6
liberalizzazione si rende infatti necessaria la ricerca di soluzioni che consentano lo
sviluppo sostenibile della concorrenza, salvaguardando allo stesso tempo sia le
imprese che entrano nei mercati prima monopolistici, sia le imprese (generalmente
quelle ex monopoliste) gravate, anche in regime competitivo, degli obblighi derivanti
dagli obiettivi di servizio universale, sia infine (ma in realtà prima di tutto) coloro che
usufruiscono dei servizi erogati, ovvero i consumatori. La liberalizzazione infatti
porta alla comparsa di una pluralità di interlocutori che modificano gli equilibri di
potere consolidatisi tra l’impresa precedentemente monopolista, l’autorità pubblica e i
consumatori. Al Regolatore si richiede dunque, oltre ad una padronanza dei problemi
tradizionali della regolazione, la capacità di affrontare nuove questioni.
Per analizzare quanto gli aspetti teorici trattati nei primi capitoli siano stati
applicati concretamente, verrà preso in esame il settore delle telecomunicazioni, la cui
scelta è stata determinata dall’importanza assunta nell’ultimo decennio a seguito delle
dinamiche tecnologiche di sviluppo, che hanno portato a un radicale cambiamento del
modo di comunicare tra gli individui e all’annullamento delle distanze come ostacolo
per la trasmissione delle informazioni.
Di seguito viene presentata una sintetica presentazione degli argomenti trattati
in ogni capitolo.
Nel primo capitolo si pone innanzitutto l’attenzione sul ruolo dello Stato nel
sistema economico. Punto di partenza è il confronto tra le istituzioni “Stato” e
“mercato”. Ad una prima analisi si può giungere all’erronea conclusione che esse
siano antitetiche. Nel corso del capitolo si discute del fatto che le interazioni tra Stato
e mercato sono frequenti. Sorge dunque il problema di capire quale ruolo debbano
rivestire nel sistema economico ciascuna di queste due istituzioni.
Si affronta inoltre uno degli aspetti più interessanti della realtà economica
moderna: la scelta tra soggetto pubblico o privato nella produzione di beni o servizi
alla collettività. Si tenta di descrivere quando è preferibile che il soggetto pubblico si
faccia carico della produzione di un certo bene o servizio, e quando invece risulta più
efficiente la privatizzazione, utilizzando a sostegno il “Teorema fondamentale delle
privatizzazioni”.
Successivamente, nell’ambito della definizione delle cause che portano ai
“market failures”, viene approfondita quella ritenuta storicamente dalla letteratura la
più importante, il monopolio naturale.
Infine vengono analizzati i fattori che hanno portato al cambiamento del ruolo
del soggetto pubblico nell’economia. La prospettiva che si è aperta nell’ultimo
decennio è una revisione dell’atteggiamento istituzionale nelle relazioni col mercato.
Nel corso del secolo scorso lo Stato è infatti intervenuto, con sempre maggiore
intensità, nel sistema economico, prima governato dal mercato. L’esperienza storica
ha dimostrato tuttavia che l’intervento pubblico, sebbene inizialmente abbia apportato
effetti positivi al sistema, col tempo e con l’aumentare di tale atteggiamento
interventista ha provocato il mancato raggiungimento di quegli obiettivi che lo Stato
stesso si era stabilito; inoltre, questa ingerenza ha finito per determinare inefficienze
nel sistema economico, originando i cosiddetti “fallimenti dello Stato”, contraltare ai
“fallimenti di mercato” che l’intervento pubblico si proponeva di correggere.
7
Nel secondo capitolo, una volta chiarita la diffusione dei processi di
liberalizzazione dei mercati, viene evidenziato il ruolo della regolazione dei monopoli
istituzionali nella fase di transizione verso la concorrenza.
La regolazione viene quindi analizzata sotto due punti di vista, successivamente
posti a confronto: l’approccio preventivo, ossia riferito alle misure che precedono le
azioni dei soggetti economici (regolazione ex-ante), e l’approccio a posteriori, riferito
alle misure offerte dalla normativa antitrust a tutela della concorrenza e del mercato,
destinate a reprimere comportamenti già manifestatisi (regolazione ex-post).
Dell’apertura alla concorrenza vengono inoltre analizzati i pro e i contro; questi
ultimi impongono l’utilizzo di diversi strumenti di intervento, quali il sostegno
all’entrata e la regolazione asimmetrica.
