INTRODUZIONE
9
perfezionamento del rapporto di missione relativo al suo titolare;
� i documenti attraverso i quali si estrinseca l’attività ufficiale della
Missione sono intestati ad essa e non al titolare della stessa;
� l’esistenza della Missione come ufficio permanente è indipendente dai
cambiamenti che possono avvenire nella composizione del personale
della stessa;
� la Missione ha dei privilegi propri che sono distinti da quelli che si
riferiscono ai suoi membri;
� le cause estintive della missione dell’agente sono diverse da quelle che
estinguono la Missione in quanto tale2.
In termini generali, dunque, la missione diplomatica è l’organo di un
soggetto di diritto internazionale, istituito permanentemente presso un altro
soggetto di diritto internazionale con la funzione di assicurare le relazioni
diplomatiche tra i due3.
Occorre dire che la maggior parte della dottrina, anche recente, ha
impostato lo studio delle norme giuridiche che si riferiscono agli organi di
relazioni internazionali istituiti in maniera permanente da uno Stato nel
territorio di un altro Stato, avendo soltanto riguardo alle persone degli
agenti diplomatici. Tuttavia, considerando attentamente il complesso delle
norme regolatrici di questi istituti e la prassi formatasi nell’applicazione di
esse, altri autorevoli autori hanno constatato che le regole concernenti gli
organi individuali rientrano in un più vasto e sistematico complesso di
norme di diritto diplomatico le quali reggono l’organo diplomatico inteso
come organo istituzionale, vale a dire la missione diplomatica come definita
al precedente capoverso4.
Una grande importanza, per questa impostazione dello studio
dell’istituto, va attribuita alla Convenzione di Vienna sulle relazioni
2
MARESCA op. cit. p. 8 s.; CAHIER Le droit diplomatique contemporain, Genève – Paris, 1962, p.
55.
3
CAHIER op. cit. p.56.
4
Questi autori sono il Maresca ed il Cahier nelle opere prima citate.
INTRODUZIONE
10
diplomatiche, che dedica un notevole numero di disposizioni alla missione
diplomatica come organo istituzionale, distinta dalle persone degli agenti
dai quali è composta5. Basata sul Progetto di Articoli elaborato dalla
Commissione per il diritto internazionale delle Nazioni Unite e stipulata al
termine della omonima Conferenza nel 1961, la Convenzione, nel corso
degli anni, è stata ratificata dalla quasi totalità dei membri della Comunità
internazionale, divenendo così una fondamentale fonte di regolamentazione
del diritto diplomatico.
Lo scopo di questa tesi è proprio l’esame dell’istituto giuridico della
missione diplomatica permanente vista nella sua individualità. Partendo da
un inquadramento storico - giuridico dell’istituto (capitolo I), tratto poi il
tema della creazione di una missione diplomatica, con i suoi presupposti, la
procedura della sua istituzione e gli effetti che ne derivano sul modo di
essere dei rapporti tra Stato inviante e Stato ricevente (cap. II). La missione
diplomatica può concretamente assumere diverse denominazioni, in
funzione del suo rango e dell’ente internazionale che la istituisce e non
avendo sempre le stesse dimensioni, anche la sua struttura interna può
variare (cap. III). Per poter funzionare, la missione necessita ovviamente di
persone fisiche, che costituiscono il suo personale; questo può essere
distinto in tre categorie: il personale diplomatico propriamente detto, il
personale amministrativo e tecnico ed il personale di servizio( cap. IV). Il
personale diplomatico pone in essere l’attività missionale, la quale è di
natura internazionale e si sintetizza in alcune funzioni tipiche: rappresentare
lo Stato inviante; negoziare con esso; osservare per riferire al proprio
governo; proteggere i propri cittadini; promuovere lo sviluppo delle
relazioni di ogni natura esistenti tra i due Paesi. L’azione della missione si
svolge attraverso degli strumenti tipici e si rivolge verso due direzioni. In
una prima fase, essa riceve dal proprio governo delle istruzioni per un dato
compito; successivamente le istruzioni vengono attuate, compiendo i passi
5
Il testo della Convenzione è riportato in allegato.
