5
Tale problematica fu oggetto di dibattito tra i Padri fondatori, che ne dibatterono anche
in successive commissioni (ad esempio presso la Sottocommissione per i problemi
monetari ed il commercio oppure presso la Commissione economica al Ministero della
Costituente); tuttavia non fu direttamente inserita nel Testo Costituzionale, in quanto si
ritenne necessario approfondire la suddetta tematica alla luce dello scenario economico-
monetario in piena evoluzione, sia nell’ambito del mercato interno che dinnanzi ad
un’economia aperta alle transazioni e alle relazioni transfrontaliere
1
.
Nel 1974 si ripresentò il problema dell’inflazione quale nemico dei detentori di
ricchezza finanziaria. Il primo shock petrolifero e la caduta degli accordi di Bretton
Woods portarono tensioni inflazionistiche e valutarie, con conseguenti squilibri nelle
bilance dei pagamenti e comparsa di tendenze recessive senza precedenti nel
dopoguerra
2
.
In Italia il problema era particolarmente grave per i detentori di ricchezza finanziaria
sotto forma di titoli a cedola fissa, impossibilitati ad ottenere un flusso monetario reale
positivo dalle proprie attività. Tale situazione non poteva che portare sfiducia presso i
risparmiatori, delineando uno stato di crisi per il settore del credito, privo della linfa
essenziale per finanziare i propri impieghi, e per lo Stato, il quale per soddisfare le
proprie necessità di spesa si sarebbe dovuto ancorare sempre più alle emissioni di
denaro della Banca d’Italia, vincolata a coprire con il conio il fabbisogno pubblico, ed
implementando ulteriormente la già crescente spirale inflazionistica, per effetto
dell’incremento della massa monetaria in circolazione.
Per incoraggiare l’investimento privato e scongiurare la caduta dello stock di risparmio
netto aggregato le istituzioni monetarie del tempo – in primis la Banca d’Italia –
capirono l’essenzialità di offrire al risparmiatore un rendimento reale positivo, seppur
ridotto. Per raggiungere tale scopo apparve necessario diversificare gli strumenti di
credito a disposizione dei sottoscrittori. Come prima soluzione si pensò all’offerta di
titoli a più breve scadenza, e quindi meno esposti alle variazioni dei corsi. Un’altra
soluzione atta a ridurre il rischio di erosione monetaria era vista nell’offerta di titoli
indicizzati: fu nel 1976 che apparve la prima emissione di CCT, Certificati di credito del
Tesoro, ovvero titoli di debito con scadenza anche di dieci anni, il cui rendimento
cedolare è indicizzato sulla base del rendimento lordo dell’ultima asta dei BOT
1
Il risparmio in Europa, oggi – Dibattito del centro di economia monetaria e finanziaria Paolo Biffi del 24 aprile
1999 – edito dall’Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano, 2001.
2
Il risparmio in Europa, oggi – Dibattito del centro di economia monetaria e finanziaria Paolo Biffi del 24 aprile 1999 –
edito dall’Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano, 2001.
6
semestrali, precedente all’entrata in maturazione della cedola a cui si riferisce,
maggiorata di uno spread
3
. Al 1983 risale l’unica emissione vista in Italia di CTR, una
sorta di CCT il cui rendimento era pari al 2,5% del capitale, il quale andava a rivalutarsi
anno per anno al 100% della variazione dell’indice dei prezzi ISTAT. Tali titoli,
dunque, prevedevano cedole reali mantenendo inalterato a scadenza il poter d’acquisto
del capitale
4
.(inserire per esteso e indicarne le principali caratteristiche).
Ulteriore proposta consisteva nell’offerta al pubblico di quote di fondi comuni di
investimento mobiliare, visti soprattutto come strumenti idonei alla diversificazione del
rischio, variabile sempre più insidiosa data la crisi economica di quel tempo.
Altra innovazione introdotta con la legge n° 216 del 7 giugno 1974 (inserire i
riferimenti normativi), al fine di attirare capitali di rischio, fu l’introduzione delle azioni
di risparmio, la cui emissione era riservata alle società quotate. Tali strumenti finanziari
prevedevano un dividendo minimo del 5% e sempre maggiore del 2% rispetto al
dividendo delle Azioni ordinarie, con diritto di recupero del minimo negli anni
successivi qualora nell’esercizio non fossero stati prodotti utili; tali vantaggi erano
previsti a fronte dell’abolizione del diritto di voto in Assemblea. La legge prevedeva
inoltre l’emissione dei titoli al portatore.
