II
Williamson e Perrow hanno esaminato l’azione delle organizzazioni sull’ambiente e hanno
sottolineato la stretta dipendenza da vincoli e risorse esterne. L’‹‹Economia dei costi di transizione››
ha superato la netta distinzione tra ambiente esterno e interno del modello classico, ipotizzando una
impresa flessibile e multiforme dai confini problematici.
Si può citare, inoltre, la Scuola Neo-Istituzionale che trascende il livello delle singole organizzazioni
per studiare il contesto in cui esse operano e le dinamiche interorganizzative.
Questo carattere fortemente condizionante dell’ambiente esterno, se è ormai una acquisizione
indiscussa per le imprese, risulta invece ridimensionato e più problematico per le strutture
organizzative pubbliche.
Le organizzazioni pubbliche sono di fatto rimaste legate al più tradizionale modello burocratico:
l’assetto organizzativo è predeterminato per legge e le risorse, di qualsiasi tipo esse siano, sono
spesso garantite attraverso meccanismi indipendenti da strategie di efficienza e razionalizzazione.
Per questo le strutture burocratiche pubbliche sono sempre state particolarmente chiuse ed
autoreferenziali.
L’apertura all’esterno della pubblica amministrazione, soprattutto alle esigenze dei soggetti che
fruiscono dei suoi servizi e prestazioni, paragonabili ai clienti dell’impresa privata, è un tema
affrontato solo di recente in Italia.
Le motivazioni della recente apertura verso l’ambiente esterno sono da ricercare nella
privatizzazione di alcuni enti pubblici, nell’introduzione del regime di concorrenza nel settore
pubblico, nell’affermarsi dei principi di efficacia, efficienza ed economicità nella gestione degli
uffici della pubblica amministrazione, nella presa di coscienza dei propri diritti di cittadino da parte
dell’opinione pubblica.
Si è cercato di introdurre per via legislativa una nuova cultura di servizio nella pubblica
amministrazione attraverso interventi riformatori orientati ad impostare in termini nuovi il rapporto
tra apparati pubblici e cittadini.
E’ per questo che si sono incentivate nuove modalità comunicative e si è cercato di ampliare lo
spazio di relazione delle varie amministrazioni anche istituendo apposite strutture preposte alla
comunicazione e all’ascolto. Ciò al fine di recuperare l’interazione e il confronto con l’esterno, per
superare la chiusura degli apparati pubblici.
Il presente lavoro intende appunto esaminare tale problematica, soprattutto allo scopo di verificare
se l’introduzione di nuove modalità comunicative e di ascolto nella pubblica amministrazione abbia
contribuito a determinare un mutamento dell’assetto organizzativo tradizionale.
III
Si cercherà quindi di verificare, nella prima parte del lavoro, se lo sviluppo della comunicazione
istituzionale e l’introduzione nel settore pubblico delle tecniche della customer satisfaction abbiano
avuto effetti sul tradizionale modello burocratico determinandone un significativo cambiamento e se
essi stessi si siano posti come fattori di evoluzione organizzativa.
La seconda parte del lavoro consiste in una ricerca sul campo, svolta presso l’ Ufficio Relazioni per
il Pubblico di Spoleto, in cui ho portato a termine un’indagine di citizen satisfaction che ha occupato
tutto il mese che va dal 27 ottobre al 27 novembre 2003, con la collaborazione della Dott.ssa Maria
Teresa Paris, Responsabile dell’Ufficio Servizi di Comunicazione della Provincia di Perugia, della
Dott.ssa Ravagli, Responsabile interente dell’URP di Spoleto e delle operatrici dello Sportello del
cittadino di Spoleto.
Il periodo di stage durante il quale ho realizzato la ricerca, volta a misurare il grado di
soddisfazione dei cittadini riguardo ai servizi ricevuti, ha rappresentato uno strumento di analisi
privilegiato per approfondire le tematiche della comunicazione istituzionale, della customer
satisfaction e degli impatti organizzativi.
1
CAPITOLO PRIMO
IL SUPERAMENTO DEL MODELLO BUROCRATICO TRADIZIONALE: LE
LEGGI DI RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE PREVEDONO
NUOVI MODELLI ORGANIZZATIVI
1.1 IL MODELLO BUROCRATICO TRADIZIONALE
L’approccio teorico al modello burocratico tradizionale deve il contributo di alcuni
sociologi dell’organizzazione burocratica che ci permettono di accostarci ai temi che
riguardano la burocrazia, analizzandoli da un punto di vista, storico, sociale, culturale,
organizzativo e manageriale.