INTRODUZIONE
11
necessari nei confronti dello Stato ospite; infine, rivolgendosi di nuovo al
governo di appartenenza, la missione redige i rapporti che faranno
conoscere al primo i risultati dei passi compiuti in ottemperanza alle
istruzioni ricevute (cap. V).
Una missione diplomatica istituita presso uno Stato estero coesiste con le
missioni che gli altri soggetti di diritto internazionale hanno creato nello
stesso Stato; di conseguenza le diverse rappresentanze intrecciano tra loro
dei rapporti di varia intensità (cap. VI). Un aspetto molto importante della
disciplina della missione diplomatica è costituito dalle norme in materia di
immunità diplomatiche. In questo campo si può notare molto chiaramente
come la dottrina si sia quasi esclusivamente focalizzata sulle immunità
degli organi diplomatici individuali, facendo derivare da queste le immunità
che si riferiscono alla missione considerata in quanto tale. Una diversa
impostazione permette di apprezzare che la missione diplomatica beneficia
di alcune immunità indipendentemente da quelle di cui godono i singoli
agenti che la compongono (cap. VII). La missione diplomatica può vedere
notevolmente ridotta la sua capacità funzionale in alcune situazioni anomale
e può estinguersi per cause che le sono proprie e che comportano anche
l’estinzione delle missioni individuali degli agenti diplomatici (cap. VIII).
L’espressione “missione diplomatica” è un termine generale, che può
riferirsi agli organi diplomatici istituzionali creati da un qualunque ente di
diritto internazionale, presso un suo omologo, per mantenere delle relazioni
diplomatiche. Per semplicità, ho fatto riferimento quasi sempre alla
missione diplomatica tradizionale, vale a dire quella istituita
permanentemente da uno Stato presso un altro Stato, benché la
regolamentazione e la prassi descritte nei diversi capitoli della tesi siano
valide, in linea generale, anche per indicare le strutture diplomatiche degli
altri soggetti che compongono la Comunità internazionale.
CAPITOLO PRIMO
12
CAPITOLO PRIMO
INQUADRAMENTO STORICO – GIURIDICO
DELL’ISTITUTO DELLA MISSIONE DIPLOMATICA
Fin dalla più remota antichità, le diverse entità politiche hanno
intrattenuto rapporti tra di loro inviando persone incaricate di trattare affari,
lato sensu, internazionali; sino alla fine del Medioevo questo rimase però
un fenomeno intermittente ed occasionale1. Un tratto distintivo importante
tra la diplomazia dei nostri giorni e quella dell’antichità e del medioevo è
proprio il carattere permanente della prima 2.
I. LA REALTÀ ISTITUZIONALE DEL TARDO MEDIOEVO E
L’ORIGINE DELLA MODERNA SOCIETÀ
INTERNAZIONALE.
I.1. La tesi che richiama il periodo tra il XV ed il XVII
secolo.
Alla fine del periodo medioevale la costituzione politica europea subì
una modificazione strutturale generale3. Parte della dottrina sostiene che la
moderna società internazionale nacque in seguito alle profonde
trasformazioni che intervennero in Europa e nel bacino del Mediterraneo tra
la seconda metà del XV secolo e la prima del XVII4.
Queste trasformazioni si manifestarono nella costituzione, o nel
1
SERENI Diritto internazionale, vol. II., Milano, 1958,p. 493.
2
WECKMANN Les origines des missions diplomatiques permanentes, in Revue Général de Droit
International Public, 1952, pp. 161-188.
3
BELLINI Note storico – giuridiche sulla evoluzione della diplomazia permanente, Milano, 1968.
4
GIULIANO SCOVAZZI TREVES Diritto internazionale, Parte generale, Milano, 1991; ivi citata a p.
4, nota 11, la dottrina che segue questo indirizzo.
