2
Nel Libro della Cresson
2
è descritto il ruolo strategico che la formazione
professionale è chiamata ad esercitare per rispondere in modo positivo all’impatto
prodotto nella società europea da quelli che sono definiti i tre” trios chos
moteurs”: a) lo choc della società dell’informazione; b) lo choc della
mondializzazione dell’economia; c) lo choc della civilizzazione scientifica e
tecnica.
Anche in Italia, il rinnovato quadro normativo ( il protocollo del luglio 1993 e
Patto per il lavoro settembre 1996, il cosiddetto Pacchetto Treu, e i suoi decreti
attuativi ) testimonia l’importanza centrale che sta assumendo la formazione
professionale, per la qualificazione delle risorse umane e del sistema formativo
stesso, ai fini occupazionali.
Nel nostro Paese ,tuttavia ,la formazione professionale non è in linea con le altre
esperienze europee in termini di consistenza, sistematicità e completezza, anche
perché mancano, o sono ancora deboli, le azioni di sistema in grado di assicurare
adeguate infrastrutture per l’applicazione delle norme e per la messa a regime
delle innovazioni sperimentate.
Su questa prospettiva, grava una doppia simmetria. La formazione professionale è
stata oggetto di una ridefinizione del proprio ruolo, mentre la riforma scolastica
deve prendere ancora avvio; inoltre mentre l’accesso alla offerta formativa
scolastica è automatico, la formazione vive di una serie di condizionamenti a
partire dai ristretti bilanci regionali. Tutto ciò e la mancata differenziazione
dell’offerta formativa comportano svariate conseguenze:
2
Commissione delle Comunità Europee, Libro Bianco sull’educazione e la formazione.
Insegnare e apprendere. Verso la società cognitiva, 1996.
3
™ Rende difficile il recupero formativo dei giovani e dei meno giovani in
possesso di un basso livello d’istruzione (in Italia 350.000 soggetti tra i14 e i
19 anni non sono né a scuola né al lavoro);
™ Impedisce di conseguire l’obiettivo di dare a tutti una qualifica a sostegno
dell’ingresso nel mercato del lavoro;
™ Priva la società di un’offerta formativa che di per se dovrebbe essere
altamente dimostrativa del valore della professionalità ad ogni livello di
qualificazione;
™ Rallenta la diffusione di una cultura della formazione orientata alle
competenze piuttosto che alle sole conoscenze (dove le competenze, è bene
ricordarlo, sono sinonimo d’abilità, informazione, sapere tecnico ed operativo,
ma comprendono anche affidabilità, autonomia, sapere critico).
In questo quadro la formazione è anche proposta in connessione con i problemi
occupazionali e soprattutto in integrazione stretta con le politiche del lavoro. In
sostanza, si tratta di raccordare le funzioni d’informazione, orientamento,
formazione e sostegno alla ricerca di un’occupazione con:
⌢ Il miglioramento della qualificazione professionale dei giovani e degli adulti e
del passaggio dalla scuola al lavoro e viceversa;
⌢ Lo stimolo alla creazione di nuova imprenditorialità e di crescita delle capacità
d’autoimpiego;
⌢ La modernizzazione dell’organizzazione del lavoro e l’adeguamento dei
lavoratori alle nuove esigenze;
4
⌢ L’inserimento delle fasce deboli, riequilibrando anche il rapporto tra vita di
lavoro e vita familiare, in funzione di un rafforzamento della posizione delle
donne.
La capacità di crescita del sistema formativo professionale è legata anche e
soprattutto alla qualità delle azioni formative, in senso culturale e tecnico. Nel
primo caso occorre impostare nei corsi di formazione un tipo di conoscenza
“Know-how, ” che permette agli utenti d’essere flessibili rispetto al cambiamento
e comprendere la necessità di “ apprendere ad apprendere”; per il secondo caso è
necessario fornire agli alunni una formazione tecnica specialistica.
Nel 1998 ho avuto la possibilità di approfondire queste tematiche tramite uno
stage presso il settore professionale nella Provincia di Livorno.
L’idea che ha portato alla realizzazione di un progetto di ricerca diretto allo
studio della qualità dei corsi di formazione professionale è nata dal desiderio
contestuale di presentare una tesi d’impostazione sperimentale, al fine di dare un
valore al mio iter formativo universitario, ma anche di offrire una nuova chiave di
lettura della formazione professionale.