Con l’obiettivo di far rispettare le regole che consentano ai soggetti presenti nel
settore liberalizzato di operare seguendo i principi della concorrenza, sono state create
le Authorities, organismi indipendenti che sovrintendono al corretto funzionamento
del mercato, di cui viene evidenziato il ruolo e i principali compiti.
Nell’ultima parte del capitolo viene analizzato in dettaglio il concetto di
pubblica utilità di un bene/servizio, e come l’introduzione della concorrenza porti, nei
settori che producono tali beni e servizi, a distorsioni ed effetti peculiari, originati
dall’utilizzo di una rete di distribuzione.
Il terzo capitolo è dedicato alla descrizione dettagliata dei servizi a rete e delle
problematiche connesse alla loro particolarità, nonché dei meccanismi di regolazione
dei prezzi utilizzati dal Regolatore per fissare le tariffe intermedie e finali.
La liberalizzazione di questa specifica tipologia di servizi comporta un attento
studio delle fasi in cui è possibile suddividere la filiera produttiva, per determinare
quali segmenti possano essere aperti alla concorrenza regolata e quali mantengano
condizioni ineliminabili di monopolio naturale; in questi ultimi il delicato compito del
Regolatore comporta una scelta delle condizioni di accesso alla rete dell’ex
monopolista da parte dei nuovi competitori.
Una corretta attività di regolazione può garantire un efficiente risultato in
termini di benessere sociale e di efficienza allocativa: pertanto, la scelta di un
determinato modello di regolazione piuttosto che un altro può rappresentare
l’alternativa vincente.
Nell’ambito della regolazione dei prezzi, bisogna distinguere tra prezzi
intermedi (prezzi di interconnessione) e prezzi finali.
Per quanto riguarda i primi, verranno analizzate le tariffe di Ramsey, a partire
dalle quali sono stati elaborati i metodi dell’Efficient component pricing rule e del
global price cap.
Per quanto riguarda invece le tariffe finali, i principali metodi che storicamente
hanno ricevuto l’attenzione del Regolatore sono stati dapprima il rate of return e
successivamente il price cap. Mentre il primo metodo è basato sulla determinazione di
un rendimento equo sul capitale da corrispondere al fornitore del servizio, il secondo
si concentra sulla determinazione di un “tetto” massimo ai prezzi che possono
praticarsi all’utenza. Come si vedrà, il confronto tra le due metodologie consente di
affermare che il price cap risulta più affidabile ed efficace in quei servizi caratterizzati
da monopolio naturale a struttura reticolare, che vengono gradualmente aperti alla
concorrenza. La dimostrazione è data dalla costante riduzione di utilizzo, da parte dei
Regolatori, del metodo rate of return, sostituito dall’adozione sempre più frequente
del price cap.
8
Il quarto capitolo ha l’obiettivo di esemplificare, attraverso un’analisi concreta,
quanto gli aspetti teorici, trattati nei capitoli precedenti, siano stati recepiti
dall’ordinamento europeo e da quello italiano.
Il settore delle telecomunicazioni, preso in esame, manifesta sia aspetti comuni
agli altri settori di pubblica utilità, sia aspetti specifici. Del settore vengono prima di
tutto evidenziate le caratteristiche tecnologiche ed economiche; come si vedrà, in esso
coesistono sia elementi tradizionalmente monopolistici che elementi competitivi,
venuti alla ribalta negli ultimi anni per effetto di uno straordinario sviluppo
tecnologico; è interessante vedere come questi ultimi ne abbiano caratterizzato
l’evoluzione, e come il ruolo e l’intervento del Regolatore sia sempre meno
riconducibile agli schemi tradizionali.
Grazie agli stimoli ricevuti da altri paesi europei e alle direttive dell’Unione
Europea, anche l’Italia ha intrapreso il cammino verso la liberalizzazione e la
regolazione del settore, grazie a una serie di importanti interventi dell’Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni.
L’ultima parte del lavoro trae le conclusioni di quanto trattato in precedenza,
portando a dare un giudizio finale sul processo, da considerarsi tuttora in atto, e
indicando quali prospettive si presentano per il futuro.
