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civile. Per una documentazione più mirata e aggiornata, ho ritenuto indispensabile
stabilire il contatto con “Il centro studi per le fondazioni”, diretto dalla fondazione
Giovanni Agnelli con sede a Torino, dove sono stata seguita nel corso delle mie
ricerche, e quindi consultare una biblioteca specializzata nel settore. Il Centro si
occupa inoltre della pubblicazione di un rapporto annuale “Il Giornale delle
Fondazioni”, supplemento del Giornale dell’Arte (vedi bibliografia), che oltre a
raccogliere interviste di esperti del settore, pubblica una sorta di censimento
annuale relativo alle attività delle fondazioni italiane e estere.
E’ seguita una seconda fase della mia ricerca che ha visto un contatto diretto con
queste realtà, si sono succedute visite, incontri e interviste a coloro che lavorano
all’interno di queste fondazioni. Entrare negli uffici del personale addetto
all’organizzazione degli eventi, mi ha avvicinato in prima persona alla complessa
e dinamica realtà di queste istituzioni.
La loro disponibilità e l’interesse per la mia ricerca è stato motivo di gratitudine
che mi ha spinto a continuare questo lavoro: ho deciso di presentare queste
interviste perché non si limitavano alla sola indagine di funzionamento della
fondazione, ma si sono rivelate più ampio motivo di discussione sugli attuali
cambiamenti del nostro sistema artistico e sull’attuale volontà di privatizzazione
dei servizi e gestione. E’interessante porre a paragone queste interviste per
riscontrare la diversa natura delle realtà descritte, istituzionalmente simili ma con
missions diversificate, dove la comunicazione e la volontà di abbracciare e
educare alla percezione dell’arte contemporanea, di non sempre immediata
fruibilità, risulta forte.
Come spiegherò in seguito, non ho voluto limitare la mia ricerca a
Fondazioni presenti nel Nord Italia, ma è un dato oggettivo una presenza più
5
ampia delle stesse nelle regioni settentrionali del nostro paese. Città più
metropolitane come Milano, Torino, presentano un ambiente molto ricettivo, un
fatto che non dovrebbe stupirci visto che si trovano in stretto dialogo con
l’aspetto più commerciale dell’arte, gallerie, collezionisti e imprese disposte a
investire in cultura.
6
I. Il sistema dell’arte contemporanea in Italia
I. 1. Come sta cambiando il sistema
“Non esiste l’arte ma il sistema dell’arte, articolato in funzioni che
corrispondono a soggetti produttori di cultura: artista, critico, gallerista o
mercante, direttore di museo, collezionista e, infine, pubblico e massmedia…”.
Queste le parole lungimiranti di Achille Bonito Oliva nel suo testo “Arte e sistema
dell’Arte” del 1973.
Il lavoro di un artista, entrato nel circolo di produzione, non può più essere
considerato nell’isolamento del suo atelier ma in quel sistema sociale in cui
interagiscono tutti i fattori che oggi concorrono alla produzione e promozione
artistica: la critica, il mercato, il collezionismo, il museo istituzionale pubblico, le
entità private rappresentate dai piccoli e grandi collezionisti, le gallerie, le
fondazioni, i massmedia e non ultimo il pubblico. Sarà allora importante vedere
come sia cambiato il sistema dell’arte negli ultimi decenni, verificare in che modo
la nostra società è impegnata nella promozione dell’arte contemporanea, quanto le
istituzioni pubbliche si dimostrano pronte o restie a investire in programmazione
ed eventi e in che misura la produzione artistica viene assimilata dagli spazi
pubblici e privati.
Negli anni sessanta settanta i criteri espositivi si presentavano come sedi
non conformi al tradizionale spazio espositivo, occasioni di rinnovamento estetico
rivoluzionario per la stessa arte. Si sconfinò dalle sale, dalle gallerie e dai musei
per esporre nei garages sotterranei, nelle strade, dentro le fabbriche o chiese
7
abbandonate, en plein air, luoghi non restrittivi per le esigenze che l’opera d’arte
dichiarava, gli artisti erano più tentati di esporre in luoghi non istituzionali: l’arte
risultava fortemente viva e in certi ambiti oscura nella produzione. Finisce il
periodo underground dell’arte degli anni settanta: i musei iniziano ad integrare
fortemente le loro collezioni, si diffondono sempre di più le gallerie che fino ad
allora si presentavano come realtà circoscritte e il mercato artistico apparteneva
ad un’iniziale sistema d’élite.