Un’analisi dei modelli organizzativi della pubblica amministrazione e delle moderne
forme comunicative da essa utilizzata non può prescindere, quindi, da un’ approccio di
questo tipo, che costituisce la solida base teorica cui ancorare i temi che affronteremo nei
prossimi capitoli.
In particolare mi soffermerò sui modelli burocratici teorizzati da Weber, Merton,
Gouldner, Crozier e Mitzberg.
Secondo Max Weber, la burocrazia costituisce l’ apparato amministrativo tipico del
potere legale, che si è affermato nella società moderna con lo Stato di diritto. Nello Stato
di diritto il cittadino non è più suddito, viene sancito il principio dell’uguaglianza formale
di tutti i cittadini di fronte alla legge. Tale principio diviene incompatibile con la
conservazione di amministrazioni tradizionali, che sono basate sull’esistenza di privilegi
e non sono tenute a rispondere dei propri atti, se non di fronte al sovrano assoluto.
2
La comparsa della democrazia formale
1
richiede, secondo l’autore, la costruzione di un
apparato amministrativo conforme ai suoi principi, questo apparato è la burocrazia. Solo
questa infatti è in grado di prevedere in linea di principio per tutti i cittadini pari diritti e
doveri, trattamenti uguali, imparziali e conformi alle norme, che vanno dalle prestazioni
dei servizi cui ogni cittadino ha diritto: giustizia, istruzione, sanità, ordine pubblico, al
pagamento delle tasse.
L’apparato burocratico si struttura, secondo Weber, sulla base di alcuni principi chiave:
quelli di competenza e divisione dei compiti, di esercizio del potere conformemente a
norme prestabilite, di gerarchia e di conservazione del segreto d’ufficio, ossia la
conservazione di tutti gli atti relativi al funzionamento dell’apparato, che è rigidamente
separato dalla vita privata dei funzionari. Ai burocrati è richiesta un’attività professionale
a tempo pieno, che si fonda su una preparazione specializzata: da qui la superiorità
tecnica della burocrazia rispetto alle precedenti forme amministrative e l’intrinseca
razionalità dell’agire burocratico, informato a criteri di razionalità rispetto allo scopo.
Tali criteri sono quelli di metodicità e di neutralità affettiva.
L’individuo che agisce razionalmente rispetto allo scopo persegue con costanza e con
metodo gli obiettivi, valuta i mezzi in rapporto agli scopi, gli scopi in rapporto alle
conseguenze e valuta eventualmente anche i possibili scopi in rapporto tra loro,
calcolando costi e benefici, adattando gli specifici obiettivi alle circostanze, escludendo
qualsiasi emotività. Ciò fa si che gli atti burocratici siano in linea di principio più
efficienti, più economici, più oggettivi degli atti compiuti nelle amministrazioni
preburocratiche.
Imparzialità, trattamenti uguali e prevedibili ispirati a regole certe, tecnicismo e divisione
del lavoro – ma anche impersonalità e staticità – sono, per l’autore tedesco,
caratteristiche sviluppatisi con l’avvento della democrazia di massa, come risposta agli
antichi arbitri e privilegi.
1
L’espressione ‹‹democrazia formale›› si distingue da quella di ‹‹democrazia sostanziale››, la prima indica
un certo insieme di mezzi, i cosiddetti ‹‹universali procedurali››, ossia un insieme di regole procedurali per
la costituzione del governo e per la formazione delle decisioni politiche; la seconda espressione indica
invece un certo insieme di fini, qual è soprattutto il fine dell’uguaglianza non soltanto giuridica ma anche
sociale se non economica, indipendentemente dalla considerazione dei mezzi adoperati per raggiungerli.
(Bobbio N. in Dizionario di politica , UTET, pagg. 305-306 ).
3
Weber non ignora certamente le inefficienze della burocrazia: ma la grande novità è che
nella burocrazia le inefficienze possono apparire e essere denunciate in quanto esistono
norme che le sanzionano, mentre nelle amministrazioni preburocratiche la mancanza di
norme per definire efficienza e obiettività impedisce la stessa denuncia giuridica degli
arbitri.
