Introduzione
6
con la sua L1, può acquisire una lingua straniera se riceve una quantità sufficien-
te di input linguistico, a patto che questo sia comprensibile.
Il terzo capitolo presenta Il sistema verbale dell’italiano L1 e il suo svi-
luppo in L2. Dopo una panoramica sul sistema verbale della lingua italiana, vie-
ne descritto il processo di apprendimento del verbo italiano da parte di studenti
stranieri; per fare questo si fa riferimento alle sequenze di apprendimento rileva-
te all’interno del cosiddetto ‘Progetto di Pavia’ sull’acquisizione dell’italiano
come lingua straniera. I risultati del ‘Progetto di Pavia’, trovati in contesti natu-
rali di apprendimento sono stati verificati anche in contesto guidato nell’ambito
di questo lavoro: è stata condotta, infatti, una ricerca su studenti universitari
stranieri che sono stati sottoposti a un questionario e a un test (cfr. Appendice A)
per l’elicitazione delle forme verbali e i risultati ottenuti concordano con quelli
evidenziati dal ‘Progetto di Pavia’ (cfr. Appendice B).
Su queste PREMESSE TEORICHE si è cercato di creare un percorso
formativo che, tenendo conto sia delle teorie sull’apprendimento linguistico, sia
delle sequenze di apprendimento rilevate dal ‘Progetto di Pavia’, possa favorire
l’apprendimento del verbo italiano da parte di studenti stranieri, rendendolo più
semplice e, nei limiti del possibile, rapido.
La seconda parte, composta di due capitoli, presenta le IMPLICAZIONI
DIDATTICHE di quanto presentato nella parte teorica.
Il quarto capitolo descrive alcuni Metodi di insegnamento delle lingue, di-
visi in metodi tradizionali, come quello grammaticale-traduttivo, incentrati
sull’insegnamento formale della lingua, e comunicativi, come il Total Physical
Response, basati appunto sulla funzione comunicativa della lingua, con partico-
lare riferimento a quelli ispirati alla teoria proposta da Krashen come ad esempio
il Natural Approach.
Introduzione
7
Il quinto e ultimo capitolo presenta alcune Linee di sviluppo per un modu-
lo formativo per l’insegnamento del verbo in italiano L2 in cui, tenendo presenti
le teorie precedentemente descritte e le caratteristiche dei vari metodi di inse-
gnamento, vengono forniti alcuni spunti per l’organizzazione dell’insegnamento
in unità didattiche. Queste unità, attenendosi alle sequenze di apprendimento del
verbo in italiano L2, mirano a sviluppare la competenza degli apprendenti, sia
linguistica che comunicativa: basate su testi autentici e sfruttando in modo parti-
colare gli approcci comunicativi, non escludono infatti l’uso di altri metodi più
tradizionali, soprattutto in funzione del rinforzo delle conoscenze apprese. Un
esempio di un’unità didattica è fornito in Appendice C.
Questo lavoro ha dato origine anche a un CD-ROM che contiene, in for-
mato HTML e quindi fruibili con un normale browser per Internet, gli abstract
dei capitoli, le appendici e la bibliografia; l’Appendice A è fornita anche nella
versione utilizzata per la raccolta dei dati attraverso Internet. Il CD-ROM con-
tiene anche gli esercizi previsti per l’unità didattica data come esempio e altro
materiale per l’organizzazione delle unità, come ad esempio un breve video, e
inoltre link a siti utili per l’insegnamento e l’apprendimento dell’italiano, oltre a
quelli già citati in bibliografia. Il contenuto del CD-ROM è anche disponibile in
rete tramite l’indirizzo: http://ada2.unipv.it/~franz/
Desidero ringraziare le Dott.sse Giuliana Bendelli, Anna Montanari,
Claudia Savino e tutte le docenti dei Corsi di Italiano per Stranieri svolti
all’Università di Pavia, e il personale del Centro Linguistico dell’Università di
Pavia per la preziosa collaborazione e disponibilità nel contribuire alla raccolta
dei dati condotta nell’ambito di questo lavoro; per questo ringrazio anche la
Dott.ssa Rizzardi, assistente di italiano presso l’Università inglese di Hull, che
ha promosso la raccolta dei dati tra i suoi studenti.
