4
Dal settembre 1939 fino al giugno 1940 il Medio Oriente
visse nel letargo della “drôle de guerre”, della “guerra fasulla”;
come tutti i territori sottoposti a dominazione britannica e francese,
anche i mandati, l’Iraq e l’Egitto erano automaticamente coinvolti
nelle decisioni prese a Londra e a Parigi.
2
Ma gli effetti del
conflitto, che anche in Europa fino alla primavera del 1940 si
trascinò in una fase di stallo, toccarono solo di riflesso il
Mediterraneo ed il Medio Oriente.
I circoli politici arabi non mostrarono molto entusiasmo per
la causa alleata; il fatto che l’Italia fosse ancora neutrale era un
motivo di sollievo.
3
Non mancarono dichiarazioni ufficiali di
sostegno alla causa della democrazia; ma era diffusa la convinzione
che quella in atto non fosse comunque la guerra degli Arabi. Né
l’Egitto né l’Iraq dichiararono guerra alla Germania allo scoppio
delle ostilità; una politica di neutralità sembrò la migliore strategia
possibile.
Ma la caduta della Francia e l’ingresso dell’Italia nella
guerra a fianco della Germania nel giugno del 1940, catapultarono il
Mediterraneo orientale ed il Medio Oriente in prima linea.
Italia e Gran Bretagna si confrontavano ora direttamente per
terra, per mare e nell’aria; la Germania sarebbe potuta venire in
aiuto dell’alleata in ogni momento, mentre il Regno Unito non
poteva più contare su Parigi.
4
2
Cfr. Lukasz Hirszowicz, “The Third Reich and the Arab East”, London, Routledge & Kegan
Paul, 1966, p. 62.
3
Cfr. ibidem.
4
Cfr. Geoffrey Warner, “Iraq and Syria 1941”, London, Davis-Poynter, 1974, p.21.
5
Dal momento che il continente europeo era nelle mani di
Hitler, l’unico teatro di guerra di una certa rilevanza che poteva
essere prevista per il 1940-41, fatta salva un’eventuale invasione
delle Isole Britanniche, era il Medio Oriente.
Il Medio Oriente era vitale per la Gran Bretagna; anche se
ormai il traffico marittimo nel Mediterraneo era diventato
un’impresa assai rischiosa, privando il Medio Oriente del suo
tradizionale ruolo di crocevia delle comunicazioni dell’Impero
Britannico, la regione era ancora lo scudo che proteggeva l’India da
nord-ovest. È opportuno ricordare che nel 1940 non c’erano solo
due nemici reali da considerare, ma anche uno potenziale: l’Unione
Sovietica, che era ancora legata alla Germania dal patto di non
aggressione nazi-sovietico dell’agosto 1939.
5
Il controllo del Medio Oriente era altresì essenziale in
funzione dell’embargo verso l’Europa controllata dai nazisti; a
questo proposito il petrolio svolgeva una funzione di primaria
importanza.
Il sud dell’Iran ed il nord dell’Iraq (Kurdistan iracheno)
erano le zone di produzione più importanti; anche se il petrolio
mediorientale copriva nel 1940 solo il 4.8 per cento della
produzione mondiale, avrebbe potuto costituire una preziosa risorsa
per l’Asse se fosse caduto in mano ai nazisti. Per la Gran Bretagna
era invece essenziale per la sua capacità di condurre campagne
militari in quell’area.
6
5
Cfr. ibidem, pp. 21-22.
6
Cfr. ibidem, pp. 22-23.
6
In Egitto era concentrata la maggior parte delle truppe
britanniche in Medio Oriente; qui si trovava il centro delle linee di
comunicazione mediorientali; la presenza in Egitto consentiva il
controllo del Canale di Suez. Ora tutto questo era direttamente
minacciato.