9
1. STATO/MERCATO
1.1 IL RUOLO DEL MERCATO E DELLO STATO
NELL’ECONOMIA
Le interazioni economiche dei soggetti all’interno della società hanno bisogno
della presenza delle istituzioni.
North definisce le istituzioni come “vincoli che l’uomo ha ideato e imposto sulle
interazioni umane”. L’applicazione delle norme può essere effettuata dallo stesso
agente (codici di condotta autoimposti), dalla parte contraente (ritorsione), e/o da terzi
(coercizione statale). Le istituzioni influiscono sull’attività economica, stabilendo
(insieme alla tecnologia utilizzata) i costi di transazione e quelli di trasformazione e
produzione [North, 1996].
Un ruolo di primo piano nella soddisfazione dei bisogni, che fanno capo alla
società, è esercitato dalle istituzioni “Stato” e “mercato”. Queste non sono le uniche
istituzioni rilevanti dal punto di vista economico; esistono anche altre organizzazioni,
come le imprese e le unità del terzo settore. L’interesse verso queste due entità è
motivato dal fatto che è possibile riscontrare, nel mercato e nello Stato, la
contrapposizione tipica tra interessi individuali e interessi collettivi. Stato e mercato
non sono però istituzioni antitetiche: al contrario, sono caratterizzate da una forte
interazione che, negli ultimi tempi, è ulteriormente cresciuta.
Il problema della preferenza tra Stato e mercato, quali istituzioni sociali capaci
di offrire alla collettività condizioni di efficienza ed equità, nasce da lontano. La
letteratura economica classica, il cui esponente principale può essere identificato in
Adam Smith, sostiene che il solo mercato (di concorrenza) riesce a garantire il
soddisfacimento dei bisogni dei singoli individui e, in prospettiva, dell’intera società.
Keynes, ai suoi tempi, affermò che il mercato così concepito non realizza
automaticamente il pieno impiego delle risorse; occorrono invece appositi interventi
dello Stato, al fine di riequilibrare quelle situazioni in cui la “mano invisibile” non
riesce a garantire i principi di efficienza e di equità
1
[Keynes, 1936].
Il mercato è il luogo in cui gli operatori economici domandano e offrono beni e
servizi. Quando un mercato raggiunge l’uguaglianza tra domanda e offerta, si forma
un prezzo che consente: dal lato dell’offerta, di vendere i beni e servizi prodotti; dal
lato della domanda, di acquistarli. Questo prezzo è unico e, se ricorrono le condizioni
di concorrenza perfetta, i singoli operatori non possono influenzarlo, ma lo prendono
come dato
2
. Un tale mercato si troverà dunque in una situazione di equilibrio. Questo
equilibrio è parziale, poiché prende come riferimento un singolo tassello del sistema
economico. Il problema si fa più complesso quando si vuole determinare l’equilibrio
del sistema nella sua globalità. In questo caso, bisogna dimostrare che esiste un livello
generale dei prezzi in corrispondenza del quale ogni mercato è in equilibrio. Questo
importante risultato è noto come “Teoria dell’Equilibrio Economico Generale” di
Walras e Pareto.
1
Tale approccio viene notoriamente identificato come “rivoluzione Keynesiana”.
2
Gli operatori costretti ad agire in questo modo sono chiamati “price takers”.
10
1.1.1 PUBBLICO E PRIVATO
Il dibattito sulla definizione dei ruoli tra Stato e mercato nel sistema economico
emerge, in particolare, nel momento in cui debba effettuarsi la scelta fra produzione
pubblica e produzione privata.
Molti ritengono che il privato sia sinonimo di efficienza e il pubblico di
inefficienza, ma non è sempre vero. Sono infatti tantissime le imprese che ogni giorno
falliscono ed escono dal mercato. Non può dirsi quindi, in senso assoluto, che il
settore privato funzioni meglio del settore pubblico. Viceversa, lo Stato può risultare
molto efficiente. La causa dell’inefficienza di Stato e mercato non deve essere
individuata nella loro natura pubblica o privata, bensì nelle azioni dei soggetti ad esse
appartenenti [Acocella, 2001].