La quasi totalità dei numerosi testi che affronta le tematiche inerenti la formazione
professionale, insistono sulle problematiche di una sua corretta attuazione, sulla
ricerca di un’esatta metodologia di raccolta dei fabbisogni, fornendo così una
grossa quantità di numeri, formule, a scapito talvolta di un’analisi sociologica
degli effetti indiretti della formazione professionale.
Per questo motivo, ho voluto concentrare la mia tesi su una parte dei beneficiari
della formazione professionale: “L’area vera e propria del non lavoro o dei senza
5
lavoro cioè della marginalità ed esclusione sociale”
3
dei disoccupati, dei giovani
in cerca di prima occupazione, delle donne.
D’accordo con l’affermazione di Berger, secondo la quale “ le cose non sono ciò
che appaiono ” si è introdotti a pensare che compito della sociologia è il
superamento del ”senso comune” nell’indagine conoscitiva della realtà.
A tal proposito che rivolto la mia attenzione verso la città di Livorno, che
rappresenta per molti aspetti un caso unico nel panorama regionale: per la diversa
tradizione della struttura produttiva, per l’intensità dei cambiamenti maturati
nell’ultimo decennio, per la rottura che ciò ha provocato nella società locale e
nella cultura del lavoro.
Fino agli anni ’80, l’economia livornese era basata prevalentemente sull’industria,
” il lavoro s’innestava su una cultura di tipo fordista, che una lunga tradizione ha
tramandato per generazioni, maturando convincimenti, aspettative, sistemi di
valore”.
4
Tutto ciò aveva definito una particolare cultura sociale del lavoro, che assicurava
continuità e certezze lavorative sia ai padri sia ai figli predeterminando il loro
percorso di vita, e una certa struttura familiare con regole di marcata divisione tra
uomini e donne, il cui compito all’interno dell’ambito domestico era quello di
integrare il reddito familiare.
3
Taliani Enrico, ”Risorse Umane e nuova progettualità” in Progettualità, sviluppo locale e
formazione, Roma, Editore: la Nuova Italiana Scientifica, p39.
4
Cfr. I.R.P.E.T. (a cura di) Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana,
“Il difficile ma necessario mutamento culturale dell’area livornese ” in Lavoro e Lavori nella
Provincia di Livorno”, novembre 1998, pag. 35.
6
Con gli anni ’90, la progressiva riduzione del lavoro industriale, la crescita
dell’attività di servizio, la domanda di flessibilità delle imprese hanno interagito
nel modificare la condizione lavorativa e rendere sempre più distante i modelli
interpretativi tradizionali imperniati sullo stereotipo del lavoro maschile a tempo
determinato.
Oggi l’ingresso meno certo, ma meno discriminante tra i generi, più difficile da
raggiungere ma meno prescrittivo, fatto di occasioni e non di posti, d’attività
diverse da quelle dei padri, introduce nel sistema sociale elementi d’incertezza, di
discontinuità di progettualità, capaci d’iniziativa e di stimoli di mobilità, che non è
nel patrimonio di molta parte della popolazione, soprattutto di quella giovanile,
che è la principale protagonista di questa fase di transizione. Sebbene molti s
giovani svolgano attività lavorative di tipo precario, sia in settori tradizionali
come l’industria, sia in molti ambiti più innovativi come il turismo o i servizi, o
addirittura l’agricoltura, tuttavia anche le giovani generazioni risultano ancora
socializzate secondo un modello lavorativo di tipo tradizionale e con questo,
nonostante tutto tendono ancora a confrontarsi. Magari sono consapevoli del fatto
che questo modello è ormai anacronistico, magari si propongono una propria
capacità autonoma di costruire il percorso professionale, ma, nei fatti ,le azioni
condotte trovano un limite a superare il modello di certezze prescritte.
In tale contesto socio- economico, si è trattato di valutare come la formazione
professionale ha qualificato i soggetti del tessuto sociale della città di Livorno, più
in particolare mi sono domandata se l’attività formativa è stata capace di
soddisfare i fabbisogni formativi espressi dalle istituzioni socio - economiche, e di
7
aiutare i soggetti formati dai corsi, a far fronte con tutti i mezzi possibili alle
offerte del mercato del lavoro per trovare nuove soluzioni d’impiego.