Introduzione
8
Ringrazio inoltre il Prof. Tony Cafazzo dell’Università di Pisa per i sug-
gerimenti riguardo al software utilizzato per la realizzazione dell’unità didattica.
Ringrazio la mia famiglia per il sostegno dimostratomi durante gli studi e
Federica per il supporto morale e per tutto il resto.
Infine ringrazio Beatrice per il supporto tecnico e non solo, e Simone per
avermi insegnato quello che so del linguaggio HTML.
PARTE PRIMA
PREMESSE TEORICHE
CAPITOLO 1
ALCUNI CONCETTI FONDAMENTALI
DELLA LINGUISTICA APPLICATA
In questo primo capitolo, verranno introdotti termini della linguistica cui
si farà riferimento in seguito e che risultano quindi fondamentali.
1.1. Lingua materna, L1, lingua seconda, L2, lingua straniera, lingua
d’arrivo
La lingua materna è quella che si apprende da bambini e il cui sviluppo
procede di pari passo con lo sviluppo intellettivo e cognitivo del bambino. La
lingua materna fornisce inoltre la possibilità al bambino di formare una sua iden-
tità personale ma anche di appartenenza a un gruppo: quello di cui condivide la
lingua materna.
In letteratura
1
vengono date ulteriori denominazioni di lingua materna:
lingua prima e L1.
La lingua seconda è invece la lingua che l’apprendente impara solitamen-
te dopo aver compiuto lo sviluppo intellettivo e cognitivo, avendo quindi a di-
sposizione ulteriori strumenti cognitivi da applicare all’apprendimento della lin-
1
Cfr. ad es. Ciliberti. 1994; Lavinio/Vedevelli. 1997.
Capitolo 1
12
gua seconda. Questo termine è solitamente utilizzato con riferimento a una lin-
gua non materna che sia però lingua di comunicazione anche per l’apprendente.
Il termine lingua straniera è invece utilizzato per una lingua non materna
che non abbia anche funzioni di comunicazione per l’apprendente.
L2 e lingua non materna sono iperonimi che vengono a comprendere sia
lingua seconda che lingua straniera.
Il concetto di lingua d’arrivo è invece direttamente collegato al processo
di apprendimento di una L2: la lingua d’arrivo si identifica solitamente con la
lingua che l’apprendente deve imparare, ma può anche corrispondere al livello
cui l’apprendente è giunto in una determinata fase del suo apprendimento lingui-
stico (cfr. § 1.7).
1.2. Il sistema di elaborazione interna
Per interiorizzare l’input cui è esposto, l’apprendente utilizza un sistema
di elaborazione interna costituito da tre ‘meccanismi’: due subconsci, il filtro e
l’organizzatore, e uno conscio, il monitor.
Fig. 1: Operatori interni.
2
2
Basato su Dulay/Burt/Krashen. 1985: 84, Fig. 3.A.
Ambiente
linguistico
Filtro
Organiz-
zatore
Monitor
Esecuzione
verbale
dell'apprendente
Elaboratori subconsci Elaboratore conscio
Alcuni concetti fondamentali della linguistica applicata
13
1.2.1. Il filtro
Il filtro è quella parte del sistema interno di elaborazione che nel subconscio
seleziona l’ingresso della lingua sulla base di ciò che gli psicologi definiscono
«affetto»: i motivi dell’apprendente, le esigenze, le attitudini e gli stati emo-
zionali. Il filtro sembra essere il primo grosso ostacolo che i dati linguistici in
ingresso devono affrontare prima di venire elaborati ulteriormente (Du-
lay/Burt/Krashen. 1985: 84).
