VII
La prevalenza nell’ambito comunitario del profilo inerente all’integrazione
economica fra i paesi membri aveva precluso l’elaborazione di una disciplina
comunitaria per la tutela dei diritti umani.
L’iniziale silenzio dei Trattati istitutivi della Comunità sull’argomento , i quali
prendevano in considerazione il soggetto soltanto nella qualità di soggetto
economico è stato colmato, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle
Comunità europee, la quale ha inteso dare rilevanza ai diritti fondamentali
degli individui, prescindendo dalla loro qualità di soggetti economici,
approntando forme di tutela non previste nei Trattati.
A seguito di tale giurisprudenza, anche i Trattati istitutivi sono stati modificati
e integrati, attraverso l’introduzione del principio del rispetto dei diritti
fondamentali. La Corte ha avuto il merito di far percepire alle altre Istituzioni
comunitarie che i diritti fondamentali costituiscono il nucleo fondamentale nel
processo d’integrazione europea. Infatti nel corso degli anni anche le Istituzioni
comunitarie hanno mostrato un attenzione sempre più intensa verso le
problematiche inerenti al rispetto dei diritti fondamentali, avendo sottolineato
più volte, mediante risoluzioni e dichiarazioni, la necessità per l’Unione
europea di fondarsi non solo su principi di ispirazione economica ma anche su
valori universali inerenti la promozione dei diritti dell’uomo, della democrazia
e dello stato di diritto.
VIII
La positivizzazione di un vero e proprio catalogo di diritti fondamentali
nell’ambito dell’Unione Europea si realizza con la redazione della Carta dei
diritti fondamentali, la quale rappresenta, infatti il primo tentativo, sebbene
atipico, di ufficializzare l’apertura dell’Unione alla necessità di dotarsi di un
proprio quadro di riferimento nella tutela dei diritti dell’individuo, considerato
non soltanto come fattore economico e produttivo, ma anche come portatore di
una propria identità, non necessariamente strumentale al raggiungimento degli
obiettivi economici delle Comunità prima e poi anche politici dell’Unione
europea.
L’argomento della tesi è quindi l’approfondimento del tema della tutela dei
diritti fondamentali nel processo di integrazione europea. L’oggetto di questa
tesi a prima vista sembra contenere una contraddizione. Di solito infatti, la
tutela dei diritti fondamentali viene affrontato con riferimento alle Carta
costituzionali e alla CEDU, in ambito nazionale e internazionale. L’oggetto di
questo studio sono invece i diritti fondamentali così come si presentano e sono
tutelati in ambito comunitario.
Nel primo capitolo dell’elaborato è stata analizzato l’assetto originario delle
Comunità, il ruolo svolto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, e la
progressiva tutela nei trattati.
Nel secondo capitolo si sono analizzate le ragioni che hanno portato
all’elaborazione di un catalogo scritto dei diritti fondamentali, le varie fasi, il
IX
contenuto, l’efficacia giuridica. Inoltre si è analizzato il rapporto dell’Unione
europea con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Nel terzo capitolo si e analizzato il rapporto tra la tutela europea dei diritti
fondamentali e quella dell’ordinamento nazionale, il dialogo tra la Corte di
giustizia e la Corte costituzionale, alcuni problemi ed eventuali soluzioni.
Nel capitolo quarto l’attenzione si è rivolta alla tutela dei diritti fondamentali
nella prospettiva d’adozione di una Costituzione europea.
1
CAPITOLO PRIMO
Evoluzione storica della tutela dei diritti fondamentali:
da Roma a Nizza.
“La Comunità non fu costruita per essere un organismo
democratico”
1
, è questo il dato fondamentale di partenza di qualunque studio di
“ diritto comunitario dei diritti fondamentali
2
.
1. L’assetto originario.
1.1. I Trattati fondatori.
I Trattati istitutivi delle Comunità europee, sia quello di Parigi come
pure i successivi di Roma, non contenevano alcun riferimento ai diritti
fondamentali
3
.
E’ infatti, noto, come la Comunità nasca dall’idea originaria
consistente nel mettere in comune la gestione di taluni settori centrali
1
MANCINI F, Il contributo della Corte di Giustizia allo sviluppo della Democrazia nella Comunità,in
Riv. Dir. Eur., 1992, p. 713.
