INTRODUZIONE
8
imprimercele nella memoria, quella stessa memoria che conserva
orribili ricordi di secoli di lotte, di guerre e di stermini, di sangue misto a
odio. Sono immagini che costituiscono la nostra storia di Europei e ci piace
pensare che a Strasburgo si lavori per cambiar pagina, per dare una svolta alla
storia dell’Europa e del mondo.
Le elezioni del 2004 si inseriranno in un contesto europeo e
internazionale mai così delicato dalla caduta del Muro di Berlino: due
filosofie si preparano inevitabilmente allo scontro. Da una parte abbiamo la
ricetta proposta dagli Stati Uniti di G.W. Bush: trattati bilaterali,
disconoscimento di qualunque autorità posta al di sopra dello Stato nazione –
inteso come nessuna autorità al di sopra degli USA -, coalizioni "zoppe" per
risolvere gli effetti di crisi che vengono invece da molto lontano.
Dall'altra parte abbiamo il non facile tentativo di costruire un ordine
superiore all'odierno sistema internazionale degli Stati: questo nuovo ordine
dovrebbe essere in grado di garantire la pace, la sicurezza e l'equo sviluppo
economico – sostenibile -, i tre pilastri attraverso i quali è possibile risolvere
le cause delle crisi e non solo gli effetti. Esempi di questa filosofia sono i
numerosi casi di integrazione regionale che guardano sempre più a
quell'Europa capace, scegliendo la via dell'integrazione e non dei trattati di
non aggressione o di mutuo soccorso, di risolvere i suoi plurisecolari conflitti.
Così il 18 marzo 2004 l'Unione Africana ha inaugurato solennemente il suo
"Parlamento panafricano" e altrettanto farà a breve il Mer.co.sur.: giovani, e
pertanto fragili, tentativi di scegliere delle vie alternative alla cultura del
sospetto e della rivalità con i confinanti.
Sicuramente in questo processo le elezioni del 2004 costituiscono un
punto importante se non addirittura essenziale. Sono sotto gli occhi di tutti le
grandi manifestazioni per la pace nel mondo che caratterizzarono il febbraio
del 2003, le prese di posizione del Parlamento europeo contro la guerra in
INTRODUZIONE
9
Iraq; qualcuno parlò addirittura di “nascita del popolo europeo”
2
. A tanto
motivato entusiasmo si contrapposero i deplorevoli atteggiamenti dei governi
nazionali divisi tra il sostenere – secondo la vecchia regola, portatrice di
oscuri presagi, di avere “un migliaio di morti da mettere sul tavolo della
pace”- una guerra al di fuori di ogni diritto e chi si faceva portavoce di un
pacifismo di facciata dentro al quale cercare di far rivivere i vecchi sogni
della grand’eur. Tale contraddizione, unita alla distruzione da parte dei
Governi del progetto di Costituzione elaborato dalla Convenzione, non potrà
non avere effetti nel voto del prossimo giugno.
Il popolo europeo sarà chiamato ad una grossa scelta di responsabilità,
ma i partiti saranno pronti a raccogliere questa scelta? Saranno loro a decidere
che tipo di campagna elettorale effettuare; se orientarla verso tematiche
interne
3
o verso quelle tematiche che riguardano l’Unione europea e il suo
futuro sul continente e nel mondo.
Sarà importante capire in che modo si posizionano le elezioni
imminenti rispetto al cammino iniziato nel 1994 dopo l'entrata in vigore del
trattato di Maastricht, sui cui principi si regge l'Unione europea di oggi.
La nostra ricerca si occuperà soprattutto di questo, dell’analisi della
campagna elettorale condotta dai partiti per le elezioni europee del 1994 e del
1999 in Italia
4
anche se, è bene premettere, le operazioni di voto si compirono
in un clima interno ed internazionale molto particolare che non facilitò un
confronto e un dibattito politico di carattere europeo. Nel 1994 le europee
seguivano solo di tre mesi il voto nazionale che segnava la “storica” vittoria
di una coalizione di governo di centrodestra nata solo nella fine del gennaio
2
Eugenio Scalfari, La nascita del popolo europeo, in la Repubblica, 17 febbraio 2003.
