dell’Illuminismo settecentesco ha fatto sì che, in nome della Ragione e della Scienza,
non fosse più possibile vedere come naturali uomini vestiti in abiti femminili: da ciò
ne seguì l’ascesa delle attrici-donne a teatro. Il travestitismo non morì ma cambiò le
sue connotazioni, mantenendo, come unica eccezione il fenomeno che si attuò
nell’Opera italiana con i cosiddetti “cantori evirati”; dal XIX sec. il travestitismo ha
già pienamente il suo nuovo carattere leggero, comico, burlesco: a cominciare dal
Music hall e della Pantomima inglesi il travestitismo ricompare a teatro con il suo
aspetto moderno, per giungere al nostro secolo e ai nostri giorni col fenomeno delle
Drag Queen, autentici personaggi pieni di enfasi teatrale.
All’interno di questo excursus storico-sociale si prendono in considerazione, oltre che
il settore teatrale, anche quegli aspetti della vita comune in cui il travestitismo è
registrato come elemento originale, eventi che sono passati alla storia della cronaca di
varie epoche e che ci aiutano a capire come il travestitismo sia da sempre vivo, anche
se con giudizi alterni.
Tutta la Tesi, inoltre, analizza, grazie ad un’attenta ricerca, l’evoluzione del Costume,
inteso come “abito di scena”, adottato da questi travestiti, o meglio “impersonatori di
ruoli femminili” (o maschili).
Si troverà anche un capitolo dedicato al maggior esponente del teatro italiano che
attui ancora adesso il travestitismo, sia rifacendosi al carattere aulico di un tempo, che
a quello comico dell’epoca moderna: Paolo Poli.
Gli ultimi due capitoli, infine, tratteranno del rapporto tra Travestitismo e Cinema
(analisi del ruolo che ha avuto il Travestitismo nella storia del Cinema) e tra
Travestitismo e Arti Visive, cioè tutte quelle aree del settore artistico in cui il
travestitismo ha fatto la sua comparsa dichiarando un ruolo centrale: la Body Art, la
Musica, la Moda e l’arte pittorica.
CAPITOLO 1
___________________________________________
IL TRAVESTITISMO COME RITUALE ATTRAVERSO I SECOLI
E NELLE DIVERSE CULTURE
____________________________________________________________________
L’opinione corrente presenta una visione del tutto limitata e limitante di quello che è
stato il travestitismo: pratica tanto antica, quanto connessa alla ritualità sacra,
comunemente associata, adesso, ad una devianza di carattere sessuale.
Peter Ackroyd, nel suo fondamentale saggio “Dressing up” (ossia: “Travestirsi”),
presenta un’interessante e ben fondata analisi su come si sia sviluppato il
travestitismo in diverse culture di epoche antiche. Con equilibrio, egli individua quei
caratteri e quelle motivazioni per cui il travestitismo si staccherebbe di netto dalla
nozione ghettizzante e svilente diffusa nella società contemporanea. Ackroyd sostiene
che il fatto di oltrepassare i limiti del proprio sesso, adottando abiti e sembianze di
quello opposto, sia da attribuirsi, in non pochi casi, ad una manifestazione culturale
che riporrebbe nel travestirsi le basi di credenze, religioni od usanze popolari.
Antropologi e storici sociali avrebbero rilevato la coincidenza del travestitismo in
culture del paleolitico dell’Asia, del nord America, dell’Africa e dell’Europa. Il fatto
sensazionale è che ci furono culture in cui il travestitismo “fu istituzionalizzato, e – in
cui- veniva conferito ai travestiti un vero e proprio status”
1
, quasi essi facessero parte
di un “onorario terzo sesso”
2
. Da ciò capiamo facilmente come i travestiti giocassero
un ampio ruolo ben integrato in alcune società. Avere il “privilegio”, o la “rarità”, di
poter appartenere al sesso che non fosse quello imposto dalla natura, doveva, di
sicuro, avere avuto una connessione con il sacro, il divino o il magico. A supporto
tangibile di questa opinione, basti ricordare che varie culture antiche veneravano
divinità la cui natura era chiaramente androginia o, almeno, bisessuale: statue
risalenti al periodo greco arcaico, per esempio, sono mostrate con i caratteri di
entrambi i sessi. Così l’androginia, in cui i due sessi non solo si fondono, ma anche
coesistono in un’unica forma, appare, ed è effettivamente, un originale stato di
potere.