Dalla metà degli anni ottanta si assiste al boom dei grandi musei, importanti
investimenti per ampliare le collezioni precorrono la crisi di inizio anni novanta,
quando l’arte inizia a trovare nella comunicazione e in una realtà fortemente
propositiva il proprio ruolo, profondamente legata alla promozione e alla
pubblicità. Dalla crisi si è usciti con grandi opere di divulgazione, a parlare più
del contenuto sono i contenitori, edifici spettacolari, opere di grandi architetti,
nuove cattedrali delle città. La comunicazione, la promozione di eventi risulta
un’arma vincente per avvicinare il pubblico, anche più scettico, all’arte, senza
dimenticare però di tener vivo quel rapporto di istantaneità e intimità con
l’incontro dell’opera.
Nel corso degli ultimi decenni il numero dei musei d’arte contemporanea è
aumentato in misura notevolissima non soltanto in Europa, ma anche in America e
in altri paesi dell’est, questa crescita è evidentemente sintomatica e allo stesso
tempo una conseguenza dell’incremento e dello sviluppo del mercato artistico
nonché del crescente interesse culturale del grande pubblico. Cresce, dunque,
l’importanza rivolta al luogo fisico di una mostra, allo spazio museale, essi
rappresentano “uno status symbol del prestigio delle città, regioni, stati…nuove
8
cattedrali”
1
. Le strategie culturali e commerciali sono indubbiamente mutate, si
sono assunti tempi sempre più rapidi di rinnovamento dei momenti artistici, tempi
sempre più brevi nella valorizzazione: una delle ragioni è la snellezza con cui oggi
si muovono le istituzioni che organizzano mostre. In Italia questa crescita si sta
verificando solo ora, potremmo dire negli ultimi cinque-dieci anni, nonostante
l’affermazione e il riconoscimento a livello internazionale di artisti stabilitisi
all’estero o operanti in Italia e movimenti di avanguardia come l’Arte Povera o la
Transavanguardia. Il nostro Paese ha sempre trovato un’evidente difficoltà
nell’affermare la propria identità e potenzialità nell’ambito dell’arte
contemporanea. Sembrerebbe entrato nell’ambito dei luoghi comuni, eppure il
nostro paese, all’interno della panoramica internazionale, ha sempre, forse troppo,
insistito sul profondo dibattito: conservare il passato o investire sul nuovo.
“Disponibile a museificare il proprio passato, a conservare e restaurare il
gigantesco patrimonio culturale e artistico nazionale, certa di poter mantenere
centralità e potere simbolico grazie alla grandezza indiscutibile della propria
trascorsa civiltà, scenario impareggiabile di investimenti e speculazioni, l’Italia,
travolta e trasformata, dalla contemporaneità, non ha saputo riconoscere e
difendere l’arte espressa dalle nuove generazioni”
2
.
Questa l’accusa che il critico Sergio Risaliti muove al sistema artistico italiano,
sottolineando più volte l’inadeguatezza che il nostro paese ha sempre dimostrato
nell’accogliere le nuove tendenze e i cambiamenti, accusandola di essere rimasta
“spettatrice” passiva di un sistema internazionale in crescita.
1
F. Poli, Il sistema dell’arte contemporanea, Editori Laterza, Roma 1999.
2
L’arte oggi in Italia di Sergio Risaliti da Espresso. Arte oggi in Italia, un progetto di Sergio
Risaliti, Electa, Milano, 2000.
9
Appare così inevitabile un cambiamento delle strutture museali dedicate all’arte
contemporanea, esse non possono più essere pensate come i soli luoghi della
custodia e della conservazione, vogliono piuttosto proporsi come laboratori della
ricerca artistica.