3
Tale rischio investirà soprattutto quei Paesi in cui il clima politico interno è particolarmente rovente come
l’Italia dove, per l’appunto, si parla delle elezioni europee come un referendum pro o contro il governo del
centrodestra del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
4
Sarebbe indubbiamente interessante compiere una ricerca sulle campagne elettorali a livello europeo ma,
farlo, comprometterebbe la chiarezza espositiva e la profondità d'analisi.
INTRODUZIONE
10
1994 e composta dalla Lega Nord, da Alleanza Nazionale, Forza Italia e
il Centro Cristiano Democratico. Per la prima volta, la destra vera e propria
saliva al governo dopo il terremoto politico del 1989 e del 1992-1993
5
. Le
elezioni del 1999 si svolsero invece a pochi giorni dalla fine della guerra
contro la Jugoslavia – cioè, quel che ne restava – di Milosevic, altra occasione
in cui l’Europa si dimostrò ancora una volta impotente non solo nell’arena
internazionale ma anche nelle “faccende di casa sua”.
E ancora, il voto degli ultimi due appuntamenti elettorali europei
avvenivano dopo due fondamentali tappe del processo di integrazione come il
Trattato di Maastricht e l’avvio della terza fase dell’Unione Economica e
Monetaria – UEM; tale fase avrebbe portato il 1 gennaio 2002 alla nascita
della moneta unica, l’Euro -, eventi intorno ai quali si accesero le passioni
popolari sia pro che contro con il risveglio di partiti populisti e ultra
nazionalisti.
La ricerca sarà costruita essenzialmente su tre punti: 1) una prima parte
avente carattere introduttivo, costituita di tre elementi: inizialmente ci
preoccuperemo di ripercorrere le principali tappe storiche che portarono alla
prima elezione a suffragio universale e diretto del Parlamento europeo
6
,
dando anche un breve giudizio delle tornate elettorali del 1979, 1984 e 1989.
In seguito verrà esposta la legge elettorale del 1979 e le successive modifiche
per capire e constestualizzare il voto alla luce del quadro normativo di
riferimento. L’ultima, necessaria, premessa a questa prima parte sarà ancora
di carattere storico in quanto per capire le elezioni europee del 1994 e del
1999 è anche necessario ricordare le fasi del cambiamento dell’intero party
system italiano alla luce della caduta del Muro di Berlino e delle indagini
5
Come vedremo nel Primo capitolo, il terremoto politico sarà causato da: la caduta del Muro di Berlino,
l’inchiesta giudiziaria sulla corruzione del sistema partitico italiano, passata alla storia come “Mani pulite”,
l'offensiva della criminalità organizzata e, infine, dal referendum del 1993 che introdusse il maggioritario.
6
Presenteremo ad esempio, i Trattati CECA e CEE; la CEP, il progetto Dehousse e quello Spinelli del Club
del Coccodrillo.
INTRODUZIONE
11
compiute dal pool di Mani Pulite che smascherò – ma non riuscì a sradicare –
una fitta rete di corruzione costituita dai principali partiti di governo come la
Democrazia Cristiana e il Partito Socialista Italiano. Questi ultimi furono
eventi che cambiarono radicalmente i nomi dei partiti, la loro dirigenza, il loro
elettorato e i loro programmi; nel gergo comune, anche se i giuristi
insorgeranno, si parlò di seconda repubblica tanto erano forti e profondi i
cambiamenti che portarono alle elezioni del 1994.