2
Sull’esistenza di una tale materia di studio prende posizione il prof. Sudre, in Sudre, Droit
communautaire des droits fondamentaux,in Droit et justice, Bruxelles, 1999.
3
ZANGHI’ C., La protezione internazionale dei diritti dell’uomo, Padova, 2002, p. 235.
2
dell’economia, e come il processo di integrazione europea, iniziato negli anni
cinquanta, avesse, in origine, una finalizzazione essenzialmente economica
4
.
Il Trattato di Parigi
5
, che istituiva la Comunità europea del carbone e
dell’acciaio (CECA), riguardava settori specifici come l’industria siderurgica e
carbonifera. L’obiettivo era creare, attraverso la messa in comune di carbone e
acciaio, risorse vitali per l’economia europea devastata, una solidarietà di fatto,
che rendesse ineluttabile la futura integrazione politica.
L’impostazione settoriale venne confermata in seguito al fallimento
nel 1954 della Comunità europea di difesa (CED) e del tentativo di unione
politica che doveva accompagnarla
6
.
Al processo d’integrazione europea viene dato un carattere
funzionalistico per realizzare qualche cosa che non doveva “spaventare” più di
tanto chi si proclamava geloso custode delle sovranità nazionali
7
. Infatti
l’approccio funzionalista caratterizza anche i Trattati di Roma della Comunità
europea dell’energia atomica (EURATOM) e della Comunità economica
europea
8
.
4
APOSTOLI A., La Carta dei diritti dell’unione europea, Brescia, 2000, p. 3.
5
Trattato CECA firmato a Parigi il 18 aprile 1951, entrato in vigore il 23 luglio 1952 è stato concluso per
la durata di cinquanta anni e quindi dal 23 luglio 2002 non è più in vigore.
6
E’ interessante notare come nel progetto di Trattato istitutivo della CED del 27 maggio 1952, fosse
espressamente previsto l’obbligo per la Comunità di rispettare “ Les libertés pubbliques et les droits
fondamentaux des individus”,(art. 3). Inoltre analogo disposto figurava nel progetto di Trattato istitutivo
della Comunità politica europea, del 26 febbraio 1953, insieme alla previsione di un rinvio pregiudiziale
della Corte della Comunità alla Corte Europea dei diritti dell’uomo (art. 43).
7
MENGOZZI P., La tuta i diritti umani nella giurisprudenza comunitaria, in ROSSI L. S., Carta dei
diritti fondamentali e Costituzione europea, Milano, 2002, p. 44.
8
Trattato EURATOM e CEE firmati a Roma il 25 maggio 1957 sono entrati in vigore il 1 gennaio 1958.
3
Nello stesso contesto storico e geografico, pochi anni prima, era nato
il Consiglio d’Europa
9
, con il specifico compito della salvaguardia e lo
sviluppo della democrazia e dei diritti dell’uomo: uno dei primi atti adottati nel
contesto di questa organizzazione è infatti la Convenzione dei diritti dell’uomo
e delle libertà fondamentali (CEDU), Firmata a Roma il 4 novembre 1950.
La natura essenzialmente economica dell’organizzazione comunitaria,
le cui competenze, così come delineate nei Trattati, erano circoscritte al settore
economico e a quelli ad esso vicini
10
, induceva conseguentemente a ritenere
remota ogni ipotesi delle normative comunitarie sulle materie costituzionali
classiche, quali ad esempio i diritti fondamentali
11
.
In sede di redazione del trattato CEE, furono tuttavia diverse le ragioni
che presumibilmente, spinsero i padri fondatori del progetto comunitario ad
evitare il problema della protezione dei diritti fondamentali: dal pericolo che
una Carta dei diritti favorisse, progressivamente, una dilatazione dei poteri
attribuiti alla nuova Comunità, alla volontà di lasciare la tutela dei diritti
9
Tra gli Stati fondatori del Consiglio d’Europa (5 maggio 1949), oltre a Germania, Francia, Italia, Belgio,
Lussemburgo e Paesi Bassi, vi erano anche Danimarca, Norvegia, Regno Unito e Svezia. I membri sono
oggi 43.
10
CARTABIA M., Principi inviolabili e integrazione europea, Milano, 1995, p. 15 s..