10
I. 2. Gli spazi museali: mostre temporanee e collezioni permanenti
Accanto alle mostre-evento come fiere commerciali, Biennali sempre più
numerose, le attività delle gallerie a diffusione internazionale, i luoghi istituzionali
hanno iniziato soltanto da pochi anni a occuparsi della promozione dell’arte
contemporanea, a investire, proporre, intrecciare legami con artisti stranieri. Per
creare l’abitudine a interessarsi di arte contemporanea e entrare nei musei è
necessario educare il pubblico alla dimensione del contemporaneo e il programma
educativo non può limitarsi ai soli progetti didattici presenti nei musei, si deve
estendere l’interesse a un programma che entri nelle scuole a diversi livelli, creare
una rete di collaborazioni con le università attraverso stage e workshops,
insomma: educare al contemporaneo.
Negli ultimi anni si è verificato un importante crescita quantitativa dei
musei d’arte contemporanea nel tessuto italiano, una fitta rete di eventi per
sensibilizzare un pubblico sempre più vasto. Essi si preoccupano di tener viva
una rete di contatti per ovviare al problema della capillarità e regionalismo tipica
dei piccoli centri presenti nelle diverse regioni del nostro paese. La neonata
associazione A.M.A.C.I.
3
si sta occupando della diffusione delle attività di questi
centri coinvolgendo numerose realtà museali di diversa natura, dimensioni e
missions: il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, il Centro Arti Visive
di Pescheria di Pesaro, il Museo di Rivoli di Torino , il Museo Macro di Roma, il
Pac di Milano, padiglione d’arte contemporanea di Milano, il Palazzo delle
3
Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani creata nel 2003, da Gabriella Belli, Giacinto
di Pietrantonio, Ludovico Pratesi , Angela Tesi. L’Associazione diffonde il proprio editoriale
attraverso un editoriale curato da Giacinto di Pietrantonio.
11
Papesse di Siena, il neo nato Mart di Rovereto ma anche le Gallerie Civiche di
Trento, Bergamo, Modena e molti altre istituzioni.
Nell’attuale tendenza, da parte di queste istituzioni è evidente il richiamo di
organizzare mostre temporanee, divenuto ormai un punto di forza di istituzioni e
curatori per le quali riescono a trarre beneficio grazie a consistenti finanziamenti
da parte di sponsors e privati.
L’organizzazione di mostre temporanee si sta rivelando una pratica sempre più
diffusa e con la quale la maggior parte delle istituzioni tendono a identificare la
propria programmazione, a discapito, talvolta, della valorizzazione delle sale della
collezione permanente.
4
Accanto a mostre colossali dedicate a artisti e movimenti
artistici ormai considerati chiavi vincenti da un punto di vista dell’audience, non
penso ai soli maestri di inizio secolo come Picasso, Matisse, Dalì, Duchamp, o
agli artisti americani della Pop Art, ma ai contemporanei Matthew Barney,
Maurizio Cattelan, Vanessa Beecroft, ci sono esposizioni che invece continuano a
guardare alla sperimentazione, alla provocazione, alla promozione di giovani
artisti richiamando inevitabilmente un pubblico più di settore. Questo divario e
differenti tendenze non dovrebbero stupire: “la gente ama ciò che conosce già e
non l’ignoto, e, il nuovo, ignoto per definizione, crea imbarazzo, soprattutto a una
massa il cui gusto è stato educato da maestri del conformismo come registi
hollywoodiani, delle telenovelas e dei fotoromanzi.”
5
, con questa reale vena
polemica Angela Vettese vuol sottolineare un aspetto non trascurabile dell’arte
contemporanea: la necessità e il “dovere” che essa ha di sperimentare andando
talvolta a discapito di un pubblico sempre più di settore. E’ forse in questo che
dovrebbero credere le istituzioni e ancora di più, coloro che sostengono i
4
Cfr. P.Rosemberg, Mostre-killer, in “Il giornale dell’arte”, n. 228, gennaio 2004, p.19.
5
A.Vettese, A cosa serve l’arte contemporanea, Torino 2001, p. 31.
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finanziamenti: non aspettarsi mai una considerevole presenza di pubblico, ma
essere in grado di immettersi nella linea del contemporaneo restando fedeli a
scelte programmatiche, attraverso calendari più o meno fitti con programmazioni
annuali, biennali, triennali, per le grandi strutture scadenze ancora più lunghe.
Le mostre inseguono diverse vocazioni, proprio per cercare di accontentare un
pubblico sempre più eterogeneo: grandi monografiche, su cui si investe molto,
collettive che concernono più che altro la giovane arte o nuove tendenze, video
installazioni, performances sempre più all’avanguardia ma a volte rischiose nel
riscontro di pubblico.
