5
Partendo da queste considerazioni, si è tentato, nell’ambito di questo lavoro,
di fornire un percorso che potesse dare un quadro completo dell’immaterialità
d’impresa e che permettesse di definire tali «beni» dal punto di vista giuridico,
contabile e strategico.
In particolare, nel primo capitolo si affronta il problema della definizione
delle risorse immateriali, partendo dall’analisi dei classici, stabilendone i caratteri
qualificanti e classificando tali risorse in base alla normativa italiana e alla prassi
internazionale.
Nel secondo capitolo, l’attenzione è stata rivolta alla rappresentazione di tali
grandezze nell’ambito del bilancio d’esercizio, nell’intento di comprendere il
grado di visibilità, in tale contesto, delle risorse immateriali.
A questo punto si è resa necessaria una classificazione dal punto di vista
contabile delle risorse immateriali nelle tre categorie di avviamento, beni
immateriali e oneri pluriennali. L’analisi è stata compiuta ancora una volta
partendo dall’analisi dei classici e arricchendola con la prassi nazionale ed
internazionale.
Nel terzo e quarto capitolo è stata affrontata una dimensione complementare a
quella contabile cioè quella delle stime delle risorse immateriali nell’ambito delle
valutazioni del capitale economico d’impresa.
In particolare, nel terzo capitolo sono stati trattati i criteri di valutazione
«tradizionali» per la stima del capitale economico, mettendone in evidenza i pregi
e i limiti.
6
Proprio dalla constatazione di questi ultimi, nel quarto capitolo si è
implementata l’ottica contabile che ha contraddistinto questo lavoro con delle
considerazioni di carattere «strategico», affrontando gli approcci di “frontiera”
nell’ambito della valutazione delle risorse immateriali.
In particolare, si è focalizzata l’attenzione sulla Balanced Scorecard di Kaplan
e Norton e su un’applicazione di tale modello, lo Skandia Navigator, che per la
sua importanza è divenuto il caso più studiato a livello mondiale in materia di
reporting del capitale intellettuale.
7
CAPITOLO PRIMO
LE RISORSE INTANGIBILI NELL’ANALISI
ECONOMICO AZIENDALE
1.1 DEFINIZIONE DI INTANGIBLES
Con il termine “risorse aziendali” si definiscono le persone, i beni e i capitali
di cui un’azienda dispone per raggiungere i suoi obiettivi.
Negli ultimi anni numerosi studiosi aggiungono a questa lista l’informazione.
Questa risorsa, di non facile definizione, racchiude in se un concetto molto ampio;
la fiducia dei consumatori, l’immagine di un marchio, il controllo della
distribuzione e la capacità del managment sono alcune tra le risorse basate
sull’informazione.
Tutte queste risorse vengono definite risorse invisibili
1
e sono fondamentali ai
fini dell’efficacia operativa e necessarie per il successo a lungo termine.
Le risorse invisibili sono la fonte della forza competitiva di un’ azienda per
tre ragioni:
esse sono difficili da accumulare,
1
ITAMI H. (1992), Le risorse invisibili, Isedi, Torino, p. 4.
8
sono suscettibili di molti usi contemporaneamente,
sono sia risorse (input) sia risultato (output) dell’attività
imprenditoriale e lavorativa.
Molte risorse invisibili sono piuttosto stabili, infatti non esiste un modo
semplice per rendere nota a tutti una marca o per acquisire competenze tecniche
d’avanguardia e non è neppure sufficiente pagare per ottenere un cambiamento
veloce della cultura di un’azienda e dello stato d’animo dei dipendenti.
Accumulare queste risorse richiede sforzi continui e consapevoli e proprio per
questo un’azienda può differenziarsi dai concorrenti; il potere competitivo di
un’azienda dipende allora dall’accumulo di risorse invisibili.
Le persone sono risorse importanti per un’azienda, ma sono importanti perché
molte delle risorse invisibili sono incorporate nelle persone stesse; addirittura
alcune risorse sono personificate in uomini che non lavorano per l’azienda, ad
esempio dicendo che l’azienda ha sviluppato buoni canali per avere informazioni
aggiornate sulle opinioni dei consumatori, affermiamo che le persone che
lavorano nei punti dove vengono venduti i prodotti dell’azienda ne condizionano
una delle risorse fondamentali
2
.