Weber non giunge però a conclusioni ottimistiche sulle prospettive aperte dalla
burocrazia stessa, la profondità della sua analisi si esprime proprio nel sottolinearne
alcune ambivalenze, ossia il rischio che gli stessi elementi indicati come fattori di
superiorità tecnica della burocrazia, rispetto alle amministrazioni preburocratiche, si
trasformino in minacce per l’uomo.
L’autore indica tre ambivalenze: burocrazia e politica, burocrazia e spersonalizzazione,
burocrazia e razionalità.
L’ambivalenza su cui mi preme soffermarmi è la prima, quella che intercorre tra
burocrazia e politica.
Weber fa un distinguo tra democrazia passiva e democrazia attiva, tra estensione di diritti
e doveri e partecipazione effettiva alle decisioni politiche.
La burocratizzazione dello Stato è, per Weber, lo strumento con cui viene soddisfatto il
primo aspetto della democrazia, ma proprio lo sviluppo della burocrazia contiene
elementi che ostacolano la democrazia come partecipazione. Un corpus omogeneo di
funzionari, che per motivi professionali, disbriga da anni con discrezione, metodo e
competenza un medesimo tipo di pratiche è destinato ad acquisire un potere di fatto che
va molto al di là del potere amministrativo svolto. La riservatezza si esprime in
avversione alla pubblicità e alle indagini, in ricorso al segreto d’ufficio contro chi
dall’esterno vorrebbe conoscere strutture e modi di procedere. In tal modo la burocrazia
difende la propria autonomia da interferenze esterne, ma difende anche se stessa da
eventuali critiche e trova modo di sottrarsi al controllo dei cittadini e dell’ autorità
politica, che sia esercitata da governi o parlamenti.
Nonostante Weber si limiti a sottolineare i contrasti insanabili della burocrazia, egli
sembra anticipare di quasi un secolo le motivazioni che hanno spinto il legislatore a
intervenire a favore della pubblicità degli atti amministrativi e a promuovere la
comunicazione istituzionale, al fine di avvicinare l’utente alla pubblica amministrazione,
così che egli possa esercitare pienamente i suoi diritti di partecipazione politica.
4
Merton raggiunge un punto di osservazione nuovo, sui confini del modello weberiano,
recupera la dimensione soggettiva dell’agire come oggetto d’analisi.
La dimensione soggettiva è centrale nel patrimonio concettuale di Weber, per il quale le
istituzioni organizzate vanno studiate non come strutture ‹‹in sé››, già date e che
prescindono dall’agire umano, ma sempre in riferimento all’agire sociale delle persone
che vi lavorano o che per qualsiasi motivo vengono a contatto con esse.
Mentre Weber osserva l’agire individuale per spiegare l’intrinseca razionalità del
modello burocratico tradizionale, Merton studia alcuni aspetti caratteristici della
personalità di chi opera in strutture burocratiche e focalizza l’attenzione sulla tensione tra
la dimensione soggettiva dell’agire e le conseguenze oggettive delle azioni, per
dimostrare come la razionalità del modello proposto da Weber contenga in sè i germi di
potenziali disfunzioni. Questo tipo di critica è possibile perché egli ragiona sugli effetti
inattesi e non voluti di una serie di iniziative che, nelle intenzioni di chi le promuove,
dovrebbero dare ai cittadini una amministrazione efficiente.
Merton evidenzia soprattutto il concetto di funzione latente, intesa quale conseguenza
oggettiva di una data azione sociale , ma non espressamente voluta né ammessa.
La burocrazia si troverebbe ad avere così, secondo Merton, una ‹‹incapacità
addestrata››
2
di adattarsi al nuovo perché vincolata alla specializzazione per procedure,
alla loro standardizzazione e al meticoloso rispetto delle norme regolamentari; l’azione
burocratica diviene rigida e statica, negando flessibilità all’addestramento, incapace di
adeguare le norme al mutamento sociale.
Il mancato adattamento provocherà ansie e frustrazioni al funzionario a causa del
mancato perseguimento degli scopi per cui l’organismo burocratico era stato creato.
L’incapacità di adattamento al nuovo è il primo caso di funzione latente
dell’ordinamento burocratico individuato da Merton.
Altra funzione latente della burocrazia individuata dall’autore è quella del ritualismo
burocratico: l’atteggiamento fortemente conformista derivante dall’adesione a regole che
non sono più percepite come mezzi, ma esse stesse come fini. Il funzionario, ligio
soltanto al regolamento, si dimentica che il fine dell’istituzione in cui lavora è quello di
servire il pubblico.
