Accendere la comunicazione dei consorzi elettrici. Il caso V.E.R.A. Energia.
complesso nel quale è gravoso per le imprese orientarsi autonomamente.
Per ovviare a queste difficoltà e per poter ottenere un maggior peso
contrattuale nei confronti dei fornitori sono nati i cosiddetti Consorzi per
l’acquisto di energia elettrica, cioè gruppi di aziende aggregatesi per poter
usufruire dei vantaggi del mercato libero.
Nonostante i Consorzi elettrici ricoprano un ruolo fondamentale per
permettere alle aziende di comprare elettricità a prezzi più contenuti e per
educare le stesse nella gestione dell’energia, contribuendo a diffondere la
“cultura energetica”, essi sono stati fino ad ora bellamente ignorati, tanto
che solo gli addetti ai lavori sembrano essere a conoscenza della loro
esistenza. Questa assenza di informazioni è al tempo stesso causa e
conseguenza della mancanza di pubblicazioni, nonché di dati e statistiche
specifiche relative ai Consorzi, e si può spiegare con la loro nascita in
tempi recenti oppure con la confusione possibile, ma non del tutto
giustificabile, con le associazioni di categoria all’interno delle quali la gran
parte dei consorzi opera o si è sviluppata.
Lo scopo di questo elaborato, quindi, è di presentare e dare visibilità ai
Consorzi che operano nel settore elettrico, definendo il loro ruolo nel libero
mercato e le dinamiche che hanno portato alla loro nascita ed
affermazione. Inoltre, descrivendone i servizi offerti, il modus operandi nei
confronti delle aziende e degli altri operatori e raccogliendo varie
testimonianze, si cercherà da un lato di analizzare quali sono e quali
potrebbero essere le loro strategie future e dall’altro di individuare gli
aspetti su cui è possibile intervenire mediante la programmazione di
un’attività di comunicazione efficace. Infatti, se il numero delle aziende che
operano nel libero mercato è destinato ad aumentare per via dell’ulteriore
abbassamento della soglia di idoneità previsto per il luglio 2004, i Consorzi
potrebbero essere ulteriormente motivati, ad esempio, ad investire parte
delle proprie “energie” per comunicare la loro presenza nel mercato.
A tal proposito è necessario considerare come per i Consorzi non sia
facile far percepire l’importanza del proprio servizio, soprattutto perché è
II
Accendere la comunicazione dei consorzi elettrici. Il caso V.E.R.A. Energia.
collegato ad un prodotto particolare come l’energia elettrica che per sua
stessa natura si rende poco visibile al fruitore. Se per gli utilizzatori, infatti,
è sufficiente schiacciare un pulsante per ottenere il risultato voluto, cioè
avere a disposizione l’elettricità, le dinamiche che si nascondo dietro
questo semplice gesto e che permettono di acquistare a prezzi
convenienti l’energia sono di gran lunga più complesse.
I Consorzi elettrici sono quindi chiamati ad “accendere” la loro
comunicazione, per fare in modo che le aziende diventino consapevoli
dell’importanza dell’energia elettrica e del ruolo che gli stessi Consorzi
possono ricoprire nel contenerne i costi.
Nella prima parte si tenterà di descrivere a grandi linee il settore nel quale
i Consorzi operano, cioè quello elettrico. Il primo capitolo racconta
l’evoluzione storica del mercato elettrico dalle origini ai mutamenti che
hanno portato alla progressiva liberalizzazione. Il secondo capitolo,
invece, presenta le caratteristiche dell’energia elettrica e della filiera
elettrica dalla produzione alla vendita, passando per il trasporto e la
distribuzione. Il terzo capitolo, infine, illustra la normativa vigente ed in
particolare si sofferma a tratteggiare per sommi capi il “decreto Bersani”
che regolamenta il libero mercato dell’energia elettrica in Italia e sancisce -
di fatto - l’esistenza dei Consorzi.
La seconda parte è costruita attorno alla figura dei Consorzi. Nel primo
capitolo se ne descrive la nascita, l’evoluzione, la situazione attuale, il
rapporto con le aziende, con i fornitori e con i concorrenti. Nel secondo
capitolo, invece, sono presentati ed analizzati i risultati di un’indagine
realizzata autonomamente per ottenere un quadro generale della
situazione dei Consorzi e per poter impostare alcune riflessioni circa le
loro strategie in un’ottica di comunicazione.
A concludere, la terza parte presenta l’analisi di un caso specifico, quello
del Consorzio V.E.R.A. Energia. Il primo capitolo riporta l’illustrazione delle
caratteristiche e delle dinamiche che agiscono all’interno ed all’esterno di
III
Accendere la comunicazione dei consorzi elettrici. Il caso V.E.R.A. Energia.
questo Consorzio. Il secondo capitolo, invece, è una proposta di piano di
comunicazione per lo stesso, realizzata alla luce delle considerazioni
generali sui Consorzi e di quelle sul caso specifico.
IV
PRIMA PARTE
Storia, caratteristiche e regole
del settore elettrico italiano
Accendere la comunicazione dei consorzi elettrici. Il caso V.E.R.A. Energia.