Ovviamente è impossibile separare le persone dalle risorse invisibili che
incorporano. Gli ingegneri immagazzinano conoscenze tecniche nella loro mente,
i lavoratori acquisiscono capacità ed esperienza sul lavoro: questi sono esempi di
2
Su questo punto si veda anche ZANDA G. (2001), La valutazione del capitale umano d’impresa,
Giappichelli, Torino, p. 43.
9
informazioni personificate, le persone sono accumulatori e generatori di risorse
invisibili.
Si possono accumulare risorse invisibili in due modi. Una prima via è quella
di compiere azioni specifiche per raggiungere lo scopo. Esempi di via diretta
sono la pubblicità, la R&S per sviluppare nuove tecnologie o i programmi di
formazione per insegnare ai dipendenti che la clientela è sempre il primo
obiettivo.
Una seconda via consiste in tutta quella serie di operazioni, nelle quali le
risorse vengono accumulate come “sottoprodotti” delle operazioni giornaliere.
Questa seconda via può essere definita “indiretta”, ad esempio se un prodotto è
ben concepito, l’azienda può ricavarne una buona reputazione senza sforzi
supplementari.
Questa seconda via è un’alternativa efficace alla via diretta, per seguirla con
successo, il managment deve avere chiari due punti fondamentali: deve avere una
visione chiara dell’effetto che le attività giornaliere hanno sull’insieme delle
risorse invisibili dell’azienda; e deve ricordare sempre che la strategia realizzativa,
giornaliera e anche di basso livello ha un grande effetto sull’accumulo delle
risorse invisibili.
3
Alla luce di tali considerazioni, l’interesse che gli economisti d’impresa
hanno progressivamente rivolto alla componente immateriale delle attività
3
ITAMI H. (1992), op. cit., p. 12.
10
aziendali si è accompagnata al riconoscimento di un profondo mutamento, tutt’ora
in atto, nella struttura produttiva e di mercato dei sistemi economici più evoluti.
Si assiste ad un progressivo spostamento del baricentro economico dalle
attività propriamente manifatturiere a quelle del terziario ad alto valore aggiunto,
mentre le istanze dei consumatori si orientano tipicamente verso servizi e prodotti
dotati di soluzioni tecniche e progettuali che tendono a prevaricare il semplice
«supporto materiale». A seguito di tali tendenze evolutive si sono enfatizzate una
serie di problematiche riconducibili ad un duplice ordine di questioni.
Da un lato l’effettiva capacità del bilancio di esercizio di offrire un quadro
esauriente della situazione economico patrimoniale dell’azienda, alla luce del
ruolo crescente ricoperto dalle attività immateriali e dall’altro l’opportunità di
approfondire la natura delle suddette risorse al fine di utilizzare criteri e metodi
specifici ma al tempo stesso aderenti ai principi generali di stima del capitale
economico.
11
1.2 LE ATTIVITA’ IMMATERIALI: CARATTERI
QUALIFICANTI E MOTIVAZIONI DELLA
VALUTAZIONE
I fattori aziendali immateriali si sostanziano nell’efficacia dei comportamenti
strategici messi in atto dall’impresa, onde lo studio e l’esame critico di questi
ultimi appare un passo necessario per giudicare la capacità di resistenza nel tempo
di tali fattori.
In via prioritaria si pone il problema di una attendibile definizione della
nozione di attività immateriale. Se ci si limita ad una interpretazione etimologica,
essa si riconosce in una “entità priva di materialità”; la teoria contabile affronta
invece questo tema rilevando anche altri caratteri che contribuiscono ad
identificare i valori immateriali, più precisamente:
i beni in questione molto spesso comportano diritti e vantaggi
economici per l’ azienda che li possiede;
alcuni di tali fattori non possono essere separati dall’impresa cui
sono pertinenti;
ci sono difficoltà per quantificare e tempificare i vantaggi futuri di
cui l’impresa può beneficiare.
Tali caratteri non sono tuttavia sufficienti neppure se considerati nel loro
insieme, a delineare i “valori” in esame.