Gli altri punti strategici sui quali si basava la sicurezza del
Medio Oriente erano: l’Iraq, per il controllo del petrolio iracheno ed
iraniano, e per la strada che collegava Baghdad con Haifa; la
Palestina, che rappresentava la posizione difensiva più
settentrionale per l’Egitto; Aden, essenziale per le linee di
comunicazione nel Mar Rosso; infine, il Kenia, importantissima
“seconda linea”.
7
La minaccia non era solamente esterna: i nazionalisti arabi
più estremisti, che erano rimasti relativamente quieti durante la
“guerra fasulla”, furono molto impressionati dalla sconfitta della
Francia
8
; una vittoria dell’Asse entro breve tempo appariva ora
come un’eventualità tutt’altro che remota. Le loro aspirazioni di
indipendenza ricevettero nuova linfa.
Sembrava prospettarsi per l’Asse un’occasione unica:
estromettere la Gran Bretagna dal Medio Oriente, facendo leva
sull’isolamento in cui si trovava e sull’irredentismo arabo.
Dal novembre 1940 al luglio 1941 gli strateghi britannici
furono letteralmente ossessionati da un possibile “pincer
movement”, un movimento a tenaglia contro l’Egitto: un’offensiva
7
Cfr. ibidem, p.24.
8
Cfr. ibidem.
7
dalla Libia combinata con un’altra da est, qualora i tedeschi fossero
penetrati in Medio Oriente attraverso i Balcani e la Turchia.
9
Comunque sembra che Londra fosse più consapevole delle
opportunità che si offrivano a Berlino di quanto non lo fosse
Berlino stessa.
I nazionalisti arabi erano consapevoli del fatto che
Mussolini nutrisse ambizioni imperialistiche in quella parte del
mondo; detto in breve, l’Italia aspirava a sostituirsi alla Gran
Bretagna e alla Francia quale potenza egemone nel Medio Oriente.
10
Dopo che fu chiaro che la Gran Bretagna non avrebbe
chiesto la pace in conseguenza della caduta di Parigi
11
, Hitler
sembrò pronto ad assecondare le mire del Duce. I nazisti puntavano
a sconfiggere la Gran Bretagna concentrando gli sforzi contro il suo
territorio metropolitano, che se necessario doveva essere invaso.
Solo quando questa possibilità venne meno il Führer si volse, anche
se per poco tempo, ad una strategia che assegnava un ruolo
importante al Mediterraneo ed al Medio Oriente. Nel frattempo era
deciso a lasciare questo teatro di operazioni nelle mani degli
italiani, pur sapendo che i britannici, inferiori numericamente, erano
superiori per ciò che concerne tutti gli altri aspetti.
12
9
Cfr. M. E. Yapp, “The Near East since the First World War”, London, Longman, 1991, p.
390.
10
Cfr. Geoffrey Warner, opera citata, p. 39; “I Documenti Diplomatici Italiani” (d’ora in poi
citati come DDI), Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1952 s., IX serie (1939-1943), vol. V,
n° 114.
11
Il Führer avrebbe preferito un accordo con Londra alla distruzione dell’Impero Britannico,
ritenendo quest’ultimo un importante fattore di stabilità geopolitica.
12
Cfr. Geoffrey Warner, op. cit., p.41.
8
L’atteggiamento tedesco nei confronti del nazionalismo
arabo era, in larga misura, un atteggiamento di indifferenza.
13
Indifferenza, comunque, non significa avversione; questo bastò per
nutrire le speranze di Rashid Alì el-Gailani, del Gran Muftì di
Gerusalemme e dei loro seguaci.
14
Dalla fine di marzo del 1940 Rashid Alì aveva sostituito
Nuri as-Said alla guida del governo iracheno; era stato un acceso
oppositore del trattato del 1930; rispetto al suo predecessore, che
pure era un nazionalista pan-arabo, si mostrava molto meno
disposto alla collaborazione con i britannici.