La seconda parte di questo lavoro, sarà costituita dalla ricerca vera e
propria sulle campagne elettorali condotte dai partiti e dai loro leaders; l’arco
temporale preso in esame sarà costituito dall’analisi di alcuni quotidiani nei
mesi di aprile, maggio e giugno in modo da studiare sul campo la fase più
acuta della campagna elettorale e i primi riflessi del dopo voto. I giornali
attraverso i quali ricostruiremo la campagna elettorale, i temi trattati, le
candidature e i programmi dei partiti nazionali ed europei saranno: la
Repubblica e il Corriere della Sera in quanto sono i principali quotidiani a
diffusione nazionale, la Stampa, Il Sole 24 ore e, infine, l'Unità, organo prima
del PCI, poi del PDS e, dalle politiche del 1996, dei DS.
La terza fase, sarà costituita dall'analisi del risultato delle elezioni
europee con particolare riferimento all'Italia – i riflessi politici interni, chi
vinse e chi invece uscì sconfitto dall'appuntamento elettorale e perché – e,
trattandosi di elezioni europee, presenteremo ampiamente i riflessi del voto
europeo sull'Assemblea di Strasburgo e sulle famiglie politiche europee che si
trovano all'interno di essa.
Ciò che ci preme sottolineare, e dispiace non averlo fatto prima, è il
fondamentale approccio multidisciplinare che caratterizzerà questa ricerca, in
quanto riteniamo utile che solo l’utilizzo complementare della storia nelle sue
varie forme, della scienza politica, della statistica e degli altri approcci possa
garantire un risultato completo e utile ad interpretare i fatti; l’abbracciare una
INTRODUZIONE
12
sola di queste discipline a scapito delle altre fornirebbe una ricerca non
obiettiva e carente da alcuni punti di vista.
L'altra doverosa notazione introduttiva è costituita dallo spirito con cui
è stata affrontata e impostata la ricerca: siamo convinti, secondo quanto
affermato da Max Weber, che non esistano storici obiettivi o faziosi, ma
storici onesti o disonesti. L'onestà sta nel dichiarare il proprio punto di vista,
la propria visione del mondo che stanno alla base del lavoro svolto in modo
che chi legge potrà sapere in base a quali discriminanti il materiale è stato
selezionato. La disonestà sta invece nel presentare il lavoro fatto come
obiettivo, come esente da qualunque presa di posizione ideologica o politica.
In questo nostro lavoro, il dichiarare "da che parte si sta" non significa
compiere una ricerca di carattere militante o partigiano, questo sia ben chiaro:
la nostra spontanea simpatia per il processo di integrazione europea e per la
storia del suo Parlamento, ci hanno portato in maniera naturale a selezionare il
materiale rintracciato nei quotidiani privilegiando alcune tematiche piuttosto
che altre – come le candidature o l'eccessiva qualificazione del voto europeo
come elezioni nazionali di second'ordine -.
L'obiettivo principale di questa ricerca, è il tentativo di verificare,
attraverso lo studio della campagna elettorale e del risultato delle urne,
un'ipotesi di partenza: e cioè che le forze politiche e gli organi di
informazione, strumentalizzano le elezioni europee per fini di politica interna
come la determinazione dei rapporti di forza tra le coalizioni di centrodestra e
di centrosinistra e, all'interno di esse, fra le componenti più moderate e quelle
più estreme. L'altro obiettivo che ci poniamo è quello di verificare se la
progressiva disaffezione al voto da parte del popolo europeo dai tempi della
prima elezione a suffragio universale diretto, anche in Paesi tradizionalmente
filoeuropeisti come l'Italia, non sia spiegabile sia con la scarsa possibilità da
INTRODUZIONE
13
parte dell'Europarlamento di incidere sulla vita comunitaria, sia sull'uso
distorto del voto da parte delle forze politiche.
Alle considerazioni che saranno svolte alla fine della ricerca spetterà il
compito di verificare se le ipotesi di partenza erano più o meno corrette.
Quello del 1994 e del 1999 sarà stato veramente un voto europeo? E, in caso
di risposta negativa, quali prospettive si aprono in vista delle elezioni del
2004?