12
Appare più convincente definire i fattori immateriali di un’impresa in via
residuale, cioè come l’insieme di tutti quegli elementi che residuano una volta che
siano state enucleate le attività materiali.
Va sottolineato che, al pari di ogni investimento, anche per i fattori
immateriali, la dimostrazione della loro esistenza e del grado di rilevanza nel
contesto aziendale discende dalla generazione attuale e prospettica di adeguate
correnti di reddito.
4
In tale contesto l’incertezza relativa all’esistenza ed ai tempi di
manifestazione dei risultati futuri gioca un ruolo fondamentale. Molteplici quindi
sono i motivi per i quali si procede alla valutazione di attività immateriali. Tra
questi vanno almeno ricordati:
1. la valutazione economica del capitale economico d’impresa.
Tale valutazione richiede l’apprezzamento di tutte le componenti aziendali sia
materiali che intangibili. In particolare la considerazione esplicita dei beni
immateriali consente di ottenere alcuni vantaggi significativi, tra cui vanno
sottolineati l’opportunità di ridimensionare quell’insieme indifferenziato di valori
costituito dal “Goodwill”, nonché la possibilità di disporre di proiezioni
economiche d’azienda che scontando eventualmente quote d’ammortamento dei
4
RENOLDI A. (1992), La valutazione dei beni immateriali, Egea, Milano, p. 54.
13
beni immateriali, risultano meglio espressive dell’effettiva capacità reddituale
dell’impresa;
5
2. in occasione della cessione di una specifica attività immateriale o
quando obiettivo è l’acquisizione di un bene immateriale al fine di
qualificare la propria posizione competitiva.
Tale stima ricorre in occasione sia di operazioni di compra-vendita, sia
quando gli intangibles sono oggetto di conferimento in nuove iniziative
imprenditoriali;
3. in sede di determinazione della congruità dei corrispettivi a fronte
della concessione in uso di beni immateriali.
In tal caso la valutazione del bene concesso al licenziatario si rende opportuna
per il fatto che la misura del corrispettivo richiesto a quest’ultimo (ad esempio le
royalties) dipende quasi sempre dal valore dell’intangible stesso;
4. per dimostrare l’attendibilità del valore di un’impresa, accertato
sulla base di criteri differenti;
5. al fine di usufruire di opportunità di natura fiscale.
Il riconoscimento da parte della legislazione fiscale di numerosi Paesi della
possibilità di ammortizzare i beni immateriali ha provocato un duplice effetto: da
un lato, l’attenzione della dottrina si è focalizzata sul goodwill allo scopo di
5
CHIAVELLI A. in FORUM 2001 su www.santoro.it
14
isolare i fattori immateriali che, potendo essere preventivamente identificati, sono
suscettibili di autonoma valutazione e ai quali può essere assegnata una vita
economica residua definita; dall’altro sono cresciute le istanze del soggetto
economico acquirente volte a beneficiare, in sede di determinazione del reddito
imponibile, di tutte le deduzioni fiscalmente riconosciute a titolo di
ammortamento;
6. in occasione di controversie e liti giudiziarie.
Per la loro natura i beni immateriali si prestano a violazioni di tipo legale e
contrattuale. Ciò avviene ad esempio nel caso di utilizzo abusivo di un marchio o
di un brevetto oppure nel caso in cui un licenziatario di un intangible
contravvenga con il proprio comportamento alle norme contrattualmente stipulate.
In numerose circostanze, per dirimere la controversia è necessario stabilire, in via
prioritaria, il valore del bene immateriale oggetto della violazione.
15
1.3 CRITERI DI CLASSIFICAZIONE E PRINCIPALI
TIPOLOGIE DI BENI
L’estrema varietà delle fattispecie e delle situazioni che vengono proposte
dall’ambiente economico-aziendale richiede una particolare attenzione al fine di
evitare l’errore di sovrapporre concetti e valori
6
; dall’altro la propensione a
considerare le tipologie di beni individuate suscettibili di revisione sulla base di
nuovi criteri emergenti e di integrazioni al loro interno, in funzione
dell’evoluzione dei riferimenti ambientali e delle strategie.