Tra le varie proposte la più innovativa consiste nell’introduzione nel nostro mercato di
strumenti di risparmio gestito: i fondi comuni. Tuttavia, per vederne l’approvazione
normativa, e quindi la prima offerta di fondi di investimento di diritto italiano, si
dovette attendere la legge 77/1983; in precedenza erano collocate presso i risparmiatori
quote di fondi comuni di diritto estero.
Il crescente peso dell’industria del risparmio gestito, unitamente all’ampliarsi della
gamma di servizi offerti e alla libertà di circolazione dei capitali hanno favorito lo
sviluppo dei mercati finanziari; è inoltre opportuno ricordare a tale fine l’importanza
dell’ingresso in Europa.
Il processo di integrazione dell’Italia nello SME ha portato i risparmiatori ad allocare le
proprie disponibilità in attività diverse dal titolo di Stato o dal deposito bancario, a
causa della flessione dei tassi di interesse, vista nel corso degli anni novanta, e del
3
Le emissioni di CCT antecedenti il 1995 prevedeva che la cedola venisse determinata sulla base dei rendimenti lordi
dei BOT a 12 mesi risultanti dalle quattro aste relative al bimestre che precedeva di un mese l’entrata della in
maturazione della cedola a cui si riferisce: la cedola pagata il 1 luglio entra in maturazione il 1 gennaio; a tal fine si
guardano le aste di ottobre e novembre. Con il meccanismo semplificato, vigente dal 1995, per la stessa cedola ci si
riferisce all’asta di fine dicembre.
4
E’ presente dal 2003 un BTP il cui interesse è indicizzato all’inflazione media UE.
7
conseguente attenuarsi, fino quasi ad annullarsi, del differenziale fra i tassi italiani e
quelli degli altri Paesi europei.
Inoltre la diminuzione del debito pubblico, essenziale per poter esser parte dell’UME e
quindi dell’Euro, ha portato le pubbliche amministrazioni a perseguire saldi di cassa
positivi e di conseguenza ad una costante diminuzione dello stock di titoli emessi.
Nel corso degli anni novanta si è dunque visto un processo di riallocazione degli
investimenti, che ha portato ad un profondo mutamento della composizione del
portafoglio delle famiglie italiane.
Grazie alla diminuzione della quota di ricchezza detenuta sotto forma di liquidità e
all’aumento dei volumi trattati sui mercati finanziari, sia obbligazionari che di rischio,
peso crescente ha assunto il risparmio gestito, visto sia come strumento di delega delle
scelte di asset allocation che come mezzo per aumentare l’esposizione in attività con un
maggior profilo di rischio-rendimento. Inoltre, a seguito delle privatizzazioni e del
crescente ruolo nel mercato di emittenti corporate, si è assistito ad un trasferimento di
risparmio da emittenti pubblici a privati, favorito dall’asset allocation e dal risk
management di investitori istituzionali: si concretizza così l’ascesa del risparmio gestito,
la cui quota di ricchezza detenuta è passata dal 10% del PIL del 1990 al 94% del 2000.
Lo scoppio della bolla speculativa di fine anni novanta e la contrazione dei listini a
seguito della crisi economica di inizio millennio ha certamente attenuato la corsa a
strumenti di risparmio gestito, a favore di investimenti in attività reali quali gli
immobili. Il ruolo degli investitori istituzionali, tuttavia, non viene a meno: il valore
aggiunto della diversificazione, esigenza sempre più sentita alla luce dei recenti
scandali, e la professionalità del pianificare le risorse delle famiglie, senza tralasciare il
crescente bisogno di una seria previdenza integrativa, accrescono di importanza sia
l’operato degli investitori istituzionali che il risparmio stesso, in quanto rientra in
un’ottica più ampia di impiego correlato alla pianificazione e alle esigenze future dei
singoli risparmiatori. Ecco dunque che si non si parla più di risparmio legato a logiche
di market timing, come accaduto alla fine del precedente millennio, bensì di necessità e
di obiettivo, a fronte di una realtà sociale mutevole che vedrà l’attenuarsi delle coperture
sinora offerte dal Welfare e contestualmente l’innalzamento della speranza di vita.