CAPITOLO PRIMO
"IL VOTO EUROPEO"
STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO
"Non so se mi crederete. Passiamo metà della vita
a deridere ciò in cui gli altri credono, e l'altra metà
a credere in ciò che altri deridono!"
Stefano Benni
"La democrazia è una sfida, e funziona soltanto
se è raccolta da cittadini responsabili ed esigenti"
Luigi V. Majocchi, Francesco Rossolillo
"La mia generazione ha visto
Le strade, le piazze gremite
Di gente appassionata
Sicura di ridare un senso alla propria vita
Ma ormai son tutte cose del secolo scorso
La mia generazione ha perso!"
Giorgio Gaber
CAPITOLO 1: IL VOTO EUROPEO. STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO
15
1. Dalla dichiarazione Schuman al Club del Coccodrillo
La storia del voto europeo, e del Parlamento europeo in generale,
costituisce un efficace esempio "della contraddizione tra l'affermazione della
democrazia nel quadro nazionale e la sua negazione nel quadro
internazionale"
1
; questa sembra essere la conclusione che la storiografia
federalista deduce dalla tribolata storia del voto europeo e dei poteri assegnati
dai Trattati all'Assemblea di Strasburgo. Al fine del nostro lavoro, è
interessante e utile descrivere come, dai primi esperimenti di integrazione
europea, si arrivò nel 1979 alla prima elezione a suffragio universale e diretto
del Parlamento europeo; sentiamo la necessità di capire perché dovettero
passare ben ventidue anni per applicare quanto stabilito dall’art. 138 del
Trattato che istituiva la Comunità Economica Europea – CEE – e, prima di
affrontare l'oggetto vero e proprio di questa ricerca, capire perché
l'entusiasmo e la partecipazione al voto stia scemando dopo ogni tornata
elettorale, fatta eccezione per quegli Stati, come il Belgio, la Grecia e il
Lussemburgo dove il voto è obbligatorio.
Quattro sono gli angoli visuali dai quali è possibile osservare e
ripercorrere il lungo cammino iniziato dalla dichiarazione di Schuman e
conclusosi con il Vertice di Parigi del 1974, incontro nel quale fu decisa
l'elezione a suffragio universale e diretto; solo osservando
contemporaneamente questi quattro approcci e mettendoli in relazione fra loro
è possibile avere una panoramica significativa e completa della storia del voto
europeo. Tali punti di vista sono: quello dei Governi, del contesto
internazionale in cui il processo di integrazione si sviluppava, il contenuto dei
Trattati e quello portato da quelle forze sociali e politiche, come i federalisti,
che da subito si batterono per l'introduzione del voto a suffragio universale e
1
Luigi Vittorio Majocchi, Francesco Rossolillo, Il Parlamento europeo. Significato storico di un'elezione,
Napoli, Guida editori, 1979, p. 11.
CAPITOLO 1: IL VOTO EUROPEO. STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO
16
diretto. Ci sembra opportuno scegliere i Trattati come punto fermo di
riferimento, all'interno del quale far vivere le altre tre variabili e metterle in
relazione fra loro.
Il 9 maggio 1950, la dichiarazione del ministro degli Esteri francese
Robert Schuman
2
, guidato dall'ispirazione di Jean Monnet, pose le basi per
l'avvio del processo di integrazione europea con la firma del Trattato che
istituiva la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio – CECA -; è
importante notare che, già allora, si stabilì che l'Assemblea – nome originario
del futuro Parlamento europeo -, composta di rappresentanti dei popoli degli
Stati riuniti nella Comunità, "elaborerà dei progetti intesi a permettere
l'elezione a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in
tutti gli Stati membri, conformemente alle loro rispettive norme
costituzionali"
3
.
Non sappiamo né possiamo azzardare un'ipotesi su quale fosse la reale
intenzione dei sei Paesi fondatori
4
quando inserirono nel Trattato CECA l'art.