Nel sistema burocratico classico, inoltre, i progressi di carriera sono legati all’anzianità
anziché essere conseguenza di confronto e competizione individuale, al fine di
minimizzare dannose competizioni.
5
Questo dà vita, secondo l’autore, a due funzioni latenti: la creazione di uno spirito di
corpo, che porta spesso i burocrati a difendere i propri interessi costituiti piuttosto che
assistere gli utenti, e l’orgoglio di mestiere, che spinge il funzionario a resistere al
cambiamento della prassi prestabilita o a quei cambiamenti che percepisce come imposti
dall’esterno.
Un’altra fonte strutturale di disfunzione si trova, per Merton, nell’irriducibile contrasto
tra il modo di procedere del burocrate e le aspettative dell’utente. Il comportamento del
burocrate è fortemente impersonale e il dovere di essere sensibile ai multiformi problemi
degli utenti gli si manifesta nella ‹‹categorizzazione›› di quei problemi, ossia nel
catalogarli secondo regole generali e astratte. Dal canto suo l’utente richiede un
trattamento più diretto e personalizzato e non gradisce il comportamento stereotipato del
burocrate che riduce il suo caso a una pratica. La tensione aumenta quando il sentimento
del funzionario di essere un fedele servitore della norma si traduce in un atteggiamento
che all’utente appare altezzoso e arrogante. L’ideologia secondo cui la pubblica
amministrazione dovrebbe sempre essere ‹‹al servizio del cittadino›› appare smentita
dalla posizione di supremazia che il burocrate assume di fatto di fronte al cittadino.
Tuttavia questa disfunzione – spiega Merton - ha radici che vanno oltre il semplice
contrasto tra aspettative personali. La disfunzione attiene alla natura stessa della
burocrazia, che ha una struttura di gruppo secondaria, caratterizzata da formalità e
impersonalità dei rapporti, ‹‹al fine di esplicare determinate attività che non potrebbero
essere adempiute in modo soddisfacente se si seguissero i criteri propri dei gruppi
primari››
3
. Se da un lato gli utenti chiedono che i funzionari dimostrino duttilità e che
quindi introducano nel loro comportamento valutazioni di tipo personale, dall’altro lato
se un trattamento personale sostituisse un trattamento impersonale previsto dal
regolamento, ciò provocherebbe diffusa disapprovazione e accuse di favoritismo e
nepotismo.
Merton dunque dimostra la inevitabilità strutturale di alcune disfunzioni della burocrazia
e per questo non fornisce proposte di soluzione.
Merton influenzerà, però, il successivo dibattito sulla burocrazia e sull’esigenza di
progettare modelli organizzativi più complessi e flessibili, che si adattino alla personalità
e al comportamento di chi opera all’interno delle strutture pubbliche e che permettano sì
di rispettare le norme regolamentari, ma allo stesso tempo prevedano ‹‹eccezioni››, al
2
Cfr.Robert K. Merton (1949, 1^ ed.) Social Theory and Social Structure, Glencoe, Free Press, tr. it.
(1966, 2^ ed.) Teoria e struttura sociale, Bologna, Il Mulino.
3
Cfr. Robert. K. Merton, Ibidem.
6
fine di svolgere al meglio la funzione di servizio al cittadino, cui l’amministrazione
pubblica è preposta.
Anche nella successiva analisi di Gouldner si fa riferimento al concetto di funzione
latente, in particolare per individuare e analizzare i diversi modelli normativi che
definiscono tipologie distinte di burocrazia.
La diversità delle situazioni lavorative suggerisce a Gouldner l’opportunità di
abbandonare l’ipotesi weberiana di un solo modello unificante dei fenomeni burocratici.
Nella burocrazia weberiana, secondo l’autore, c’è una contraddizione fra principio di
disciplina gerarchica e principio di competenza professionale, chi ha posizioni di alta
competenza e responsabilità tende ad avere un comportamento autonomo, anche dalla
gerarchia. Esistono infatti professioni in cui la competenza è riconosciuta come principio
superiore a quello della disciplina e altre in cui è vero il contrario. Da ciò Gouldner
intravede la necessità di ipotizzare non un solo modello di burocrazia ma almeno due
distinti modelli, che dipendono dai diversi contenuti del lavoro.