15
Haji amin el-
Husseini, Gran Muftì di Gerusalemme, era giunto a Baghdad nel
1939, proveniente da Beirut, due anni dopo il suo primo esilio da
Gerusalemme alla capitale libanese; era la figura più carismatica
all’interno del movimento per l’indipendenza araba, ed il suo arrivo
nella capitale irachena contribuì a rendere quest’ultima il capoluogo
dell’attivismo pan-arabo.
16
Costoro presero contatto con l’Asse a più riprese,
soprattutto attraverso l’ambasciatore italiano a Baghdad, Luigi
Gabrielli, e quello tedesco ad Ankara, Franz von Papen; si
attendevano che i nemici della Gran Bretagna prendessero una
posizione più decisa a favore del nazionalismo arabo.
13
Già in “Mein Kampf” è possibile rilevare lo scetticismo di Hitler di fronte ai movimenti di
liberazione nazionale dei “popoli oppressi” (cfr. Adolf Hitler, “Mein Kampf”, Varese, La
Lucciola, 1991, pp. 232-234).
14
Cfr. Geoffrey Warner, op. cit., p. 42.
15
Cfr. ibidem, p. 36.
16
Cfr. Raghid el-Solh, “Britain’s Two Wars with Iraq. 1941, 1991”, Reading (Berkshire, UK),
Garnet, 1996, pp. 79-81.
9
Il Muftì aveva ricevuto dall’Italia svariati milioni per
finanziare la rivolta in Palestina; ma i risultati erano stati assai
magri.
17
Alla fine di luglio del 1940 giunse a Baghdad il colonnello
Newcombe, in missione semi-ufficiale; il suo compito era quello di
tentare di placare i nazionalisti. Ma le proposte di questi sull’unità
araba, sulla Siria e sulla questione palestinese erano inaccettabili
agli occhi di Londra.
Non si sa se Rashid Alì ed il Muftì abbiano mai realmente
creduto alla possibilità di ottenere concessioni dalla Gran Bretagna.
Secondo ciò che Rashid Alì e Nuri as-Said hanno raccontato dopo il
conflitto, l’Iraq sarebbe stato pronto a dichiarare guerra all’Italia e
alla Germania se le richieste sottoposte al colonnello Newcombe
fossero state esaudite; comunque, il fallimento della missione
dell’ex collega di Lawrence d’Arabia fece sì che gli sforzi venissero
concentrati ancora di più nei negoziati con l’Asse.
18
Il Muftì inviò il
suo segretario privato, Uthman Kamal Haddad, in missione a
Berlino e a Roma; il suo compito era quello di proporre una
dichiarazione dell’Asse a favore della causa araba. Ciò che riuscì ad
ottenere fu una dichiarazione congiunta italo-tedesca molto generica
e dopo tutto “innocua”; gli Arabi si attendevano qualcosa in più, ma
l’Asse non aveva ritenuto opportuno sbilanciarsi più di tanto.
19
Il
testo della dichiarazione è il seguente:
17
Cfr. DDI, IX serie, voll. V-VI-VII; “Documents on German Foreign Policy” (d’ora in poi
citati come DGFP), London, HMSO, 1949-64, Series D (1937-1945), voll. XI-XII; Lukasz
Hirszowicz, op. cit., passim; Renzo De Felice, “Il Fascismo e l’Oriente”, Bologna, Il Mulino,
1988, passim.
18
Cfr. Geoffrey Warner, op. cit., pp. 43-48.
19
Cfr. Lukasz Hirszowicz, op. cit., pp. 82-94.
10
“La Germania [l’Italia], che è sempre stata animata da sentimenti di amicizia
per gli Arabi e nutre la speranza che essi possano prosperare ed essere felici ed
assumere un posto tra i popoli della Terra in accordo con la loro importanza
storica e naturale, ha sempre osservato con interesse la lotta dei paesi arabi per
ottenere la loro indipendenza. Nei loro sforzi per il raggiungimento di questo
obiettivo i paesi arabi possono contare sulla piena simpatia della Germania
[dell’Italia] anche per il futuro. Nel fare questa dichiarazione, la Germania
[l’Italia] si trova in pieno accordo con il suo alleato italiano [tedesco]”.
