3l’istruttore come colui che ha direttive, si occupa della didattica,
forma l’allievo.
L’istruttore, all’interno del setting di apprendimento,ha
l’importante compito di coordinare l’attività promuovendo il
raggiungimento di risultati positivi per ogni singolo allievo. È
importante che l’attenzione dell’istruttore sia centrata sull’analisi
del singolo, per evidenziarne i caratteri salienti e le esigenze
personali, ma anche sull’intero gruppo, per mantenere vivo il
potere di leader che egli esercita sulla squadra. Per far ciò egli
deve essere motivato e realmente interessato al fatto che
l’evoluzione del gruppo sia in direzione progressiva, in quanto il
livello di aspirazione che egli ha nei confronti del singolo e del
gruppo incide profondamente sul risultato finale.
Figura completamente diversa dall’istruttore è l’allenatore di
nuoto, poiché le finalità sono differenti. Con il termine di “
allenatore “ s’intende il tecnico specializzato che predispone e
dirige gli allenamenti, che insegna la tecnica di gara dell’atleta o
della squadra.
Dipende questi da una società sportiva o direttamente dalla
federazione e , in quasi tutti gli sport, deve essere abilitato
alla professione dalla federazione, mediante esami sostenuti in
termini di corsi di qualificazione.
4L’allenatore, diversamente dall’istruttore, svolge delle mansioni
di formazione agonistica, cioè prepara gli allievi alla
competizione, alla gara.
Nella storia del nuoto questa figura si è sempre collegata ad
alcuni personaggi straordinari, in quanto l’allenatore prima di
tutto deve essere un ”mèntore”, ed in quanto tale, una persona
che fornisce le motivazioni, le energie, la forza psichica per
affrontare uno sport come il nuoto che impone all’allievo una
formazione, prima di tutto, psicologica e poi fisica.
Per spiegare ancora meglio il significato di questa figura
riportiamo quello che viene scritto nelle guide tecniche. Il
compito dell’allenatore è, ovviamente, quello di allenare,
stimolare con l’esercizio tanto facoltà quanto attitudini e vigore.
Indispensabile è la perfetta conoscenza della materia
d’insegnamento e l’allenatore deve sempre mantenersi aggiornato,
affinché possa essere in grado di soddisfare con la massima
chiarezza le domande che gli vengono rivolte. Durante ogni
allenamento deve saper creare motivi di interesse negli atleti,
affinché essi non lo subiscano passivamente.
Ciò premesso, è di chiara evidenza quanto questa figura svolga
un’azione determinante nei confronti dell’atleta, sottoposto ad
un lavoro particolarmente duro, poiché il nuoto risulta essere
5attività individuale, da svolgersi in ambiente tanto naturale
quanto ostile, con ridottissime possibilità di comunicazione e
distrazione.
Questo comporta, quindi, nel nuotatore, uno sforzo oltre che
fisico, anche di volontà, un incentivo al dominio della propria
resistenza fisica e morale.
L’allenatore deve conoscere profondamente i propri atleti, capirli
ed essere per loro non solo il maestro ma anche l’amico;
deve saperli motivare attivamente agli allenamenti, cercando
però di non finalizzare tutte le attività al solo miglioramento
tecnico, ma anche alla ricerca di un rapporto partecipativo.
Questi dovrà inoltre ben tener conto dei processi fisici ed
evolutivi del corpo umano in un giovane. Suo compito sarà quindi
dimostrare di conoscere questi fenomeni e di infondere sempre
fiducia all’atleta. Sarà poi indispensabile rilevare i difetti nella
tecnica delle nuotate e, soprattutto, di correggerli.
Fondamentali saranno poi le capacità di analisi e sintesi di un
movimento semplicemente visto, la conoscenza della causa
primaria di un errore senza farsi sviare dai suoi effetti
apparenti, cosi come l’esperienza e la facilità di espressione
nell’illustrare l’azione errata al nuotatore al fine di correggerla.
La descrizione finora data sui significati che il termine tecnico
6ha assunto, impone una riflessione: dalle considerazioni fatte
si può affermare che solo l’appassionato praticante di nuoto
possiede i giusti requisiti di base per proporsi come valido
propagatore di una cultura natatoria.
