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nel corso degli anni si avvicendano nomi importanti come Papa Pio XI,
Carlo Emilio Gadda, Dino Buzzati, Giorgio Streheler, Ferruccio Parri,
alcuni dei quali prima alunni e poi insegnanti. Nomi di prestigio anche
tra gli studenti-redattori che si occuparono de La Zanzara: Guido
Vergani, Guido e Vittorio Zucconi, Walter Tobagi ecc.
Per qualcuno, forse, nacque proprio da questa esperienza la voglia
di fare dello scrivere un mestiere, il “vizio dell’inchiostro”
1
come lo
definì Vittorio Zucconi, e qualcuno, come Walter Tobagi, per questo
“vizio” morì.
Ma per quanto La Zanzara fosse un giornale fatto bene, interessante
e preciso, sarebbe comunque rimasto semplicemente un foglio d’istituto
conosciuto solo a livello cittadino se, dopo vent’ anni dall’uscita del
primo numero, l’Italia non fosse ad un certo punto rimasta scandalizzata
e offesa da quanto su quel giornale era stato scritto, secondo alcuni, con
troppa leggerezza.
Era il 1966, precisamente il 14 febbraio 1966, il giorno di San
Valentino, quando all’interno del “Parini” cominciò a circolare il n.3
anno XX de La Zanzara.
Nel paginone centrale, per tradizione dedicato a inchieste su temi
d’attualità, campeggiava un’indagine-sondaggio dal titolo “Che cosa
pensano le ragazze d’oggi?” a cura del direttore del giornale, Marco De
Poli, e di altri due giovani redattori, Marco Sassano e Claudia Beltramo
Ceppi. Temi dell’inchiesta: l’educazione familiare, il sesso e la società, il
problema morale e religioso, il matrimonio e il lavoro.
Argomenti troppo importanti per essere affrontati da adolescenti?
Secondo alcuni sì, tanto da dividere in due l’opinione pubblica italiana.
1
V. ZUCCONI , Morire per una Zanzara,in
http://www.liceoparini.it/pariniweb/giornalini/zanzara/vittoriozucconi.htm
5
“La questione de La Zanzara diventò una specie di ‘test’ sulla
democrazia – scrivevano i giornalisti Nozzoli e Paoletti nel ’66 -
rivelatore di due concezioni della società, del costume, del diritto, della
scuola, della vita. L’espressione di due Italie separate da un confine che
risulta invalicabile….Da una parte gli uomini vivi, liberi, moderni, decisi
a svecchiare in qualche modo l’impalcatura dello Stato, gli uomini che
pensano, operano, si muovono e amano senza inibizioni; dall’altra i
conformisti imbalsamati tra i loro feticci, i retori, i ruminatori di luoghi
comuni, i profeti della rassegnazione, i difensori d’ufficio del
conservatorismo, gli allucinati del sesso, che proibiscono le mostre dei
nudi di Modigliani…”.
2
L’inchiesta riportava letteralmente le risposte di nove studentesse
dell’Istituto interpellate su temi considerati all’epoca dei tabù; risposte
semplici, crude, ingenue, forse frutto di una voglia di cambiamento o
forse solo della presunzione di giovani donne appartenenti all’alta
borghesia milanese, in ogni caso indicative del sottile cambiamento di
costume di cui nel ’66 si cominciavano ad avvertire i primi sintomi.
Aborto, divorzio, uso degli anticoncezionali, rapporti pre-
matrimoniali, tutti argomenti che secondo il comune pensare avrebbero
dovuto essere affrontati esclusivamente nell’ambito familiare per
indirizzare i ragazzi verso una giusta morale. In realtà a casa se ne
parlava poco e i giovani si confrontavano a scuola, sulle pagine del
giornale appunto e quello che venne fuori fu una visione della religione
come apportatrice di sensi di colpa, un’apertura ai rapporti pre-
matrimoniali, una concezione del rapporto sessuale come atto non
esclusivamente legato a una funzione riproduttiva. Scandalo per l’epoca!
2
G. NOZZOLI – P. M. PAOLETTI, La zanzara cronaca e documenti di uno scandalo, Feltrinelli, Milano,
1966, pp. 60-61.