Per riabilitare l’area del privato nel campo dei servizi collettivi non basta porre
in rilievo i limiti di efficienza gestionale del settore pubblico. Affinché la gestione
privata si risolva in un effettivo vantaggio, occorre non solo scegliere e calibrare
l’apporto dell’imprenditorialità privata secondo le caratteristiche specifiche del
servizio collettivo, ma bisogna anche tener conto della natura del mercato in cui
agiscono gli operatori coinvolti e dei beni interessati. E’ importante che il mercato cui
si rivolge l’operatore pubblico sia non solo privato, ma anche caratterizzato da
un’effettiva concorrenza.
Privatizzare senza regole non è quindi la soluzione giusta in assoluto, perché la
concorrenza lasciata a se stessa non opera sempre efficacemente, così come
mantenere dei monopoli obbligatori che rappresentano la negazione di qualsiasi forma
di concorrenza.
E’ ormai evidente che porre la questione nei termini di alternativa astratta tra
pubblico e privato o tra intervento e non intervento nel mercato è fuorviante, poiché
tali concetti non vanno contrapposti, ma studiati alla ricerca dei modi in cui i difetti di
un settore possono essere corretti dalle virtù dell’altro [Acocella, 2001].
1.1.2 PRIVATIZZAZIONE E LIBERALIZZAZIONE
Per parlare di privatizzazioni e liberalizzazioni è opportuno definire questi
termini, che verranno menzionati più volte nel seguito del discorso.
Dare la definizione di privatizzazione non è semplice, sia perché spesso questo
termine è usato impropriamente, sia perché viene utilizzato per indicare fenomeni di
diversa natura. In linea di massima, comunque, col termine privatizzazione si fa
generalmente riferimento a una modifica delle modalità dell’intervento pubblico
nell’economia, consistente nel passaggio di imprese dalla sfera pubblica a quella
privata.
La liberalizzazione consiste nella riduzione/eliminazione di barriere che
impediscono il libero manifestarsi degli scambi, di regolazioni troppo restrittive e di
protezionismi monopolistici. Per effetto della liberalizzazione si rende necessaria la
ricerca di soluzioni istituzionali che consentano lo sviluppo della concorrenza e allo
stesso tempo salvaguardino i necessari elementi di coordinamento tra imprese
operanti nelle diverse fasi della filiera. La liberalizzazione porta alla comparsa di una
pluralità di interlocutori che modificano gli equilibri di potere consolidatisi
tradizionalmente tra l’impresa monopolistica, l’autorità pubblica e i consumatori
[Bosi, 1996].
11
1.1.3 IL TEOREMA DELLE PRIVATIZZAZIONI
Si vuole analizzare ora un aspetto fondamentale nella distribuzione di
competenze tra Stato e mercato, valutando l’opportunità che lo Stato crei enti pubblici
anche per la produzione di beni e servizi di cui ci si potrebbe rifornire sul mercato,
cioè presso imprese private.
Il problema della scelta di quali beni e servizi debbano essere prodotti dallo
Stato e quali dal mercato è da sempre centrale per gli economisti. Il recente processo
di riforma del ruolo dello Stato in economia sembra propendere per la privatizzazione
di molti settori precedentemente in mano pubblica. Non è possibile, a priori, dire
quale produzione di beni e servizi debba essere nazionalizzata e quale invece
privatizzata.
Per fare chiarezza sull’argomento ci si può avvalere del contributo di due
economisti che, in un articolo da loro pubblicato, hanno illustrato il “Teorema
fondamentale delle privatizzazioni” [Sappington, Stiglitz, 1987].
Il teorema illustra le condizioni sotto le quali gli obiettivi dell’autorità pubblica
possono essere raggiunti da un meccanismo d’asta sul diritto alla produzione di beni o
servizi. L’enunciato del teorema afferma che quando certe condizioni sono
soddisfatte, lo Stato non riesce ad apportare miglioramenti ulteriori rispetto al settore
privato. Le decisioni di produzione sono delegate all’impresa che vince l’asta, per cui
non è necessario che la collettività conosca la tecnologia della produzione. Affinché
questa soluzione sia praticabile in maniera ottimale, devono essere soddisfatte
ξ tre condizioni dal lato dell’offerta (imprese):
1. parità di informazioni fra le imprese che partecipano all’asta;
2. neutralità nei confronti del rischio: la collettività dovrebbe pagare solo la
prestazione e non un premio per il rischio di chi vince l’asta;
3. numero sufficiente di imprese, tale da escludere possibili collusioni.