11
Nel senso che la Comunità non possiede come gli Stati una competenza globale e il suo ordinamento
giuridico è solo o prevalentemente un mezzo di integrazione economica, vedi DUBOIS, Les ròle de la
Court de Justice des Communautée ueropéen, p. 601. Obietta MANCINI “ Non è proprio il pericolo che
l’economia rappresenta per la libertà degli uomini la maggiore scoperta del ventesimo secolo? in La
tutela dei diritti dell’uomo: il ruolo della Corte di Giustizia delle comunità europee, . Riv.trim.dir. e proc.
civ., 1989, p. 3.
4
fondamentali alla competenza degli stati nazionali
12
, alla circostanza
che le differenze di ordine sociale tra i vari Stati membri avrebbero reso
difficoltoso un accordo sui livelli di protezione dei diritti fondamentali, specie
di quelli di natura sociale
13
.
Bisogna comunque sottolineare la significativa presenza nel Trattato
di disposizioni contenenti alcuni diritti fondamentali, come il diritto di non
essere discriminati in ragione della nazionalità (art. 8 TCE) e del sesso (art. 119
TCE, che in realtà sancisce solo la parità di retribuzione per lo stesso lavoro,
ma di cui la direttiva del Consiglio 76/207 allarga la portata, considerando
l’eguaglianza di trattamento garantita anche all’accesso al lavoro e in ogni
aspetto del relativo rapporto), il diritto di circolare liberamente (art. 48 TCE),
la libertà di stabilimento (art. 52 TCE). Un’interpretazione evolutiva di queste
previsioni, ha permesso alla Corte di Giustizia di trarre da esse numerose
consulenze positive
14
.
Le Costituzioni nazionali degli Stati membri, invece, contengono tutte
un catalogo più o meno ricco di diritti fondamentali, oppure, è il caso della
Francia, rinviano alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del
1789. Anche il Regno Unito, che in difetto di un diritto costituzionale formale
12
Infatti ad alcuni Stati un’elencazione troppo esaustiva minacciosa, perché potenzialmente capace di
espandere i poteri attribuiti alla nuova Comunità; ed è accettabile che fosse così in un clima venato da
scetticismo, gli stati non volessero rischiare di più. E’ noto infatti, la storia degli Stati Uniti ne dà prova,
che nell’enunciazione dei diritti inviolabili c’è speso una tendenza all’eterogenesi dei fini: dettati a tutela
degli individui essi finiscono per ridurre le prerogative dei membri con l’estensione delle competenze
degli organi centrali.
13
APOSTOLI A., op. cit., p. 7.
14
COHEN-JONATHAN, Aspects européens des droits fondamentaux: libertés et droit fondamentaux, 2
edition, Paris, 1999, p. 145.
5
ignora qualunque dogmatica nozione di diritti fondamentali, riconosce in
dottrina e in giurisprudenza alcune “fundamental liberties” e “civil rights”.
Era quindi impensabile che, godendo di tali garanzie nei confronti
delle misure nazionali i cittadini degli Stati membri non pretendessero prima o
poi di vedersi attribuita la medesima tutela rispetto ai provvedimenti delle
Istituzioni comunitarie.
Si tratta di un vero e proprio postulato: il trasferimento di sovranità
degli Stati membri alla Comunità non deve implicare un abbassamento del
livello di protezione dei diritti fondamentali garantito dagli ordinamenti
costituzionali nazionali
15
.
L’ampliamento delle competenze comunitarie finiva per rendere
inevitabile l’incidenza del diritto comunitario direttamente sulle posizioni degli
individui, facendo emergere da parte degli ordinamenti interni, l’esigenza di
tutelare le posizioni soggettive dei singoli da eventuali interferenze causate
dalla applicazione del diritto comunitario
16
.
E’ soprattutto per questo motivo per cui, ad ogni trasferimento di
poteri alla Comunità, acquisterà sempre più importanza il dibattito sulla
possibilità di un catalogo esaustivo di diritti fondamentali a livello
comunitario
17
.
15
Vedi CASSESE, CLAPHAM, WEILER, Human rights and the European Community: methods of
protection, EUI, Baden-Baden, 1991.
16
APOSTOLI A., op. cit., p. 8.
17
Era illusorio ritenere, da un lato, che le Costituzioni nazionali si collocassero all’esterno del raggio
d’azione delle Comunità, e dall’altro lato che l’integrazione europea non avesse incidenza sulle norme
costituzionali, in particolare su quelle riguardanti, oltre l’organizzazione dello Stato, i diritti fondamentali.
