6
1.1. CONTESTO STORICO
La formazione di mercati delle telecomunicazioni divisi in regimi monopolistici protetti fu
determinata dalla convinzione diffusa che il monopolio fosse la struttura di mercato più
adatta a soddisfare l’esigenza di diffondere il più possibile il servizio telefonico e di
affrontare i grossi investimenti, necessari a costruire le grandi infrastrutture nazionali. Lo
scenario tipico divenne, quindi, quello di un unico operatore nazionale le cui azioni
venivano controllate dai governi che agivano col fine di limitare i suoi extra-profitti e di
mantenere accessibili a tutti i servizi principali.
In questo contesto i costi sostenuti dall’incumbent in relazione alle sue obbligazioni di
Servizio Universale (USO) venivano recuperati attraverso un regime di sussidi incrociati;
nella pratica, cioè, venivano imposte delle tariffe superiori ai costi nei segmenti di mercato
più remunerativi (tipicamente l’utenza affari e servizi a lunga distanza) e con i conseguenti
margini si finanziava la fornitura sottocosto del servizio di base (accesso alla rete e
chiamate locali).
Le mutate esigenze dei consumatori e il forte progresso tecnologico del settore, tuttavia,
resero sempre più evidenti le inefficienze operative associate alla gestione monopolistica
delle reti. Furono soprattutto la qualità scadente dei servizi, la struttura squilibrata dei
prezzi e la mancanza di innovazione a portare alla progressiva liberalizzazione dei mercati
di telecomunicazioni. Così, se nel 1988 il monopolio era la struttura tipica di questo settore
e i mercati competitivi l’eccezione, nel 1998 la situazione si presentava capovolta.
In questa fase di transizione, le autorità di regolamentazione hanno dovuto conciliare le
azioni finalizzate all’apertura dei mercati alla concorrenza con la necessità di tutelare le
fasce più deboli della popolazione dalle possibili conseguenze negative della
liberalizzazione.
In particolare, l’esigenza di garantire ad ogni cittadino il Servizio Universale è rimasta
immutata e, anzi, si è ulteriormente rafforzata soprattutto in relazione al peso sempre più
preponderante che la comunicazione ha nella vita delle persone nelle società più avanzate.
7
1.2. IL SERVIZIO UNIVERSALE NEI MERCATI LIBERALIZZATI
La fornitura del Servizio Universale non è, di per sé, incompatibile con la concorrenza; è,
però, necessaria un’attenta analisi per capire quali siano le sue caratteristiche in questo
nuovo scenario liberalizzato.
Le conseguenze più immediate del processo di apertura dei mercati sono un drastico calo
delle tariffe nel settore delle chiamate interurbane ed internazionali e un parallelo aumento
dei canoni di accesso e delle tariffe delle chiamate locali. Almeno inizialmente, questa
situazione danneggia due categorie di utenti: quelli “a basso consumo”, svantaggiati
dall’incremento della quota fissa della bolletta, e quelli ubicati in zone ad alto costo di
fornitura del servizio che, in assenza di vincoli di fornitura, sarebbero costretti a pagare
elevati canoni di accesso.
In queste condizioni, molti consumatori potrebbero rinunciare al servizio telefonico
provocando un’indesiderata diminuzione del numero degli abbonati. Compito dei
regolatori dovrebbe essere quello di impedire che ciò avvenga, controbilanciando il
riequilibrio tariffario con misure mirate a tutelare i consumatori che effettuano bassi
volumi di traffico ed istituendo un efficace meccanismo di finanziamento del Servizio
Universale, col quale coprire i costi supplementari derivanti dall’erogazione del servizio
nelle aree non remunerative.
I dati a disposizione confermano la necessità di questi provvedimenti. Le stime effettuate
dalla Commissione Europea nel 1998, nell’ambito dell’ultimo rapporto sullo stato del
Servizio Universale
1
, indicano, infatti, che ci sono, nell’Unione, circa sei milioni di nuclei
familiari senza telefono e cifre analoghe caratterizzano il mercato statunitense.
