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loro attuazione, processi produttivi più elastici e richiedono ai lavoratori
continui adattamenti e comportamenti di tipo creativo.
Diviene così fondamentale imparare a mutare i propri comportamenti, la
struttura di pensiero e le modalità d’azione per riuscire ad adattarsi a ciò che
l’ambiente ci impone.
Le organizzazioni devono far fronte a tutte queste turbolenze per garantirsi la
sopravvivenza e continuare ad essere competitive, e per farlo hanno bisogno di
una figura particolare.
Così come in psicoanalisi è lo psicoanalista che aiuta il paziente in difficoltà,
nelle organizzazioni di oggi è il leader trasformazionale che permette loro di
superare i problemi legati alla società attuale.
E’ quest’ultima affermazione che nel presente lavoro di tesi viene
approfondita, e cioè: l’importanza del leader trasformazionale per le
organizzazioni di oggi. Per discutere questa ipotesi ho iniziato il lavoro di tesi
soffermandomi su una panoramica storica della leadership, dai primi studi di
Lewin, a quelli di Likert…fino alle ultime teorie degli anni Novanta. Ho
proseguito affrontando un tema strettamente correlato alla leadership
trasformazionale: la motivazione; partendo da alcuni cenni fisiologici, per poi
scrivere degli studi di Taylor, Mayo, Maslow…Nella terza parte ho scritto più
in dettaglio della leadership trasformazionale. Infine mi soffermo a riflettere
sulle possibili relazioni che intercorrono tra il cambiamento e la leadership
trasformazionale, tra la motivazione e il cambiamento e tra la leadership
trasformazionale e la motivazione.
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Da queste riflessioni emerge l’importanza del leader trasformazionale nelle
moderne organizzazioni e quindi l’ipotesi che per affrontare i repentini
cambiamenti ed evitare le resistenze correlate ad esso, bisogna aumentare la
motivazione dei dipendenti. Una figura chiave per fare ciò, ripeto, è proprio il
leader trasformazionale.
7
CAPITOLO I
LA LEADERSHIP
1.1 COS’E’ LA LEADERSHIP ?
<< Leadership: egemonia esercitata da una persona, da un gruppo, da
un’azienda, da uno stato e simili >> (Zingarelli, 2002).
Questa è la definizione che possiamo leggere su un vocabolario di lingua
italiana, ma in realtà, il termine leadership è difficile da definire, tanto che se
proviamo a fare una piccola indagine chiedendo: <<cos’è per te la
leadership?>>, ci accorgeremo subito che pur essendo un termine oramai
entrato nel linguaggio comune, tuttavia la maggior parte delle persone darà
definizioni diverse.
L’essenza della leadership non può essere ridotta ad una serie di attributi
personali e non può nemmeno essere delimitata in termini di ruoli e di funzioni.
Ecco perché è relativamente facile riconoscere un leader ogni volta che se ne
incontra uno, ma non è altrettanto semplice definire la leadership.
Alcuni studiosi la considerano soprattutto come un processo originato
principalmente dai capi formali nell’esercizio del loro ruolo.
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Altri mettono, invece, l’accento sul fatto che la leadership è sostanzialmente un
processo sociale: dunque la sua comprensione richiede di analizzare dei
meccanismi di reciproco influenzamento.
Stogdill, uno dei tanti studiosi che si è interessato della leadership, affermò
negli anni Settanta che: <<Ci sono almeno tante definizioni di leadership,
quante sono state le persone che hanno cercato di definirne il concetto>>
(Quaglino, 1999) e, forse, anche oggi dopo trent’anni questa considerazione è
valida!
Leadership è un termine complesso che è nato nella cultura anglosassone della
prima metà del Diciannovesimo secolo. Prima di allora prevaleva il concetto di
“supremazia”. Un punto chiave di questa distinzione sta nel fatto che la
supremazia riguarda l’imposizione ai seguaci di determinate strutture sociali,
mentre la leadership emerge in un dato contesto sociale ed è accordata dai
seguaci al leader (Westwood, 1997; in Quaglino, 1999).