Le principali fonti da cui promanano le attività immateriali possono essere
individuate, secondo una impostazione di larga massima, nelle tre aree strategiche
dell’immaterialità d’impresa:
area del marketing;
area dell’innovazione;
area delle risorse umane.
Riguardo alle prime due aree gli economisti d’impresa hanno sviluppato
significative conoscenze e messo a punto criteri di valutazione relativamente
affidabili, mentre difficoltà tutt’ora irrisolte caratterizzano il trattamento del
capitale umano di cui l’impresa si avvale.
6
RENOLDI A. (1992) , op. cit., pp. 34-37.
16
Provando ad integrare un’ottica basata sulle fonti generatrici degli
intangibles con una classificazione imperniata su uno o più specifici aspetti
qualificanti i valori immateriali ,dovremmo considerare:
l’identificabilità: alcuni elementi immateriali sono suscettibili di
identificazione (ad esempio, i brevetti) nell’ambito dei valori aziendali,
mentre altri (si pensi alle sinergie generate da una particolare
combinazione di inputs) non possiedono tale caratteristica;
la separabilità dall’impresa: questo criterio di classificazione è
collegato con il precedente in quanto proprio gli elementi agevolmente
identificabili si prestano spesso ad una eventuale separazione dal resto
dell’ azienda. Tuttavia si può affermare che il requisito della
identificabilità della risorsa invisibile è condizione necessaria, ma non
sufficiente per garantire la trasferibilità, in via autonoma dall’azienda, del
bene stesso;
le modalità di acquisizione: questo criterio richiamato anche dalla
normativa civilistica, distingue tra elementi acquistati da terze economie e
fattori immateriali sviluppati dall’impresa stessa nel proprio ambito.
I riflessi positivi dell’ utilizzo di fattori immateriali sono suscettibili di
prodursi su orizzonti temporali prospettici molto differenziati. Questi sono
delimitati dalla legge stessa o in via contrattuale; all’estremo opposto, la durata
temporale del vantaggio può essere indeterminata; in molti casi essa è collegata a
17
fattori economici ed umani che vanno a circoscrivere la vita utile dell’entità
immateriale.
Tra queste possibili classificazioni, la più interessante è quella che si impernia
sul criterio dell’identificabilità.
Tale criterio infatti distingue le risorse invisibili dell’impresa in due
macrocategorie, relativamente agevoli da accertare: i beni immateriali in senso
stretto, quelli cioè dotati di autonoma rilevanza e dunque identificabili; i valori
immateriali non suscettibili di specifica individuazione, riconducibili nell’ambito
del valore del Goodwill. Utilizzando questo criterio si possono realizzare i
seguenti obiettivi:
1. esso consente di ridimensionare quell’area grigia di valore
aziendale rappresentata dall’avviamento. Tale grandezza a volte,
assume dimensioni consistenti difficilmente giustificabili se non
con argomentazioni generali di tipo qualitativo. Il processo di
individuazione degli specifici beni immateriali permette quindi di
“dare un nome” a componenti di valore che altrimenti rimarrebbero
nella indistinta dimensione del Goodwill
7
. Da ciò consegue che la
configurazione di avviamento adottata risulta più restrittiva ma
più consona alla sua natura, cioè quella di grandezza residuale
espressiva di valori aziendali non suscettibili di autonoma
rilevabilità, quali ad esempio sono le sinergie prodotte dalla
7
POZZA L. (1999), Le risorse immateriali, Egea, Milano, p. 34.
18
combinazione e dalla organizzazione delle risorse aziendali,
materiali ed invisibili;
2. poiché il processo di identificazione comporta un attento
esame delle caratteristiche delle risorse invisibili aziendali, si è da
un lato, nella condizione migliore di evitare di incorrere in
sovrapposizioni di concetti e in duplicazioni di valori, e dall’altro
si realizza un raccordo tra le performance di profitto dell’impresa
ed il profilo strategico dalla stessa sviluppato. Non va dimenticato
infatti, che le risorse invisibili sono espressione di vantaggi
competitivi che l’impresa ha saputo perseguire attraverso adeguate
strategie di successo, vantaggi il cui mantenimento in un ottica
prospettica condiziona il futuro potenziale reddituale dell’azienda.