Inoltre, a causa dei minori investimenti richiesti, l’ingresso sul mercato di nuove imprese si
sta concentrando maggiormente nel settore dei servizi a lunga distanza. L’apertura del
mercato locale è, quindi, ancora molto scarsa ad eccezione di pochi paesi quali, ad
esempio, il Regno Unito dove la presenza di una regolamentazione efficace e di reti
alternative a quella telefonica, come la televisione via cavo, hanno permesso ai nuovi
1
Comunicazione della Commissione COM(98)101, Prima relazione di monitoraggio relativa al Servizio
Universale nel settore delle telecomunicazioni nell’Unione Europea del 25 febbraio 1998.
8
operatori, in competizione con British Telecom, di installare già tre milioni di nuove linee
di accesso.
Nell'attesa che si instauri un’effettiva competizione anche in questo settore e che i prezzi
siano quindi regolati dal libero mercato, si rendono necessari degli interventi che,
attraverso tetti tariffari e strumenti quali il price-cap, impediscano all’operatore di fatto
monopolista di attuare comportamenti anticompetitivi.
La forte interdipendenza che lega le decisioni riguardanti la definizione dei contenuti,
l’istituzione di meccanismi di finanziamento del costo netto delle USO e il livello generale
dei prezzi dei servizi, rende necessaria l’analisi simultanea dei diversi aspetti del problema.
Il punto cruciale è stabilire quale sia l’obiettivo principale e come questo obiettivo possa
essere efficacemente perseguito attraverso la progettazione delle varie componenti della
politica di regolamentazione relativa al Servizio Universale.
9
1.3. ARGOMENTI TRATTATI
Questo lavoro intende analizzare le principali tematiche riguardanti il Servizio Universale
nel settore delle telecomunicazioni, affiancando lo studio della normativa vigente ed il
monitoraggio della situazione reale, all’analisi delle conseguenze concrete che le decisioni
normative possono avere sul mercato.
Maggiore attenzione sarà dedicata all’Unione Europea e al tentativo fatto a livello
comunitario di armonizzare il processo di liberalizzazione nei vari paesi. In questo ambito,
una realtà che assume una particolare importanza è quella britannica; nel Regno Unito il
processo di liberalizzazione è, infatti, in fase più avanzata rispetto al resto dell’Unione ed
inoltre, il mercato britannico è simile per dimensione a quello italiano. Anche negli Stati
Uniti d’America la liberalizzazione si è sviluppata molto in anticipo; tuttavia,
nell’analizzare la realtà statunitense bisogna tenere in considerazione le differenze sia
strutturali sia di dimensioni che questo mercato presenta rispetto a quelli europei.
L’Italia, invece, è in ritardo poiché, sebbene a livello legislativo abbia già recepito le
direttive comunitarie in tema di Servizio Universale e di riequilibrio tariffario, la loro
applicazione pratica stenta a realizzarsi. L’istituzione del fondo per la ripartizione del costo
netto delle USO, prevista per il 1999, è stata rinviata all’anno successivo ed i
provvedimenti finalizzati a correggere la struttura tariffaria, caratterizzata da rilevanti
squilibri, sono entrati in vigore solo recentemente.
Sebbene siano in corso tentativi per accelerare l’apertura del mercato delle chiamate
urbane ai nuovi operatori, estendendo la carrier selection anche a questo tipo di chiamate,
l’assenza del local loop unbundling, ovvero la possibilità di concordare l’interconnessione
anche a livello locale, e la mancanza di un’infrastruttura alternativa alla rete locale
dell’operatore dominante, quale potrebbe essere, ad esempio, la televisione via cavo,
rendono nel breve periodo improbabile l’instaurarsi di un’efficace concorrenza in questo
settore.
Nel seguito sono brevemente descritte le tematiche fondamentali che si è ritenuto
necessario affrontare nel dettaglio per comprendere tutti gli aspetti correlati all’argomento
in questione.
10
Nel secondo capitolo viene trattato il problema della definizione del Servizio Universale.