Nel tempo ha acquistato un significato universale ed intraducibile. Leading
vuol dire: “stabilire una direzione ed influenzare gli altri a seguirla”. Questa
antica etimologia sottolinea alcuni concetti: costruzione di una meta,
coinvolgimento attivo ed esclusione di ogni forma di passività e costrizione
(Maroino, 2003). Il suo significato è simile alla parola italiana “guida”, che
indica ciò che indirizza verso una meta o suscita un determinato effetto. Ma la
parola leader è più incisiva perché “guida” può anche indicare un oggetto
inanimato od astratto, oppure “ una persona che ci conduce lungo un percorso
ma senza compartecipare con noi alcunché” (Trentini, 2002).
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E’ un concetto antichissimo ma allo stesso tempo moderno. E’ antico perché
nella storia dell’uomo ci sono sempre stati dei leader che ne hanno guidato
l’evoluzione. E’ moderno perché dopo gli anni Ottanta, torna ad interessare gli
studiosi che in precedenza l’avevano considerata come un fenomeno marginale
nell’ organizzazione (Maroino, 2003).
Ma se la parola leadership è relativamente recente (il termine sembra sia
apparso per la prima volta nella lingua italiana con il moderno significato nel
1834, per indicare il capo di uno schieramento politico) invece, il tema che gli
corrisponde ha interessato studiosi di ogni tempo: la questione della gestione del
potere, che può essere assimilata a quella della leadership.
Il potere è l’energia essenziale per intraprendere e sostenere l’azione che traduce
l’intenzione in realtà, il requisito senza il quale il leader non può guidare gli
altri.
Per introdurre questo tema si potrebbe partire dalla classificazione delle fonti
del potere in due categorie, questo perché leadership e potere sono due facce
della stessa medaglia all’interno dei metodi di governo di un’organizzazione:
potere di posizione e potere personale; infatti, ripeto, senza potere i leader non
potrebbero condurre gli altri (Bennis et al.,1999).
Secondo questa classica bipartizione, una parte del potere dei capi viene loro
proprio dal fatto di ricoprire una posizione organizzativa che permette di
utilizzare certe risorse specifiche come: il riconoscimento di avere un’autorità
formalmente legittimata, il controllo esercitato su risorse, ricompense e
sanzioni. L’altra categoria di risorse per il potere è costituita dalle qualità
10
personali, tra queste avrebbero un ruolo di primo piano: la competenza tecnico-
professionale e, soprattutto, la capacità di suscitare sentimenti positivi, di
vicinanza emozionale, di lealtà o di identificazione, e il carisma personale,
inteso come capacità di influenzare, con una forte componente emotiva da parte
del destinatario del processo di influenza. Quello che caratterizza lo studio della
leadership è la confusione di significato di diversi concetti come potere,
controllo, autorità, considerati spesso suoi sinonimi (Novara et al.,1996).
Invece, con la nozione di potere, si intende la capacità di influenzare la
resistenza degli altri, assicurandosi adesione di comportamento. Si parla di
autorità quando si prende in considerazione la legittimità dell’esercizio del
potere, cioè quando è attribuito agli individui secondo regole definite. Con il
termine controllo, si fa riferimento alle modalità con cui si verifica il
conseguimento di standard specificati. La leadership è collegata a tutti questi
concetti, infatti può essere definita come capacità di influenzare e determinare
un consenso volontario da parte degli altri (Di Maria et al., 2002; Novara et
al.,1996).
Ma la confusione più grande nel discriminare il significato di leadership si ha
quando si vuole differenziare il leader dal capo e quindi la leadership dal
managment
1
.
Uno studioso che si è interessato ad approfondire questa contrapposizione è
Kotter
2
.
1
“Amministrazione, direzione, gestione d’una azienda” Zingarelli, N. (2002), Vocabolario
della lingua italiana, Zanichelli, Bologna.
