IV
“borbottii oracolari”. Si ha modo, quindi di conoscere la realtà etica-sociale di
quel periodo, rivivendo la situazione politica di allora. Ho ritenuto interessante
arricchire, infine, il presente lavoro riportando le nuove scoperte scientifiche di
studiosi che hanno restituito all’antica città di Delfi nuovi interessi di carattere
culturale.
Il tempio di Apollo, annidato nello scenografico paesaggio montuoso di Delfi,
era il più importante sito religioso del mondo greco, in quanto sede del celebre
oracolo che, secondo la tradizione, era stato istituito a causa di una fenditura nel
terreno da cui si sprigionavano dei vapori, che procuravano alle persone uno
stato di trance e le mettevano in grado di predire il futuro. Il santuario era
costituito da un ampio recinto quadrangolare in forte pendio. Tutt’intorno ad
esso correva un muraglione. Al centro si ergeva il grande tempio di Apollo;
ancora oggi all’interno del santuario, si può percorrere la Via Sacra, la strada in
salita che, descrivendo due ampie curve, porta al tempio di Apollo Pizio. Lungo
questa strada, e sparsi dovunque nel recinto, si trovano i resti dei monumenti
dedicati al dio: statue, oggetti ed edifici, tra cui i cosiddetti “tesori”, costruzioni
a forma di tempio destinati a ospitare le offerte votive. In questo coacervo
d’altissimo valore artistico si stratificarono, per così dire, le memorie della storia
greca. Apollo era venerato a Delfi come dio della luce, dell’armonia e
dell’ordine. Era anche il dio dotato del potere di profetizzare, e attraverso i suoi
oracoli comunicava agli uomini “l’infallibile volontà di Zeus”, aiutandoli così a
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risolvere i loro problemi, grandi o piccoli che fossero. Dagli angoli più remoti
del mondo, allora conosciuto, giungevano a Delfi messi ufficiali per udire le
divinazioni del dio su importanti questioni di stato.Lo consultavano condottieri
in cerca di consigli su questioni strategiche, colonizzatori pronti a prendere il
mare in direzione dell’Italia, della Spagna e dell’Africa, e semplici cittadini
preoccupati per problemi economici o di salute. Le tracce più antiche di
insediamenti nella zona di Delfi risalgono all’età neolitica ed all’età del bronzo,
mentre indizi più importanti ci sono solo a partire dall’epoca micenea. A quel
tempo vi veniva venerata la grande divinità femminile, Gea, che governava
anche l’oracolo. Solo a partire dal VIII sec. a C. , è sicura l’esistenza di un
santuario, dal momento che negli scavi, condotti alla fine del 1800 dalla Scuola
Archeologica Francese, sono stati ritrovati numerosissimi ex-voto in bronzo di
quest’epoca. In quel periodo il culto della dea Gea era stato rimpiazzato da
quello di Apollo ed il santuario divenne via via sempre più noto. Il periodo di
massimo splendore del santuario iniziò nel VI sec. a.C. e raggiunse il suo acme
nel V sec. a.C.. Fu allora che vennero eretti gli splendidi edifici di grande
bellezza architettonica e ornamentale, mentre continuavano a moltiplicarsi gli
ex-voto, donati come segni di gratitudine ai responsi dell’oracolo, anch’essi
ammirevoli opere d’arte. Una dettagliata descrizione del funzionamento
dell’oracolo è stata lasciata da Plutarco (47d.C.-127d.C.) che servì dal 95 d.C.