6
Se la strada dell’integrazione non ha sofferto di questa carenza il
merito è tutto della coraggiosa giurisprudenza della Corte di Giustizia delle
Comunità europee, che ha dato prova di un judicial activism, che ha ben pochi
paralleli negli stessi Stati Uniti dove l’espressione è stata coniata.
7
1.2. L’intervento iniziale della Corte di Giustizia e le reazioni delle
Corti costituzionali.
Il processo evolutivo del sistema comunitario, soprattutto per quanto
riguarda i diritti fondamentali, si comprende compiutamente analizzando il
ruolo svolto dalla Corte di Giustizia, in conformità al compito condiviso dalle
altre istituzioni comunitarie, di assicurare la realizzazione dei fini assegnati alla
Comunità (art. 4 TCE)
18
.
Gli inizi furono tutt’altro che incoraggianti
19
. Nonostante l’Avvocato
Generale Lagrange avesse suggerito di utilizzare i principi generali comuni
agli Stati membri come veicolo di protezione dei diritti fondamentali
nell’ordinamento comunitario, la Corte ha assunto in un primo momento una
posizione “agnostica” e di astensione, escludendo che potesse rientrare tra i
propri compiti quello di garantire il rispetto dei diritti posti a tutela degli
individui negli ordinamenti interni
20
, infatti la Corte afferma che il suo compito
è garantire innanzitutto, il principio della diretta applicabilità del diritto
18
APOSTOLI A., op. cit., p. 8.
19
“ péchés de jeunesse” per PUISSOCHET JEAN-PIERRE da ultimo, La Court européenne des droits de
l’homme, La Court des justice des Communautès europèennes et la protection des droits de l’homme,in
protecting human rights: the european prospective, study in memory of Rolv Rissdal, 2000, p. 1139.
20
STOZZI G., Diritto istituzionale dell’unione europea, Torino, 1998, p. 206.
8
comunitario negli ordinamenti interni degli Stati membri
21
, quindi
assicurare l’uniforme interpretazione del diritto comunitario nell’insieme degli
Stati membri, ponendo il principio della primautè del diritto comunitario sulle
norme nazionali incompatibili
22
. Sottolinea così l’irrilevanza sul piano
comunitario dei diritti fondamentali garantiti nelle Costituzioni degli Stati
membri
23
.
Illustrare le motivazioni di una così “brutale” risposta, un vero e
proprio diniego di giustizia, è relativamente semplice: in quegli anni la Corte di
giustizia era attenta a difendere rigorosamente la libertà d’azione dei neonati
organi europei, sottomettere questi ultimi al rispetto delle garanzie
costituzionali dei sei Stati membri sembrava lesivo dei principi di autonomia e
preminenza del diritto comunitario, che si sforzava di affermare.
21
Sentenza del febbraio 1963, causa 26/62, Van Gend en Loos/Administratie der Belastingen, in Racc.
1963, pp. 3 s..Mentre di solito le norme di diritto internazionale sono applicabili dal giudice nazionale
solo in seguito alla cosiddetta “trasformazione” di tali norme in diritto interno, per quanto riguarda le
norme comunitarie, il giudice nazionale è tenuto ad applicarle “in quanto tali”. Dopo aver affermato
l’originalità dell’ordinamento giuridico comunitario, la Corte sviluppa il tema della diretta applicabilità
delle norme del Trattato e del ruolo dei cittadini a tutela dei loro diritti, così conferiti, in aggiunta agli
strumenti di tutela che il trattato riconosce alla Commissione e agli Stati membri. La sentenza si segnala
anche per l’esplicitazione della tesi, poi sempre confermata, della giurisdizione della Corte di Giustizia
per affermare il carattere direttamente efficace degli atti comunitari.
22
Sentenza 15 luglio 1964, causa 6/64, Costa/Enel, in Racc. 1964, p. 1160. In seguito alla legge italiana
di nazionalizzazione dell’energia elettrica (legge n. 1643/1962), il signor Costa, azionista di una società
nazionalizzata, nel corso di un giudizio davanti al giudice chiedeva di applicare la procedura di cui all’art.