CAPITOLO PRIMO
13
consolidamento, di una pluralità di monarchie nazionali e di principati o
entità politiche indipendenti, e rappresentarono il punto di approdo del
processo di disgregazione dell’ordinamento feudale. Tali Stati si
affermarono come autorità sovrane all’interno dei territori entro i quali
esercitavano il proprio potere, creando così una concentrazione del potere
politico su unità territoriali anche vaste e ritenendo la propria sovranità non
più derivante da concessioni ed investiture di autorità superiori, bensì
originaria. Tutto ciò avvenne a spese del Sacro Romano Impero e del
Papato, i due enti che nel corso del Medioevo avevano avanzato concorrenti
pretese di sovraordinazione su ogni altra autorità politica.
Si trova, nella letteratura politica europea dell’epoca (in quella francese
già a partire dai primi anni del XIV secolo), una celebre formula, che
esprime la parificazione dell’autorità delle monarchie nazionali a quella
dell’Impero: “rex in regno suo est imperator, superiorem non
recognoscens”. Anche in Italia questa teoria trovò delle applicazioni.
Bartolo da Sassoferrato, il più grande rappresentante della Scuola del
Commento del diritto romano, la applicò ai Comuni italiani del XIV secolo,
coniando l’espressione: civitas superiorem non recognoscens est sibi
princeps5.
Le pretese sovranazionali di papi ed imperatori si erano già in
precedenza scontrate con vivaci contestazioni, ma soltanto nel periodo
suddetto si verificarono le condizioni che portarono al superamento della
funzione sovranazionale del Papato e dell’Impero.
Due furono i principali fattori che vi concorsero. Innanzi tutto il dilagare
della Riforma, che ruppe l’unità religiosa dei territori rientranti nell’Impero
e soggetti all’autorità religiosa di Roma. In secondo luogo, il fatto che, alla
fine del XV secolo il Sacro Romano Impero perse, anche formalmente, ogni
5
WECKMANN op. cit. p. 172; GENTA Appunti di diritto comune, Torino, 1995, p. 83.
CAPITOLO PRIMO
14
residuo carattere di universalità, diventando il Sacro Romano Impero della
nazione germanica6.
L’idea organica di Stato apparve per la prima volta in Italia. Il processo
storico della vita nazionale italiana aveva già preparato questa creazione fin
dal XIII secolo ed il termine stesso di Stato è riconoscibile in documenti
italiani del XIV secolo7.
I.2. Le tesi che richiamano l’alto medioevo.
Secondo altri studiosi, le origini della società internazionale vanno
riportate ad epoca alquanto più remota: risalirebbero approssimativamente
ad un periodo compreso tra il IX e l’XI secolo. Una comunità delle genti
cristiane si costituì nell’Europa occidentale con una struttura gerarchica: la
rete di rapporti feudali tra i re, i principi ed i signori che governavano quelle
genti, aveva al suo vertice la suprema autorità dei pontefici. Dalla seconda
metà del secolo XV questa struttura si trasformò lentamente, fino ad
assumere i caratteri della moderna società internazionale, ma ciò senza
soluzione di continuità rispetto alla Respublica Cristiana, di cui costituisce
la continuazione e lo sviluppo8.
Un autore sostiene che questa teoria non è accettabile, perché tra la
comunità delle genti cristiane e la moderna società internazionale c’è una
diversità “qualitativa”: la Respublica Cristiana fu la organizzazione politica
di una comunità di uomini o di popoli. Il potere che re, principi e signori
feudali esercitavano, era inteso come una investitura ed una delega da parte
di una autorità superiore, sino a giungere al vertice delle due supreme:
6
GIULIANO SCOVAZZI TREVES op. cit., p. 6 s.
7
WECKMANN op. cit., p. 175.
8
GIULIANO cita tra gli altri: SANTI ROMANO. Corso di diritto internazionale, 4a ed., Padova, 1939;
BALLADORE PALLIERI Diritto internazionale pubblico, 8a ed., Milano, 1962; MONACO Manuale di
diritto internazionale pubblico, 2a ed., Torino, 1971
CAPITOLO PRIMO
15
Impero e Papato. La società internazionale assunse invece i caratteri di una
comunità fra Stati sovrani ed indipendenti, caratteri che conserva tuttora9.
