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di concetti utilizzabili nell'applicare le leggi.
Appare ormai evidente come l'EAL costituisca il punto di incontro
tra l'area degli studi giuridici e quella degli studi economici. La sua
area di origine è però la seconda. L' EAL è il risultato dell'economia
applicata al diritto e non viceversa, e il più grande portato delle
discipline economiche all' EAL sta nel concepire il diritto non come
un insieme di precetti bensì come un insieme di incentivi rivolti ai
consociati, e che introducono una serie di prezzi impliciti per i
comportamenti degli individui, i quali valuteranno se intraprendere
o meno una determinata condotta in base al costo che questa
comporta. Solo dopo che gli individui avranno valutato il prezzo
della disubbidienza con i possibili usi alternativi, decideranno se
adeguarsi o violare il precetto. L' EAL in ultima analisi sostituirebbe
perciò il criterio di efficienza al criterio di giustizia nella preferenza
da accordare ad una norma giuridica o ad una dottrina piuttosto
che a un'altra o nella scelta della decisione giudiziaria da
assumere, così come la preferenza andrebbe accordata ad un
incentivo piuttosto che a un altro in base alla sua capacità di
essere tale, e quindi di essere efficiente. Questo per lo meno nella
prospettiva di R. A. Posner, sicuramente tra gli esponenti più
rappresentativi dell' EAL, il quale però ha anche contribuito a far
percepire l'EAL stessa come uno strumento di supporto a scelte
politiche di matrice neoliberista, ricevendo su questo punto anche
severe critiche da parte di G. Calabresi
7
, esponente della scuola
c.d. normativistica dell' EAL.
7
G. Calabresi, The new economic Analysis of Law: Scolarship, Sophistry, or Self-
Indulgence?” in Proceedings of The British Academy, LXVIII, Oxford, 1983, 85, 89,
ss.
3
L' EAL infatti non costituisce in alcun modo un movimento di
pensiero unitario ma appare anzi divisa almeno in due grandi
sottogruppi, uno, come abbiamo visto, è la scuola normativistica di
New Haven, che si rifà all'insegnamento di Calabresi, l'altro è la c.d.
scuola di Chicago, che si riconosce in quello di Posner. A
distinguerle non sono tanto le differenze metodologiche, e infatti
ogni volta in cui l' EAL ha visto piovere su di sé accuse forti, l'intero
movimento si è difeso in modo compatto, trasmettendo così
all'esterno l'apparenza, che come sempre inganna, di un blocco
unitario. Ad allontanare i punti di vista sono infatti le implicazioni e le
conseguenze della riduzione del diritto a fenomeno naturale
economicamente quantificabile, e cioè a fattore che determina le
caratteristiche sociali ed economiche di un territorio né più né
meno del clima o della posizione geografica.
Del resto, come fa notare Pardolesi, l' EAL di per sé “esprime una
valenza metodologica, suscettibile di essere piegata agli impieghi
più lontani e disparati”
8
.
Secondo i seguaci di Calabresi, una volta individuata la soluzione
che massimizza gli utili al netto dei costi, bisognerà rimettere i risultati
in mano a chi sarà chiamato ad assumere la decisione finale,
affinché li valuti e li contemperi a fianco di tutti gli altri elementi che
inevitabilmente influiranno su una decisione di carattere politico.
Efficienza e Giustizia quindi non coincidono,ma la prima è un
elemento che integra necessariamente la seconda. La maggiore
morbidezza dell'approccio Calabresiano non deve però ingannare
e infatti è l'approccio normativistico, e non quello Posneriano ad
aver formulato le proposte di revisione più radicali, in specie delle
regole applicative. La corrente di Chicago, come abbiamo già
visto, si è invece fatta latrice di una concezione minimalista del
8
R. Pardolesi, Analisi Economica del Diritto, voce del Digesto civ., I, p. 312.
4
concetto di Giustizia. Al contrario dei “Calabresiani”, una volta
individuata la soluzione massimizzante, a terminare non è solo il
lavoro del giuseconomista, ma anche quello del Giudice e del
Legislatore e non rimane più nulla da aggiungere al di fuori di essa.