21.3; certo è che l'apertura verso il voto a suffragio universale diretto, aveva
una portata e delle potenzialità enormi: la norma poteva essere usata come
"cavallo di Troia" per passare dal metodo intergovernativo dove erano i
governi nazionali a comandare e ad aver l'ultima parola, ad un approccio
sovranazionale, con istituzioni democraticamente elette.
I primi a capire la contraddizione che il metodo funzionalistico creava
tra il concetto di democrazia a livello nazionale e, quello negato, a livello
internazionale, furono i federalisti europei e, in particolare, italiani; sotto la
guida di Altiero Spinelli, l'Unione Europea dei Federalisti – UEF - promosse
una petizione europea per chiedere che fossero subito rese operative le
2
"L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni
concrete che creino innanzi tutto una solidarietà di fatto…il governo francese propone di mettere insieme la
produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità, nel quadro di
un'organizzazione aperta alla partecipazione degli altri paesi d'Europa", Edmondo Paolini, Appunti per una
biografia, Bologna, Il Mulino, 1996, p. 68.
3
Cfr., Trattato Ceca, art 21.3.
4
Francia, Germania, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Italia.
CAPITOLO 1: IL VOTO EUROPEO. STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO
17
elezioni a suffragio universale diretto per eleggere l'Assemblea che, una volta
eletta, si sarebbe trasformata in costituente con il compito, quindi, di redigere
la Costituzione dell'Europa unita. Perché fu tanto importante questa
petizione? Perché vi aderirono, oltre a molti esponenti del mondo culturale e
intellettuale europeo, il primo Ministro italiano, Alcide De Gasperi, e il
ministro degli Esteri italiano, Carlo Sforza. L'Italia sembrava dunque
schierarsi a favore di un approccio federale al processo di integrazione
europea.
Dal connubio fra De Gasperi e Spinelli, arrivò la proposta italiana
all'interno dei lavori per la creazione della Comunità Europea di Difesa
5
-
CED -, del famoso art. 38 che prevedeva la Comunità Politica Europea – CEP
-. Il senso dell'operazione era molto evidente: può esistere un esercito europeo
senza un potere politico democratico in grado di dichiarare guerra e firmare la
pace? L'art. 38 poneva le basi per risolvere questa contraddizione prevedendo
l'elezione, a suffragio universale diretto, di un'assemblea ad hoc che si
sarebbe trasformata in costituente. La federazione sarebbe stata ad un passo. Il
progetto CEP prevedeva un Parlamento costituito da due Camere: la Camera
dei Popoli, eletta a suffragio universale diretto, e un Senato eletto dai
Parlamenti nazionali.
Non è certo nostro compito capire perché il progetto della CED fu fatto
5
La creazione di una Comunità di difesa si era resa necessaria soprattutto dopo lo scoppio, nel 1950, della
guerra di Corea che aveva evidenziato, agli occhi degli Stati Uniti, la necessità di riarmare la Germania di
Konrad Adenauer per fronteggiare un eventuale attacco da est da parte del blocco comunista. Il problema
maggiore era che la Francia era nettamente contraria al riarmo della Germania per motivi abbastanza
comprensibili. Il progetto CED permetteva, mediante la creazione di un esercito europeo, di riarmare sì la
Germania ma indirettamente e con ampie garanzie per i francesi. Su quest'argomento vedi, Giuseppe
Mammarella, Paolo Cacace, Storia e politica dell'Unione europea, Bari, Laterza, 1998, oppure, Bino Olivi,
l'Europa difficile. Storia politica dell'integrazione europea 1948-2000, Bologna, Il Mulino, 2000.
CAPITOLO 1: IL VOTO EUROPEO. STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO
18
naufragare
6
, ciò nonostante è importante evidenziare come, per la prima
volta, dei governi nazionali si fossero schierati a favore sia dell'elezione a
suffragio universale diretto, sia del "terremoto democratico" che il voto così
espresso, avrebbe inevitabilmente scatenato.