177 del trattato (procedura di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia), in quanto a suo parere la legge
di nazionalizzazione era, tra l’altro, contraria a vari articoli del Trattato. Il Governo italiano sosteneva
l’inammissibilità della domanda di pronunzia pregiudiziale, assumendo che il giudice nazionale, tenuto ad
applicare la legge interna, non aveva motivo di valersi dell’art. 177. La Corte afferma invece: “ Il diritto
nato dal Trattato non può trovare un limite in qualunque norma interna, quale che ne possa essere il
rango, senza che ne risulti scosso il fondamento giuridico della stessa Comunità.
23
Due imprese tedesche del settore carbosiderurgico (Sentenza 4 febbraio 1959, causa 1/58, Stork, Racc.
p. 43; sentenza 15 febbraio 1960, cause riunite 36-38/59, Uffici di vendita del carbone della Ruhr, Racc.
p. 827), e alcuni agricoltori italiani (Sentenza 1 aprile 1965, causa 40/65, Sgarlata, Racc., p. 279) avevano
invocato le norme rispettivamente del Grundgesetz e della Costituzione italiana che garantiscono la libera
scelta della professione e il diritto di proprietà, contro varie misure della CECA e della CEE.
9
Sta di fatto però, che le conseguenze furono opposte a quelle
desiderate. L’inesistenza di una tutela dei diritti fondamentali all’interno
dell’ordinamento comunitario, provocò una serie di preoccupazioni negli
ordinamenti dotati di una Corte costituzionale o di una Corte suprema, che
dalla normativa comunitaria potesse derivare una lesione dei diritti
fondamentali consacrati nelle Costituzioni dei rispettivi Stati
24
.
In particolare, la Corte costituzionale tedesca metteva in dubbio la
legittimazione democratica dell’ordinamento comunitario
25
, riservandosi il
diritto di esaminare la conformità del diritto comunitario ai diritti fondamentali
sanciti dalla Legge fondamentale
26
.
Le critiche e le riserve al sistema comunitario da parte della Corte
costituzionale italiana non furono da meno. Il giudice costituzionale italiano,
già in una pronuncia del 1973
27
, escludeva che “le limitazioni di sovranità a
favore della Comunità europea potesse spingersi fino ad attribuire agli organi
comunitari il potere di violare i principi fondamentali del nostro ordinamento
costituzionale o i diritti inalienabili della persona umana”
28
. Qualora dovesse
mai darsi all’art. 189 una sì aberrante interpretazione, in tale ipotesi sarebbe
sempre assicurata la garanzia del sindacato giurisdizionale della Corte
24
APOSTOLI A., op. cit., p. 10.
25
STROZZI G., op. cit., p. 207.
26
Nella sentenza Internazionale Handelsgesellschaft (detta Solange1), del 29 marzo 1974 la Corte
afferma che i diritti fondamentali della Costituzione devono prevalere sul diritto comunitario fino a che
certe condizioni non saranno assicurate e in particolare fino a che il Parlamento non doterà la Comunità di
un catalogo di diritti fondamentali.
27
Corte costituzionale, sentenza del 27 dicembre 1973 n. 183, in Giur. Cost., 1973, pp. 2401 s..
28
APOSTOLI A, op. cit., p. 6.
10
costituzionale sulla perdurante compatibilità del trattato con i predetti principi
fondamentali
29
.
Entrambe le Corti, però, arretreranno su posizioni più
accondiscendenti, giungendo a dichiararsi soddisfatte della via puramente
pretoria
30
di protezione dei diritti fondamentali intrapresa dal sistema
comunitario
31
.
L’attenzione delle istanze nazionali resta, però, vivace e la riserva è
sempre presente
32
. Essa, però, non deve essere vista come qualcosa di negativo.
La competenza dei tribunali costituzionali nazionali è una garanzia
indispensabile per una protezione effettiva dei diritti fondamentali a livello
europeo che si iscrive nella costruzione di una “Comunità di diritto”
33
.
29
La dottrina ha parlato, a tale proposito, di un primato sous riserve dal momento che la corte
costituzionale sottrae alcuni valori costituzionali alla disponibilità degli organi comunitari, CARTABIA
M., Principi inviolabili ed integrazione europea, op. cit. p. 6.