Più che istruttore si dovrebbe parlare di insegnante, ma e’
purtroppo ancora elevato il numero degli operatori sportivi che
ritengono superfluo l’ausilio di conoscenze di carattere psico-
pedagogico nella loro attività d’insegnamento: sarebbe
opportuno estenderne i concetti di base di tale disciplina, dal
campo scolastico a quello sportivo, così che la figura
dell’operatore didattico del nuoto possa essere assimilata sempre
più a quella di un insegnante.
Nel campo natatorio, l’opera dell’insegnante presenta
problematiche piuttosto complesse e quindi richiede una buona
cultura di base.
Accanto a queste conoscenze è indispensabile possedere anche
una buona preparazione tecnica sulla materia natatoria,
derivante da esperienze pratiche personali. Inoltre, l’esperienza
pratica aiuta l’insegnante di nuoto ad individuare più facilmente
le difficoltà di approccio che sono insite nella didattica
natatoria e a fornire all'allievo l’esatta chiave per arrivare a
superarle.
7In conclusione, ricapitolando, possiamo dire che esistono ruoli
istituzionali precisi ( riconosciuti dalla Fin) ed indispensabili
nell’istruttore nell’ allenatore; contemporaneamente emerge
l’esigenza che queste figure istituzionali siano sempre più
formate, complete e qualificate. Sia egli insieme un
appassionato, un praticante, un insegnante, un maestro, un
educatore, un “motivatore”: senza questi caratteri peculiari,
nella società attuale, è sempre piu’ arduo ambire ad una cultura
natatoria che formi nuotatori competitivi a livello internazionale.
8Capitolo 1
COME E QUANDO NASCE LA FIGURA
DELL’ISTRUTTORE DI NUOTO NEL NOSTRO PAESE?
Il tecnico del nuoto ha origini antiche: si pensi alle civiltà
greche ed etrusche, che possedevano abili nuotatori e da cui si
evince che il nuoto, a quei tempi, fosse materia d’insegnamento
per le popolazioni che vivevano nel Mediterraneo. Ma solo piu’
recentemente, nel diciannovesimo secolo, sorsero in Francia e in
Gran Bretagna le prime Associazioni natatorie nazionali.
Con questi istituti comparvero i primi coach (istruttori,
allenatori, insegnanti)degli sport acquatici allora in voga.
Si pensi al canottaggio, alla vela, alle traversate in mare aperto
di coraggiosi nuotatori (esemplari alcuni italiani: Enrico
Tiraboschi, che fu il primo a completare la traversata della
Manica a tempo di record nel 1923; Paolo Costoli; Gianni
Gambi).
9In Italia la nascita della figura del tecnico, istruttore o
allenatore del nuoto nasce con il formarsi delle prime istituzioni,
circoli, associazioni.
Achille Santoni, fondatore, alla fine del XIX secolo ed in tutto
il territorio italiano, dei Circoli Rari Nantes, fu prima di tutto
un apostolo di nuoto. Egli s’impegnò per formare e mettere in
movimento un numero sempre più ampio di protagonisti ed avviò
prima l’organizzazione dei Ludi Sportivi, poi il Circolo dei Pionieri
del Nuoto ed iniziative altre ancora.
I primi anni del ventesimo secolo furono preziosi per la
divulgazione del nuoto che, soprattutto, veniva praticato in
acque libere, specchi d’acqua in mare aperto. Ma la svolta
principale si ebbe con le Olimpiadi del 1924, anno della prima
competizione in piscina da 50 m..
Il periodo tra le due guerre produsse validi nuotatori, campioni
che però ottennero risultati importanti soprattutto all’estero e
cio’ perchè l’Italia di quei tempi aveva pochi impianti accessibili
a tutti. Nel dopoguerra gli allenatori italiani possedevano già un
prezioso patrimonio di conoscenze tecniche, maturate nel corso
dei decenni precedenti e sedimentate nel sapere di alcune figure
di rilievo, protagoniste di memorabili vicende nella storia del
nuoto italiano: Umberto Usmiani, Enzo Zabberoni, Paolo Costoli,
10
Osvaldo Berti, Giordano Raggi costituivano, nel dopoguerra, un
gruppo di allenatori di grande esperienza e di rilevante spessore
apprezzato a livello internazionale.