II. LA NASCITA DELLA DIPLOMAZIA PERMANENTE.
II.1. La diplomazia del tardo medioevo.
Dalle trasformazioni politiche descritte derivarono conseguenze di
grande momento sulla diplomazia.
Ciò che maggiormente ebbe influenza, ai fini dell’acquisizione di
stabilità da parte delle legazioni, fu il fatto che l’informazione su quanto
avveniva alle corti straniere non poté più essere lasciata a mezzi casuali e
contingenti come le missioni straordinarie, in quanto il consolidamento dei
nuovi Stati, che si proclamavano sovrani, comportava la necessità di un
reciproco controllo a fini difensivi10.
In un primo momento, si tentò di far fronte alle nuove esigenze
utilizzando i mezzi di cui già si disponeva: gli agenti bancari dei Medici, i
procuratores presso la corte pontificia, i consoli veneziani, divennero
istituzionalmente informatori dei loro governi; le missioni temporanee
allungarono i loro soggiorni divenendo, di fatto, permanenti11.
Questo è un punto molto importante: quelle che vengono individuate
come le prime missioni permanenti, sono tali di fatto, cioè per la loro
lunghezza e continuità, poiché, nei documenti dell’epoca, non si danno a
queste legazioni titoli diversi da quelli che si usavano in precedenza12.
9
GIULIANO SCOVAZZI TREVES op. cit., p. 9 ss.
10
BELLINI, op. cit., MARESCA, Profili storici delle istituzioni diplomatiche, Milano, 1994 e La
missione diplomatica, 2a ed., Milano, 1967, e WECKMANN si soffermano sull’importanza del
compito informativo degli agenti diplomatici.
11
BELLINI op. cit.
12
Anche in WECKMANN si rileva questo aspetto.
CAPITOLO PRIMO
16
II.2. Le prime missioni permanenti.
La maggiore dottrina ritiene che l’Italia sia la patria dell’arte diplomatica
moderna e la ragione di ciò sta nel fatto che, tra il XIV ed il XV secolo, i
poteri politici della Penisola, sempre più ostili all’autorità dell’Impero,
iniziarono a praticare la cosiddetta politica dell’equilibrio, mantenuto grazie
all’abilità diplomatica dei principi di allora13.
Gli autori sono concordi nell’attribuire alla penisola italiana i primi casi
di missioni diplomatiche permanenti, anche se v’è differenza di vedute sul
primo principato che ne istituì e di conseguenza sull’anno.
Secondo un’autorevole dottrina, la Repubblica di Venezia ebbe legazioni
permanenti fin dal XIII secolo e fu lo Stato che servì d’esempio agli altri
principati italiani14.
Altri, pur d’accordo per quanto riguarda la paternità dell’istituzione,
ritengono che l’epoca sia successiva: il XIV secolo. Venezia sentì il
bisogno di dare stabilità alle sue relazioni internazionali per motivi
commerciali e per prima inviò, presso altri Stati, agenti diplomatici
permanenti, gli oratores veneziani o ambasciatori continui, le cui funzioni
erano regolate da precise regole e della cui opera restano le famose
relazioni15.
Vi è, infine, chi attribuisce al Ducato di Milano l’istituzione della prima
legazione stabile16. Il primo agente diplomatico permanente fu Nicodemo
da Pontremoli, rappresentante di Francesco Sforza a Firenze presso Cosimo
de Medici, non a caso l’alleato più stretto del ducato milanese. Egli
rappresentava già Milano sotto l’ultimo dei Visconti e continuò la sua
missione dopo il 1450, anno in cui Sforza venne proclamato duca. Questi
13
S. KOSMINSKI, in V. POTIOMKIN, Storia della diplomazia (trad.), vol. I, 1956; Weckmann, op.
cit. p. 166.