Il filtro si basa quindi su una dimensione psicologico-affettiva che com-
prende due diversi aspetti:
y Motivazione: questo è l’aspetto più propriamente psicologico che riguarda il
filtro. Possiamo distinguere tre tipi di motivazione:
1. Identificativa: è la più motivante; l’apprendente tende ad apprendere la
lingua parlata dal gruppo sociale con il quale intende identificarsi. “La
motivazione di integrazione sociale sembra particolarmente applicabile a
quegli immigrati o emigranti che probabilmente vogliono assimilarsi
completamente alla società che li ospita” (Dulay/Burt/Krashen. 1985: 90).
2. Integrativa: l’apprendente vuole partecipare alla vita della comunità in cui
si trova inserito ma, diversamente dal caso della motivazione identificati-
va, vuole anche mantenere la propria identità; quindi, “l’identificazione
col gruppo sociale implica la motivazione integrativa, ma non viceversa”
(Dulay/Burt/Krashen. 1985: 89-90).
3. Strumentale: l’apprendente vuole apprendere una seconda lingua come
mezzo per raggiungere un altro obiettivo come può essere trovare un lavo-
ro; “nelle situazioni in cui il valore pratico della seconda lingua è notevo-
le, e l’uso frequente della seconda lingua è proficuo e necessario, la moti-
vazione strumentale può essere uno stimolo efficace per la conoscenza
della L
2
” (Dulay/Burt/Krashen. 1985: 86).
y Stati emotivi: questi riguardano la dimensione affettiva: gli stati emozionali
sembrano influire diversamente sul processo di acquisizione e su quello di ap-
prendimento. Nel primo caso, uno stato d’ansia può rallentare, se non addirittura
bloccare l’acquisizione subconscia della L2: questa constatazione è stata presa
Capitolo 1
14
come spunto negli anni sessanta da Lozanov per elaborare il metodo della sug-
gestopedia che prevede di inserire l’apprendente in un ambiente che fornisca il
massimo di rilassatezza, creando così “una ‘suggestione’ positiva che liberi
l’apprendente da condizionamenti, tensioni e paure, e gli permetta quindi di
sfruttare appieno il proprio potenziale cognitivo” (Giardini. 1998: 84). Nel se-
condo, “almeno un grado di ansietà moderato può essere vantaggioso per
l’istruzione consapevole” (Dulay/Burt/Krashen. 1985: 93).
Il filtro è influenzato anche da fattori di tipo sociolinguistico: ad esempio,
se la cultura dell’apprendente di una L2 è molto diversa da quella dei parlanti
nativi di tale lingua, possono insorgere problemi per l’apprendimento; è il caso
delle comunità dei cinesi in Italia che, essendo molto chiuse e non avendo molti
contatti con parlanti nativi, trovano ulteriori difficoltà nell’apprendere la nostra
lingua oltre a quelle legate alla dimensione tipologica che differenzia molto le
due lingue. L’aspetto sociolinguistico determina inoltre le prime strutture che
verranno analizzate dall’apprendente e che solitamente sono quelle che permet-
tono di instaurare la comunicazione con i parlanti nativi come ad esempio le
formule di saluto.
Alcuni concetti fondamentali della linguistica applicata
15
1.2.2. L’organizzatore
L’oganizzatore è il secondo meccanismo di elaborazione interna ed “è re-
sponsabile dell’organizzazione graduale da parte dell’apprendente del sistema
della nuova lingua” (Dulay/Burt/Krashen. 1985: 93). L’organizzatore opera,
come il filtro, a livello subconscio e si basa su principi cognitivi: per questo mo-
tivo, l’organizzatore può essere paragonato al Language Acquisition Device di
Chomsky secondo cui
un bambino capace di imparare una lingua deve avere:
(a) una tecnica per rappresentare i dati in ingresso;
(b) un modo per rappresentare informazioni strutturali relative a questi segnali;
(c) una delimitazione iniziale di una classe di possibili ipotesi sulla struttura
linguistica;
(d) un metodo per determinare che cosa ciascuna di tali ipotesi implica rispetto
a ciascuna frase;
(e) un metodo per scegliere una delle ipotesi (presumibilmente infinite) am-
messe da (c) e compatibili con i dati linguistici primari (Chomsky. 1970:
70).