I più grandi interventi e finanziamenti vengono investiti nella fruizione e negli
apparati comunicativi mirati a rivolgere l’interesse e l’attenzione di un pubblico a
volte ignaro. Pubblicizzare, diffondere e comunicare l’evento resta comunque lo
strumento migliore per attirare un pubblico sempre più esteso e diversificato.
Attraverso appositi staff interni al museo, la didattica è negli ultimi anni un
elemento indispensabile delle attività culturali, una risorsa che si traduce anche in
un programma di comunicazione: visite guidate, cicli di conferenze, attività
pedagogiche, cicli di proiezioni, postazioni multimediali, grandi biblioteche
specializzate. La zona dei servizi ha assunto un valore molto più forte negli ultimi
anni: accanto alle biglietterie si trovano sempre più grandi bookhoops, gestiti da
grandi case editrici, negozi di oggettistica ma anche alto design.
Il ruolo del curatore si è certo rinnovato, delineato e definito in questi
ultimi anni, in conseguenza anche alla necessità da parte dei musei e varie
istituzioni di investire una buona parte delle proprie risorse in mostre temporanee.
Il conservatore del museo non è più unicamente impegnato nella valorizzazione e
nella conservazione della collezione, dei servizi da offrire al pubblico e della
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sopravvivenza da un punto di vista finanziaria dell’istituzione. Il curatore è oggi
un critico attento, sempre aggiornato sulle nuove tendenze, colui che per essere a
caccia di novità è sempre in giro a promuovere la propria istituzione, se stesso, gli
artisti nei quali crede, e sempre pronto a interagire con gli eventi e il circuito
dell’arte.
Immancabilmente presente a tutti gli appuntamenti internazionali di
maggior risalto, mostre di grido ma anche grandi manifestazioni espositive
periodiche come Biennale di Venezia, di Valenza, di Instanbul, di Lione,
Documenta di Kassel; attento alle nuove tendenze e informato sugli andamenti del
mercato dell’arte, propositivo, egli, deve essere sempre in grado di estendere la
propria cultura in maniera parallela e multi disciplinare. Dunque lo spazio
espositivo non è soltanto il punto di arrivo né per l’artista né per il curatore, “lo
spazio espositivo della mostra è diventato negli ultimi decenni il luogo
fondamentale di accadimento del processo creativo e di costruzione del discorso
critico”
6
.
Nonostante la forte necessità e richiesta di investire in mostre espositive
temporanee, la collezione permanente resta una ricchezza con cui ogni museo o
istituzione privata tendono a identificarsi, spesso esposta a rotazione, alle volte
può invece essere totalmente rimossa per lasciare lo spazio a una grande mostra.
La collezione permanente resta comunque un riferimento nell’attività museale, il
dovere che il museo d’arte contemporanea ha di iniziare a investire su se stesso
per un futuro prossimo, per la memoria futura dell’attuale contemporaneità.
Paradossalmente sottoforma di ossimoro l’espressione conservare il
contemporaneo risulta sempre più imprescindibile: catalogare il lavoro degli
6
M. Bortolotti, Il critico come curatore, Silvana editore, 2003, p.32.
14
artisti, archiviare per promuovere è un‘attività che da tempo l’Associazione di
Viafarini a Milano si è imposta già dalla fine degli anni ’80. All’interno del
programma è annesso il più ampio progetto di Italian Area: un database,
consultabile via on line, in cui vengono inseriti dati e opere dei giovani artisti che
possono promuovere se stessi mettendo a disposizione dati nel web consultabili in
sede dal pubblico ma anche da critici, galleristi e curatori.
L’associazione sta abbracciando l’interesse di istituzioni che, come nel
caso della Fondazione Bevilacqua La Masa integra il database con un proprio
archivio di giovani artisti locali. Risulta fondamentale come dispositivo di
promozione dei piccoli e grandi centri di arte contemporanea creare sinergie e
contatti non soltanto con il territorio locale, imprese, ma con altri centri nazionali,
grandi istituzioni e musei stranieri, con i quali creare collaborazioni per far
itinerare mostre, essere pronti a diffondere ciò che è passato nella realtà di una
metropoli in un circuito diverso. “Occorre pensare ai musei italiani come grandi
musei internazionali. La carenza di istituzioni pubbliche dedicate alla cultura
contemporanea in Italia, ha generato una grande confusione di ruoli. Per troppo
tempo, si è affidato alle gallerie private il compito di promuovere i movimenti
artistici più recenti.”