20
La dichiarazione venne trasmessa in lingua araba da Radio
Berlino e Radio Bari il 23 ottobre 1940 e pubblicata sulla stampa
tedesca il 5 dicembre.
I rapporti dell’Asse con gli Arabi continuarono ad avere
poca attinenza con la condotta generale della guerra.
L’obiettivo degli italiani era il raggiungimento del Canale di
Suez; il 13 settembre 1940 avevano attraversato la frontiera libico-
egiziana ed erano penetrati per un’ottantina di chilometri, fino a
Sidi Barrani.
Nel frattempo la strategia tedesca andava subendo
importanti modifiche. In origine Hitler aveva previsto un assalto
diretto alle Isole Britanniche (direttiva n°16 del 16 luglio 1940),
considerata la certezza che Londra non sarebbe scesa a patti.
Allo stesso tempo riteneva che una delle ragioni di questo
comportamento da parte britannica fosse la speranza di un aiuto
sovietico.
21
Perciò il Führer partorì l’idea di una “blitzkrieg”, una
guerra-lampo contro l’URSS.
22
20
DGFP, Series D , vol.XI, n°190.
21
Cfr. Geoffrey Warner, op. cit., p. 57.
22
Hitler non si preoccuperà di informare Mussolini delle proprie reali intenzioni nei confronti
dell’URSS fino alla vigilia dell’attacco. Cfr. lettera del 21 giugno 1941 al Duce (DDI, IX serie,
vol. VII, n° 288).
11
I suoi consiglieri militari non si mostrarono entusiasti
davanti alla prospettiva di una guerra su due fronti; cercarono di
convincere Hitler a concentrare la sua strategia nel Mediterraneo e a
distrarre l’attenzione di Stalin dall’Europa orientale in direzione del
Golfo Persico. Ma il dittatore era sordo a queste proposte. Il 31
luglio 1940 riaffermò l’esistenza del piano di invasione della Gran
Bretagna (“Leone Marino”) ed annunciò la decisione di invadere la
Russia entro la primavera del 1941. Solo nel settembre del 1940 il
fallimento da parte della Luftwaffe di ottenere la superiorità aerea
sulla Manica costrinse Hitler ad abbandonare “Leone Marino”.
Una strategia periferica sembrava ora da preferirsi; il suo
fautore più deciso era l’ammiraglio Erich Raeder, comandante in
capo della marina. Egli proponeva un intervento nel Mediterraneo e
nel Medio Oriente durante l’inverno 1940-41, prima che gli
americani avessero il tempo di intervenire.
23
Vennero formulati piani per una “coalizione continentale”
comprendente, oltre all’Italia ed alla Germania, anche Vichy, la
Spagna e l’URSS; questa non si materializzò mai a causa dei
problemi derivanti dai contrastanti interessi delle potenze che
avrebbero dovuto unirsi per attaccare le posizioni inglesi in Africa,
nel Mediterraneo e nel Medio Oriente.
24
Ma il meeting che riunì Hitler e Mussolini al Brennero il 4
ottobre 1940 destò la più viva preoccupazione a Londra; si diffusero
indiscrezioni a proposito di un possibile movimento a tenaglia
23
Cfr. Geoffrey Warner, op. cit., p. 58.
24
Cfr. ibidem, pp. 59-60.
12
contro l’Egitto.
25
Gli avvenimenti che seguirono sembravano
confermare queste voci: il 7 ottobre una missione militare tedesca
venne inviata in Romania¸ il 28 ebbe inizio l’invasione italiana
della Grecia.
Visti con il senno di poi, i timori britannici non avevano
ragion d’essere. Il meeting del Brennero non produsse nulla di tutto
ciò; la mossa in Romania serviva a proteggere i pozzi petroliferi e
come segnale di avvertimento per Stalin; l’impresa di Grecia era
stata lanciata senza alcun preventivo accordo da un dittatore
frustrato per la situazione ristagnante nel deserto e sospettoso delle
intenzioni di Hitler nei Balcani.