8
1.2. L’attuale ruolo del risparmio nelle famiglie italiane
Nel corso degli anni novanta si è assistito, per la moltitudine di fattori elencati nel
precedente paragrafo, all’ascesa dell’industria del risparmio, inteso, ai fini dell’analisi
del presente paragrafo, come la gestione delegata a professionisti di attività finanziarie
di pertinenza di soggetti in surplus, i quali concordano o accettano la linea gestionale,
accollandosene i rischi ma restando proprietari delle somme impiegate, che pertanto non
entrano nel bilancio del gestore.
La normativa italiana, oggetto di analisi del successivo capitolo, prevede vari canali per
la distribuzione dei prodotti di risparmio gestito, che vanno dal canale bancario a quello
assicurativo. Riguardo alle modalità di collocamento è inoltre possibile che questo
avvenga direttamente presso le sedi o dipendenze dei soggetti abilitati alla
distribuzione
5
, tramite tecniche di collocamento a distanza
6
, tramite l’offerta fuori sede,
attuata presso il domicilio della clientela. La moltitudine di canali favorisce la crescita e
lo sviluppo del settore, ma non è l’unico fattore di sviluppo: anche il trend crescente dei
mercati azionari, registrato alla fine anni ’90, ha favorito la ricerca di attività finanziarie
da parte del pubblico.
L’evoluzione e lo sviluppo del business non riguarda la sola realtà italiana, bensì
coinvolge tutte le economie industrializzate occidentali.
La seguente trattazione si pone lo scopo di analizzare la crescita del settore della
gestione del risparmio avvenuta nel corso degli anni novanta in un contesto che
consideri i dati italiani raffrontati con quelli di altre economie di mercato. A tale scopo,
come termini di raffronto, si sono scelte le economie tedesche e statunitensi per le
affinità che presentano con l’economia nazionale sia in termini strutturali che riguardo
alla crescita economica che le predette hanno vissuto nell’arco temporale esaminato.
Dal raffronto si è escluso il Giappone, il quale ha vissuto nel periodo in questione una
fase di crisi economica che non ha quindi permesso lo sviluppo del business del
risparmio come negli altri aggregati considerati.
Il primo grafico proposto
7
introduce l’entità delle attività e passività finanziarie detenute
dalle famiglie delle nazioni esaminate, in termini di percentuale rispetto al Pil, e la
5
In tale dizione rientra il circuito degli sportelli bancari.
6
Un esempio ne è l’operatività internet.
7
Fonte: Elaborazione sui dati proposti e rielaborati né “Il risparmio gestito”, Marco Onado, Editrice Bancaria. Fonti
proposte: Usa, Flow of funds; Germania, Bundesbank; Italia, Banca d’Italia.
9
variazione delle stesse nel decennio, collocando inoltre il dato di sintesi relativo alla
quota di attività rappresentato dal risparmio gestito.
Attività, Passività, Netto e Gestito
0
50
100
150
200
250
300
350
400
1990 2000 1990 2000 1990 2000
Italia Germania Usa
Attività finanziarie in % PIL Passività finanziarie in % PIL
Ricchezza netta in % PIL Risparmio gestito in % PIL
Dal primo esame dei dati si nota come le famiglie estere siano maggiormente indebitate
rispetto a quelle italiane, pur detenendo una quota di attività superiore.
Gli anni ’90 hanno visto in tutti gli aggregati la crescita del business del risparmio
gestito. All’estero si è trattato soprattutto di un consolidamento, poiché sia le famiglie
tedesche che statunitensi delegavano già all’inizio del periodo esaminato quote di
attività ai gestori professionali in misura rilevante. La nostra realtà ha invece visto
nascere il settore della gestione del risparmio, la cui quota pressoché marginale di
attività detenuta all’inizio del periodo esaminato è cresciuta sino quasi ad avere l’entità
8
della quota di risparmio gestito detenuto dalle famiglie tedesche.
Si procede ora alla classificazione del gestito, a seconda che si tratti di risparmio non
finalizzato piuttosto di risparmio accantonato con finalità previdenziali.