Com'è noto, la giovane Comunità riuscì a riprendersi dalla dura
sconfitta inflitta dal fallimento della CED, attraverso il rilancio di Messina
7
nel 1955 che portò, nel 1957, alla firma dei Trattati di Roma che istituirono la
Comunità Economica Europea – CEE -, e la Comunità Europea dell'energia
atomica – CEEA o EURATOM -; in entrambi i Trattati l'obiettivo delle
elezioni a suffragio universale diretto era ribadito e confermato. Le norme
contenute nell'art. 138.3 CEE
8
e 108.3 CEEA
9
, avevano lo stesso portato
normativo e ricalcavano la formula inaugurata nel 1950.
Già dalla prima seduta della nuova assemblea sotto la presidenza di
Schuman, l'Assemblea parlamentare europea si pose il problema di dare
6
Nella storia dell'integrazione europea, il naufragio della CED è attribuito all'intreccio di tre fattori: 1) il 30
agosto 1954, l'Assemblea Nazionale francese bocciò il progetto, preferendo discutere di altre questioni, ciò
grazie alla strana alleanza costituita dalle forze contrarie all'esercito europeo, gollisti e comunisti; 2) la
miopia del governo italiano guidato da Pella, succeduto a De Gasperi allontanato da Palazzo Chigi con la
scusa delle polemiche sulla legge truffa: il nuovo governo preferì dedicarsi alla soluzione della questione di
Trieste piuttosto che ratificare la CED inchiodando la Francia con le spalle al muro rendendola unica
responsabile di un'eventuale mancata ratifica; 3) il contesto internazionale che aveva incentivato la
costituzione di un esercito europeo mutò radicalmente nel marzo del 1953 con la morte a Mosca di Stalin: la
principale minaccia all'occidente sembrava dunque venir meno. Sul fallimento della CED vedi, Giuseppe
Mammarella, Paolo Cacace, Storia e politica dell'Unione europea, cit., oppure, Bino Olivi, l'Europa difficile.
Storia politica dell'integrazione europea 1948-2000, cit. Più specificamente, vedi, Daniela Preda, Dalla
Comunità europea di difesa alla Comunità politica europea: il ruolo di De Gasperi e Spinelli, sta in
AA.VV., I movimenti per l’unità europea dal 1945 al 1954, Milano, Jaca Book, 1992 e Daniela Preda, Storia
di una speranza: la battaglia per la CED e la federazione europea nelle carte della delegazione italiana
(1950-1952), Milano, Jaca Book, 1990 e ancora, Daniela Preda, Sulla soglia dell’Unione: la vicenda della
Comunità Politica Europea, 1952-1954, Milano, Jaca Book, 1994
7
Storicamente, il rilancio avvenne in seguito alla guerra tra Israele ed Egitto del 1956 promossa dal leader
egiziano Nasser: Francia e Inghilterra intervennero nel conflitto a fianco di Israele sia per recuperare la loro
proprietà del Canale di Suez, sia per ribadire il loro ruolo di potenze mondiali. L'URSS minacciò il ricorso
alle armi atomiche contro Israele e allora gli Stati Uniti furono costretti a "fermare" l'azione anglofrancese.
Per la Francia si trattò della fine di un sogno: non era più una potenza mondiale, poteva solo esercitare un
ruolo di leadership europea.
8
"L'assemblea elaborerà progetti intesi a permettere l'elezione a suffragio universale diretto, secondo una
procedura uniforme in tutti gli Stati membri, Il Consiglio, con deliberazione unanime, stabilirà le disposizioni
di cui raccomanderà l'adozione da parte degli Stati membri, conformemente alle loro rispettive norme
costituzionali", cfr., Trattato Cee, art. 138.3.