Come diretta conseguenza di questa presa di posizione, R. A.
Posner non ha mancato di portare il suo contributo anche al “mito”
della Common Law, osservando che esso, in quanto corpus creato
dal succedersi di decisioni giudiziali, e quindi sottratte alle
interferenze dei vari gruppi sociali presenti in ambito politico,
tenderebbe per sua stessa natura a promuovere l'efficienza, al
contrario dei sistemi fondati sul diritto di fonte legislativa
maggiormente esposti a questo genere di pressioni, osservazione
quest'ultima che per certi aspetti può anche essere condivisa.
L'accusa di pregiudizio ideologico però ha coinvolto anche l'EAL
nel suo complesso, e non soltanto da parte di settori di ispirazione
marxista, che vi hanno visto una scelta di campo inevitabilmente
ispirata a valori borghesi, ma anche nel fondato timore di riproporre
in ambito giuridico l'abitudine degli economisti a perseguire un
disegno massimizzante, ma partendo sempre e comunque da
determinate premesse, “fornendo un avallo pressoché
incondizionato allo status quo”
9
.
Questa, come altre due accuse piuttosto perniciose, hanno
investito l' EAL addirittura sul piano della sua credibilità come
strumento in grado di fornire indicazioni attendibili su cosa sia, più o
meno, efficiente. A questa, come alle altre due, ha risposto R.
Pardolesi nel suo contributo al Digesto delle discipline privatistiche
10
alla voce “Analisi Economica del Diritto”, in cui mette
sostanzialmente in guardia il giuseconomista dal cadere nella
trappola di cui sopra.
9
R. Pardolesi, Analisi Economica del Diritto, voce del Digesto civ., I, p. 313.
10
op. cit.. sub 9.
5
Per ciò che concerne i rimproveri mossi all' EAL sul piano della
mancanza di rigore (perchè per es. arricchire qualcuno a discapito
di qualcun altro, asserendo che così si sia aumentato il benessere
collettivo, è inevitabilmente un'argomentazione opinabile) risponde
invece che sebbene simili proposte siano state avanzate, in
particolare in ambiente Posneriano, queste “recano il sigillo di chi se
ne fa portavoce e non l'imprimatur dell' EAL”.
Ma è sul terzo rilievo che l'apologia di Pardolesi si rivela
particolarmente efficace. Laddove si rimprovera all' EAL la scarsa
plausibilità dell' homo oeconomicus di matrice neoclassica come
metro di giudizio del comportamento degli individui, Pardolesi
risponde che esso è un automa non meno ineffabile e inanimato
del “buon padre di famiglia” del nostro diritto civile o del
“reasonable man” che imperversa in Common Law, e qui sarà
doveroso far parlare l'autore quando conclude dicendo che “il solo
modo d'impostare una teoria di afflato generale è quello di astrarre
dall'infinita complessità del reale, assumendo punti di riferimento
arbitrari, magari, ma suscettibili di essere applicati in ogni
circostanza.
Se non fossimo disposti a rassegnarci ad un'approssimazione di tal
fatta, dovremmo dismettere ogni Abenteur intellettuale: il senso
ultimo della critica sarebbe giusto abdicativo”
11
.
11
R. Pardolesi, Analisi Economica del Diritto, voce del Digesto civ., I, p. 314. Sul
punto vedi anche Carol Rose,in Analisi Economica del Diritto Privato, pag. 92:
“Il modello dell’interesse personale è solo un modo di descrivere tendenze
umane molto diffuse, e questo modello è assolutamente compatibile con un
normale complesso di motivazioni umane”.
6
I.II - L’Analisi Economica del Diritto applicata al Diritto Comparato.