8
Si noti che l’affermazione non tratta in termini assoluti, ma in % del Pil, dove il confronto vede il 54% delle famiglie
italiane ormai vicino al 60% di quelle tedesche.
Fonte: ns elaborazione sui dati proposti né “Il risparmio gestito” Marco Onado Editrice Bancaria 2001.
10
Classificazione delle voci di Gestito
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
1990 2000 1990 2000 1990 2000
Italia Germania Usa
Risparmio gestito in % AF Fondi comuni in % AF Prodotti assic a capitalizzaz % AF
Il presente grafico
9
mostra quale spazio occupa il risparmio gestito all’interno del totale
attività delle famiglie, e scompone tale quota in risparmio non finalizzato e risparmio
previdenziale.
Nella componente di risparmio non finalizzato sono comprese ogni forma di impiego
della ricchezza individuale la cui finalità non è espressa nelle caratteristiche contrattuali
dei servizi sottoscritti. Il risparmiatore aderisce pertanto a quote di questi prodotti
(Fondi comuni aperti, chiusi, mobiliari, immobiliari, speculativi, Sicav, Etf…), il cui
profilo di rischio-rendimento assume vesti quanto mai diverse, secondo logiche
individuali che variano dal market timing all’asset allocation consapevole ed in
funzione o meno della finalità che avranno le risorse in surplus accantonate al termine
dell’investimento. L’investitore istituzionale punta dunque ad offrire un ventaglio di
proposte d’impiego quanto mai variegato, al fine di favorire l’incontro tra la propria
offerta e le singole esigenze della clientela. Essa può essere consigliata o meno nelle
proprie scelte di investimento da financial advisors, subordinati o meno all’investitore
istituzionale, al fine di costituire il portafoglio più adeguato alle proprie caratteristiche
ed aspettative. Ciò tuttavia non significa che il gestore del fondo comune conosca le
finalità
10
che abbiano portato ogni singolo cliente a sottoscriverne le quote.
La finalità della componente di risparmio previdenziale è invece nota all’investitore
istituzionale, il quale impiega le risorse con obiettivi di ritorno nel lungo periodo allo
9
Fonte: Elaborazione sui dati proposti e rielaborati né “Il risparmio gestito”, Marco Onado, Editrice Bancaria. Fonti
proposte: Usa, Flow of funds; Germania, Bundesbank; Italia, Banca d’Italia.
10
Ad esempio risparmio finalizzato all’acquisto della seconda casa piuttosto al mantenimento degli studi dei figli o
semplicemente per logiche di market timing.
Fonte: ns elaborazione sui dati proposti né “Il risparmio gestito” Marco Onado Editrice Bancaria 2001.
11
scopo di costituire un montante da convertire in rendita integrativa alla pensione
pubblica una volta che il titolare del piano sia giunto all’età pensionabile.
Tornando ai dati esaminati trova riconferma la crescita ed il consolidamento del
business della gestione del risparmio, già visto nel precedente grafico. L’elemento di
novità rispetto al medesimo è rappresentato dalla presenza marcata all’estero di
risparmio previdenziale, componente quasi assente nello scenario italiano, che
rappresenta in entrambi i casi la maggior parte della ricchezza delegata in gestione. La
sottoscrizione di piani di previdenza integrativa è un fenomeno radicato nelle
consuetudini delle famiglie statunitensi, mentre la componente previdenziale detenuta
nel portafoglio delle famiglie tedesche è costituita soprattutto da assicurazioni vita.
Nel decennio esaminato lo strumento del risparmio gestito è stato scelto dai
risparmiatori di tutti gli aggregati esaminati come strumento per aumentare il profilo di
rischio-rendimento del proprio portafoglio, sia che si tratti di risparmio previdenziale o
non finalizzato.
L’allargamento dell’offerta verso linee di gestione con un maggior grado di esposizione
nei mercati azionari, che verso la fine degli anni ’90 hanno vissuto una fase di crescita
molto accentuata, ha ulteriormente accresciuto lo spessore del Nav gestito.
Il grafico seguente mostra la variazione della composizione dei portafogli delle famiglie
dei tre aggregati considerati, considerando inoltre la quota di ricchezza direttamente
detenuta e la quota delegata in gestione, e mettendo in evidenza il mutamento delle
stesse nell’arco del periodo considerato
11
.