2
Kotter, J. P., docente di Organizational Behavior all’Harvard Business School
11
Egli sostiene che i capi si occupano di tecniche di pianificazione, di controllo
delle risorse per raggiungere obiettivi futuri in modo da istituire una chiara
struttura sociale. Essi si avvalgono di un sistema di verifica e controllo delle
prestazioni. I leader si focalizzano, invece, sulle opportunità di crescita e
cambiamento delle persone e quindi dell’organizzazione, sull’empowerment
3
,
cioè su un processo che ha lo scopo di render consapevoli del proprio ruolo
professionale, attraverso la conoscenza dei limiti e delle possibilità (Lavanco et
al., 2002).
Il managment è legato alla complessità, nel senso che si occupa di
pianificazione e budget per non rendere caotiche le aziende e comprometterne la
stessa esistenza. La leadership è volta allo sviluppo di una visione del futuro che
venga fatta propria da tutti i dipendenti; importante è dunque:
ξ l’orientamento e quindi la capacità di indirizzare e dirigere gli
altri verso una meta;
ξ la motivazione, cioè l’insieme delle ragioni, dei “motivi” che
causano un comportamento;
ξ l’ispirazione, l’impulso a seguire una meta (Senge, 1990; in
Quaglino, 1999).
Secondo altri autori ( Kettlitz et al., 1998) il manager usa il potere e
l’ autorità per condizionare le azioni dei dipendenti; il leader, invece, modifica
il modo di “pensare” dei membri del gruppo. Non si deve però cadere
nell’errore di giudicare il leader migliore del manager o viceversa perché per
3
Termine derivato dalla politologia degli anni Cinquanta e Sessanta degli Stati Uniti. Indicava
la mobilitazione di alcuni gruppi minoritari per il riconoscimento dei diritti politici e civili.
12
un’azienda sono due figure da cui non si può prescindere. Infatti, mentre il
leader si occupa soprattutto dell’ambiente esterno cercando di prendere da esso
tutto ciò che può servire all’organizzazione, il manager, invece, collabora con il
leader e gestisce le risorse interne.
Oggi si pensa che le competenze manageriali siano necessarie per
un’organizzazione ma non sufficienti, occorre anche un leader che sappia
guidare gli altri verso gli obiettivi, verso il futuro. E bisogna fare un distinguo
tra guidare e comandare: comandare appartiene al manager, guidare al leader
(Maroino, 2003).
Due autori francesi, Kim
4
e Mauborgne
5
, per chiarire che cosa si intende per
leadership, la paragonano al “buon governo” citato in alcune massime orientali,
ad esempio: <<[…] Non è il fuoco, ma è l’acqua capace di avvolgere e
contenere tutto; ed è l’acqua il bene della vita. Non sono, dunque, i governanti
potenti e autoritari, ma quelli capaci di umiltà e con il coraggio di andare fino in
fondo alle cose, che riescono a catturare il cuore del popolo>> (Chan Kim et al.,
1992; in Quaglino, 1999).
Ancora una volta, quindi, l’accento viene posto sulla capacità del leader, o del
buon governo, di coinvolgere e “catturare” gli altri grazie alla capacità di farsi
amare e rispettare quindi grazie a caratteristiche che sono inscritte in un registro
emozionale. Se un “suddito” o un dipendente, segue il leader perché lo rispetta,
perché crede nelle sue capacità, allora sarà disposto a “sacrificarsi”, ad
4
W. Chan Kim è professore associato di Strategic and International Managment
all’European Institute of Business Administration (INSEAD), di Fontainebleau, Francia.
5
Renée A. Mauborgne è ricercatore associato di Managment e International Business
Administration (INSEAD), di Fontainebleau, Francia.
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impegnarsi ed a lavorare di più per raggiungere gli obiettivi proposti da lui. Se,
invece lo segue perché costretto, non per libera scelta, alla prima occasione lo
abbandonerà e certamente non sarà disposto ad investire le proprie energie più
del necessario per gli obiettivi proposti.
Quindi, quando si parla di leadership si parla anche di capacità di coinvolgere
le persone in un progetto. Diceva Truman
6
: <<La leadership è la capacità di far
fare agli uomini ciò che non vorrebbero e farglielo piacere!>>.
6
Harry Truman, (1884-1972). 33° presidente degli Stati Uniti dal 1945 al 1953.