Per comprendere quali siano gli obiettivi minimi che esso dovrebbe contribuire a
raggiungere, viene offerta, innanzi tutto, una panoramica relativa alla diffusione dei servizi
telefonici che consente di evidenziare lo scarso grado di penetrazione raggiunto, in alcuni
casi, dal servizio e gli squilibri che hanno caratterizzato lo sviluppo delle infrastrutture di
telecomunicazioni in aree geografiche differenti (paragrafo 2.1).
Successivamente, si cerca di comprendere quali siano i contenuti e gli obiettivi che le
normative dei diversi paesi attribuiscono al Servizio Universale; la sua definizione, infatti,
non è univoca ma associa ad alcuni principi fondamentali peculiarità tipiche dei vari
contesti. A questo riguardo, assumono particolare rilevanza i criteri utilizzati per valutare il
livello minimo di qualità dei servizi offerti e per definire l’accessibilità delle tariffe; al fine
di garantire una buona diffusione del servizio telefonico non è, infatti, sufficiente imporre
vincoli sui prezzi ma è anche opportuno fornire indicazioni precise che impediscano agli
operatori di aggirarli, offrendo servizi di qualità più scadente agli utenti non remunerativi.
In prospettiva futura, inoltre, sarà importante stabilire delle regole di selezione dei fornitori
del Servizio Universale che, in seguito allo sviluppo della concorrenza nel mercato, non
saranno più necessariamente gli operatori ex-monopolisti (paragrafo 2.2). In questo
contesto, sembra opportuno riportare anche alcune considerazioni teoriche che permettono
di comprendere più nel dettaglio perché sia necessario definire delle regole per rendere i
servizi di telecomunicazioni accessibili a tutti gli utenti (paragrafo 2.3).
Il secondo capitolo si conclude con alcune considerazioni riguardanti le possibili
evoluzioni future del concetto di Servizio Universale; in particolare, si sottolinea il fatto
che una sua corretta definizione non dovrebbe solo adeguarsi ai cambiamenti della società
ma anche anticiparli ed accompagnarli. L’obiettivo fondamentale del Servizio Universale,
consiste, infatti, nel garantire a tutti gli utenti la fornitura dei servizi più ampiamente
diffusi ma una sua ulteriore finalità potrebbe essere quella di incentivare l‘utilizzo di nuove
soluzioni tecnologiche capaci di migliorare la partecipazione attiva degli utenti alla vita
della comunità. Un esempio di questo tipo di approccio è la discussione sull’eventualità o
meno di inserire nel “pacchetto base” del Servizio Universale misure per agevolare la
diffusione di Internet e dei servizi a larga banda in genere: lo sviluppo di applicazioni
tecnologiche innovative, quali il commercio elettronico e la telefonia su IP, influenzerà,
11
infatti, sempre più il mercato e imporrà, di conseguenza, una costante revisione dei principi
che stanno alla base del Servizio Universale (paragrafo 2.4).
Nel terzo capitolo vengono analizzati gli effetti del ribilanciamento tariffario e
dell’allineamento delle tariffe ai costi, premesse fondamentali della liberalizzazione del
mercato delle telecomunicazioni. Questa riorganizzazione delle strutture dei prezzi
permetterà, una volta realizzata, di evitare l’entrata di imprese inefficienti nei mercati delle
chiamate a lunga distanza, in cui è già presente una certa concorrenza, e renderà
“appetibile” ai nuovi operatori il mercato locale, ancora, di fatto, in monopolio. I
mutamenti degli schemi tariffari influenzeranno anche il Servizio Universale: se da un lato,
infatti, dovrebbero portare alla diminuzione dell’onere connesso alla sua fornitura,
dall’altro elimineranno i sussidi incrociati, rendendo necessaria la definizione di nuovi
strumenti di finanziamento compatibili con la competitività dei mercati.