ξ due condizioni dal lato della domanda (collettività):
1. capacità, da parte della collettività, di definire le caratteristiche del bene o
servizio richiesto prima della stipulazione del contratto;
2. interesse per il solo risultato finale (indifferenza per il comportamento
seguito dall’impresa per giungervi).
Se tutte le condizioni sono rispettate, sarebbe auspicabile la privatizzazione.
Quando invece non vengono rispettate alcune condizioni, la scelta a favore della
privatizzazione non è automatica.
I meccanismi d’asta sono diffusi nella fornitura di beni e servizi da parte di
imprese alla collettività, ma vi sono casi in cui la natura complessa dei beni o la
rilevanza strategica di alcune caratteristiche rendono non sufficiente il controllo del
prodotto finale.
In termini generici l’intervento pubblico, sostituto del meccanismo d’asta, può
operare con modalità differenti. Un primo possibile intervento è la regolazione: la
collettività inserisce nel contratto alcune condizioni volte a modificare il
comportamento dell’impresa (quali la definizione di un vincolo massimo al profitto,
che la induce ad allontanarsi dalla caratteristica privata
3
, o la fissazione diretta di un
limite minimo alla caratteristica pubblica
4
o di un limite massimo alla caratteristica
privata). Una seconda modalità di intervento può essere applicata nel caso in cui
l’autorità pubblica incontri difficoltà nella definizione del contratto o nell’osservare il
comportamento dell’impresa privata: consiste in una forma di regolazione più rigida
che prevede l’intervento diretto di controllo nel processo di produzione. La
3
La caratteristica privata è l’obiettivo che si pone l’impresa in termini di profitto.
4
La caratteristica pubblica corrisponde alle aspettative della collettività.
12
collettività, tramite soggetti che la rappresentano, vincola il comportamento
dell’impresa.
Quando questi interventi di regolazione risultano impossibili o troppo gravosi,
non esiste altra via che creare un’impresa pubblica [Brosio, 1995].
1.2 I FALLIMENTI DI MERCATO
In concorrenza perfetta lo scambio avviene a un prezzo che comporta
l’uguaglianza tra il prezzo del bene e il suo costo marginale. Questo risultato,
considerato ottimale perché il costo per produrre una unità aggiuntiva è esattamente
uguale alla disponibilità dei consumatori di acquistarla, consente di produrre nel
miglior modo possibile, garantendo l’efficienza. Generalizzando questo risultato per
l’intero sistema economico si arriva alla formulazione del “primo teorema
dell’economia del benessere”. Se i consumatori e le imprese si comportassero in modo
concorrenziale su ogni mercato, se esistessero i mercati per tutte le merci scambiate e
se l’informazione dei soggetti fosse perfetta, l’eventuale equilibrio competitivo
sarebbe Pareto-efficiente, ovvero consentirebbe di raggiungere contemporaneamente
l’efficienza nella produzione, nell’allocazione delle risorse e nel consumo. In questo
contesto ogni forma di intervento dello Stato nell’economia risulterebbe superflua
poiché non è possibile ottenere nessun’altra allocazione delle risorse che migliori il
benessere di qualcuno senza peggiorare quello di qualcun altro.
Numerosi studiosi hanno però dimostrato che esistono, nella realtà, delle
situazioni in cui il meccanismo di mercato si rivela incapace di realizzare l’utilizzo
ottimale delle risorse. Nel caso (molto frequente) in cui vengano meno una o più delle
ipotesi presentate, il meccanismo di mercato non è in grado di conseguire un
equilibrio competitivo. Per tali situazioni, si parla comunemente di “fallimenti del
mercato”. Il riconoscimento e lo studio di questi fallimenti hanno indotto molti
economisti a criticare la logica del “laissez faire”, per propugnare l’intervento
correttivo dello Stato, al fine di correggere il malfunzionamento del mercato.
Si è visto che il primo teorema dell’economia del benessere postula l’esistenza
di mercati completi. La realtà è però caratterizzata dall’incompletezza dei mercati, in
relazione alla presenza di esternalità, beni pubblici, costi di transazione ed
informazione asimmetrica [Marzi, Prosperetti, Putzu, 2001].