Grazie al LAD, “una volta messo a contatto con i dati, il bambino, o più specifi-
catamente la facoltà del linguaggio del bambino, sviluppa il linguaggio, un si-
stema computazionale di un certo tipo che fornisce rappresentazioni strutturate
delle espressioni linguistiche che determinano il loro suono e il loro significato”
(Chomsky. 1998: 53).
L’organizzatore, in parte appoggiandosi alla L1, cerca di scoprire le rego-
larità della L2. Gli effetti dell’organizzatore sono molteplici e determinano
l’andamento dell’apprendimento linguistico: l’input linguistico che passa dal fil-
tro viene poi elaborato induttivamente a livello dell’organizzatore per formare o
cambiare le regole grammaticali che caratterizzano l’interlingua (cfr. § 1.7)
dell’apprendente in quel momento; l’attività dell’organizzatore è causa inoltre
degli errori sistematici che l’appendente commette durante l’esecuzione lingui-
stica; l’organizzatore determina anche l’ordine in cui le regole verranno apprese.
Il fatto che l’acquisizione linguistica risulti lunga e difficile per appren-
denti adulti che, molto spesso non raggiungono una padronanza perfetta della
lingua obiettivo, soprattutto a livello fonologico, ha portato alcuni linguisti, ad
Capitolo 1
16
esempio Lenneberg, ha formulare l’ipotesi che vi sia un’età critica per
l’acquisizione del linguaggio: il periodo ottimale per l’apprendimento linguistico
si concluderebbe con l’inizio dell’adolescenza. “Al di là di questo periodo
l’acquisizione avverrebbe solo con estrema fatica e mai in modo ottimale e natu-
rale” (Flores D’Arcais. 1993: 179); questa ipotesi non è stata però condivisa da
altri linguisti tra cui Krashen (cfr. § 2.1.1).
1.2.3. Il monitor
Il monitor è l’ultimo meccanismo di elaborazione interna, è l’unico che
opera a livello conscio ed è “responsabile dell’elaborazione linguistica consape-
vole” (Dulay/Burt/Krashen. 1985: 99).
L’applicazione del monitor avviene soprattutto a livello di correzione del-
la produzione linguistica; la correzione può avvenire sia prima che la produzione
abbia luogo sia in seguito (cfr. § 2.1.3):
Fig. 2: Usi del monitor (Krashen. 1982: 16, Fig. 2.1).
Il grado di utilizzazione del monitor dipende da almeno quanto segue: 1) età
dell’apprendente; 2) insieme dell’istruzione formale ricevuta dall’apprendente;
3) natura e attenzione richieste dal compito verbale che si sta eseguendo, e 4)
personalità individuale dell’apprendente (Dulay/Burt/Krashen. 1985: 100).
Anche il monitor, come l’organizzatore, produce regole su cui
l’apprendente può basare la sua produzione linguistica ma, a differenza
dell’organizzatore, le regole fornite dal monitor derivano dalle conoscenze lin-
guistiche apprese consapevolmente dall’apprendente.
Acquired
Competence
Learned
Competence (the Monitor)
Output
Alcuni concetti fondamentali della linguistica applicata
17
1.3. Diversi contesti e tipi di apprendimento
L’apprendimento di una lingua straniera dipende dai diversi contesti lin-
guistici e tipi di apprendimento in cui l’apprendente si trova inserito.
