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l’immaginazione di un individuo e la sua esperienza della realtà. Per questo motivo,
lo spirito dei sonetti è più simile alle tragedie che alle commedie. Alla commedia,
tuttavia, è concesso trionfare solo dopo essere stata adombrata da una più cupa
consapevolezza del possibile destino dei suoi personaggi.
La relazione tra sonetti e tragedie, da un lato, e commedie dall’altro, è che essi fanno
uso di un’identica concezione della natura dell’amore, ma la sviluppano in modi
distinti: nei primi, Shakespeare mette in evidenza la disparità tra la realtà della
volgare lussuria, dell’infedeltà, della vanità, e il rinascimentale desiderio individuale
di perfezione in amore; nelle seconde, non cerca di drammatizzare un’analisi
comprensiva delle emozioni, ma di coordinare gli elementi in conflitto nella
concezione dell’amore rinascimentale, in modo che possano divertire.
L’obiettivo della sua commedia era di far sembrare che la realtà e il romanticismo
raggiungessero un’armonia.
Anche se gli amanti delle commedie sembrano aver risolto, non solo le loro difficoltà
amorose, ma quelle dell’epoca, definendo l’amore per il pubblico elisabettiano come la
soluzione armonica del suo aspetto ideale con la realtà che hanno recitato nei loro
battibecchi, gli elementi in conflitto si trovano anche qui: anche in A Midsummer Night’s
dream, dove i desideri idealizzati degli amanti triofano, c’è un’occasionale intrusione di
sapido scetticismo: la rappresentazione dei rustici di Pyramus and Thisbe funge da
parodia dei semiseri intrecci romantici degli amanti, così come l’invaghimento di
Titania per Bottom. Lo stesso etereo ed evanescente mondo delle fate rappresenta, in
realtà, il disordine dovuto al prevalere dei sensi sulla ragione, in assenza del grande
potere dell’Amore, unica fonte di ordine e armonia. Questo luogo di Sogno è
totalmente inconcepibile per la mente eccessivamente razionale di Theseus. Egli è lo
5
scettico per eccellenza: “I never may believe / these antique fables nor these fairy toys”
2
. Esso è, tuttavia, rappresentativo della Società di Atene che gli amanti rifuggono, così
come di quella di Verona: in esse non c’è posto per l’Amore, quello autentico, ma solo
per la sua forma più volgare che lo ha trasformato in uno strumento di piacere e/o di
scalata sociale.
Le opere di Shakespeare drammatizzano un conflitto che è parte fondamentale
dell’amore stesso.
Nel Rinascimento, il rischio di idealizzare l’amore fu combattuto con del sano
scetticismo, in parte in imitazione di Ovidio, che si opponesse al diffuso neoplatonismo.
L’amore, per Platone, è una via verso l’Assoluto che è il vero e il Bene. E’ prima amore
per il corpo, poi per l’anima, quindi per il sapere e per il Bene. Nel mito di Eros, nel
dialogo Il Convito
3
, Platone racconta che Amore, figlio di Povertà (Penìa) e Risorsa
(Poros), si trova in una situazione ambivalente: è povero, cioè non ha nulla, e desidera
tutto. E’ come il filosofo che non sa e cerca, pur sapendo che non riuscirà mai a
possedere completamente l’oggetto del suo desiderio, la sapienza, perché essa
appartiene solo agli dèi (filosofo=filìa, cioè amore, +sofìa, cioè sapienza).
