostante non siano presenti in abbondanza, sono stati descritti almeno sei
esemplari prima da Costa (1864-1865) poi da Bravi e Garassino (1998).
Generalmente i Macruri indicano ambiente costiero di acque basse e calde,
spesso a contatto con acque dolci.
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D) Echinodermi
Di questa classe fu ritrovato un unico esemplare da D’Argenio, mentre altri
due,ritrovati più recentemente, non sono ancora stati pubblicati. Questi
esemplari indicano sempre acque basse e in particolare, l’esemplare studiato
indicherebbe alta velocità di sedimentazione e rapidità di indurimento del
fango.
E) Cefalopodi
Solo di recente (Barbera & Macuglia, 1999) sono state ritrovate per la prima
volta delle ammoniti, ricondotte al genere Trochleiceras. Esse forniscono la
testimonianza del periodico contatto tra le acque di Pietraroja e il vicino
mare della Tetide.
F) Pesci
Sono i vertebrati più abbondanti del giacimento; alcune specie o addirittura
generi li ritroviamo nelle calde acque tropicali attuali.Alcuni poi sono
chiaramente attribuibili all’ambiente di scogliera tropicale (Bravi, 1998). Il
fatto che i resti si trovino in ottimo stato di conservazione ( mancata
disarticolazione sebbene lo scheletro abbondi di ossa e sia fragile, e in più le
scaglie ancora in posizione anatomica )può essere spiegato dalla mancanza di
“scavengers” e da seppellimento rapido. Da questi elementi D’Argenio deduce
che sono pesci di acque basse e calde.