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Ma la cosa non avrebbe certo suscitato quella spropositata reazione che
poi ci fu se non fosse intervenuto a gonfiare l’episodio il Corriere
Lombardo, quotidiano della sera che per primo, il 22 Febbraio, diede
notizia dell’inchiesta titolando in prima pagina: “Scandalo al Parini di
Milano”, sommario: “Per un’inchiesta della Zanzara sulle ragazze
d’oggi”, e che in un certo senso si mise a capo dell’attacco verso il
giornale e i suoi giovani redattori.
A fomentare gli animi anche la reazione dei genitori di alcuni
allievi del “Parini” che, dopo essersi lamentati con il preside, prof.
Daniele Mattalia, invocarono addirittura l’intervento della magistratura.
Perché tanto sdegno? In realtà il problema non era soltanto se fosse
lecito o meno per ragazzi di 16-17 anni parlare e soprattutto scrivere di
educazione sessuale, a questo si accompagnava, con l’occasione, un’altra
questione riguardante la diatriba tra l’Associazione Studentesca
Pariniana, accusata di monopolizzare il tempo libero dei ragazzi e
Gioventù Studentesca (G.S.), gruppo di ispirazione cattolica, fondato da
Don Luigi Giussani, che lamentava la scarsità di occasioni da dedicare
alla riflessione spirituale.
Dopo la diffusione del n.3 de La Zanzara, infatti, i gruppi di G.S.
operanti all’interno del liceo fecero circolare un volantino di protesta nei
confronti dell’inchiesta incriminata firmandosi “Pariniani cattolici”.
L’articolo del Corriere Lombardo e la pressione di questi gruppi
portarono all’intervento della Procura di Milano. E così una questione
interna alla scuola divenne un caso nazionale al quale si interessò anche
la stampa internazionale.
I tre redattori, il preside e la tipografa, la signora Aurelia Terzaghi,
vennero accusati di aver violato tre articoli della legge sulla stampa n.47
del 1948: il 5 in riferimento alla mancata registrazione del giornale, il 14
7
relativo alle pubblicazioni destinate all’infanzia e all’adolescenza e il 16
relativo alla stampa clandestina.
Da qui il processo per direttissima e tutto ciò che gli fece da
contorno. Il verdetto, assoluzione perché il fatto non costituiva reato, è
esemplare di un’ Italia che stava attraversando un passaggio epocale
dove il benessere economico e gli sviluppi tecnologici convivevano con
l’arretratezza tipica di una società arcaica.
“Viviamo in una società che ha i piedi nel domani e continua a
tenere la testa nel mondo di ieri” diceva nel ’66 il prof. Franco Ferrarotti,
ordinario di Sociologia all’Università di Roma.
Tutto questo succedeva a La Zanzara mentre, nelle edicole,
uscivano i primi numeri di riviste come “Man” che ritraevano donne in
sottoveste o due pezzi e che puntualmente venivano sequestrati dalle
questure perché tacciati di oscenità.
A Terni venivano requisite 5000 cartoline che riproducevano
affreschi Etruschi della Tomba dei Tori perché considerate immagini
pornografiche.
Il 22 marzo la scrittrice Milena Milani veniva condannata a sei mesi
di reclusione per aver scritto “La ragazza di nome Giulio”, un libro
sull’amore omosessuale tra due donne considerato scabroso per quei
tempi.
E intanto Pietro Germi scandalizzava i veneti con “Signore e
Signori”, un film in cui ritraeva in situazioni grottesche personaggi di
provincia nell’intimità delle proprie mura domestiche, sottolineandone
l’ipocrisia e il bigottismo.
Era l’Italia dei contrasti e del perbenismo quella del ’66,
apparentemente evoluta mentre in fondo covava quelle tensioni e quelle
insoddisfazioni che sfoceranno due anni dopo nelle rivolte del ’68 e lo
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stesso episodio de La Zanzara è l’accensione della miccia di quella
bomba che sarebbe scoppiata in seguito.
Dopo il “miracolo economico”, a cavallo degli anni ’60, nel 1966
un numero sempre maggiore di famiglie cominciava a permettersi lussi
mai sperati come l’automobile, le vacanze al mare, il televisore (che
aveva solo 12 anni di vita) e chi apparteneva alla generazione che aveva
attraversato le tragedie della seconda guerra mondiale rivendicava
adesso tranquillità. Se così era per i padri, la stessa cosa non era però per
i figli che cominciavano a vivere quelle inquietudini che avrebbero
portato ad un divario sempre maggiore tra le due generazioni.