26
La Russia stava sempre più diventando il chiodo fisso del
despota austro-tedesco. Dal novembre del 1940 (visita di Molotov a
Berlino) in poi, era andato convincendosi del fatto che un confronto
con l’orso russo sarebbe stato inevitabile.
27
Raeder raccomandò che
si rinviasse l’assalto all’URSS fino a quando la Gran Bretagna non
fosse stata sconfitta; suggerì di concentrare gli sforzi nel
Mediterraneo orientale, dove avrebbe potuto decidersi l’esito della
guerra. Ma Hitler non era propenso al rinvio. Con la direttiva n°20
del 13 dicembre 1940 fece una piccola concessione al punto di vista
della marina; annunciando l’operazione “Marita” (invasione della
Grecia), prevedeva l’eventuale occupazione di tutto il paese.
28
Ma
25
Sarà un’ossessione che albergherà nelle menti degli strateghi britannici fino alla conclusione
delle operazioni in Iraq e Siria nell’estate del 1941, e anche oltre (cfr. M. E. Yapp, op. cit., pp.
390-391).
26
Mussolini informò Hitler dell’attacco alla Grecia poche ore dopo l’inizio delle operazioni.
Questo fu solo uno dei tanti episodi rivelatori dell’antagonismo, spesso latente ma sempre
presente, tra Roma e Berlino.
27
In realtà Hitler non aveva mai abbandonato l’idea di abbattere l’URSS alla prima occasione
che si fosse presentata, nemmeno dopo la firma del patto di non aggressione dell’agosto 1939
(cfr. Erich Kordt, “La Politica Estera del Terzo Reich”, Milano, Garzanti, 1951, p. 233).
28
Cfr. Geoffrey Warner, op. cit., p. 63.
13
la direttiva n°21 del giorno 18 stabiliva che la Wehrmacht doveva
essere pronta ad una campagna-lampo contro la Russia
(“Barbarossa”) anche prima della conclusione della lotta contro
l’Impero Britannico; dava ordine che i preparativi fossero
completati entro il 15 maggio.
29
I Britannici erano all’oscuro delle reali intenzioni di Hitler.
Nelle loro menti era costantemente presente la “tenaglia”; la loro
attenzione era focalizzata sulla Turchia, sulla Siria e sull’Iraq. In
particolare, erano ormai risoluti a tenere una linea dura nei confronti
di Rashid Alì, dei cui ammiccamenti verso l’Asse erano bene
informati; si fece pressione sul Reggente perché el-Gailani fosse
estromesso dal governo e furono adottate sanzioni economiche nei
confronti di Baghdad.
30
Alla metà di dicembre del 1940 l’escalation
di tensione tra Gran Bretagna e nazionalisti iracheni aveva già
raggiunto un punto di non ritorno. Vedremo in seguito quali
sviluppi ne conseguiranno.
Dopo una fase di stallo, la guerra in Nord Africa vide
un’offensiva britannica iniziare il 9 dicembre 1940; il 6 febbraio
1941 l’intera Cirenaica era in mano alle truppe del
Commonwealth.
31
Ma il 12 febbraio giunse a Tripoli la “volpe del
deserto”, Erwin Rommel, con il compito di assumere il comando
dell’Afrika Korps, il contingente tedesco in Libia.
32
29
Cfr. DGFP, Series D, vol. XI, n° 532.
30
Cfr. Geoffrey Warner, op. cit., pp. 64-66.
31
Cfr. ibidem, p. 67.
32
Cfr. Sir Winston Churchill, “La Seconda Guerra Mondiale”, Milano, Mondadori, 1950, parte
III, vol. I, p. 231.
14
Nel marzo del 1941 la Bulgaria e la Jugoslavia aderirono al
Patto Tripartito; la Romania e l’Ungheria erano già satelliti
dell’Asse.