Molte culture lo affermano: in Africa una delle divinità principali è Lisa-Maron, una
figura che incorpora sia l’uomo che la donna; il grande dio Shango può essere
1
Peter Ackroyd – Dressing up. Transvestism and Drag: the history of an Obsession, 1979
London, Thames&Hudson, p.37
2
P. Ackroyd, Op. cit., p.37
rappresentato sia con attributi maschili che femminili; contemporaneamente, gli
sciamani del Brasile adorano Yansan, definito “l’uomo-donna”.
La tradizione del travestito come essere che incarna qualcosa di sacro sopravvisse
nelle popolazioni degli Indiani d’America: i berdaches erano uomini che vestivano
panni femminili e venivano impiegati in attività femminili; essi interpretavano le
funzioni delle donne, già da tempi antichi.
E’ anche possibile, comunque, che questa forma di travestitismo fosse un modo, in
alcune società, per controllare, limitandola, l’omosessualità come una forza sociale
costruttiva. Ruth Benedict, a questo proposito, sostiene che i berdaches fossero
“padroni delle attività femminili”
3
. Sovente, inoltre, il travestirsi fu collegato con
l’arte della magia: in molte culture sciamanistiche, i travestiti erano considerati
“stregoni o visionari” che, a causa della loro natura di uomini con abiti da donna,
erano fonte di autorità divina in una comunità primitiva.
Non dobbiamo pensare che questa sia una concezione unicamente arcaica, visto che il
transessuale Jan Morris, rileva come alcune popolazioni nere dell’Africa, vedendolo,
gli fecero capire che, per loro, vi era nella sua condizione un elemento di privilegio o
di ossequianza. La concezione più radicale che Peter Ackroyd sostiene, considera
l’androginia un aspetto centrale delle divinità della vegetazione e della fertilità: “è qui
che il travestitismo entra nella sua propria, essenziale ed unica forma di
venerazione”
4
. Macrobio riporta che i sacerdoti vestivano come le donne in onore
dell’Afrodite barbuta di Cipro. Sulla stessa isola, il culto di Ariadne, in origine culto
della fertilità, era segnato da una cerimonia in cui un ragazzo indossava vesti
femminee e procedeva rappresentando tutti i simboli della laboriosità e della nascita.
A Roma, nelle feste religiose di ringraziamento per il raccolto, gli dei dell’agricoltura
erano definiti “sive deus, sive dea” (sia dio, che dea”). Questa persistente
identificazione dell’androginia con l’idea della crescita e della rinascita, si ritrova in
molti riti per la fertilità e sembra resistere anche in alcune culture, ai giorni nostri. E’
per tale continuo accostamento tra culto e aspetti della vita quotidiana che il travestito
3
P. Ackroyd, Op. cit., p.37
4
P. Ackroyd, Op. cit., p.39
è una forza potentemente ambigua, ed è per questo che lo sciamano travestito era
considerato uno “scelto da Dio”
5
. Il potere di cambiarsi di sesso, o almeno di
rappresentare tale processo adottando vesti del sesso opposto, stabilisce un rapporto
tra lo sciamano e le divinità dal doppio sesso, autosufficienti, che lo usano come loro
portavoce. Lo sciamano, in un certo senso, incarna la presenza divina. Il suo corpo è
un ricettacolo di spiriti con cui, in una comunione estatica, comunica e combatte a
favore della sua gente. Possedere la natura maschile e femminile è una grande forma
di potere insita nello sciamano, molto diversa dal travestito contemporaneo che
ridicolizza la femminilità e, probabilmente, non possiede appieno né la natura
femminile, né la natura maschile.