E’ opportuno, a questo punto, un breve esame dei più importanti fallimenti di
mercato, cercando, per quanto possibile, di indicare il comportamento che lo Stato
adotta nel tentativo di eliminare le situazioni di inefficienza.
Esternalità. Condizione necessaria per il funzionamento efficiente del mercato è
l’indipendenza delle azioni individuali. Nel mondo reale, tuttavia, è facile che le
decisioni di produzione e/o consumo di un agente vengano influenzate o possano
influenzare le scelte di un altro. Questa interdipendenza altera il funzionamento del
meccanismo di mercato, impedendo al prezzo di sintetizzare tutte le informazioni
rilevanti per gli scambi. La teoria economica indica gli effetti (vantaggiosi o
svantaggiosi) determinati dalle decisioni di altri agenti col termine “esternalità”.
Le esternalità sono dunque date dalla mancanza di corrispettivo a fronte del
vantaggio (esternalità positive o economie esterne) o del danno (esternalità negative o
diseconomie esterne) procurati da un soggetto ad altri. In altri termini, i soggetti
compiono le scelte in base a prezzi che non riflettono i costi o i benefici effettivi delle
risorse.
13
L’effetto provocato dalle esternalità riguarda la differenza fra costi/benefici
marginali privati e sociali
5
:
ξ in presenza di economie esterne, il costo marginale privato è superiore a quello
sociale;
ξ in presenza di diseconomie esterne, il costo marginale privato è inferiore a
quello sociale.
Diventa quindi impossibile soddisfare una delle condizioni necessarie per il
conseguimento dell’efficienza paretiana, ovvero, per tutti i beni, l’uguaglianza tra
prezzo e costo marginale.
L’intervento pubblico può eliminare la differenza fra costo privato e costo
sociale, interiorizzando il costo o il vantaggio procurato dal soggetto al resto della
collettività [Acocella, 2001]. Gli strumenti che lo Stato può utilizzare sono:
a. tassazione/sussidio delle attività da cui scaturiscono le esternalità;
b. incentivazione al fine di eliminare le esternalità negative o di produrne positive;
c. introduzione di diritti negoziabili per la creazione di diseconomie esterne;
d. regolazione delle esternalità.
Beni pubblici. Costituiscono una categoria particolare di esternalità in quanto, chi
li produce, causa un vantaggio non solo a se stesso, ma anche agli altri. L’aspetto
caratteristico di questa tipologia di beni è costituito dal fatto che altri soggetti ne
possano usufruire senza il pagamento di alcun prezzo
6
[Acocella, 2001]. I beni
pubblici possono distinguersi in puri (presenza di non rivalità e non escludibilità) o
impuri (presenza parziale di rivalità o escludibilità).
Le proprietà tipiche dei beni pubblici motivano l’intervento da parte dell’ente
pubblico che, direttamente, stimolando la produzione da parte di terzi, o
indirettamente, attraverso la regolazione, garantisce un comune utilizzo da parte della
collettività.
Asimmetria informativa. L’informazione asimmetrica, che rende non osservabili
e verificabili da tutti i contraenti le caratteristiche dei beni/servizi venduti, fa cadere
l’ipotesi di completezza dei mercati; essa fa riferimento alla diversa informazione di
cui possono disporre le parti che interagiscono per la conclusione di un contratto. I
problemi di asimmetria informativa sono noti in letteratura come “problemi di
agenzia”. Una parte, che non gode di completa informazione, è detta “principale”,
l’altra, che ha completa informazione, è detta “agente”.
L’informazione asimmetrica può originare due situazioni problematiche:
1. adverse selection (selezione avversa o informazione nascosta). Si presenta
quando alcune delle caratteristiche rilevanti ai fini del contratto vengono tenute
nascoste ex-ante dalla parte più informata. Questa situazione rende impossibile
porre in essere un contratto ottimale
7
, favorendo la selezione di beni o servizi di
minor valore;
2. moral hazard (azzardo morale o azione nascosta). Crea problemi legati alla
difficoltà di garantire l’esecuzione ottimale del contratto ex-post, dovuta alla
possibilità che una parte, successivamente alla stipula, possa compiere delle
5
Il costo sociale è dato dalla somma del costo privato sopportato dal singolo individuo e dei costi
sopportati dalla collettività.