Era l’Italia dell’apparenza in cui il festival di Sanremo continuava a
dettare legge sul mercato della musica portando alla ribalta “Dio come ti
amo” di Domenico Modugno e Gigliola Cinquetti, mentre nei garage e
nelle cantine impazzava il suono delle chitarre elettriche, la moda “beat”
prendeva sempre più piede e l’anticonformista Celentano, “Il ragazzo
della via Gluck”, si faceva strada sulla scena musicale.
Era l’Italia dei falsi moralismi in cui il vestiario si evolveva, le
ragazze indossavano le prime minigonne inventate due anni prima da
Mary Quant e i ragazzi venivano arrestati (episodi di Torino e Trinità dei
Monti) e giudicati perché portavano i capelli lunghi, gli stessi
“capelloni” che alla fine del ‘66 giungeranno a Firenze da tutta Italia per
aiutare la città a risollevarsi dopo il drammatico straripamento dell’Arno
e in difesa dei quali Grazzini scriveva sul Corriere della sera: “D’ora in
avanti nessuno si permetta di insultarli. Sono stati degli angeli, ‘gli
angeli del fango’”.
3
3
Citato in http://www.cronologia.it/storia/a1966z.htm
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Questa l’Italia che ricevette una forte scossa quel 14 febbraio
quando La Zanzara fece arrabbiare il popolo di benpensanti e i
benpensanti fecero indignare chi considerava quell’inchiesta, a ragione,
solo una ragazzata.
“Ecco l’Italia che fa paura. L’Italia che si scandalizza dinanzi alle
cose che non capisce, che diffida della verità, che punisce la lealtà, che
rifiuta le ragioni e le conoscenze degli altri, che si sente pulita, e intanto
rimpiange i bordelli, e la serva da consegnare all’irrequieto primogenito
da iniziare all’amore; l’Italia che esalta l’onore e il delitto d’onore, la
virilità a buon mercato, la castità delle donne proprie e la disponibilità di
quelle altrui, che celebra la superiorità dell’uomo sulla donna, dell’uomo
bianco sull’uomo nero, dell’uomo bianco che accumula denaro
sull’uomo bianco che produce denaro, e va ad applaudire ‘Africa addio ’
e ammette la censura, giustifica l’intolleranza, si fa divorare dai
pregiudizi, e al dopo preferisce il prima perché prima si è sempre stati
meglio, e al prima, il prima di prima e il prima ancora, su su fino alla
notte dei tempi che in Italia è cosa dell’altro giorno, quando si stava
benissimo, quando non c’era bisogno di pensare, e di pensiero si poteva
morire e di terrore si viveva, e tutto era così oscuro che la più fioca luce
infastidiva come un raggio di sole al primo risveglio di un pigro, e la si
spegneva, quando il padre ne sapeva sempre una più del figlio e il nonno
una più del padre; l’Italia che raccoglie un’idea quando è già scontata,
una novità quando fa la muffa, una pittura quando è ormai accademia,
una scienza quando è canonizzata, un accordo quando è un
compromesso, un’ideologia quando è corrotta, una religione quando si fa
potere, che intitola i licei classici a Parini quando le odi non graffiano
più e strade a Matteotti quando la sua voce è spenta per sempre, e legge i
giornali che non creano casi di coscienza, che non pongono interrogativi,
10
che danno risposte sicure e tranquillanti; l’Italia che incoraggia le
scappatelle, gli ammiccamenti, le scorribande, le furberie, il chiudere un
occhio, la mano che lava l’altra, l’io ti dò una cosa a te, ma non perdona
chi rompe le regole del gioco, chi vuol cambiare le cose e persino chi
azzarda semplicemente a dire come le cose stanno: perché dire una cosa
è già mutarla, rivelare è già rivoluzionare”
4
, parole che scrisse Nicola
Badalucco nel 1966 sull’Avanti in un articolo dal titolo “Ipocriti,
parrucconi, conformisti” per il quale venne accusato di vilipendio.
Pensieri forti che ritraggono un’Italia dai grandi contrasti, un’Italia
in fase di trasformazione in cui convivono convinzioni del passato e
speranze per il futuro, cambiamenti che coinvolgono tra i vari aspetti
anche quello religioso.