come sacerdote a Delfi. Egli descrive il rapporto fra il dio, la sacerdotessa e il
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gas, paragonando Apollo a un musicista, la donna al suo strumento e lo pneuma
al plettro con il quale egli la tocca per farla parlare. L’oracolo forniva i suoi
responsi in un luogo specifico - l’adyton, o zona interdetta, nel cuore del tempio
– e attraverso una specifica persona, la Pizia, scelta per dar voce, come medium
posseduta, ad Apollo, il dio della profezia. La pizia era una donna di Delfi. In
antico veniva scelta una vergine; ma dopo una clamorosa storia d’amore e
rapimento, si dice che dovesse avere almeno cinquant’anni. Dopo la sua
consacrazione a vita, essa diveniva in un certo senso la sposa del dio. I fedeli
offrivano un sacrificio, pagavano la somma stabilita ed attendevano il responso
del dio tramite la bocca della Pizia, i cui incomprensibili borbottii venivano
abilmente interpretati dai sacerdoti. Carattere delle sue risposte era
l’enigmaticità, o l’ambivalenza: lo spazio che la necessaria interpretazione
lasciava alla libera scelta dell’uomo, poiché Delfi non intese mai assolverlo dalle
sue responsabilità. L’ambiguità era, certo, una salvaguardia dell’infallibilità del
dio; ma soprattutto era il segno dell’incommensurabile distanza che divide la
parola divina dall’intelletto umano. Il nuovo dio ispirò agli uomini nuovi
principi, come l’abbandono di usi selvaggi, la coscienza pulita, la ricerca
dell’armonia, il concetto del “mezzo” e la conciliazione degli opposti. Ed è
esattamente questo spirito di compromesso e di bilanciamento di opposte
tendenze che viene testimoniato dalla coesistenza del culto di Dioniso nel
santuario di Apollo. Il dio Dioniso, che rappresentava uno spirito completamente
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diverso, occupava il santuario nei tre mesi invernali, quando Apollo si ritirava
nella lontana, mitica terra degli Iperborei. Plutarco lamenta che ai suoi tempi
l’oracolo venisse consultato solo per utilità private di minuta importanza, ma
nella grande epoca della Grecia i vaticini di Apollo avevano deciso l’esito di
guerre, salvato o annientato città e stati, condannato gli empi, redento gli
innocenti. Il santuario risorse da incendi e devastazioni, e il suo primato si estese
fuori dalla sfera mantica, coinvolgendo i campi della religione, della morale,
della politica. Esso era amministrato dalla cosiddetta Anfizionia pileo-delfica,
una lega delle popolazioni circostanti, raccolte intorno al tempio delfico e a
quello di Demetra alle Termopili. Questo fatto assicurava all’oracolo
un’indipendenza forse più formale che effettiva, poiché esso si lasciò volentieri
attrarre nella politica interna ed estera delle città greche (è evidente che nel
gioco politico l’asserzione di conoscere il futuro è vantaggioso, e non da poco).
Delfi rimase coinvolta in tutte le vicende storiche della Grecia e questo non fece
che accrescere il suo prestigio, corroborato da un’accorta propaganda non meno
che dalle splendide offerte, con cui città e potenti della Grecia e del resto del
mondo testimoniavano gratitudine e devozione al dio. L’oracolo aveva suggerito
o imposto nuovi riti, usi, legislazioni ma a volte grazie alla furbizia di
personaggi rilevanti, i responsi degli oracoli venivano falsificati per legittimare i
propri scopi e ottenere il consenso del popolo. La guerra greco-persiana può
essere considerata uno dei più importanti conflitti della storia. Permise alla
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civiltà occidentale il modo di sviluppare la propria vita economica e le proprie
istituzioni politiche. Con i due oracoli pronunciati alla fine di aprile del 480 a.C.,
l’oracolo di Delfi compì il più grande atto “nazionale” della sua storia. Certo,
questo non avvenne spontaneamente, perché era in gioco non solo il buon nome
del più famoso oracolo del mondo, ma l’essere o il non essere, la pura e
semplice sopravvivenza. L’avvenimento della battaglia di Salamina (480 a.C.)
sottolinea il tentativo di comprare i responsi dell’oracolo, corrompendo i
sacerdoti o le Pizie. Influenti personalità, come Temistocle, cercarono di
legittimare progetti e fatti per i propri fini. Ma ci sono anche casi di battaglie
dove l’oracolo aveva il potere di determinare scelte e tattiche di combattimento.
Un chiaro esempio è la battaglia di Platea (479 a.C.). Un verdetto di Delfi aveva
il potere di rassicurare i cuori travagliati e di imporre a una città divisa una
qualsiasi soluzione che diveniva buona per il solo fatto di essere accettata da
tutti. Nella divinazione non conta soltanto sapere ciò che accadrà, quanto
accertare la presenza divina nelle cose terrene, secondo le forme enigmatiche
che sanciscono la sua invalicabile diversità dalla dimensione umana.