Del resto è pacifico che il sistema educativo e la formazione professionale non
dovrebbero essere un astratto e generalizzabile sistema quanto una complessa
costruzione istituzionale specifica della realtà socio- economica in cui è calata.
5
Il rapporto tra educazione e società costituisce uno dei più antichi temi di
riflessione di discussione. Durkheim, Weber, Marx, benché appartengono a tre
approcci teorici tra loro profondamente diversi, sono accomunati dal concepire
l’educazione come una variabile dipendente: Durkheim, che è considerato il
fautore della sociologia dell’educazione, ha “sottolineato la totale dipendenza del
sistema educativo dalla società globale:
”
6
La natura dell’educazione viene quindi
stabilita dalla religione, dall’organizzazione politica, dal grado di sviluppo delle
scienze dalla situazione industriale, ecc.”
7
Mentre Durkheim sottolinea un’astratta
dipendenza del sistema educativo dell’intera società., Weber individua una ben
più specifica dipendenza: l’educazione tende a formare l’uomo conformemente
alle esigenze della struttura di potere. Per Marx, l’educazione al pari di qualsiasi
altro elemento o, processo culturale, appartiene all’ordine del sovrastrutturale, e,
come, tale, trae origine dai rapporti di produzione.
5
Cfr. I.R.P.E.T. (a cura di) Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana,
“Il difficile ma necessario mutamento culturale dell’area livornese ”, op. cit. pag.36.
6
Cesareo, Sociologia dell’educazione, Milano, Hoepli, 1972, p.21
7
Ibidem.
8
La struttura portante di questa tesi, la parte empirica, si prefigge di valutare la
qualità dei corsi di formazione professionale dell’anno scolastico 1997-1998 della
durata maggiore di 100 ore, finanziati dal Fondo Sociale Europeo.
Valutare significa” scoprire il valore di ciò che si fa in termini di organizzazione
della formazione, mettere in comunicazione gli attori implicati in un’attività”.
8
A tale proposito ho elaborato un progetto di ricerca che ha come premessa e
verifica gli elementi strutturali e sociali della città di Livorno.
Con l’analisi degli” elementi strutturali” ho analizzato l’evoluzione della struttura
produttiva e tecnologica dei settori” tipici”, nonché le ricerche svolte per cogliere
la domanda formativa (vedi il progetto excelsior). Con gli elementi sociali, invece,
ho ricostruito la successione dei valori che si esprimono nella mutevole struttura
delle motivazioni, dei bisogni e delle aspirazioni che formano il “substrato
culturale.
L’approccio metodologico utilizzato ha individuato, due livelli di analisi:
⌢ Qualitativo: l’analisi è stata realizzata con un questionario somministrato agli
alunni formati ai corsi di formazione professionali finanziati dal Fondo
Sociale Europeo dell’anno scolastico 1997-1998.
⌢ Quantitativo: l’analisi si è basata su di indicatori di efficacia secondo la
metodologia di valutazione ex post proposta a livello europeo, secondo i
parametri stabiliti dai regolamenti della comunità europea.
Con l’analisi qualitativo sono stati valutati gli effetti diretti o di impatto della
formazione professionale, e gli effetti indiretti’.
8
Leonardo Verdi-Vighetti, Qualità della valutazione e valutazione della qualità delle
9
La fase preliminare di entrambi tipi di analisi, è stata costituita da un
monitoraggio dei dati, sulla base delle interconnessione dei data –base degli uffici
della rendicontazione, della programmazione, dell’archivio allievi e dei corsi.
Forse questa è stata la fase più complessa, perché è stato necessario unire le
funzioni di tre uffici della formazione professionale che pur operando all’interno
dello stesso ente, non sono collegate, e usano diversi linguaggi operativi.
Con l’analisi del tipo qualitativa sono stati valutati gli effetti indiretti e diretti o di
impatto formazione professionale. Per questo tipo di analisi è stata condotta
un’indagine telefonica, mediante questionario, che si articola in moduli e
sottomoduli.
Il primo modulo denominato “giudizio del corso”, racchiude tutte le domande
tese ad ottenere il maggior numero di informazioni sugli alunni e i loro giudizi sul
corso. Ogni domanda prevede un corso diverso di proseguimento dell’intervista
secondo la risposta dell’intervistato.