La Corte costituzionale, in diverse pronunce, riafferma tale principio, già nel 1965 con la sentenza n. 28,
Acciaierie San Michele, e poi nel 1973 con la sentenza Frontini n. 183 e con la sentenza Granital n. 170
del 1984 la Corte costituzionale si era riservata la possibilità di riesaminare la costituzionalità delle norme
del Trattato in caso di violazione dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione Italiana.
30
Non può negarsi che il metodo “pretorio” seguito dalla Corte con non poco merito, ha consentito ad
interim di arginare la mancanza nei Trattati istitutivi di garanzie normative a tutela dei diritti
fondamentali; vedi CAPPELLETTI F. A., Diritti umani e sovranità, (Per una definizione del politico),
Torino, 2000, p. 191.
31
Sentenza Wunsche Handelsgesellschaft (detta Solange 11), del 22 ottobre 1986, la Corte afferma che la
tutela dei diritti fondamentali costituisce parte integrante dei principi giuridici generali di cui la Corte di
Giustizia garantisce l’osservanza. La salvaguardia di questi diritti, pur essendo informata alle tradizioni
costituzionali comuni agli stati membri, va garantita entro l’ambito della struttura e delle finalità della
Comunità, (questa affermazione rimarrà un punto fermo in tutta la giurisprudenza successiva della corte
che così ha voluto rispondere alle inquietudini manifestate dalle Corti costituzionali italiana e tedesca),
vedi BALLARINO T., Manuale di diritto dell’Unione Europea, sesta edizione, Padova, 2001, p. 229.
32
Vedi recente sentenza del 7 giugno 2000 (detta delle banane) il tribunale di Karlsruhe ha affermato che
non eserciterà più la sua giurisdizione sulle misure di applicazione del diritto comunitario, a meno che
non si verifichi un abbassamento del livello di protezione comunitaria dei diritti fondamentali, che
comunque realisticamente non considera identico, ma accettabilmente equivalente a quello della
Costituzione nazionale.
33
La paternità dell’espressione può essere attribuita a Walter Hallstein, presidente della Commissione che
utilizzò per la prima volta in una conferenza nel 1959. La formula è stata ripresa dalla Corte di giustizia
nella sentenza 23 aprile 1986, causa 294/83, Les Verts c. Parlamento europeo, Racc., p. 1339, punto 23.
11
2. Gli sviluppi operati dalla Corte di Giustizia.
2.1 I diritti fondamentali come principi generali del diritto
comunitario: le tradizioni comuni agli Stati membri.
Di fronte ad una prassi che evidenziava l’inevitabile interferenza della
normativa comunitaria sui diritti dell’uomo
34
, la Corte di Giustizia si rendeva
conto
35
dell’impossibilità di continuare ad astenersi dall’affrontare il problema
dei diritti fondamentali e dalla necessità di elaborare nuovi criteri di soluzione:
occorreva garantire che l’esclusività delle competenze attribuite ratione
materiae alle istituzioni comunitarie non legittimasse un loro esercizio tale da
porre in pericolo un diritto fondamentale dell’uomo
36
.
Con la sentenza del 12 dicembre 1969
37
(Stauder), originata da un
rinvio pregiudiziale nel quale si chiedeva di verificare la validità di un
provvedimento della Commissione in rapporto ai principi generali di diritto
34
Secondo alcuni autori la vera ragione del cambiamento di giurisprudenza della Corte sta proprio
nell’evitare il conflitto con gli stati membri, piuttosto che una presunta “vocazione a proteggere i diritti
fondamentali”. DUBOIS R., op. cit., p. 620.
35
Sollecitata anche dalla giurisprudenza delle Corti Costituzionali italiana e tedesca.
36
APOSTOLI A.; op. cit., pp. 14 e 15.
Il mutamento della struttura costituzionale della Comunità, intervenuto tra gli anni ’60 e gli anni ’70, è
considerato uno dei motivi che possono spiegare il cambiamento di atteggiamento della Corte di Giustizia
verso il problema dei diritti e dei principi fondamentali delle Costituzioni degli Stati membri. Si segnala
tra i vari fattori che hanno giocato un ruolo decisivo nel cambiamento di giurisprudenza della Corte di
Giustizia : il deficit democratico della Comunità, dichiaratamente inaccettabile per alcuni stati.
37
Sentenza 12 dicembre 1969, causa 29/69, Stauder, Racc. 1969, p. 420.