7
7
Intervista rilascita da Salvatore Lacagnina, direttore della Galleria Civica d’Arte Contemporanea
Montevergini di Siracusa a I Love Museum, l’editoriale dell’Asociazione A.M.A.C.I.
15
I. 3. I luoghi privati del contemporaneo: gallerie, collezioni private
Accanto alla realtà museale istituzionale pubblica, non si può non considerare
l’importante ruolo che riveste tutta la sfera del privato nel sistema dell’arte
contemporanea. Il mercato dell’arte trova, infatti, un terreno molto fertile nelle
gallerie, nelle attività di compravendita di piccoli e grandi collezionisti privati,
nelle aziende che decidono di investire e approfittare degli incentivi di
defiscalizzazione e soprattutto l’intensa attività delle gallerie d’arte, più di due
mila soltanto nel nostro paese. Queste ultime rappresentano, senza alcun dubbio,
la struttura cardine del mercato dell’arte, a esse si deve il merito non solo di tener
vivo e dinamico il sistema artistico, ma anche un ruolo storico che non sempre gli
è stato riconosciuto
8
: esse hanno spesso riconosciuto con anticipo la validità di
artisti innovativi, per la necessità di operare scelte mirate e convincere i
compratori a investire sulle opere di giovani artisti promettenti. Il contesto in cui
l’artista si trova ad esporre presenta un’indubbia finalità commerciale, le opere
vengono commissionate e comprate dal gallerista che ne acquisisce i diritti e il
possesso materiale. Occorre ricordare che le scelte di una galleria vengono operate
fondamentalmente in funzione della clientela a cui sanno di rivolgersi, una
clientela pronta ad accettare le nuove tendenze.
Il collezionista e il ricco mecenate hanno rappresentato in tutta la storia dell’arte,
il motore di molta produzione artistica, essi finanziano economicamente opere di
artisti ancora prima di vederne la realizzazione, artisti di cui riconoscono le
potenzialità, collezionisti onnivori o più fedeli a una corrente, a un periodo, a una
tecnica. Essi si avvalgono o di fiuto e intuizioni personali o si fanno guidare da
8
Cfr Alberto Fiz, Investire in arte contemporanea, Franco Angeli, Milano 1995
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critici competenti, la loro attività nasce da una volontà di investire il proprio
denaro e nutrire la passione a cui dedicano il loro tempo libero e la loro vita, in
Italia si contano molti collezionisti, conosciuti da galleristi esteri e italiani, che si
aggirano nelle gallerie, studi di artisti, case d’aste, sempre avidi di novità.
Inutile sottolineare che la più grande concentrazione di gallerie si trova nel nord
Italia, e in particolar modo a Milano, basti pensare alla fortunatissima attività del
lungimirante Massimo De Carlo, alla gallerie Lia Rumma, Giorgio Marconi, a
Torino la galleria di Franco Noero, Alberto Peola. Gallerie all’interno del circuito
internazionale, proprio per l’aspetto globale che sta assumendo il circuito artistico
commerciale. Accanto al grande collezionismo si sta definendo la figura del
giovane collezionista, il frequentatore di nuove gallerie, aggiornatissimo sugli
artisti, e che se ha soldi da investire, li spende volentieri in opere d’arte.
Dopo aver analizzato in sintesi la diverse realtà pubbliche e private nell’ambito
della promozione dell’arte contemporanea, siamo in grado di vedere come la
realtà delle fondazioni private si collochi nel mezzo di queste due realtà. Vi è
infatti la spinta di un privato che dispone di un patrimonio iniziale e che intende
promuovere e diffondere accanto al proprio nome, l’arte e i giovani artisti, quello
che al contrario di una galleria, si tratta di un’organizzazione senza fine di lucro
che non riceve introiti economici dall’attività. Ciò che le avvicina alla realtà
pubblica è il tentativo di museificare i propri spazi e le loro attività.