Impossibile dimenticare i giovani Costantino Dennerlein e Franco
Baccini, che si affacciavano in quel periodo alla ribalta del nuoto
italiano. Questi allenatori, tra la metà e la fine degli anni
Cinquanta, forgiarono i migliori nuotatori azzurri della Nazionale
che, nell’arco del decennio 1950/60, espressero risultati di
assoluto rilievo internazionale. Il Coni avviò all’apprendimento
delle attività motorie la maggioranza dei ragazzi italiani,
realizzando un vasto progetto di ristrutturazione gestionale e
s’impegnò nel settore della creazione dei nuovi ruoli didattici,
con l’istituzione della Scuola Centrale dello Sport di Roma, che
divenne il centro dell’organizzazione dei corsi di formazione e
degli stages di aggiornamento per istruttori ed allenatori.
Nel campo specifico del nuoto si costituirono, nel 1954, su
proposta del vice segretario Mario Saini, i Centri ddestramento
Nuoto (CAN) che furono lo strumento per creare una larga base
di giovani praticanti.
Nel 1956 venne chiamato un tecnico straniero, Istvan Hunyadfi,
a reggere le file dell’organizzazione giovanile: è a questo
allenatore ungherese che oggi viene riconosciuto il contributo
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decisivo che consentì l’uscita del nuoto italiano dalla fase
pionieristica ed artigianale.
Gli anni Sessanta e parte degli anni Settanta furono periodi di
importazione di metodologie da altri paesi, in specie di scuola
australiana, americana. Solo alla fine degli anni Settanta si
ebbe una rinascita degli allenatori italiani, mossi da un nuovo
fermento e formatori di nuotatori davvero interessanti quando
non di campioni del calibro Novella Calligaris. Gli anni Ottanta
furono invece cupi e senza figure esaltanti. Solo con la fine
degli anni Ottanta e inizio dei Novanta la squadra nazionale di
Nuoto conobbe nuovo fulgore grazie alle vittorie di atleti della
levatura di Lamberti, Sacchi e Franceschi.
12
Capitolo 2
L’Istruttore
2.1 La figura dell’istruttore nell’apprendimento
L’istruttore ricopre un ruolo importantissimo nel mondo della
scuola nuoto: a lui viene affidato il delicato compito di
accompagnare per mano, passo dopo passo, il principiante verso
la scoperta di un pianeta sostanzialmente sconosciuto e
comunque diverso. Le conoscenze motorie che ognuno di noi
possiede come patrimonio acquisito durante il normale sviluppo,
infatti, non sono quasi mai adattabili, in modo diretto, alle
speciali condizioni che si presentano in acqua.
Il non semplice processo di adattamento specifico all’habitat,
viene facilitato dall’istruttore.
Costui deve essere in possesso di un’altissima preparazione
professionale basata, fondamentalmente, su un’ottima
conoscenza della tecnica e della didattica e supportata da una
13
spiccata propensione all’insegnamento, da una notevole pazienza
nei riguardi degli allievi meno abili e disponibili, da un’adeguata
esperienza e, ultima ma non certo per importanza, da
un’elevata dose di fantasia che, senza alcun dubbio, rappresenta
la carta vincente di ogni buon insegnante.
2.2 Le metodologie di insegnamento: “globale o analitico”;
“individuale o collettivo” ?
È bene definire cosa s’intende per metodo globale e metodo
analitico.
Il primo si basa sulla capacità dell’allievo di cogliere, da ciò che
percepiscono i suoi sensi, l’aspetto globale dell’esperienza, sia
pure con particolari sfumati o non rilevati; va impiegato quindi
all’inizio dell’attività acquatica, al fine di operare sull’allievo una
prima azione di “sgrezzamento”. Ancora, esso propone
l’argomento da conoscere ed il movimento da apprendere
inizialmente nel suo insieme, per poi passare, in fasi successive,
alla ricerca e alla cura dei particolari. Ciò consente a ciascuno
di formarsi un’idea assai precisa del rapporto difficoltà-
possibilità e all’istruttore di ricavarne indicazioni utili al suo
insegnamento, perché nulla è definito, nulla è economico, nulla è
coordinato.