14
SERENI op. cit., p. 493.
15
MARESCA op. cit.; MONACO Manuale di diritto internazionale pubblico e privato, Torino, 1949.
16
WECKMANN op. cit., pp. 165-168.
CAPITOLO PRIMO
17
fu, oltre che un grande condottiero, un grande statista ed un maestro di
tecnica diplomatica e riuscì, com’era nel suo intento, a trasformare il ducato
in un principato territoriale, da feudale che era. Nicodemo rappresentò
Milano a Firenze in maniera continuativa dal 1446 al 1468, ed ebbe
successori immediati, in particolare, dopo Filippo Scamorro, vescovo di
Parma, l’ambasciata non mancò mai di occupanti.
II.3. Antecedenti storici delle missioni permanenti.
In epoche più remote di quanto visto finora, si trovano due esempi di
missioni all’estero che ebbero carattere di stabilità, ma che non si possono
definire diplomatiche in senso stretto: l’Apocrisiato presso la Corte degli
imperatori bizantini e l’istituto dei Procuratores in Romanam Curiam.
A partire dal V secolo fino alla “controversia iconoclasta”, la Santa Sede
mantenne presso l’Imperatore di Costantinopoli un agente pontificio,
l’apocrisiario17.
Questa figura risale all’Impero romano e deriva dalla lingua greca, in cui
significa “colui che risponde”. Erano messaggeri della Cancelleria
imperiale o funzionari della giustizia militare; successivamente i primi
vescovi cristiani chiamarono apocrisiari i clerici che inviavano in missione
presso altri vescovi. Costantino e Giustiniano ordinarono ai Patriarchi di
mantenere alla Corte imperiale degli apocrisiari permanenti in loro assenza.
Questi scomparvero gradualmente, mentre quelli pontifici si succedettero
con regolarità a partire da Giustiniano fino alla controversia delle Immagini,
alla metà del VII secolo.
Le funzioni dell’apocrisiario erano prevalentemente ecclesiastiche:
dunque non possono essere assimilati agli agenti diplomatici, ma rimane
interessante il loro carattere di stabilità.
17
WECKMANN op. cit., p. 162 ss.
CAPITOLO PRIMO
18
La seconda istituzione avvicinabile alla diplomazia permanente è quella
dei Procuratores in Romanam Curiam: i “prédécesseurs immédiats et
directs des ambassadeurs permanents”18. Essi erano rappresentanti giuridici
dei sovrani e degli Ordini religiosi, dei quali difendevano gli interessi
presso la corte pontificia, ed agivano secondo i princìpi del mandato.
Secondo un autore, godevano di privilegi diplomatici19. Il primo sovrano
che ne istituì uno permanente fu Carlo d’Angiò, re di Sicilia, dopo il 1276.
Con le nuove esigenze che si presentarono alla fine del Medioevo, questi
procuratori assunsero talvolta anche funzioni diplomatiche20. La dottrina
cita il cardinale, vescovo di Nantes, Robert Guibet, allo stesso tempo
ambasciatore e procuratore del re di Francia. D’altra parte, al tempo in cui
si segnalarono le prime ambasciate permanenti, si incontravano molti
procuratores presso le corti europee, si trattava, infatti, di un istituto assai
diffuso nel mondo medioevale.
Non è il caso, comunque, di avvicinare troppo i procuratores ai moderni
ambasciatori, dal momento che i primi, a differenza dei secondi, erano dei
mandatari e si occupavano prevalentemente di affari ecclesiastici.
III. LO SVILUPPO DELLA DIPLOMAZIA PERMANENTE NEGLI
STATI ITALIANI.
L’istituzione di missioni permanenti in Italia era ampiamente diffusa
dopo il 1452, l’anno della pace di Lodi, che concluse un lungo periodo di
guerre tra i principati e l’anno in cui si fa iniziare la famosa politica
dell’equilibrio il cui ago della bilancia fu Lorenzo de’ Medici detto il
Magnifico21.
18
WECKMANN op. cit., p. 177ss.