Per comprendere gli effetti di questi cambiamenti, viene, innanzi tutto, analizzata
l’evoluzione dei prezzi dei servizi di telecomunicazioni negli ultimi anni e vengono esposti
i principi normativi che regolano il ribilanciamento tariffario nei vari paesi. In questo
contesto, assume particolare importanza il deficit dell’accesso inteso come differenza tra i
costi necessari a garantire a tutti gli utenti l’accesso alla rete telefonica pubblica, ed i ricavi
relativi, che risultano dai vincoli di prezzo imposti dall’Autorità di regolamentazione.
Nella fase attuale di transizione dal monopolio al libero mercato è necessario che il deficit
dell’accesso sia distinto nettamente dalle tematiche relative al Servizio Universale mentre,
in futuro, la realizzazione del ribilanciamneto tariffario e l’eventuale adozione di sussidi
mirati a particolari categorie di utenti dovrebbero contribuire alla sua graduale scomparsa
(paragrafo 3.1).
Anche lo sviluppo della concorrenza nel settore dell’accesso e della telefonia locale
dovrebbe influire in maniera rilevante sul riassetto delle strutture tariffarie e sul Servizio
Universale. L’aumento del numero di imprese che operano in questi segmenti del mercato,
infatti, oltre che contribuire alla riduzione dei prezzi ed all’aumento della qualità del
servizio offerto, dovrebbe favorire l’implementazione di meccanismi di finanziamento
delle USO finalizzati ad introdurre la concorrenza anche nel settore della fornitura del
Servizio Universale (paragrafo 3.2). Il terzo capitolo si conclude con una panoramica dei
12
meccanismi di regolamentazione dei prezzi e degli interventi a tutela delle fasce più deboli
di utenza adottati in vari paesi (paragrafo 3.3).
Nel quarto capitolo vengono affrontati i problemi relativi alla valutazione del costo netto
delle USO, inteso come differenza tra i costi e i benefici (materiali ed immateriali) cui è
soggetto un operatore che fornisce il Servizio Universale. Una corretta valutazione
dell’onere relativo alle USO è particolarmente importante nel caso in cui il livello del
sussidio erogato all’operatore sia proporzionale al costo che questo ha sostenuto per
soddisfare le obbligazioni cui è soggetto. L’implementazione di metodologie di stima
efficienti è, tuttavia, ostacolata dalle difficoltà tecniche legate alla valutazione dei costi e
dalla soggettività che inevitabilmente condiziona la quantificazione dei benefici
immateriali di cui gode l’operatore che eroga il Servizio Universale (paragrafo 4.1 e 4.2).
La rilevante variabilità dei risultati delle stime realizzate nei vari paesi indica che le
tecniche di valutazione dei costi dovrebbero tenere in considerazione le differenti
caratteristiche dei contesti in cui vengono applicate. Nel Regno Unito la decisione di Oftel
di non compensare British Telecom per i costi associati alle USO, ha suscitato le critiche
dell’operatore riguardo all’eccessivo valore attribuito ai presunti benefici derivanti dallo
svolgere questa attività. La stima effettuata in Francia ha permesso, invece, di evidenziare
il grosso peso che hanno nel costo totale le componenti legate allo squilibrio tariffario e
all’obbligo di fornire i servizi allo stesso prezzo su tutto il territorio nazionale cui è
soggetta France Telecom (paragrafo 4.3).
Nel caso in cui il costo netto del Servizio Universale si rivelasse iniquo per l’operatore
soggetto ad USO, diverrebbe necessario elaborare un apposito meccanismo di
finanziamento che sia il meno distorsivo possibile nei confronti della concorrenza.
Nel quinto capitolo vengono esposti i vantaggi e gli svantaggi connessi all’adozione di
alcuni possibili diversi strumenti di finanziamento (paragrafo 5.1). Ciò permette di
evidenziare che la scelta del meccanismo da parte del regolatore deve essere strettamente
correlata alle caratteristiche del mercato in cui esso sarà applicato, soprattutto in termini di
grado di sviluppo del processo di liberalizzazione. Si vedrà, ad esempio, che l’utilizzo di
sussidi incrociati tra diverse fasce di utenza può ancora essere un valido strumento di
finanziamento in contesti caratterizzati da sistemi fiscali inefficienti e che meccanismi
13
potenzialmente vantaggiosi non sono applicabili nei paesi in cui non è ancora
sufficientemente sviluppata la competizione nel mercato.