11
Fonte: Elaborazione sui dati proposti e rielaborati né “Il risparmio gestito”, Marco Onado, Editrice Bancaria. Fonti
proposte: Usa, Flow of funds; Germania, Bundesbank; Italia, Banca d’Italia.
12
Asset Allocation 1990-2000
49,7
26,1
0,1
0,9
49,8
27
46,1
33,9
0,6 1,1
46,7
35
19,5
10,5
1,7
1,5
21,2
12
18,8
18,1
2
13,7
20,8
31,8
13,4
10,1
7,4
12,4
20,8
22,5
11
5,9
15,8
13,3
26,8
19,2
20,5
24,6
0,7
8,2
21,2
32,8
10,5
15,6
1,3
6,3
11,8
21,9
33,3
36,8
10,3
24,9
43,6
61,7
7,9
6,8
0,3
1,6
8,2 8,4
7,1
6,4
13,6
14,2
20,7 20,6
1,8
2,2
6,6
4,9
8,4
7,1
0%
20%
40%
60%
80%
100%
1
9
9
0
2
0
0
0
1
9
9
0
2
0
0
0
1
9
9
0
2
0
0
0
1
9
9
0
2
0
0
0
1
9
9
0
2
0
0
0
1
9
9
0
2
0
0
0
1
9
9
0
2
0
0
0
1
9
9
0
2
0
0
0
1
9
9
0
2
0
0
0
Direttam.
detenuta
In
gestione
Totale Direttam.
detenuta
In
gestione
Totale Direttam.
detenuta
In
gestione
Totale
Italia Germania Usa
Liquidità Obbligazioni Azion i Al tro
Dall’esame del grafico appare ancora una volta evidente la crescita del settore del
risparmio gestito. E’ inoltre evidente la modifica della composizione del portafoglio,
che ha portato in tutti gli aggregati esaminati un aumento della componente azionaria,
sia che fosse direttamente detenuta piuttosto che delegata in gestione. La componente
obbligazionaria non subisce in genere sostanziali variazioni nella compagine estera,
dove si mantiene attorno alla quota di inizio periodo, mentre registra una crescita nel
sistema italiano. In tutte le aree si rileva un forte calo della liquidità, a favore degli
strumenti poc’anzi visti.
La sostenuta crescita dei listini avvenuta alla fine degli anni ’90 ha portato ad un
riscontro positivo nell’industria della gestione del risparmio sia in termini di raccolta
che di aumento del Nav gestito, per effetto dell’aumento delle quotazioni stesse. Il
sentiment positivo sui mercati e l’elevata fiducia dei sottoscrittori hanno creato nel
mercato di borsa in una fase di “parco buoi”
12
, culminata con la forte correzione dei
listini intercorsa a partire dalla fine del 2000.
12
Espressione non propriamente accademica, ma molto giornalistica, capace di rendere l’idea di quanto accaduto.
Fonte: ns elaborazione sui dati proposti né “Il risparmio gestito” Marco Onado Editrice Bancaria 2001.
13
La crisi dei mercati ha avuto un impatto negativo sul settore della gestione del
risparmio, che ha visto diminuire la massa in gestione sia per la caduta delle
quotazioni, sia per il clima di sfiducia creatosi attorno al mondo della finanza negli
anni successivi, per concomitanza di una serie di fattori: alla caduta dei listini vanno
infatti sommate le ripercussioni sui risparmiatori detentori di titoli altamente diffusi
quali le obbligazioni Argentine, la cui crisi è culminata con il default dello Stato, ed
corporate bonds vittime di scandali societari quali Enron, Worldcom, Vivendi, Cirio,
Parmalat. Nonostante tali problematiche abbiano colpito soprattutto i detentori di
titoli, le ripercussioni, in termini di sfiducia verso il sistema, si sono avute anche nei
confronti dell’industria della gestione del risparmio, che paradossalmente tende, grazie
alla presenza attiva del gestore, ad evitare titoli “pericolosi” o quantomeno ad
attenuarne l’impatto negativo sul portafoglio tramite la diversificazione.