Seguono dei sottomoduli, composto da domande che sono degli indicatori della
qualità dell’organizzazione e dell’attuazione che hanno lo scopo di esaminare i
singoli corsi sotto molteplici aspetti (selezione allievi, organizzazione, attuazione
del corso) tesi a individuare differenziali di qualità tra corsi e una graduatoria,
affrontando in modo particolare, la questione del se e quando questi abbiano
influito sulle scelte relative ai comportamenti degli alunni formati.
Inoltre sono stati utilizzati degli indicatori di impatto di risultato ,quali la quota
dei formati, il tasso di disoccupazione , il tasso di occupazione coerente, la quota
di utilità attribuita al corso
azioni, in Skill n.13, pag. 10.
10
Da notare infine che nonostante il questionario fosse strutturato, le domande
hanno suscitato interesse negli intervistati, i quali chiamati in causa anche per
migliore la qualità futura dei corsi, non si sono limitati a rispondere alle domande
ma hanno anche fornito giudizi e commenti al di là delle domande poste.
I dati raccolti con la scheda di iscrizione, quelli derivanti dall’indagine sugli
allievi dopo il corso e quello relativi ai corsi sono venuti a costituire degli archivi,
che hanno formato la base per condurre l’attività ex post degli interventi di
formazione professionale, secondo quanto stabilito dai regolamenti della
Comunità Europea.
L ‘analisi del tipo quantitativa, basata sugli indicatori, è in grado di fornirci i dati
degli indicatori strutturali, dei livelli di realizzazione (delle azioni, utenti, costi,
ore), della capacità decisionale dell’Amministrazione Provinciale, con riferimento
alle variabili finanziarie, ed agli obiettivi programmati.
Questo studio dimostra come la metodologia e le scienze sociali possono
contribuire all’individuazione dei problemi reali e alla ricerca di una nuova
possibile risoluzione e per una progettazione d’interventi futuri
Il ruolo del sociologo va quindi inteso in tal senso: in questa progettazione che
comprende le popolazioni interessate, egli interviene curando relazioni tra soggetti
del processo collettivo, costituendo da tramite fra questa ultimi, al fine di
costituire un costante rapporto di comunicazione tra gli attori del processo.
L’intervento del sociologo è la definizione del metodo, che consiste prima di tutto
nell’interrogare una condotta collettiva dal punto di vista del comportamento di
cui è portatrice, senza mai perdere di vista l’assunto” le cose non sono ciò che
appaiono”
11
.
CAPITOLO I
1.0 PER UNA DEFINIZIONE DI FORMAZIONE
PROFESSIONALE.
Cercare di definire la formazione professionale è un’attività difficile perché le
modalità con cui si esplica e le finalità che si propone sono numerose.
Ancora oggi, in Italia non è possibile far riferimento al termine di formazione
professionale in un’unica accezione :su quest’aspetto è in corso una discussione e
le opinioni non sono ancora concordi, questo rende evidente come la formazione
professionale viva in una condizione complessa.
Negli stessi testi normativi
9
si assiste ad una progressiva diffusione del termine,
utilizzato però con significati contrastanti, mentre risultano carenti gli sforzi per
una sua chiarificazione.
9
“……i servizi e le attività destinate (…al perfezionamento, alla riqualificazione (….)
professionale, per qualsiasi attività professionale, per qualsiasi finalità, compresa la formazione
continua, permanente, ricorrente (…) (d.p.r.616/77, art.35); “ (attività) finalizzate alla diffusione
delle conoscenze teoriche e pratiche necessarie per svolgere ruoli professionali e rivolti al primo
inserimento, alla qualificazione, alla riqualificazione, all’aggiornamento, alla specializzazione, in
un quadro di formazione permanente” (l.845/78, art2); ”interventi di formazione continua a
lavoratori occupati (.) interventi di riqualificazione o aggiornamento professionali per dipendenti
(…) nonché interventi di formazione professionali destinati ai lavoratori iscritti nelle liste di
mobilità “ (l.236/93, art9).
12
Sicuramente possiamo distinguerla “dall’addestramento professionale” che
riguarda ed esalta la parte pratica, dall’istruzione tecnica, che si riferisce alla
scuola e al sistema scolastico con i suoi ritmi e coi suoi metodi; e così pure “dalla
promozione al lavoro che interessa esclusivamente chi lavorando, tende a
migliorare la propria posizione professionale.”