Lo strumento attualmente più utilizzato laddove è in corso la transizione dal monopolio al
libero mercato consiste nella creazione di un fondo apposito cui partecipano tutte le
imprese che offrono servizi di telecomunicazioni. Sono, tuttavia, allo studio, e in alcuni
casi in fase di sperimentazione, nuove proposte finalizzate ad introdurre forme di
concorrenza nel settore dell’erogazione del Servizio Universale. Tra esse ricordiamo il
meccanismo delle aste la cui applicazione genererebbe indiscutibili vantaggi in termini di
efficienza ma che sembra difficilmente utilizzabile, almeno per il momento, in paesi dove
il numero di operatori presenti sul mercato è ancora limitato.
Un’analisi approfondita del meccanismo di finanziamento del Servizio Universale
implementato negli Stati Uniti d’America dalla Federal Communications Commission
(FCC) in seguito all’approvazione del Telecommunications Act del 1996, fornirà un
esempio delle difficoltà con cui, in genere, vengono applicati i principi di efficienza esposti
nella normativa (paragrafo 5.2).
Nel sesto ed ultimo capitolo sono, infine, esposte alcune considerazioni conclusive.
14
CAPITOLO SECONDO
LA DEFINIZIONE DI SERVIZIO UNIVERSALE
In questo capitolo si cercherà di capire quali dovrebbero essere i contenuti del Servizio
Universale e di esporre come esso sia stato definito nelle varie normative dei principali
paesi più industrializzati.
Prima di affrontare questi problemi è opportuno, però, effettuare un’analisi della
penetrazione del servizio telefonico nella società che permetta di stabilire fino a che punto
sia stata raggiunta l’universalità del servizio e quanto, invece, debba ancora essere
realizzato.
Al fine di effettuare un’analisi esauriente dei contenuti del Servizio Universale, sarà
necessario affrontare nel dettaglio i temi della scelta dell’operatore soggetto ad USO, della
qualità dei servizi di base e dell’abbordabilità dei prezzi.
Nella normativa non sono definiti dei tetti tariffari precisi ma vengono solo indicate delle
linee-guida che i regolatori dovrebbero seguire per permettere a tutti gli utenti, compresi
quelli più svantaggiati, di usufruire dei benefici della società dell’informazione. Bisognerà
capire come questi principi siano stati effettivamente realizzati nella pratica e cosa
bisognerà migliorare ancora per raggiungere l’obiettivo fissato dalla legislazione.
Si cercherà, poi, di inserire il concetto di Servizio Universale all’interno della più vasta
teoria dell’intervento pubblico e di trovare le motivazioni che giustifichino la necessità di
imporre dei vincoli di fornitura del servizio di base nel mercato delle telecomunicazioni.
Una valutazione sulla diffusione di nuovi servizi innovativi, quali la telefonia cellulare ed
Internet, contribuirà, infine, a stimare l’impatto che il progresso tecnologico potrà avere
sullo sviluppo futuro del Servizio Universale.
15
2.1. GRADO DI UNIVERSALITA’ DELL’ACCESSO AL SERVIZIO
TELEFONICO
Il grado di penetrazione del servizio telefonico è, in genere, stimato attraverso l’utilizzo di
una serie di indici:
- numero di linee principali per 100 abitanti;
- numero di linee residenziali principali per 100 nuclei familiari;
- numero di linee di accesso totale (fisso più mobile) per 100 abitanti;
- numero di cellulari per 100 abitanti;
- numero di host Internet;
- numero di Web server;
- numero di apparecchi pubblici.
Poiché ciascuno di questi indici fornisce solo indicazioni parziali, il loro utilizzo
simultaneo dovrebbe consentire una visione più ampia del fenomeno. Inoltre, il confronto
tra gli indici permetterà di evidenziare caratteristiche e nuove evoluzioni del mercato.