Fonti illustri ed autorevoli ce lo dimostrano: Erodoto scrive che gli stregoni della
Scizia parlavano e si vestivano come le donne ed erano, per questo motivo, molto
temuti e, allo stesso tempo, venerati; così avveniva tra le tribù dei Chukchee del nord-
est asiatico, dove gli sciamani trascorrevano la loro vita permanentemente travestiti;
ad Efeso, durante i culti di Artemide, a cui gli uomini non potevano accedere se non
travestiti, tra le tribù del Borneo dei Sea Dyaks; tra gli indiani Mohave, in cui chi era
destinato alla funzione di sciamano veniva travestito; tra gli indiani Omaha, che
consideravano venerabile ogni travestito, tra le tribù teso dell’Africa centrale, in cui i
medici si travestivano; in India, tra la setta dei Vallabha, devota a Krishna; tra i
sacerdoti Aztechi, Maya ed Incas; nella Roma antica in particolar modo durante i riti
di Ercole (ricordiamo infatti che lo stesso Ercole visse per tre anni travestito presso la
corte di Omphale, regina di Lidia); durante il periodo medievale, nelle gare magiche,
in cui uno dei segni maggiormente attestati di uno stregone era l’abilità di cambiare
sesso, attraverso il cambio degli indumenti. A questo punto, quello che sembra
importante, è cercare una plausibile spiegazione per la persistente ed apparente
universalità del travestitismo, come una condizione di potere e di sacralità. Potrebbe
darsi che i sacerdoti maschi vestiti da donne potessero simboleggiare la confluenza di
terra, principio femminile, e di cielo, principio maschile. Questi sacerdoti sarebbero
5
P. Ackroyd, Op. cit., p.39
una conseguenza di qualche più antica cultura matriarcale, in cui l’abito femminile è
simbolo di un ordine stabilito. Il travestitismo potrebbe essere spiegato anche come
rappresentante del comune ordine di Madre Natura, come antagonista di una società
dominata dal maschio. Inoltre è da tenere in considerazione un fatto molto
importante: a prima vista quello che a noi potrebbe risultare sconvolgente è come il
travestitismo non fosse considerato una devianza di carattere sessuale, ma , anzi,
avesse questo ruolo sacrale.
Il travestitismo è un fenomeno, in apparenza, se non nelle motivazioni, temibilmente
asessuale. Nelle società tribali primitive la sessualità non viene repressa in forme
convenzionali, o da forme convenzionali, così viene ad assumere una lettura
differente rispetto a quelle culture che, invece, basano il concetto di sessualità su
motivazioni dettate da tradizioni, da forme di pensiero, da precetti religiosi, politici,
morali…Lo sciamano che si traveste rappresenta, in queste culture primitive tribali,
piuttosto che un cero tipo di sessualità innaturale o codificata, l’assenza di sessualità.
E questa immagine induce, a ragione un timore sacro e anche stabilisce relazioni tra i
due sessi. Perciò, non sarebbe corretto prendere ogni travestito, nelle culture appena
citate, come necessariamente o prevalentemente omosessuale.
Arrivati a questo punto, non è da trascurare il ruolo che l’abito riveste all’interno di
tutto questo, chiamiamolo, rito del travestitismo. I vestiti possiedono e vogliono
esprimere, in qualunque caso e in qualsiasi società, qualcosa di tangibile: i vestiti
dello sciamano travestito non sono periferici alla sua attività magica, ma sono
l’evidente, il visibile segno della sua condizione privilegiata e divina. Anch’essi
assumono innate proprietà magiche. Così, sicuramente, bisogna tenere presente che,
come per ogni rappresentazione pubblica, l’abito dello sciamano è da intendersi come
vero e proprio Costume che possiede una sua funzione visiva, spettacolare,
coinvolgente e d, in questo caso, temibile
6
. Quando lo stregone o il sacerdote
adottava un abito appartenente non al suo sesso, ma a quello opposto, di certo si
trattava di un abito particolare, con specifici attributi attestanti il suo ruolo all’interno
6
Ho precisato “in questo caso”, perché, mentre le altre funzioni appartengono al Costume in generale, questa (ovvero,
“l’essere temibile”) appartiene invece al costume dello sciamano, ma non è generalizzabile.