I contesti linguistici sono differenziabili in due categorie facendo riferi-
mento al Paese in cui l’apprendente si trova e quindi a seconda che:
1. la lingua, che per l’apprendente è la lingua straniera, sia parlata dalla maggior
parte della popolazione, oppure che
2. la lingua, che per l’apprendente è la lingua straniera, non sia parlata dalla
maggior parte della popolazione.
Anche per i tipi di apprendimento si possono distinguere due categorie:
a) non-guidato, in cui l’apprendimento avviene attraverso le interazioni
dell’apprendente con parlanti nativi oppure,
b) guidato, in cui all’apprendente viene sottoposto del materiale in lingua se-
conda precedentemente selezionato e organizzato dall’insegnante.
Si possono quindi avere diverse combinazioni dei contesti e tipi di ap-
prendimento che differenziano il tipo e la frequenza dell’input cui l’apprendente
viene esposto e anche le occasioni che l’apprendente avrà per produrre in L2.
Tipi di apprendimento
a b
1
Stranieri immigrati da paesi del
terzo mondo in Italia.
Irlandese appreso in Irlanda in
una naíonra ‘gruppo prescolare’
Contesti di ap-
prendimento
2
Studenti di italiano in
un’Università italiana (cfr. pro-
grammi Erasmus, Socrates)
Corso di laurea in Lingue e Let-
terature Straniere
dell’Università di Pavia
Tab. 1: Esempi di tipi e contesti di apprendimento.
3
Questa distinzione dei diversi contesti e tipi di apprendimento di una L2
hanno portato a distinguere i due processi che possono intervenire
nell’apprendimento di una lingua seconda: il processo di acquisizione e quello di
apprendimento.
3
Esempi tratti dagli appunti del corso di Linguistica Applicata (a.a. 1996/97) tenuto dal Prof. Bernini
presso l’Università di Pavia.
Capitolo 1
18
1.4. Acquisizione vs. apprendimento
La distinzione tra i due processi di acquisizione e apprendimento
4
risale
agli anni Settanta: già Corder nel 1973 in Introducing Applied Linguistics
5
vi fa-
ceva riferimento.
Entrambi sono processi che portano l’apprendente a sviluppare la compe-
tenza nella lingua seconda.
Le differenze tra i due processi sono però notevoli: l’acquisizione è “il
processo tramite cui avviene l’interiorizzazione delle conoscenze e dei saper-
fare che costituiscono una competenza linguistica; un processo interno, in buona
parte inconsapevole ed involontario” (Holec. 1990, cit. in Ciliberti. 1994: 9).
“Il processo di acquisizione è il più importante dei due in quanto avviene
in contesti comunicativi significativi, cioè «naturali». L’«apprendimento», inve-
ce, è un processo caratterizzato in buona parte dalla correzione degli errori e dal-
lo studio di regole esplicite” (Ciliberti. 1990: 52).
L’acquisizione è un processo che dipende in gran parte dall’input cui
l’apprendente è esposto e che si può pensare diviso in due fasi: nella prima,
l’apprendente esamina i dati linguistici che ha a disposizione tentando di scopri-
re regolarità al loro interno. Le regolarità trovate diventano poi la base delle co-
noscenze linguistiche dell’apprendente che, nella seconda fase del processo,
vengono testate attraverso gli scambi comunicativi con altri parlanti.
L’acquisizione è quindi un processo attivo di costruzione e verifica di ipotesi per
ricostruire le regole della lingua-obiettivo. Per questa operazione vengono utiliz-
zate tutte le conoscenze che l’apprendente possiede, da quelle strettamente lin-
guistiche di L1 ed eventualmente di L2 già note, a quelle metalinguistiche, fino
alle conoscenze del mondo.
4
In seguito quando si farà riferimento a questi due processi, si utilizzerà il corsivo, mentre si utilizzerà
la scrittura normale per riferirsi all’apprendimento in generale.
5
Cfr. per l’edizione italiana, Corder. 1983: 128 sgg.