Verrà valutata, innanzi tutto, l’accessibilità della telefonia fissa di base ed, in seguito,
quella della telefonia cellulare e di Internet. Verrà, inoltre, rapidamente analizzato il grado
di diffusione della telefonia pubblica.
2.1.1. Telefonia fissa
Negli ultimi anni la penetrazione del servizio telefonico è notevolmente aumentata. Dal
1990 sono state installate, nei paesi dell’OCSE, 125 milioni di nuove linee di accesso alla
rete che hanno determinato la densità di un accesso ogni due abitanti rispetto alla media di
uno ogni tre di dieci anni fa.
Proprio all’interno dell’area OCSE, si nota, comunque, una distribuzione non uniforme di
questi valori: mentre per alcuni paesi il traguardo di una diffusa distribuzione del servizio
di base è già stato raggiunto, in altri sembra essere ancora lontano (Tabella 2.1).
Nella seconda metà degli anni ‘80, molti paesi con un basso livello di penetrazione del
servizio hanno cercato di accelerare il processo di sviluppo della rete.
16
Tabella 2.1 - Linee di accesso per 100 abitanti nell’area OCSE.
LINEE PRINCIPALI SU 100 ABITANTI
LINEE DI ACCESSO
(FISSO PIÙ MOBILE)
SU 100 ABITANTI
PAESE
1985 1990 1995 1996 1997 1997
AUSTRALIA 41,6 46,1 50,8 50,8 51,2 77,3
AUSTRIA 36,1 41,8 46,6 46,6 45,7 59,9
BELGIO 31,1 39,3 45,7 46,5 48,5 58,0
CANADA 45,5 55,0 59,7 60,8 61,6 75,7
REPUB. CECA 12,9 15,8 23,4 27,5 32,0 37,1
DANIMARCA 49,7 56,6 61,3 62,1 63,6 91,1
FINLANDIA 44,7 53,5 55,0 55,4 55,6 101,2
FRANCIA 41,7 49,5 56,1 56,9 57,6 67,4
GERMANIA 32,9 40,3 51,5 54,0 55,0 64,9
GRECIA 31,4 38,6 49,4 50,8 51,6 60,2
UNGHERIA 7,0 9,6 21,3 26,4 31,9 38,9
ISLANDA 42,6 51,4 55,3 56,7 56,7 80,7
IRLANDA 19,8 28,1 37,0 39,1 42,1 56,5
ITALIA 30,6 39,2 43,4 44,1 44,9 65,4
GIAPPONE 37,5 44,1 48,9 49,1 47,9 78,4
COREA 18,5 35,7 48,3 50,3 52,0 67,1
LUSSEMBURGO 42,0 48,2 57,5 62,7 67,1 83,2
MESSICO 4,6 6,2 9,7 9,5 9,8 11,7
PAESI BASSI 40,2 46,4 51,7 54,1 56,6 67,4
NUOVA ZELANDA 38,8 43,9 46,6 49,5 50,5 63,6
NORVEGIA 42,3 50,3 56,1 58,6 62,6 101,1
POLONIA 6,7 8,6 14,9 16,9 19,4 21,5
PORTOGALLO 14,1 24,1 37,1 39,0 40,8 56,2
SPAGNA 24,3 32,1 38,1 38,8 39,9 50,8
SVEZIA 62,8 68,3 68,4 68,4 68,0 103,8
SVIZZERA 50,1 57,7 61,5 63,3 64,5 78,8
TURCHIA 4,5 12,3 23,3 25,6 28,0 30,6
REGNO UNITO 37,0 44,1 50,6 52,8 54,0 68,3
USA 48,9 53,6 59,8 61,7 66,0 86,3
OCSE 32,9 39,1 45,6 47,0 48,9 64,5
Fonte: OCSE
L’incremento maggiore, tra il 1992 e il 1997, si è avuto nei paesi che hanno effettuato la
transizione verso economie di mercato. Tra i casi più emblematici spiccano la Turchia,
passata da 12.3 linee di accesso per 100 abitanti nel 1990 a 28 linee nel 1997, l’Ungheria,
passata nello stesso periodo da 9.6 a 31.9 linee, e la Corea, passata da 35.7 a 52 linee.