L’oracolo delfico è una forma superiore di religione, in cui la devozione
s’inserisce in uno schema di sapienza e di moralità. Ma anche la religione è
soggetta alla storia e gli oracoli, fiorenti al tempo della grandezza ellenica,
conobbero un drammatico tramonto. Al tempo di Plutarco, molti erano
scomparsi, e pure Delfi era in declino. La religione dell’Ellade e la chiesa di
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Delfi non avevano mai preteso l’esclusiva: non si presentavano come il “Verbo”
di una verità assoluta, che nega e condanna tutte le altre fino a volerle
annientare. La fine degli oracoli venne col cristianesimo. Costantino il Grande,
già nel 357 d.C., aveva emanato un divieto generale nei confronti degli oracoli e
della divinazione. Nel 398 d.C. il Tempio di Apollo a Delfi fu demolito dal
figlio di Teodosio, Arcadio. Ma Delfi non è morta, anzi come la Fenice, è risorta
dalle sue stesse ceneri. Il racconto di Plutarco aveva sollevato circa un secolo fa
l’interesse di una spedizione archeologica francese, che ha riportato alla luce le
splendide rovine del santuario ormai ricoperto dalle abitazioni di un villaggio
chiamato Kastrì. Ma dei fumi provenienti da una fessura nella roccia, che la
Pizia aspirava per entrare in trance, secondo il racconto di Plutarco, gli
archeologi francesi non trovarono alcuna traccia. Plutarco descrisse l’odore di
questi fumi come dolce e, nonostante fosse un sacerdote, avanzò l’ipotesi che
provenissero dalle rocce sottostanti il tempio e che avessero qualche cosa a che
fare con i terremoti. Il geologo John De Boer della Wesleyan University, ha
pubblicato una sensazionale scoperta, sul numero 421 del settembre 2003 nella
rivista “le Scienze”. Sotto il tempio di Delfi, proprio dove sedeva la Pizia, si
trova l’incrocio di due faglie punteggiate da sorgenti, alcune delle quali ancora
attive, che emettono vapori inebrianti. Secondo gli scienziati, l’incrocio rende il
calcare ricco di bitume, ancora più permeabile ai gas e alle acque. L’acqua di
una sorgente che si trova vicino al tempio contiene infatti tracce di numerosi
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gas, fra cui l’etilene, che ha un odore dolce e si accumula nel sistema nervoso.
Nonostante sia letale in grande quantità, in piccole dosi l’etilene produce euforia
e una sensazione di leggerezza, esattamente quanto serve per avere delle visioni.
Ma la mia ricerca è andata avanti, e da un articolo riportato su internet, ho avuto
modo di conoscere una interessante scoperta che avvicina il centro oracolare di
Delfi, con uno simile a Montovolo, nell’Italia centro-settentrionale,
precisamente nell’Appennino tosco-emiliano, a 50 km da Bologna e 60 da
Firenze. Nell’analisi più dettagliata all’interno della tesi ho riportato tutte le
analogie e particolari che fortificano l’idea che Montovolo è stato, nel periodo
etrusco di massima espansione (VI sec. a.C.), un centro oracolare di notevole
importanza, forse creato come copia di Delfi, per diventare il centro della
Dodecopoli dell’Etruria settentrionale o, per breve periodo, Centro (ombelico)
dell’intera Etruria. Voglio terminare questa introduzione con una splendida
frase di Eraclito che raccoglie in sé la voce dell’oracolo, che ancora oggi,
nonostante non profeti più, fa parlare di sé tramite gli uomini che ne rimangono
affascinati.
….. “ la sibilla con bocca folle pronunciando parole senza riso né ornamento né
profumo, attraversa con la sua voce i millenni, grazie al dio.”
1
PRIMO CAPITOLO
DELFI
2
CAPITOLO 1
DELFI
1.1 Storia del culto. L’oracolo.
Il famoso santuario di Delfi si trova nella Focide, in uno dei più belli e
imponenti paesaggi greci. Le sue antiche rovine sono disseminate sulle pendici
meridionale del Parnaso, sotto le gigantesche, incombenti rupi Feriadi,
conosciute nell’antichità come Yampeia e Napulia.
Figura 1. Veduta del santuario di Delfi
Lo splendore e la magnificenza del luogo sono tali che il visitatore è sopraffatto
da reverenza e rapimento nel momento in cui volge lo sguardo dagli oliveti della
valle del Pleistos verso queste rupi scabre che torreggiano sul sito archeologico e
loracchiudono a Nord e a Est.
3
In questo luogo, dal terreno eccezionale e bizzarro, venne fondato, e godette di
una preminenza senza precedenti, il più grande centro religioso dell’antica
Grecia, il santuario di Delfi. La sua fama, diffusa in tutto il mondo mediterraneo,
era dovuta alla presenza in esso dell’oracolo
1
. Secondo la tradizione l’oracolo
era stato istituito a causa di una fenditura nel terreno da cui si sprigionavano dei
vapori che procuravano alle persone uno stato di trance e le mettevano in grado
di predire il futuro. Il primo oracolo venne dedicato a Gea, la Dea Terra o Dea
Madre, adorata in epoca preistorica assieme al suo consorte Poseidone ed alla
figlia Temide. A questi antichi signori del santuario succedette in seguito
Apollo, figlio di Zeus e Latona, che abbandonò la sua isola natia, Delos, e venne
in questo luogo.