Platone immagina l’anima come un carro alato
4
, guidato dalla ragione e trainato da
due cavalli, uno di razza nobile, che rappresenta le passioni eroiche, che tende a
portarlo verso l’alto; l’altro, di razza ignobile, che rappresenta gli istinti,che invece
trascina il carro, cioè l’anima, verso il basso: il mancato equilibrio fra i due cavalli, cioè
fra le componenti dell’anima, e quindi il mancato predominio della ragione, costringe
2
A Midsummer Night’s Dream,V. 1. 2-3
3
Platone, Convito, 201d-204e, 210c-211d
4
Platone, Fedro, 246a-246c
6
l’anima a incarnarsi nel corpo e a perdere lo stato iniziale di perfezione. Prigioniera del
corpo, l’anima tende a liberarsene, purificandosi attraverso la ricerca e la
contemplazione del Bene. Una vita potrebbe non bastare, per cui essa sarebbe costretta
a trasmigrare, dopo la morte, in un altro corpo, per continuare il suo itinerario di
perfezione verso l’Assoluto
5
.
Per Aristotele l’anima
6
è praticamente inseparabile dal corpo di cui è come la forma
rispetto alla materia. Essa ne è il principio vitale e sovrintende a tutte le funzioni
dell’uomo: quella vegetativa, comune alle piante, ma anche agli animali, quella
sensitiva, comune solo agli animali, e quella razionale, specifica dell’uomo. Se l’anima
sia mortale, Aristotele non lo dice chiaramente, e gli stessi suoi interpreti si sono
schierati su fronti contrapposti per questo problema, fino al Rinascimento.
Le immagini di luce e ombra ricorrenti nelle due opere, sono spesso associate, come
vuole la tradizione, a dicotomie come bene/male, vita/morte, ordine/disordine; ma
tali associazioni variano, così come varia, vedremo, il modo di rapportarsi ad esse, a
seconda dei personaggi e delle situazioni.
La Notte, infatti, è il mondo del Sogno e dell’Amore: i sogni si avverano e gli amanti si
incontrano; ma è anche temuta come sinonimo di Morte e, solitamente accompagnata
da attributi negativi, si veste di positività, pur mantenendo il colore nero, solo nel
monologo di Juliet (“…sober-suited matron, all in black,…”)
7
; ella non ha paura di
intraprendere il suo viaggio verso l’Assoluto, anche se questo dovesse protrarsi oltre la
vita. Altrettanto temeraria ci si presenta Hermia, a cui la morte viene apertamente
5
Platone, Menone, 80d-86c
6
Aristotele, L’anima, II, 1, 412
7
Romeo and Juliet, III. 2. 11
7
prospettata da Theseus (“Either to die the death,…”)
8
; ma nella terra dei desideri il
tremendo vaticinio non si tradurrà in realtà e “Jack shall have Jill,/ Nought shall go
hill”
9
; tuttavia, la comicità dell’opera fa riferimento a superstizione, magia e delusione
delle passioni come immagini della fantasia. Lo stesso titolo sottolinea l’attitudine
scettica chiamando la commedia “sogno”.
8
A Midsummer Night’s Dream, I. 1. 65
9
Ibidem, III, 2, 461-462
8
9
2.Sessualità come espressione dell’atteggiamento scettico
L’amore puramente sensuale è presente in ambedue le opere per contrasto con la forma più
completa di esso; tuttavia predomina in A Midsummer Night’s Dream: in Romeo and Juliet
l’amore dei sensi è un completamento di quello spirituale. Ciononostante, la tragedia
comincia proprio con dei puns a sfondo chiaramente sessuale, giocati sul verbo “draw” che
costituisce una minaccia per le signore:
SAMPSON I mean, an we be in choler, we’ll draw.
GREGORY Ay, while you live, draw your neck out of collar.
SAMPSON I strike quickly, being moved.
GREGORY But thou art not quickly moved to strike.
SAMPSON A dog of the house of Montagues moves me.
GREGORY To move is to stir, and to be valiant is to stand.
Therefore, if thou art moved, thou runnest away.
SAMPSON A dog of that house shall move me to stand. I
will take the wall of any man or maid of Montague’s.
GREGORY That shows thee a weak slave. For the weakest
goes to the wall.
SAMPSON ‘Tis true; and therefore women, being the
weaker vessel, are never thrust to the wall. Therefore I
will push Montague’s men from the wall, and thrust his
maids to the wall.
GREGORY The quarrel is between our masters, and us
10
their men.