Preoccupa, invece, la situazione del Messico e della Polonia in cui il numero di linee per
100 abitanti nel 1997 era ancora, rispettivamente, di 9.8 e 19.4.
17
Tabella 2.2 – Abbonamenti ISDN nei paesi OCSE.
PAESE 1993 1995 1997
TASSO ANNUO MEDIO
DI CRESCITA (1993-1997)
(%)
AUSTRALIA 7.500 … ……
AUSTRIA 904 16.813 85.683 212,0
BELGIO 1.163 28.071 96.548 201,8
CANADA 1.400 …
REPUB. CECA 0 0 196 …
DANIMARCA 2.354 14.082 …
FINLANDIA 545 6.416 57.855 221,0
FRANCIA 103.000 288.800
GERMANIA 230.800 881.400 2.887.200 88,1
GRECIA 0 303 2.564 …
UNGHERIA 0 … …
ISLANDA 0 0
IRLANDA 0 0
ITALIA 3.989 49.061 335.000 202,7
GIAPPONE 215.573 463.566 2.065.288 75,9
COREA 0 4.309 21.110 …
LUSSEMBURGO 0 4.556 24.479 …
MESSICO 0 0 0 0,0
PAESI BASSI 1.175 23.700 279.000 292,5
NUOVA ZELANDA 350 … …
NORVEGIA 0 20.052 …
POLONIA 0 82
PORTOGALLO 0 7.891 47.845 …
SPAGNA 138 10.828 …
SVEZIA … 19.700
SVIZZERA 7.960 69.459 207.000 125,8
TURCHIA 0 0 0 0,0
REGNO UNITO 50.000 132.500 ……
USA 264.323 510.652 1.174.950 45,2
OCSE 891.174 2.552.241 7.284.718 69,1
Fonte: OCSE
A causa del diverso grado di sviluppo delle loro infrastrutture di telecomunicazione, la
crescita avvenuta nei paesi in cui all’inizio del periodo considerato vi era già un’elevata
penetrazione, è dovuta a fattori differenti, quali la crescita della domanda di seconde linee
residenziali e di linee ISDN, legati soprattutto alla diffusione di Internet (Tabella 2.2).
18
Per motivi diversi, nei paesi più evoluti, lo sviluppo della telefonia fissa è avvenuto meno
rapidamente. Un caso interessante è quello dei paesi scandinavi in cui la rapida e
consistente diffusione della telefonia cellulare ha limitato la crescita della telefonia fissa
fornendo un primo esempio della sostituibilità tra le due.
Tuttavia, considerando, con la dovuta cautela che il suo uso comporta, il dato aggregato di
linee di accesso fisso e numero di abbonamenti al cellulare, si nota che i paesi scandinavi
presentano la più alta penetrazione dei servizi telefonici. Oltre ad essi, solo USA,
Lussemburgo e Australia superano il numero di 80 accessi (fissi o mobili) su 100 abitanti.