Sono gli anni del Concilio Vaticano II, inaugurato nell’ottobre del
1962 da Papa Giovanni XXIII e chiuso nel dicembre del 1965 da Paolo
VI, un evento che segnò una tappa fondamentale nella storia della Chiesa
rinnovandone la dottrina, la liturgia, la disciplina e l’organizzazione
ecclesiastica.
Ragionando sulle inquietudini provocate dall’inchiesta de La
Zanzara e sulle aperture del Concilio, il Servo di Maria Frà Salimbene,
rappresentante della Chiesa militante, scriveva nel 1966 nella sua rubrica
di religione su La Domenica del Corriere: “Dalla scandalosa inchiesta
degli studenti di Milano…è emersa fra gli imputati, in modo più o meno
esplicito, insieme alla famiglia e alla scuola, anche la Chiesa. O meglio,
più che la Chiesa, un certo tipo di educazione cattolica denunziata come
inibitrice di spontanei sentimenti….A lamentarsi dell’assenza, nella vita
cattolica, di una cultura e di una educazione sessuali proporzionate
all’evoluzione positiva dei tempi, non sono gli studenti incriminati.
4
N. BADALUCCO , Ipocriti, parrucconi, conformisti, in “Avanti”, 20 marzo 1966.
11
Sono stati molti degli stessi vescovi in Concilio….Rivalutando
l’amore come fine principale del matrimonio, il Concilio ha aperto alla
morale cattolica nuovi spazi e nuove dimensioni di equilibrio e di
concretezza”.
5
5
G. NOZZOLI – P. M. PAOLETTI, op. cit., pp. 78-79.
12
CAPITOLO I
UNA STORIA LUNGA VENTIDUE ANNI
1. I PRIMI MOMENTI
7 giugno 1945, erano passate sei settimane da quando Milano era
stata liberata dall’occupazione nazi-fascista. Mentre gli italiani, “in un
clima di operosità e di fiducia nell’avvenire del Paese”
6
, cercavano di
rimarginare le ferite lasciate dalla seconda guerra mondiale, il liceo
classico “G. Parini” assisteva alla nascita del giornale d’istituto che di lì
a vent’anni avrebbe segnato la sua storia.
Il periodico si chiamava La Zanzara, era “l’organo del gruppo
studentesco pariniano”. I suoi padri fondatori furono Cutrera, Scamoni e
Riva, tre studenti di quella che per anni fu considerata la più dura e
selettiva scuola milanese.
Il primo numero uscì utilizzando la carta di un giornale partigiano,
aveva quattro pagine e costava cinque lire.
L’ultimo numero venne pubblicato ventidue anni dopo, nel giugno
del 1968, quando La Zanzara, diventato “giornale studentesco del liceo
Parini”, aveva ormai raggiunto la forma e le dimensioni di un mensile
vero e proprio: trentasei pagine stampate su carta lucida vendute al
prezzo di cinquanta lire.
Tra alti e bassi, per tutta la sua vita, lo stampato fu una tribuna nella
quale si alternarono dibattiti, inchieste e sondaggi su quanto avveniva
fuori e dentro la scuola; a cominciare da quel 7 giugno del 1945 quando
6
G. DE ROSA, Età contemporanea, Minerva Italica, Bergamo 1989, p. 591.
13
in prima pagina a dare il benvenuto ai lettori c’era un editoriale di Mario
Scamoni intitolato “La libertà nella scuola”:
“Esce il primo numero del nostro giornale. Sono stato incaricato di
rivolgere a tutti gli studenti e professori il saluto di uno studente. E
permettermi già che ci siamo di scambiare quattro chiacchiere serie con
voi. Sta ormai per avere termine un anno scolastico che porremo tutti
come il più nero nella nostra memoria. Il mondo ci ha riserbati in una
volta sola gli avvenimenti più terribili. Una guerra perduta, un nuovo
straniero in diversa sembianza sul nostro suolo, cumuli di macerie
ovunque, rappresentano un triste bilancio…”.
7
Figura 1: Il primo numero
Scamoni continuava con un inno alla libertà, all’indipendenza della
scuola da qualsiasi ideologia partitica, un inno alla crescita culturale e
intellettiva, contro la “disonestà dell’analfabetismo”, a favore della
concordia e della fratellanza.
7
M. SCAMONI , La libertà nella scuola, in “La Zanzara” , anno I n.1, giugno 1945, p. 1.