In contesti lavorativi caratterizzati da basso contenuto professionale risulta prevalente il
principio di disciplina (modello di burocrazia pura), mentre in situazioni caratterizzate
da accentuata professionalità, il principio di competenza prevale su quello gerarchico
(modello di indulgenza). Gouldner raggiunge questi risultati, non soltanto attraverso la
letteratura esistente, ma anche attraverso la discesa sul campo di una ricerca empirica e
rileva che in una stessa organizzazione si possono rintracciare, in tempi successivi, i due
diversi modelli normativi.
Nel modello di indulgenza le regole sono spesso accettate consensualmente, per
convenienza reciproca o responsabilità professionale, vengono salvaguardati margini più
ampi di iniziativa e di autonomia.
Il modello di burocrazia pura è caratterizzato invece da forte burocrazia, gerarchia
formale, direzione accentrata e impersonale, uso di premi e sanzioni, forte controllo.
Il modello di Goldner è ricco di possibili applicazioni nel cogliere le complessità e le
ambivalenze che attraversano un’organizzazione di lavoro.
Il paradigma weberiano, secondo l’autore, non solo non è in grado di interpretare l’intera
fenomelogia burocratica, ma soprattutto non è in grado di ispirare la progettazione di
modelli adeguati alla crescente complessità delle organizzazioni contemporanee. Il
tentativo di Gouldner di individuare una pluralità di principi normativi, operanti nella
stessa organizzazione, va riconosciuto come antesignano di un nuovo indirizzo di
ricerche.
7
Bonazzi afferma che il modello classico di burocrazia di stampo weberiano si può
superare ammettendo che la diffusione delle strutture organizzative comporta una loro
evoluzione ed una pluralità di modelli pratici e concettuali possibili
4
.
Gouldner spiana la strada alla letteratura e alla pratica manageriale, con l’individuazione
dei principi di competenza, di disciplina e i relativi contenuti del lavoro che li
caratterizzano.
Sul tema dei rapporti all’interno di una organizzazione burocratica si può citare anche la
recente analisi di Crozier, analisi che si riferisce al modello pubblico francese
5
.
Crozier non assume la burocrazia nella definizione weberiana di modello tipico ideale di
amministrazione razionale, ma la assume nel significato peggiorativo e non tecnico del
linguaggio popolare, dove evoca l’idea di apparato lento, pesante, inutilmente complicato
e poco efficiente.
Secondo Crozier, la burocrazia può essere definita come un’organizzazione incapace di
correggere i propri errori. Quelle che, Merton e Gouldner considerano come le
conseguenze inattese di un apparato, che in teoria dovrebbe funzionare in modo razionale
rispetto allo scopo, diventano per Crozier delle componenti fondamentali e tipiche della
burocrazia, dei circoli viziosi relativamente stabili che garantiscono l’equilibrio e il
funzionamento stesso del sistema burocratico.
Crozier sottolinea l’importanza del potere dell’individuo come controllo dei margini di
incertezza aggiungendo che è importante studiare le funzioni di un sistema burocratico,
ma a patto di vederle come effetto delle strategie che i soggetti mettono in atto all’interno
di quel sistema.
Emerge così dall’analisi dell’autore una ricostruzione del tutto originale della dimensione
del potere e della libertà individuale all’interno dell’organizzazione: il potere è
essenzialmente possibilità di scelta e strategia, nonché controllo dei margini di
incertezza. Coloro i cui comportamenti sono prevedibili risultano i più facilmente
controllabili, mentre l’imprevedibilità del comportamento è fonte di libertà e, nello stesso
tempo, di potere.
4
Bonazzi G. (1995) Storia del pensiero organizzativo, Milano, Franco Angeli, pag. 76
5
Crozier effettua la sua ricerca sul campo presso l’Istituto contabile parigino dipendente dal Ministero
delle finanze e presso un Monopolio di produzione industriale che, anche se l’autore non lo esplicita, si
deduce sia quello dei Tabacchi.
8
Le dinamiche all’interno di una organizzazione burocratica sono, per l’autore, più
complesse di quelle risultanti dall’organigramma e dalla gerarchia ufficiale.
Le lotte di potere hanno logiche individuali che possono perseguire fini del tutto diversi
da quelli oggettivi dell’organizzazione, specie in organizzazioni pubbliche, che non
hanno problemi di sopravvivenza e di confronto con il mercato.