Tabella 2.3 - Tassi di penetrazione del servizio telefonico nell’Unione Europea
NUCLEI FAMILIARI
DOTATI DI
TELEFONO (%)
LINEE RESIDENZIALI
PRINCIPALI SU 100
NUCLEI FAMILIARI
LINEE PRINCIPALI SU
100 ABITANTI
PAESE 1994 1995 1996 1994 1995 1996 1994 1995 1996
BELGIO n.d. n.d. n.d. 92,0 93,5 95,3 45.0 45,7 46,5
DANIMARCA n.d. n.d. n.d. 106,0 n.d. n.d. 60.0 61.0 61,6
GERMANIA 89,0 87,1 89,3 93,0 n.d. n.d. 48.0 51,3 53,8
GRECIA n.d. n.d. n.d. 96,0 n.d. n.d. 48.0 49,4 50,7
SPAGNA n.d. 85,8 87,5 89,0 93,0 95,0 38.0 38,5 38,9
FRANCIA 96,4 96,2 96,2 111,0 100,1 100,4 55.0 55,6 56,5
IRLANDA 71,0 74,0 78,0 75,0 74,0 78,0 35.0 34.0 36.0
ITALIA n.d. 87 87,9 99,0 90,6 91,4 43.0 43,6 44,3
LUSSEMBURGO n.d. n.d. n.d. 105,0 112,0 115,0 55.0 55,8 59.0
PAESI BASSI 96,5 96,5 96,5 122,9 125,9 123,4 51.0 52.0 52,3
AUSTRIA n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. 47.0 47.0 47.0
PORTOGALLO 74,8 86,3 89,7 64,0 67,7 70,6 35.0 36,1 37,5
FINLANDIA 97,0 95,0 n.d. 104,0 93,0 92,0 55.0 54,7 54,7
SVEZIA 98,7 n.d. n.d. 119,6 119,5 119,3 68.0 68.0 68.0
REGNO UNITO 91,1 93,0 n.d. 99,0 91,9 94,3 49.0 49,6 51,7
Fonte: UE
Una più accurata analisi della situazione europea è fornita dalla Commissione UE nella
Prima relazione di monitoraggio relativa al Servizio Universale nel settore delle
telecomunicazioni nell’Unione Europea del 1998
2
che raccoglie le informazioni ricavate
dalle risposte date dagli Stati Membri ad un apposito questionario.
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Comunicazione della Commissione COM(98)101, Prima relazione di monitoraggio relativa al Servizio
Universale nel settore delle telecomunicazioni nell’Unione Europea del 25 febbraio 1998.
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In essa è evidenziato un graduale, ma continuo incremento, dal 1995 in poi, del numero di
abitazioni dotate di servizio telefonico. Gli incrementi più marcati si sono avuti nei paesi in
cui la diffusione dei servizi era più scarsa: nel periodo dal 1994 al 1997, il tasso di
penetrazione del servizio telefonico tra le famiglie del Portogallo è passato dal 74.8%
all’89.7% e quello dell’Irlanda dal 71% al 78%. Questo dato è particolarmente positivo se
collegato alla necessità di ridurre il gap esistente tra i paesi in cui il servizio è più diffuso e
quelli in cui lo è meno (Tabella 2.3).
L’indicatore “numero di linee principali su 100 abitanti”, utilizzato anche nelle statistiche
dell’OCSE, ha il grande limite di non distinguere i collegamenti residenziali e pubblici
dalle linee legate all’utenza affari. Un’approssimazione migliore del grado di universalità
del servizio telefonico è costituita dal “numero di linee residenziali principali su 100 nuclei
familiari”. Il confronto tra questi due indici permette di discriminare tra scarsa diffusione
del servizio telefonico di base e scarso sviluppo della rete di telecomunicazione nel suo
complesso. Ad esempio, la Spagna presenta, rispetto all’Italia, una maggiore diffusione del
servizio tra le famiglie ma, a livello di rete, registra un valore minore della densità
telefonica.
Le differenze che si riscontrano tra la percentuale di famiglie dotate di telefono e il numero
di linee residenziali principali su 100 nuclei familiari, oltre che al fenomeno della
condivisione di un apparecchio e agli errori di rilevamento, sono dovute alla crescita del
numero di famiglie dotate di due collegamenti telefonici in una o più abitazioni: in
Danimarca, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia il numero di linee
residenziali principali ha superato il numero dei nuclei familiari.
Nonostante i progressi, permangono delle forti preoccupazioni legate al valore assoluto
raggiunto dal livello di penetrazione del servizio che, in qualche caso, è giudicato ancora
insufficiente. In Germania, Spagna, Irlanda e Italia, infatti, la percentuale di nuclei
familiari dotati di telefono non ha ancora superato la soglia del 90% e si stima che quelli
che ne sono ancora privi siano, in tutta l’Unione, più di sei milioni.
In relazione a questi dati preoccupa anche la mancanza di informazioni aggiornate relative
a certi paesi che testimonia la scarsa attenzione degli Stati Membri al monitoraggio di
questi indicatori fondamentali. Questa lacuna, peraltro, era già stata segnalata dalla