Tra gli altri fattori che hanno frenato lo sviluppo del business del risparmio vanno
inoltre ricordati i comportamenti professionalmente scorretti adottati da certe strutture
commerciali nel collocare prodotti palesemente penalizzanti per il cliente
13
. Non va
dimenticato infine l’impatto dell’Euro sul potere d’acquisto della moneta, che ha
penalizzato molte famiglie un tempo capaci di risparmiare, e la politica monetaria
europea, che a causa del taglio dei tassi d’interesse (manovra necessaria per le finalità
postesi dalla BCE) ha favorito altri mercati.
In questo scenario di sfiducia e scontento, aggravato peraltro dalla crisi internazionale,
il risparmiatore ha cercato maggiori certezze per il proprio capitale, individuandole
nell’investimento immobiliare. Nello stesso periodo, infatti, prezzi continuamente
crescenti hanno accentuato la rincorsa al “mattone”, peraltro favorita dal basso costo
del denaro che ha reso possibili sempre più operazioni ipotecarie non solo per finalità
di primo immobile abitativo ad uso personale.
Il quadro delineato, comune a tutte le realtà sinora viste ma caratteristico della realtà
italiana, riguarda il mutamento del mercato del risparmio degli ultimi anni. Lo scopo è
di introdurre i dati dei grafici seguenti
14
, concernenti l’evoluzione dell’operatività
delle SGR nel periodo 2000-2002, in termini di Nav e raccolta netta. Viene ora
pertanto lasciato il raffronto con le realtà estere per focalizzarsi sullo scenario
13
Al fine di evitare spiacevoli dibattiti circa i casi in questione, che comunque rappresentano poca cosa nel sistema, non
si riportano i casi stessi.
14
Fonte: elaborazione su dati Assogestioni.
14
nazionale. Tale analisi completa e qualifica in termini numerici lo scenario prima
descritto, al fine di motivare i dati che emergeranno in sede di esame dei bilanci.
Nav fondi italiani 2000 - 2002
0
100000
200000
300000
400000
500000
600000
Azionari Bilanciati Obbligazionari Monetari Flessibili Totali
Azionari
205039,3 156971,6 104166,1 112747,5
Bilanciati
81567,8 59872,1 41302,9 36533,8
Obbligazionari 229584,8 238813,5 225880,1 236079,8
Monetari 23834,5 51465 83554,4 106765,5
Flessibili
7991,6 7180,8 11062,3 16869,9
Totali
548018 514303 465965,8 508996,5
Dic. 2000 Dic. 2001 Dic. 2002 2003
Il grafico sopra esposto mostra l’evoluzione del Nav in gestione nei fondi italiani, nel
periodo 2000-2002
15
. Dall’esame dei dati appare evidente la caduta del volume dei
fondi azionari, dimezzatosi. Ancor più critico appare il dato relativo ai fondi bilanciati,
i quali hanno subito un calo in termini percentuali molto vicino a quello degli azionari,
ma con cause non totalmente imputabili alla caduta dei listini: poiché in tale categoria
di fondi è presente una componente obbligazionaria, la cui finalità è di attenuare la
caduta del valore della quota nelle fasi di ribasso dei corsi azionari, le cause di una
diminuzione di tale entità vanno ricercate nei flussi di adesione e rimborso dai fondi.
La categoria dei fondi obbligazionari non ha subito scostamenti di rilievo mentre un
enorme successo hanno riscontrato i fondi monetari, sottoscritti dal pubblico in tale
15
Il dato relativo al 2003 è stato inserito come termine di continuità tra la realtà esaminata e quella attuale.
Fonte: ns elaborazione sui dati Assogestioni
15
fase di incertezza per l’obiettivo di breve termine dell’investimento e per l’elevato
grado di sicurezza insito nel prodotto.
Per avvalorare i dati precedentemente esposti saranno analizzati i dati relativi ai flussi
netti di adesione/rimborso fondi, esposti nel seguente grafico.
Raccolta netta fondi 2000 - 2002
-80000
-60000
-40000
-20000
0
20000
40000
60000
80000
D
a
t
i
i
n
m
l
n
.