SAMPSON ‘Tis all alone. I will show myself a tyrant. When
I have fought with the men, I will be civil with the
maids – I will cut off their heads.
GREGORY The heads of the maids?
SAMPSON Ay, the heads of the maids, or their maiden-
heads. Take it in what sense thou wilt.
GREGORY They must take it in sense that feel it.
SAMPSON Me they shall feel while I’m able to stand; and
‘tis known I’m a pretty piece of flesh.
10
Anche in A Midsummer Night’s Dream lo stesso verbo spaventa le signore e forse anche qui è
presente un doppio senso allusivo:
There are things in this comedy of Pyramus and
Thisbe that will never please. First, Pyramus must draw
a sword to kill himself; which the ladies cannot abide.
11
Anche quest’ultima opera, d’altronde, comincia sulla stessa tematica, che sarà quella in essa
dominante: nella primissima battuta, Theseus esprime la sua impazienza di degustare i
piaceri del talamo:
…O, methinks, how slow
This old moon wanes! She lingers my desires,
Like to a step-dame or a dowager
Long withering out a young man’s revenue.
12
10
Romeo and Juliet, I. 1. 3-28
11
A Midsummer Night’s Dream, III. 1. 8-10
12
A Midsummer Nght’s Dream, I. 1. 3-6
11
La proporzione tra le scene notturne e quelle diurne è, in oltre, inversa (v. cap.4): le scene
della commedia si svolgono prevalentemente di notte, in modo che i sensi possano
galoppare a briglia sciolta governati dal loro auriga Puck che ha la stessa funzione svolta
da Queen Mab nella tragedia in una delle rare scene notturne.
Ma la notte, vedremo, è anche rappresentativa della morte. Romeo and Juliet associa Eros a
Thanatos traducendo i tropi platonici, ovidiani e petrarcheschi di estasi e amore in
personalizzazioni del desiderio, e presentando questo come il gioco interno tra passione,
individualità e morte. L’unione di Romeo e Juliet finisce a causa di eventi che
rappresentano cliché poetici di amore e morte: Romeo muore effettivamente con un bacio
“… Thus with a kiss I die.”
13
, e Juliet cade in un eterno abbraccio sessuale. Morte è il rivale
in amore di Romeo perché ha giaciuto con la sua bella:
Shall I believe
That unsubstantial death is amorous,
And that the lean abhorrèd monster keeps
Thee here in dark to be his paramour?
14
e al tempo stesso quello di Paris, mentre è genero ed erede del vecchio Capulet che, nello
scoprire di aver perduto la sua unica figlia, tutto ciò che sa dire è che tutti i suoi beni
andranno a lui:
Death is my heir.
My daughther he hath wedded. I will die
and leave him all. Life, living, all his death’s
15
.
13
Romeo and Juliet, V. 3. 120
14
Ibidem, V. 3. 102-105
15
Romeo and Juliet, IV. 5. 34-38
12
Le due morti confermano la visione del prologo del legame ineludibile tra sesso e violenza.
Non solo gli amanti non possono fuggire l’eterna faida, ma giocano persino un ruolo in
essa rispondendo impulsivamente alle notizie delle morti di Mercutio e Tybalt, accusandosi
a vicenda:
O sweet Juliet,
Thy beauty hath made me effeminate
And in my temper softened valour’s steel!
O serpent heart, hid with a flowering face!
Did ever dragon keep so fair a cave?
Beautyful tyrant! fiend angelical!
Dove-feathered raven! Wolvish-ravening lamb!
Despisèd substance of divinest show!
Just opposite to what thou justly seemest-
A damnèd saint, an honourable villain!
O nature, what hadst thou to do in hell
When thou didst bower the spirit of a fiend
In mortal paradise of such sweet flesh?
Was ever book containig such vile matter
So fairly bound? O, that deceit sholud dwell
In such a gorgeous palace!
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16
Ibidem, III. 1. 113-115 e III. 2. 73-85