33
L’operazione “Marita” era stata fissata per il 1°aprile,
ma il golpe anti-tedesco a Belgrado il 27 marzo (due giorni dopo la
adesione al Tripartito) ne causò il rinvio di alcuni giorni ed indusse
Hitler ad includervi anche la Jugoslavia.
34
Sappiamo oggi che le operazioni nei Balcani furono il
preludio ad un assalto all’URSS e non al Medio Oriente; Sir
Winston Churchill dichiarò di avere previsto ciò che sarebbe
accaduto già alla fine di marzo:
“Questo fatto mi illuminò su tutta la situazione orientale come il balenare di un
fulmine. L’improvviso trasferimento a Cracovia di tante forze corazzate
necessarie nel settore balcanico poteva solo significare l’intenzione di Hitler di
invadere la Russia in maggio. Questo, secondo me, da quel momento, doveva
essere il suo principale obiettivo. Il fatto che la rivoluzione di Belgrado avesse
imposto il loro ritorno in Romania poteva forse comportare un rinvio da
maggio a giugno”.
35
Ma il quadro della situazione non fu completamente chiaro
fino al 22 giugno, quando “Barbarossa” venne messo in atto.
Nel frattempo il coinvolgimento britannico prima in Grecia
e poi a Creta doveva lasciare il generale Sir Archibald Wavell
(comandante in capo dell’esercito per il Medio Oriente) a
fronteggiare una situazione che si stava deteriorando in Nord
Africa, in Siria ed in Iraq.
36
33
Cfr. René Albrecht-Carrié, “Storia Diplomatica d’Europa 1815-1968”, Bari, Laterza, 1978,
pp. 626-627.
34
Cfr. Geoffrey Warner, op. cit., p. 69.
35
Sir Winston Churchill, op. cit., pag.400.
36
Cfr. Geoffrey Warner, op. cit., p.69.
15
A questo punto ci appare opportuno compiere un balzo
all’indietro nella storia dell’Iraq per meglio comprendere quello che
accadde nei mesi di aprile e maggio del 1941 nella terra dei due
fiumi.
16
2. L’Iraq tra le due guerre
Durante la Prima Guerra Mondiale, la Gran Bretagna aveva
conquistato l’Iraq a spese dell’Impero Ottomano; con la fine delle
ostilità si trovò a dover decidere cosa fare di quel territorio.
Per varie ragioni un completo ritiro non era consigliabile.
Tanto per cominciare l’Iraq sarebbe potuto diventare uno scalo
aereo importantissimo sulla rotta Egitto-India; appariva pure
opportuno mantenere una forza militare in Iraq in ragione della
presenza nel sud-ovest della Persia dei pozzi della Anglo-Iranian
Oil Company e della raffineria di Abadan. Si presupponeva inoltre
la presenza di ricchi giacimenti nel nord dell’Iraq; restare in Iraq
significava anche prevenire eventuali mire espansionistiche di altre
potenze nel Golfo Persico. Una riconquista da parte turca sarebbe
poi stata vista come uno scacco al prestigio della Gran Bretagna;
per finire, i britannici restarono in Iraq al fine di ottenere qualche
vantaggio a lungo termine dopo il tremendo sforzo bellico sostenuto
per conquistarlo.
37
Una volta deciso di restare in Iraq, occorreva pensare alla
forma da dare al governo del paese.
Secondo i termini del Trattato di Versailles del 1919, la
Gran Bretagna venne a far parte della Società delle Nazioni.
Nell’aprile del 1920, alla Conferenza di San Remo, il governo di
Sua Maestà Britannica accettò il mandato dell’Iraq secondo i
termini dell’art.22 del Patto della S.d.N.
38
37
Cfr. Daniel Silverfarb, “Britain’s Informal Empire in the Middle East. A Case Study of Iraq,
1929-1941”, New York, Oxford University Press, 1986, pp. 3-4.
38
Si trattava, come per la Palestina e per la Transgiordania, di un mandato di categoria “A”.