19
MAULDE LA CLAVIÈRE , M. de, La diplomatie au temps de Machiavelli, I, Paris, 1892, citato in
WECKMANN.
20
BELLINI op. cit.
21
MARESCA op. cit.
CAPITOLO PRIMO
19
Nell’arte diplomatica Venezia fu il principale esempio per le altre corti
europee, dal momento che le sue ambascerie erano fin dall’epoca dei
Comuni le più famose, ma fino al XV secolo non duravano più di due o tre
anni.
E’ opinione comune che la stabilità delle missioni possa essere dedotta,
per quell’epoca, solo dal numero di anni durante i quali gli agenti
rimanevano al loro posto e dal fatto che il posto avesse occupanti che si
succedevano in maniera continuativa; infatti, è solo nel 1460 che si trova la
prima legazione la cui permanenza è stabilita esplicitamente ed
ufficialmente nelle lettere patenti. Il duca Luigi di Savoia nominò il suo
primo inviato residente presso la Curia pontificia, Eugenio Margaria,
Arcidiacono di Vercelli22.
A prescindere dalla ufficialità, risulta ampiamente che la maggioranza
degli Stati italiani si sia rapidamente dotata di missioni diplomatiche
permanenti. Queste legazioni avevano, un tratto comune: il loro
stabilimento avvenne via facti, con l’eccezione importante di quella
dell’Arcidiacono di Vercelli.
IV. LA DIFFUSIONE IN EUROPA.
Le prime ambasciate permanenti al di là delle Alpi sono, naturalmente,
missioni istituite dai principati italiani.
Un autore ritiene che Francesco Sforza fu il primo anche nell’inviare una
missione permanente al di fuori della Penisola. Egli, nel 1460, creò presso il
futuro re di Francia Luigi XI, una legazione che in breve divenne stabile. Fu
presto seguita da un'ambasciata fiorentina23.
La Corte francese fu, in quel periodo, il principale punto d’attrazione
della diplomazia italiana: Venezia stabilì a Parigi la sua prima missione
22
WECKMANN op. cit., p. 170.
23
WECKMANN op. cit., p. 183.
CAPITOLO PRIMO
20
permanente fuori d’Italia nel 1479; pochi anni dopo fece lo stesso presso la
Corte imperiale e presso i re d’Inghilterra.
Delle potenze italiane, solo il Papato non aveva ancora missioni
permanenti alla fine del XV secolo, anche se i legati medioevali erano tutti
muniti di poteri temporali. Fu con il papato di Leone X, che l’attività
diplomatica della Santa Sede ebbe un grande sviluppo. Era della famiglia
dei Medici e studiò nella sua patria il funzionamento delle rappresentanze
permanenti. Divenuto papa, creò la nunziatura e nominò i primi nunzi in
Germania, Francia ed Inghilterra nel 151324.
L’ambasciata permanente iniziò ad espandersi nel resto d’Europa con
Ferdinando il Cattolico: la prima fu quella dell’orator residens a Parigi
Alfonso da Silva. Fu seguita dalla missione istituita in Inghilterra.
I teorici del tempo nutrivano dubbi sulla possibilità, per l’Imperatore, di
inviare ambasciate permanenti, per via del suo carattere ecumenico e per
evitare il riconoscimento di una parità tra Impero e Stati nazionali. Gli
Asburgo, per ovviare a ciò, le accreditarono nella loro qualità di re di
Ungheria e di Boemia25. Il tentativo di Massimiliano d’Austria di creare una
rete efficiente di posti diplomatici non ebbe gran successo, ma dal 1493 vi
fu la prima missione in Inghilterra, seguita da altre alle principali corti
europee.
Ben presto il nuovo strumento si diffuse in Europa e dopo la pace di
Westfalia, che nel 1648 concluse la “guerra dei trent’anni”, fu adottato
definitivamente dalla diplomazia europea.