€
Azionari Bilanciati Obbligazionari Monetari Flessibili Totali
Azionari
62124,4 -12416,2 -9771,4 -1204,4
Bilanciati
23791,7 -16443,3 -11960,2 -5759
Obbligazionari -61872 3444,9 -18446,5 10691,9
Monetari 594,4 24862,8 29810,6 15468
Flessibili
5020,3 -47,5 3966,6 5992
Totali
29658,8 -599,3 -6400,9 25188,5
2000 2001 2002 2003
I dati registrati nel 2000 seguono l’onda della bolla speculativa di fine anni ’90, con
una forte rincorsa agli strumenti di borsa, mentre quelli relativi al periodo 2001-2002
confermano il trend negativo sia per la componente azionaria che bilanciata. I fondi
obbligazionari, stabili per quanto riguarda il Nav, hanno subito delle perdite in termini
di raccolta mentre viene confermato il successo dei fondi monetari. Si registra un certo
successo anche presso i fondi flessibili.
Fonte: ns elaborazione sui dati Assogestioni
16
Si può quindi sinteticamente definire la variazione del Nav di un portafoglio quale
risultante della performance dei titoli in esso detenuti depurata dal flusso netto di
apporti e rimborsi di denaro fresco nel medesimo
16
. L’analisi seguente incrocia i dati
precedentemente esposti al fine di ottenere l’entità della variazione della massa gestita
causata dalla pura performance dei titoli gestiti.
D
i
c
.
2
0
0
0
2
0
0
1
2
0
0
2
D
i
c
.
2
0
0
2
P
e
r
f
.
A
s
s
o
l
u
t
a
Azionari
Bilanciati
Obbligazionari
Monetari
Flessibili
Totali
-100000
0
100000
200000
300000
400000
500000
600000
Performance 2000-2002
Dall’esame comparato dei dati di raccolta e performance si nota quanto queste
componenti abbiano contribuito a determinare il livello del Nav complessivo a fine
2002. E’ evidente come la caduta degli azionari sia stata causata soprattutto dalla
16
Per questioni di praticità il costo della gestione del portafoglio viene considerato, al pari delle minusvalenze, come
fattore negativo di reddito.
Fonte: ns elaborazione sui dati Assogestioni
17
performance negativa dei mercati, mentre il dato relativo ai fondi bilanciati è la
risultante soprattutto del deflusso dei risparmiatori.
Il calo del Nav gestito si ripercuote sulle SGR istitutrici di fondi in minori
commissioni di gestione, mentre il calo delle adesioni comporta alle SGR collocatrici
minori introiti da commissioni di ingresso.
Lo scenario delineato vede le società di gestione del risparmio uscire da una fase di
elevata crescita, dove si sono resi necessari investimenti in strutture, sistemi
informativi, risorse umane, per affrontare una fase di crisi dove il risparmiatore,
scottato dal trend negativo dei mercati e deluso dagli scandali finanziari, è in cerca di
sicurezza e, guidato da tale necessità, compie scelte legate soprattutto a logiche di
market timing, piuttosto che alla pianificazione delle risorse correlata alle proprie
necessità.
In queste circostanze il ruolo delle SGR non si limita alla gestione degli assets, il cui
valore aggiunto sta nell’oculatezza e nella diversificazione delle scelte di portafoglio
mirate al contenimento del rischio, ma arriva ad una allocazione del patrimonio
correlata alle esigenze di ogni singolo cliente.
Poiché il mercato italiano non è ancora pronto a recepire Financial Advisors
indipendenti dalle singole società, sono le SGR stesse a dover formare le proprie reti
di distribuzione secondo tali logiche, al fine di poter offrire alla clientela quel valore
aggiunto in grado di fidelizzarla non solo per momenti di mercato.
Tale concetto è ulteriormente rafforzato a fronte di un importante mutamento che sta
per colpire la realtà italiana, e che può offrire grandi margini di operatività alle SGR:
la riforma del sistema previdenziale. La necessità di una previdenza integrativa,
pianificata secondo criteri che vanno oltre al mero collocamento di piani pensionistici,
può permettere alle SGR di fidelizzare la clientela nel lungo periodo, garantendosi
continue e stabili adesioni ai fondi gestiti ed aprendo la possibilità di gestire l’intero
patrimonio della clientela stessa, in virtù dell’entità del rapporto che si viene a
costruire nel corso del tempo.