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Il secondo, invece, si basa sulla capacità di analisi e di sintesi
dell’allievo e propone quindi, di ciò che si intende insegnare,
ogni singolo particolare in modo approfondito, per giungere poi
alla conoscenza completa attraverso la sintesi.
Propone inoltre, in netta opposizione al precedente, l’acquisizione
degli automatismi corretti ed indispensabili. È tipica di questa
metodica l’idea che, per imparare meglio in modo corretto,
occorra “scomporre” il movimento e graduare le difficoltà, in
quanto una buona tecnica si acquisisce solo con l’applicazione
condotta in modo razionale.
Lo scopo fondamentale è il possesso di una serie di automatismi
corretti che consentano, in un secondo tempo, di effettuare la
nuotata in modo efficace e tecnicamente valido.
Si tratta, in definitiva, del “concatenamento di automatismi”
corretti, cioè di un vero e proprio “montaggio motorio”.
Tale metodo è senza dubbio attraente, in quanto tutto è logico,
studiato, settorizzato, senza lasciare nulla al caso; si avverte
pero’ il pericolo di creare con questo degli automi, probabilmente
validi sotto il profilo tecnico, ma “spersonalizzati”. Tenendo
conto che le capacità sulle quali si basa il metodo globale sono
tipiche dei soggetti in età evolutiva, mentre quelle relative al
metodo analitico maturano nel tempo con il progredire dell’età, è
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facile comprendere perché il primo metodo sia preferibile, in
genere al secondo per quanto concerne i soggetti molto giovani.
Nell’insegnare una nuotata (ad esempio il crawl), è necessario
proporre all’allievo prima l’ambientamento e il galleggiamento,
quindi i movimenti degli arti e infine, la coordinazione dei vari
gesti e la respirazione, cioè la nuotata nel suo insieme.
In questa progressione didatticamente valida, l’istruttore
applicherà il metodo globale.
Naturalmente ci sono nuotate meno complesse, che possono
essere proposte nel loro insieme per la loro semplicità tecnica ed
invece altre tecnicamente evolute, che per la loro caratteristica
di coordinazione dei movimenti degli arti, della respirazione
condizionata dall’acqua, dei movimenti stessi della nuotata e
della posizione del corpo, richiedono, per una buona ergonomia
(massimo avanzamento con minimo sforzo), tutta una particolare
coincidenza di situazioni favorevoli. Inutile, in definitiva,
affermare che entrambi i metodi hanno i loro accesi sostenitori
o detrattori.
E’ in realtà estremamente difficile schierarsi aprioristicamente
per una delle due correnti: si ritiene che il meglio si realizzi
associandole, cercando di servirsi dei punti forti di entrambe e
riducendo parallelamente inconvenienti che sono stati rilevati.
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Si realizza così il metodo sintetico-moderno, che offre la
possibilità, a seconda del fine immediato che si vuole realizzare,
di accentuare l’incidenza dell’uno o dell’altro. E’ questo il metodo
che consente di rispettare il principio secondo il quale e’
opportuno sviluppare tutte le capacità acquatiche dell’individuo,
in un ambiente che si rapporti in sintonia massima al proprio
schema corporeo. Inoltre, di fronte alla domanda se sia
preferibile l’insegnamento individuale o collettivo, si puo’
affermare che il primo, rispettando l’individualità, si adatta alle
peculiari necessità del singolo, ma e’ impossibile disconoscere
che le lezioni collettive offrano vantaggi affatto trascurabili,
quali il carattere ludico, il desiderio di emulazione, l’influenza
sociale sull’allievo.
Ideale sarebbe dunque utilizzare l’insegnamento collettivo
individualizzato, vincolato però al numero degli allievi, che non
dovrebbe superare le otto dieci unità.
L’individualizzazione si ottiene abituando l’allievo
all’autodisciplina e al lavoro libero controllato, intendendo con
questo l’assegnazione di un compito personalizzato, che ciascun
allievo deve eseguire rapportandolo alle proprie possibilità
acquatiche, cioè secondo le necessità di riposo dalla fatica fisica
e psichica.