La razionalità delle condotte individuali, volta a salvaguardare margini di discrezionalità
e spazi di autonomia, non coincide con quella ufficiale dell’organizzazione.
Comportamenti apparentemente disfunzionali o irrazionali possono perciò trovare
spiegazione, secondo Crozier, come strategie individuali di tutela della propria
‹‹nicchia››, del proprio micropotere.
Il ritualismo del burocrate va visto non tanto come un adattamento passivo alle pressioni
del sistema, quanto come una strategia che il burocrate mette in atto per difendere la sua
libertà d’azione, il suo micropotere di fronte ai superiori e all’utenza. Altre strategie
possibili sono per Crozier, il distacco, il disinteresse, la rinuncia consapevole a
partecipare.
La non partecipazione è anzi una delle strategie più diffuse nelle organizzazioni
burocratiche, secondo l’autore francese i soggetti valutano che non vale la pena farsi
coinvolgere e che una strategia di fuga dalle responsabilità è spesso il modo più
conveniente per difendere la propria indipendenza.
Da queste caratteristiche strutturali, il modello burocratico è, per Crozier, incapace di
mutamento e può cambiare solo attraverso crisi che lo investano totalmente, tali da
giustificare profondi ed incisivi interventi riformatori.
L’autore pone, inoltre, l’esigenza di razionalizzare le amministrazioni attraverso il
superamento del sistema burocratico tradizionale, per renderle più flessibili e decentrate.
Si delinea così, secondo Bonazzi, un suggestivo capovolgimento del modello weberiano
6
.
Se per Weber, la burocrazia rigida e impersonale è lo strumento per eccellenza della
razionalizzazione moderna, la tesi di Crozier è che ora, proprio per portare avanti il
processo di razionalizzazione, è necessario uscire da quel modello e progettarne un altro
che incorpori quei valori di flessibilità e innovazione che, finora, sembravano preclusi
all’amministrazione pubblica.
Crozier indica risorse nuove ed esterne alla burocrazia che possono vivificarla e
trasformarla e, in particolare, egli individua le nuove tecnologie informatiche e la crescita
culturale nella società civile come i fattori che consentiranno agli individui un più ampio
6
Bonazzi G. (1995) Storia del pensiero organizzativo, Milano, Franco Angeli, pag. 113.
9
margine di autonomia nel luogo di lavoro. E’ quest’ultimo un punto essenziale, collegato
alla possibilità di ipotizzare modelli burocratici differenziati in relazione al tipo di lavoro
e di mansioni esercitate.
Già nel pensiero di Gouldner erano stati contrapposti il principio di competenza e quello
di disciplina, come fonti di distinti modelli burocratici.
Nei più moderni studi di organizzazione aziendale, anche con riferimento agli apparati
burocratici è ormai teorizzata la pluralità dei modelli organizzativi.
In proposito, rilevante è l’opera di Mintzberg, che rappresenta il tentativo più organico e
ambizioso degli anni ’80 di sistemare in un quadro unitario le molteplici indicazioni
scaturite dal dibattito sulla burocrazia e di formulare altresì un modello che indichi le
logiche e i vincoli da rispettare quando si intende progettare le strutture interne di
organizzazioni complesse.
Mitzberg elabora entro un quadro sistematico una pluralità di forme organizzative,
ciascuna con una propria coerenza in relazione a specifici ‹‹fattori situazionali››, sia
interni che esterni.
Mitzberg mette a punto cinque modelli ‹‹puri›› di organizzazione che, come egli stesso
afferma, non si ritrovano mai in quanto tali nella realtà, dove coesistono e spesso si
intersecano e si sovrappongono.
I cinque modelli puramente teorici hanno origine dalla connessione tra i meccanismi con
cui l’organizzazione coordina le attività al proprio interno e le parti fondamentali
dell’organizzazione preposte a tale coordinamento. I meccanismi differiscono a seconda
della complessità e della natura delle attività da coordinare.
Tra le cinque configurazioni ideate da Mitzberg
7
, la burocrazia meccanica e la
burocrazia professionale possono essere utilizzati per descrivere le tipologie presenti
nell’ambito delle amministrazioni.
Nella burocrazia meccanica il meccanismo di coordinamento è basato sulla
standardizzazione dei processi lavorativi; la parte dell’organizzazione incaricata di questo
compito è la tecnostruttura, ossia l’insieme dei tecnici che si occupano di
programmazione, analisi dei tempi e metodi, definizione delle procedure di lavoro;
coloro che forniscono le prestazioni fondamentali dell’azienda e costituiscono il nucleo
operativo sono addetti a mansioni ripetitive e prive di discrezionalità.