Il nuovo dio deve aver ottenuto il predominio solo dopo diverse difficoltà, come
viene rivelato dal mito della lotta di Apollo con Pitone
2
, il drago-guardiano del
santuario di Gea. Per purificarsi dello spargimento di sangue dopo l’uccisione di
Pitone, il dio lasciò l’Olimpo e si autoesiliò nella valle di Tempe. Per otto anni
custodì le greggi di Admeto, re di Fere. Solo dopo la sua purificazione tornò a
Delfi, impartendo agli uomini, con questo suo esempio, una grande lezione
morale. Infatti dimostrò che l’espiazione per un’uccisione poteva essere ottenuta
con mezzi diversi da un nuovo spargimento di sangue, come era la consuetudine
fino ad allora.
1
Cilento V., Trasposizioni dell’antico, Napoli 1961.
2
Pucci P., Enigma segreto oracolo, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa-Roma 1996, pp. 152-165.
4
Il nuovo dio ispirò agli uomini nuovi principi, come l’abbandono di usi selvaggi,
la coscienza pulita, la ricerca dell’armonia e dell’ordine, il concetto del “mezzo”
e la conciliazione degli opposti. Ed è esattamente questo spirito di compromesso
e di bilanciamento di opposte tendenze che viene testimoniato dalla coesistenza
del culto di Dionisio nel santuario di Apollo. Il dio Dionisio, che rappresentava
uno spirito completamente diverso, occupava il santuario nei tre mesi invernali,
quando Apollo si ritirava nella lontana, mitica terra degli Iperborei
3
.
Apollo era venerato a Delfi come dio della luce, dell’armonia e dell’ordine. Era
anche il dio dotato del potere di profetizzare e attraverso i suoi oracoli
comunicava agli uomini “l’infallibile volontà di Zeus”, aiutandoli così a
risolvere i loro problemi, grandi o piccoli che fossero.
Dagli angoli più remoti del mondo allora conosciuto giungevano a Delfi messi
ufficiali per udire le divinazioni del dio su importanti questioni di stato e gente
qualunque alla ricerca di una risposta ai loro problemi personali. Offrivano un
sacrificio, pagavano la somma stabilita ed attendevano il responso del dio, che
veniva espresso tramite la bocca della Pizia, la sacerdotessa-veggente, i cui
incomprensibili borbottii venivano abilmente interpretati dai sacerdoti
4
.
La fede profonda della gente e le risposte sagge, spesso ambigue dei sacerdoti
fecero sì che l’oracolo diventasse il più importante in Grecia ed acquisisse
addirittura influenza e fama universali. Neppure il suo atteggiamento a volte
3
Cook A.B., The Bee in Greek Mythology, J.H.S., XV 1895, pp. 1-24
4
Flacelière R., Fonctionnement de l’oracle de Delphes, Gand 1938.
5
tendenzioso, specialmente durante le guerre persiane, quando era
ostensibilmente pro-persiano, scosse la fiducia dei greci nei giudizi del dio.
In generale l’influenza dell’oracolo fu decisiva per la vita sia politica che
intellettuale della Grecia. Delfi funse da arbitro in molte questioni riguardanti le
città greche, sia indirettamente tramite i responsi oracolari, sia direttamente
tramite l’Anfizionia, ed ebbe un’influenza determinante su importanti decisioni,
come la scelta di luoghi nel bacino mediterraneo dove le città dovevano inviare
colonizzatori.
6
1.2 La storia del santuario
Le tracce più antiche di insediamenti nella zona di Delfi risalgono all’età
neolitica ed all’età del bronzo antico e medio (antico e medio elladico). Indizi di
un insediamento importante ci sono solo a partire dall’epoca micenea (1600-
1100 a.C.). Questi consistono nelle rovine di edifici e tombe, trovate in entrambi
i santuari della zona (di Atena e di Apollo). A quel tempo vi veniva venerata la
grande divinità femminile, Gea, che governava anche l’oracolo. Il centro
continuò ad essere abitato durante i cosiddetti “secoli bui” (XI-X sec.a.C.), la
fase di transizione tra l’età preistorica e quella storica.
Nel periodo geometrico (IX-VIII sec. a.C.) ed in particolare durante l’VIII
secolo, è sicura l’esistenza di un santuario, dal momento che negli scavi sono
stati trovati numerosissimi ex-voto in bronzo di quest’epoca. In quel periodo il
culto della dea Gea era stato rimpiazzato da quello di Apollo ed il santuario
divenne via via sempre più noto.
Il periodo di massimo splendore del santuario iniziò nel VI secolo. Aumentò
gradualmente di dimensioni, vennero istituite festività solenni e la sua fama
continuò a crescere. Fu allora che vennero eretti gli splendidi edifici e vennero
dedicati ricchi ex-voto da privati cittadini, da città e da sovrani stranieri, come
Creso di Lidia e altri.
Questo rigoglio raggiunse il suo acme nel V sec. a. C. e continuò nel IV.