Un lavoro come il presente che si ripropone di analizzare e
approfondire uno o più aspetti posti in essere da società differenti
tra loro non può prescindere dal c.d. metodo comparativo.
Quest'ultimo consiste nell'accostare fatti culturali e istituzioni sociali
appartenenti a civiltà diverse sulla base della loro maggiore o
minore affinità, nella convinzione che possano reciprocamente
chiarirsi o eventualmente rivelare un rapporto di derivazione oppure
un diverso grado di arcaicità o modernità
12
. Sebbene esempi di
comparazione latu sensu siano rinvenibili fin dall'età classica, si suole
considerare il XIX secolo come il momento in cui la comparazione
assurse a vero e proprio metodo di indagine scientifica
caratteristico delle scienze umane, da un lato con la scoperta delle
affinità linguistiche indo-iraniche e la conseguente nascita della
linguistica comparata, dall'altro con la scuola di Max Müller che
tentò una teoria generale delle religioni partendo dalla
comparazione delle mitologie indoeuropee. La comparazione
diviene poi la base del lavoro degli antropologi evoluzionisti, in
particolare J.B. Tylor
13
e J.G. Frazer
14
, che sviluppano l'uso della
comparazione in termini evoluzionistici e antistorici, cioè sulla base
della analogia formale, allontanando l'attenzione dai rapporti di
dipendenza storica.
Questo utilizzo indiscriminato della comparazione porterà con F.
Boas
15
alle prime reazioni, che richiameranno alla necessità di uno
studio specifico di aree delimitate. Il metodo comparativo rimane
comunque alla base delle scienze sociali ma la sua validità è
ammessa purché la comparazione sia riferita a fatti culturali
12
Enciclopedia Europea. ed. Garzanti 1977. Vol. III, voce “comparativo, metodo”.
13
J.B. Tylor, La cultura dei primitivi, 1871.
14
J.G. Frazer, Il Ramo d'oro, 1911-15.
15
F. Boas, I limiti del metodo comparativo in antropologia, 1896.
7
comparabili in quanto appartenenti a civiltà tra cui esiste una
analogia più ampia.
Nell'ambito più specifico del diritto, si è soliti far risalire la nascita
della comparazione giuridica moderna al congresso di Parigi del
1900, organizzato dalla Societè de legislation comparée. Oggetto
di essa è il raffronto tra le diverse organizzazioni giuridiche esistenti,
o esistite, nel mondo. Poiché lo studio gius-comparatistico lavora su
una materia in cui si hanno tanti sistemi giuridici quanti sono gli stati
indipendenti, più gli ordinamenti propri di territori non-indipendenti
sottoposti a un regime di tipo coloniale, o caratterizzati da un certo
grado di autonomia, o dall'essere parte di una federazione, si è
sentito il bisogno di una qualche forma di raggruppamento delle
diverse realtà giuridiche esistenti.
Punto di partenza di questo processo logico è stata la distinzione tra
regole giuridiche, connotate da varietà e mutevolezza, e stili
giuridici, cioè l'insieme di atteggiamenti storicamente radicati sulla
natura del diritto e del suo ruolo nella società e nella politica,
nonché il modo in cui debba essere applicato, insegnato e
pensato. Per quanto riguarda gli stili giuridici, così come i diversi
linguaggi possono essere raggruppati in base alle loro origini
comuni, anche i diversi stili possono essere riuniti in poche, grandi
famiglie. Secondo la classificazione di R. David, padre della scienza
dei sistemi giuridici comparati, tutti i sistemi giuridici moderni sono
riconducibili a quattro grandi famiglie giuridiche: quella romano-
germanica, o di Civil Law; quella di Common Law; quella formata
dai paesi socialisti o ex-socialisti; e quella dei sistemi religiosi
tradizionali, come quelli dominati dal diritto hindu o dalla shari'a
islamica. Sebbene questa classificazione sia stata accolta da tutti
gli studiosi e da tutti i centri di studio del diritto comparato, non vi è
totale accordo tra i comparatisti su di essa.