7
Struttura semplice,burocrazia meccanica, burocrazia professionale, soluzione divisionale, adhocrazia.
10
La burocrazia teorizzata da Weber e il modello di burocrazia pura messo a punto da
Gouldner sono i modelli cui si ispira Mitzberg per formulare il modello di burocrazia
meccanica.
Nella burocrazia professionale il meccanismo di coordinamento consiste nella
standardizzazione delle capacità dei dipendenti; il nucleo operativo è costituito da
professionisti dipendenti, che si sono formati al di fuori dell’organizzazione, che sono
stati assunti in base ad una verifica iniziale delle loro capacità e che operano con vasti
margini di discrezionalità e di iniziativa personale. Un tratto comune alle burocrazie
professionali è quello di operare a diretto contatto con il pubblico, con la conseguenza
che i singoli soggetti sono controllati più dagli utenti che non dall’organizzazione o dai
colleghi. La burocrazia professionale richiede inoltre l’elevato sviluppo di uno staff di
supporto, che garantisca la continua disponibilità delle risorse necessarie allo
svolgimento delle proprie funzioni.
Questa tipologia di burocrazia individuata da Miztberg, invece, prende spunto dalle
teorie di Gouldner sul modello di indulgenza, dalle considerazioni di Merton sul modello
burocratico tradizionale e le sue strutturali disfunzioni e dalle osservazioni di Crozier
sugli apparati burocratici francesi.
Questi modelli sono degli importanti strumenti per analizzare le diverse realtà
burocratiche, in considerazione del fatto che la pubblica amministrazione si presenta oggi
con caratteri multiformi ed eterogenei, quale conseguenza della complessità dei suoi
compiti, della crescita culturale dei dipendenti, delle trasformazioni sociali in atto. La
configurazione definita da Mitzberg, come burocrazia professionale, può essere dunque
un utile strumento interpretativo di quelle strutture pubbliche che erogano servizi ad
elevato contenuto professionale, come ad esempio scuola e sanità. Ma anche l’attività
amministrativa intesa in senso tradizionale, come applicazione di leggi e regolamenti,
richiede a volte una specifica competenza tecnica e capacità di analisi: adattare regole
generali ed astratte a casi concreti comporta spesso dei margini di scelta e discrezionalità
che non consentono operazioni di preventiva standardizzazione.
In conclusione si può affermare che è recentemente emersa l’esigenza di improntare la
pubblica amministrazione a modelli organizzativi più dinamici e meno vincolanti. Sono
state introdotte delle innovazioni nella consapevolezza che ormai molto lavoro
burocratico non si presta ad essere incanalato entro rigide procedure, come avviene in
una semplice burocrazia meccanica.
11
E’ opinione diffusa che il settore pubblico ha mutuato le tecniche di gestione dalla
cultura d’impresa. L’Ente pubblico opera in strutture impegnate in politiche
concorrenziali, si fanno strada le privatizzazioni, si affermano anche nel pubblico i
principi di efficacia, efficienza ed economicità
8
.
Rolando osserva che questi fattori comportano degli sconvolgimenti nel settore pubblico:
per la prima volta viene messa al centro della strategia gestionale la problematica della
qualità; si adattano le funzioni organizzative alle esigenze del mercato per acquisire
vantaggi competitivi; si predilige l’ascolto dell’utente per fornire a questi servizi coerenti
con le attese; vengono alimentate la comunicazione interna e esterna; assume spessore la
problematica della trasparenza
9
.
In particolare, la trasparenza, la comunicazione pubblica e l’ascolto dell’utenza
rappresentano l’oggetto di analisi dei prossimi capitoli che hanno come quadro teorico di
riferimento il rinnovo della pubblica amministrazione e il superamento del modello
burocratico tradizionale.
8
Il rispetto di tali principi impone alle pubbliche amministrazioni: di raggiungere gli obiettivi prefissati,
scegliendo i mezzi adeguati e ottimizzando il rapporto tra costi e risultati.
9
Cfr. Rolando S. Il quadro delle motivazioni nell’approccio alla customer satisfaction in Rivista italiana
di comunicazione pubblica, n. speciale monografico – 2/1999 (supplemento al fascicolo n. 3/1999).