6
Se un altro soggetto fruisce del bene pubblico, questo non comporta alcun costo aggiuntivo, così
come l’utilizzo di un bene pubblico da parte di un soggetto non esclude un altro dalla fruizione dello
stesso. Esempi di beni pubblici sono: la difesa nazionale, la costruzione di monumenti, ecc.
7
“Un contratto ottimale è un contratto efficiente o completo, ossia specifica esattamente ciò che
ogni parte deve fare e definisce la distribuzione dei costi e dei benefici in ogni possibile circostanza
(incluse quelle nelle quali i termini del contratto vengono violati) in modo tale che ogni parte trova
ottimale adempiere ad esso” [Milgron, Roberts, 1992].
14
azioni che possono danneggiare l’altra senza che questa ne venga a conoscenza
o possa verificarle.
La presenza di asimmetrie informative è un tipico caso in cui si ha un fallimento
di mercato che giustifica l’intervento regolatorio, in modo da favorire il
raggiungimento di risultati socialmente accettabili. In assenza di questi interventi,
volti a controllare e sanzionare le imprese, queste ultime sono incentivate a offrire un
livello qualitativo di servizio inferiore a quello ottimale. Per tali ragioni, la presenza di
asimmetria informativa ha assunto, ed assume tuttora, estrema rilevanza nella
formulazione degli schemi regolatori.
Costi di transazione. Sono i costi sostenuti per l’organizzazione e il
funzionamento dei mercati come strumento di allocazione delle risorse (ad esempio,
per la ricerca dei beni/servizi e delle controparti, per la negoziazione dei contratti,
ecc.). L’aumento dei costi di transazione è direttamente legato alla presenza di
asimmetrie informative. Di conseguenza, lo Stato potrebbe abbassare l’incidenza dei
costi di transazione intervenendo con provvedimenti che limitino le situazioni di
asimmetria informativa.
Esistenza di potere di mercato. Il funzionamento del meccanismo di mercato e il
conseguimento dell’efficienza produttiva e allocativa sono subordinati all’assenza di
potere di mercato degli agenti economici. Imprese e consumatori saranno dunque
price takers e non esisterà interdipendenza tra i comportamenti degli agenti. Se al
contrario sul mercato sono presenti una sola o poche imprese, che soddisfano la
domanda dell’intero mercato, i produttori potranno influenzare prezzi e quantità
fissando un prezzo superiore al costo marginale e riducendo in tal modo il surplus del
consumatore. Il potere di mercato può essere dovuto sia alla presenza di situazioni di
monopolio (naturale o legale), sia a comportamenti anticompetitivi messi in atto dalle
imprese stesse. Nel primo caso, il potere di mercato viene limitato con interventi
regolatori ex-ante, volti a controllare prezzi e quantità
8
; nel secondo caso, i
comportamenti anticompetitivi vengono sanzionati da interventi ex-post delle autorità
antitrust [Cervigni, D’Antoni, 2001].
Concorrenza distruttiva. Si pone come situazione opposta a quella determinata
dall’esistenza di potere di mercato. Nel caso della concorrenza distruttiva è la
presenza di troppi operatori a impedire il corretto funzionamento del meccanismo
concorrenziale. Quest’approccio è Stato ormai quasi abbandonato. L’intervento di
regolazione consisteva nell’adozione di politiche di prezzo minimo e nel controllo
dell’entrata attraverso autorizzazioni e concessioni.
Vi sono comunque altri aspetti di fallimenti di mercato rilevanti per la
regolazione. Alcuni beni (club goods) possono infatti esistere solo se gli agenti
economici si accordano tra loro
9
. Dato che non sempre però gli agenti economici
hanno incentivi sufficienti a cooperare, se il club good non si materializza può essere
utile un intervento regolatorio, che fissi uno standard o una procedura di
coordinamento [Marzi, Prosperetti, Putzu, 2001].
8
E’ importante sottolineare che il problema della regolazione del prezzo di mercato non si pone
solo nei confronti della clientela finale, ma anche nei confronti di altri operatori che possano utilizzare,
in tutto o in parte, le infrastrutture del monopolista (controllo dei prezzi di accesso), come verrà
approfondito nei prossimi capitoli.
9
Questo è ad esempio il caso degli standard tecnici: il successo delle comunicazioni radiomobili in
Europa è Stato in larga misura determinato dalla fissazione concorde di uno standard tecnico (il GSM).