9
"L'assemblea elaborerà progetti intesi a permettere l'elezione a suffragio universale diretto, secondo una
procedura uniforme in tutti gli Stati membri, Il Consiglio, con deliberazione unanime, stabilirà le disposizioni
di cui raccomanderà l'adozione da parte degli Stati membri, conformemente alle loro rispettive norme
costituzionali", cfr., Trattato Ceea, art. 108.3.
CAPITOLO 1: IL VOTO EUROPEO. STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO
19
immediata esecuzione all'art. 138.3 e 108.3; a tal fine fu istituito un gruppo di
studio coordinato e presieduto da Dehousse con il compito di elaborare un
progetto in materia. Tale progetto fu approvato il 17 maggio 1960 e trasmesso
al Consiglio dei Ministri delle Comunità Europee il 20 giugno 1960. Il
progetto Dehousse era frutto di un compromesso e, pertanto era incompleto a
causa del tentativo di conciliare il principio della sovranità popolare con
l'uguaglianza degli Stati. Il numero dei seggi assegnato agli Stati non era
assolutamente proporzionale al numero dei loro elettori e, in più, "l'elezione a
suffragio universale diretto, per tutta la durata del periodo transitorio, era
limitato dall'art. III solamente ai due terzi dell'Assemblea, realizzando così un
ibrido che mortificava il principio democratico"
10
.
Cinque governi su sei sostennero il progetto, anche se solo a parole;
infatti, il Consiglio continuò ad evitare di esprimersi in materia tanto che
l'Assemblea parlamentare, "cominciò a considerare seriamente l'ipotesi di
presentare alla Corte di Giustizia un ricorso per inerzia (del Consiglio) "
11
.
Come mai cinque governi e non sei? La Francia del neo presidente de Gaulle,
si oppose al progetto e, tramite il Piano Fouchet, fece la sua controproposta
anche se non riguardava direttamente il progetto Dehousse.
La paura del celebre generale francese era che il Mercato comune
europeo – MEC -, potesse diventare solo uno strumento utilizzato dal giovane
presidente degli Stati Uniti, J.F. Kennedy, per creare una vasta zona di libero
scambio atlantica con il coinvolgimento anche della Gran Bretagna
12
. La
preoccupazione di de Gaulleera che questo processo mettesse a serio rischio il
mondo agricolo e rurale francese, da sempre protetto dall'area politica
conservatrice, in quanto suo principale serbatoio di voti. In quest'ottica il
10
Cfr., Luigi Vittorio Majocchi, Francesco Rossolillo, Il Parlamento europeo. Significato storico di
un'elezione, cit., p. 81.
11
Antonio Quaglino, Elezioni a suffragio universale ed ampliamento dei poteri del Parlamento europeo, sta
in, AA.VV., Voci per l'Europa, Torino, edizioni EDA, 1977, p. 31.
12
Che in nome della sua vocazione mondiale, e del rapporto speciale con l'alleato d'oltreoceano, aveva visto
con ostilità sin dall'inizio il processo di integrazione europea al quale aveva opposto una zona di libero
scambio, l'European Free Trade Association EFTA -.
CAPITOLO 1: IL VOTO EUROPEO. STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO
20
Piano Fouchet aveva solo carattere strumentale: posto il veto all'adesione alla
Comunità della Gran Bretagna, ottenuta la protezione del mercato agricolo
attraverso l'avvio della politica agricola comunitaria – PAC – e con il tragico
assassinio a Dallas del Presidente Kennedy, de Gaulleimpiegò breve tempo a
far cadere del tutto il Piano Fouchet
13
.
Se gli anni Sessanta furono segnati dalla paralisi comunitaria, passata
alla storia come "la crisi della sedia vuota"
14
, paralisi che si risolverà con le
dimissioni di De Gaulle nel 1969, il decennio non fu però avaro di lotte per la
realizzazione di vere elezioni europee. Ancora una volta a prendere in mano
l'iniziativa furono i federalisti italiani che intrapresero due azioni che ebbero
una certa eco.