Malgrado l’accettazione generale della nuova istituzione, vi furono
sovrani che consentirono l’ingresso di rappresentanti permanenti stranieri
con molte esitazioni, in quanto v’era l’idea che accettarli fosse un segno di
debolezza26.
24
WECKMANN op. cit., p. 184; POTIOMKIN Storia della diplomazia (trad.), vol. I, 1956., p. 247 s.
25
WECKMANN op. cit. p. 185; BELLINI op. cit. p. 21 in nota 43.
26
WECKMANN op. cit., p. 186.
CAPITOLO PRIMO
21
La creazione delle missioni diplomatiche permanenti manifestò
efficacemente la nuova realtà politica europea, in cui i superiori poteri
dell’Impero e del Papato declinavano, si affermava il principio di parità
formale tra gli Stati e più frequentemente si intrecciavano rapporti politici e
commerciali interstatuali27.
V. ASPETTI GIURIDICI DELLA NUOVA DIPLOMAZIA.
Nei primi due secoli, XVI e XVII, la nuova istituzione non si cristallizzò
in forme giuridiche definitive.
L’agente diplomatico straniero era oggetto di comune diffidenza; veniva
considerato come preposto al compito della spia, anziché a quello della
cooperazione internazionale, perciò, al fine di superare la ripugnanza dei
sovrani ad accogliere i diplomatici, spesso si ricorse alla fictio di
configurare la missione permanente come persistente atto di omaggio dello
Stato inviante allo Stato ricevente.
Si sollevavano frequentemente questioni di precedenza, dal momento che
non esistevano precise regole in materia, dando luogo ad incidenti talvolta
drammatici.
La missione non aveva ancora una stabile struttura organica: i
collaboratori del Capo Missione erano suoi impiegati personali, che alla sua
partenza rimanevano frequentemente senza lavoro e dovevano cercare di
essere assunti da agenti diplomatici di altri Stati.
Sussistevano incertezze sulla gerarchia diplomatica, che comunque si
andava delineando:
� gli “Ambasciatori” erano gli organi di rango più elevato e rappresentanti
della persona stessa del sovrano;
27
MARESCA op. cit.
CAPITOLO PRIMO
22
� i “Residenti” erano di rango meno elevato e non dotati di carattere
rappresentativo, di conseguenza esplicavano un’azione meno vistosa,
ma più penetrante e continua;
� gli “Agenti”, intesi in senso stretto, avevano compiti diplomatici, ma
erano titolari di una situazione giuridica più modesta
28
.
Anche sulla figura giuridica dell’agente diplomatico vi furono
conseguenze importanti. Le funzioni diplomatiche prima del XV e XVI
secolo non furono riservate ad una classe professionale; spesso la persona
incaricata era un uomo di Chiesa, o comunque non preparata
specificamente. I nuovi compiti che la missione permanente comportava e
la lunghezza del periodo di allontanamento dal proprio Paese influenzarono
grandemente la formazione di una nuova classe professionale. I diplomatici
divennero dei pubblici funzionari destinati a rappresentare i loro Stati
all’estero. Da ciò, derivò anche l’affrancarsi del ruolo dalla preponderanza
degli ecclesiastici ed il sostituirsi ad essi dei giuristi, che in Italia già dal
XIV secolo partecipavano alle negoziazioni diplomatiche.
Vi è un’altra importante differenza tra gli ambasciatori straordinari del
Medioevo e quelli permanenti dell’evo moderno. Quelli avevano sempre
compiti enumerati e ben precisi; questi ne avevano di più ampi e godevano
di maggiore discrezionalità
29
.
La necessità di assicurare il buon funzionamento dell’organo diplomatico
permanente stimolò il progressivo formarsi di un complesso di istituti
giuridici: le procedure di nomina; i trattamenti spettanti alle persone ed alle
cose della Rappresentanza; il cerimoniale concernente l’inizio, lo
svolgimento e la fine della missione; la funzione della cortesia
internazionale.
30
I
28
MARESCA op. cit.
29
WECKMANN op. cit., p. 186 s.
30
MARESCA op. cit., p. 18.