10
La formazione professionale è tutto ciò, ma anche qualcosa di più perché ha un
suo tipo di cultura, ha le proprie metodologie, impegna tutto l’uomo nel processo
educativo. Essa non riguarda soltanto i mestieri, la qualificazione o la
specializzazione di giovani che escono dalla scuola dell’obbligo e che sono in
cerca di un lavoro o i giovani che già lavorano, ma anche diplomati, laureati, che
debbono anch’essi ricevere un perfezionamento o una specializzazione nel settore
ove hanno studiato o in cui già operano. La formazione si occupa inoltre dei
disoccupati o di chi già lavora come i managers, gli imprenditori, e di tutti coloro
che agiscono nelle imprese.
La formazione soddisfa pertanto vari bisogni, e ciò permette altre distinzioni: “La
prima formazione” è rivolta ai giovani che escono dalla scuola e che si preparano
ad un lavoro; la “formazione sul lavoro” è invece rivolta a chi già lavora, giovane
o adulto, e comprende la formazione aziendale, l’apprendistato, il contratto di
formazione e il vasto campo della riqualificazione; la formazione” di primo
livello” riguarda gli interventi post- scuola dell’obbligo, mentre quella “di
secondo livello” riguarda gli interventi post- scuola superiore; ed infine” la
11” Filippo Hazon, Finalità della formazione Professionale, La Scuola Editrice, Brescia, 1986,
pag.18.
13
formazione permanente ”dà luogo all’aggiornamento continuo, e si articola in
varie tipologie (la formazione manageriale, cooperativistica).
Il sistema della formazione professionale comprende sia il canale delle attività
corsuali, sia il canale della formazione sul lavoro, che sono i due fondamentali
filoni attraverso i quali si acquisisce una professionalità oltre gli studi scolastici.
Un tema collegato strettamente con la formazione professionale, e di grande
importanza, è quello dell’orientamento scolastico e professionale, che come tipo
di servizio precede e aiuta a compiere le scelte circa la scuola, le professioni.
Da tutto quanto si è detto si comprende perché la formazione professionale è
anche definita come “interfaccia tra scuola e lavoro”
11
per indicare la sua
simultanea appartenenza al mondo del lavoro e quello della scuola: è infatti
educazione per l’occupazione, sicché fa parte contemporaneamente del grande
sistema educativo dei giovani e degli adulti e del grande sistema del lavoro,
partecipando alla sua dinamica. Non si dà formazione professionale senza sbocchi
occupazionali e viceversa non si dà progresso tecnologico e produttivo senza
un’adeguata preparazione degli operatori a tutti i livelli; politica dell’impiego,
politica della formazione professionale e politica scolastica sono strettamente
congiunte. La programmazione della formazione professionale deve ricavare i
propri obiettivi dalla politica economica e quindi appartiene a tutti gli effetti alla
strumentazione per guidare l’economia e il mercato del lavoro; ma nel contempo
ha una propria autonomia.
11
Ibidem.
14
In altre parole il sistema di formazione professionale “è parte legittima e non
sussidiaria del sistema formativo, in quanto costituisce una variabile determinante
della crescita socio- economica.”
12
Volendone offrire una definizione possiamo dunque affermare che la
formazione professionale è
13
, l’insieme di tutte quelle attività formative regolate
da leggi statali e regionali, che tendono a qualificare o riqualificare, a
specializzare o aggiornare giovani, adulti lavoratori e disoccupati. La formazione
professionale costituisce un servizio di interesse pubblico che nasce con lo scopo
di assicurare un sistema di interventi finalizzati alla diffusione delle conoscenze
teoriche e pratiche al fine di favorire l’ingresso nel mondo del lavoro con una
formazione professionale adeguata (e in questo caso si parla di formazione
iniziale al lavoro) e dotare chi già lavora o è disoccupato di strumenti idonei ad
affrontare meglio e in alcuni casi più in fretta il mondo del lavoro con attività
formative di riqualifica, di aggiornamento, di approfondimento delle competenze
( e in questo caso parliamo di formazione continua.).
14
12
Malizia Guglielmo, “Rapporto tra Scuola, FP e mondo del Lavoro” in ” Scuola, FP, e mondo
del Lavoro”, Rassegna Cnos, n°I anno 1998, p.35.
13
Definizione dal sito: http://:www.regionelombardia.it
14
Cfr. Definizione sul sito http://www.europalavoro.it