La prima azione si avviò al tramonto del decennio ed era costituita dal
tentativo di fare ciò che i governi non volevano o non riuscivano a fare, le
elezioni appunto: per questo, nella seconda metà degli anni cinquanta, diedero
vita al Congresso del Popolo Europeo
15
; iniziativa interessante che però,
nonostante un buon inizio, si concluse senza produrre risultati concreti. I
federalisti organizzarono elezioni in otto città europee che videro l'elezione di
240 delegati che formarono il Congresso del Popolo europeo: l'iniziativa, per
quanto nobile, fallì per problemi organizzativi, economici e perché ottenne un
certo rilievo presso l'opinione pubblica solo in Italia setterntrionale dove si
13
I federalisti erano favorevoli al progetto di De Gaulle e contrari a quello Dehousse in quanto il Piano
Fouchet rafforzava sì l'approccio confederale, ma, tramite questo, rafforzava anche l'integrazione. Con la
nascita di un potere europeo, le elezioni sarebbero venute da sé, questo il pensiero dei federalisti come lo si
evince chiaramente dal pensiero di Mario Albertini: "l'elezione non si sarebbe svolta sinché un potere
europeo di fatto non avesse costretto i detentori del potere nazionale a farla"
13
Cfr., Luigi Vittorio Majocchi,
Francesco Rossolillo, Il Parlamento europeo. Significato storico di un'elezione, cit., p. 82.
14
In seguito alle proposte del Presidente della Commissione, Walter Hallstein, giudicate troppo
integrazioniste, De Gaulle paralizzò la vita comunitaria facendo venir meno la partecipazione dei
rappresentanti francesi a tutti gli appuntamenti comunitari: essendo necessaria l'unanimità, le Comunità si
trovavano nell'impossibilità, di fatto, di agire.
15
Il Congresso del Popolo Europeo è frutto, secondo la storiografia prevalente, del disorientamento che colse
i movimenti federalisti all’indomani della bruciante sconfitta subita dalla mancata ratifica CED. Sul
Congresso del Popolo europeo, vedi, Edmondo Paolini, Appunti per una biografia, cit., oppure Daniele
Pasquinucci, Europeismo e democrazia. Altiero Spinelli e la sinistra europea 1950-1986, Bologna, Il Mulino,
2000, oppure Sergio Pistone, Il MFE e i Trattati di Roma, sta in, AA.VV., Il rilancio dell’Europa e i Trattati
di Roma, Milano, Giuffrè, 1989.
CAPITOLO 1: IL VOTO EUROPEO. STORIA, LEGGE ELETTORALE E CAMBIAMENTO POLITICO
21
ebbero quasi i nove decimi dei suffragi.
La seconda iniziativa ebbe maggiore fortuna anche perché s'inserì in un
nuovo contesto politico comunitario, avviato dal ritiro dalla politica di De
Gaulle: ancora una volta, avvenimenti di politica interna francesi erano
destinati a ripercuotersi in tutto il continente, come giustamente osservato da
Bino Olivi quando afferma che "quel che succede in Francia e quel che fa la
Francia ha sempre un'immediata ripercussione sulla vita della comunità"
16
.
Il punto di partenza dei federalisti era che se il contesto comunitario
non permetteva l'elezione diretta, si poteva iniziare a proporla all'Italia: se
l'Italia avesse eletto i suoi membri a suffragio universale, il processo di
integrazione si sarebbe rimesso in moto, questo perché, mentre in ambito
europeo i politici nazionali si potevano trincerare dietro l'opposizione gollista
a qualunque progresso, l'alibi veniva meno se ci riferiva alla sola Italia.
L'iniziativa unilaterale avrebbe aperto un processo imprevedibile, ma
costituiva un vero e proprio punto di rottura, una piccola rivoluzione
democratica.
16
Bino Olivi, L'Europa difficile. Storia politica dell'integrazione europea 1948-1998, cit., p. 111.