della comunità. Il costume vestiva l’uomo da donna, ma lo faceva con una certa,
voluta teatralità. In poche parole, vestire i panni femminili, risultava, per un uomo, un
atto con significato pratico e spirituale, e non di sicuro sessuale. Scardinando
simbolicamente i parametri del vestiario prestabilito per ciascun sesso, lo sciamano si
avvicinava al potere delle divinità androgine e trovava libero accesso in una vita ed in
una condizione privilegiata. Accanto a tali funzioni religiose e magiche, è opportuno
considerare anche il travestitismo adottato nelle grandi celebrazioni. La circoncisione,
il matrimonio, la morte. Qui il travestitismo gioca un ruolo fondamentale: esso
rappresenta la rinascita della vita e della forza. I bambini Masai vestivano abiti ed
ornamenti femminili finchè le ferite della circoncisione non si rimarginavano; i
Namshi portavano gonne e collane durante i riti di iniziazione; gli Egiziani circoncisi
sfilavano in vesti femminili. Si tratta propriamente di preparazioni travestitiche, atte
ad entrare nel mondo virile, prefigurate nel “mito di Achille” che visse travestito da
donna alla corte di Licomede, a Sciro, prima di acquisire le sue abili doti marziali.
P.Ackroyd svolge un’interessante tesi sul travestitismo nella cultura primitiva: egli
sostiene che sia da collegarsi alle feste religiose di ringraziamento per il raccolto e ai
riti di fertilità. Fu proprio attraverso l’aperta identificazione con tali festività che il
travestitismo guadagnò la sua reputazione di simbolo di licenza sessuale e di
buffoneria. Durante la festività per la raccolta dell’uva, la festa ateniese di Oscoforia,
due ragazzi si vestivano in abiti muliebri e portavano in processione parte del
raccolto; durante le festività Argive di Hybrystica, gli uomini erano travestiti; alla
festa di Hera a Samo, gli uomini indossavano lunghe gonne bianche e si pettinavano i
capelli acconciandoli in cestini dorati; Dioniso era, in origine, una divinità della
vegetazione e, nel IV sec. a.C., gli egizi adottarono costumi femminili in suo onore;
durante le festività laconiane per Artemide, oltre agli abiti femminili, gli uomini
indossavano maschere grottesche. Alcune di queste pratiche sono ancora in atto,
anche se, ovviamente, sono spogliate del loro originario significato e scopo.
Durante le feste per il raccolto era pratica comune, in Europa, fino qualche anno fa,
travestirsi soprattutto in occasione della raccolta del grano; in Bavaria c’è ancora
l’uso di travestirsi in tali circostanze. Il travestitismo interpretato in atti simili, è
preparazione alla rinascita, al cambio della Natura. A tale mutazione della Natura può
giungere anche l’uomo che si traveste. Quello che adesso risulterà facile da
comprendere è che il travestirsi rimase presente nella storia come qualcosa di
connesso al sacro, solo finchè fu temuto e rispettato. Appena la gente non prese più
sul serio tale funzione, tutto ciò che sopravvisse fu la “buffoneria”, che tende a
sottolineare le disparità che il travestitismo incarna nella società moderna. Così, a
poco a poco, le festività stesse e le cerimonie che in esse si svolgevano,
degenerarono, perdendo tutta la devozione del popolo e le loro funzioni sacrali-
religiose. I travestiti divennero parte di una farsa ed i loro travestimenti iniziarono ad
essere letti solo come conseguenza di una tendenza sessuale innaturale.