PRIMA PARTE – Storia caratteristiche e regole del settore elettrico italiano
CAPITOLO 1
Panorama storico del mercato dell’energia elettrica
in Italia
1. Premessa
Per meglio comprendere le ragioni dell’attuale struttura del mercato
italiano dell’energia elettrica e dei suoi principali problemi, si ritiene sia
necessario presentare un’analisi degli eventi che, nel corso del tempo,
hanno influenzato in maniera rilevante la sua evoluzione.
Il mercato dell’energia è, infatti, sottoposto a più di un cambiamento nel
corso della sua storia. Se all’inizio il settore elettrico si caratterizza per la
presenza di un oligopolio, con la nazionalizzazione avvenuta nel 1962 il
suo aspetto cambia profondamente e con esso anche i criteri di
funzionamento del mercato, in quanto si passa da una situazione di
concorrenza fra diverse imprese produttrici private ad una in cui l’attività di
produzione e fornitura all’utenza dell’energia elettrica sono riservate al
nuovo Ente statale. Con il ritorno, ai giorni nostri, al libero mercato si
potrebbe superficialmente affermare che si è fatto un passo indietro verso
una situazione pre-nazionalizzazione; invece, questo cambiamento
rappresenta la naturale evoluzione verso un sistema coerente con i
processi storici, politici ed economici che caratterizzano gli ultimi anni del
secolo precedente e l’inizio del nuovo millennio.
Nell’esaminare la storia del mercato dell’energia elettrica italiano è dunque
possibile distinguere principalmente tre periodi: il primo va dalle sue origini
alla nascita dell’ENEL; il secondo termina con la privatizzazione
dell’ENEL; il terzo, che riguarda pressappoco gli ultimi dieci anni, è
caratterizzato dal processo si liberalizzazione del mercato.
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Accendere la comunicazione dei consorzi elettrici. Il caso V.E.R.A. Energia.
PRIMA PARTE – Storia caratteristiche e regole del settore elettrico italiano
2. Origini e sviluppo dell’industria elettrica italiana
In Italia i primi impieghi di energia elettrica si verificano nel 1883, con
l’entrata in funzione a Milano della prima centrale elettrica d’Europa, la
centrale di S.Radegonda, destinata essenzialmente all’illuminazione
pubblica e privata. La produzione, nell’anno in questione, è di 0,7 GWh ed
è interamente termoelettrica di tipo tradizionale. La domanda non supera
la produzione perché gli impieghi di energia elettrica sono ancora limitati.
In ogni caso, la tecnologia non consente il ricorso alla produzione di altri
Paesi per soddisfare un’eventuale richiesta superiore all’offerta.
Se agli inizi la produzione di energia elettrica è prevalentemente svolta da
piccole centrali termiche alimentate a carbone, situate all'interno delle città
e destinate all'illuminazione cittadina, dagli anni '90 in poi il sistema Edison
in corrente continua viene progressivamente accantonato in favore
dell'impiego della corrente alternata. Un importante impulso in questa
direzione arriva dallo studioso Galileo Ferraris che, nel 1885, discute in
una pubblicazione il primo motore in corrente alternata. Questa scoperta è
fondamentale perché la corrente alternata permette il trasporto
dell'energia a distanza a costi economicamente accettabili, e quindi il
conseguente sfruttamento delle risorse idriche situate lontano dai
principali centri abitati ed insediamenti produttivi.
Infatti, nel 1887 inizia la produzione idroelettrica, che si sviluppa subito in
misura rilevante e supera quella termoelettrica già a partire dal 1897: 44
GWh contro 31 GWh. Già nei primi anni di vita dell’industria elettrica la
povertà di combustibili fossili e la ricchezza di risorse idriche dell’Italia
rendono inevitabile la scelta di concentrarsi su questa forma di
produzione. In particolare la cosiddetta “legge sull’elettrodotto”, del 1894,
incentiva la realizzazione di impianti idroelettrici stabilendo il principio che
lo Stato può delegare ad un industriale privato l’esercizio del diritto di
occupazione di beni privati per ragioni di pubblica utilità.
Tuttavia questo non comporta mai il totale abbandono della produzione
termoelettrica, che ha un’importante funzione di regolazione per adeguare
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Accendere la comunicazione dei consorzi elettrici. Il caso V.E.R.A. Energia.
PRIMA PARTE – Storia caratteristiche e regole del settore elettrico italiano
l’offerta alla domanda (dal momento che la fonte idrica è più vincolante) e
che diventerà quella principale intorno alla metà degli anni Sessanta, in
seguito al vertiginoso aumento dei consumi e all’esaurimento delle
disponibilità idriche italiane.
Se si va ad esaminare il regime di concorrenza che caratterizza il mercato
elettrico prima della nazionalizzazione (1962), si osserva che molto presto
si viene a creare una situazione di forte oligopolio, e ciò aiuta a spiegare
perché già nel 1898 si cominci a discutere di nazionalizzazione. In quegli
anni viene presentato un piano preciso, basato sull’idea che l’industria
elettrica italiana debba concentrarsi sulle risorse idriche, data la loro
abbondanza. La proposta rimane essenzialmente senza seguito, anche
perché in questa prima fase della sua storia l’industria elettrica italiana
cresce con una rapidità elevatissima per un’industria di così recente
formazione. Lo sviluppo è reso possibile dagli investimenti di alcune
banche miste come la Banca Commerciale e il Credito Italiano, che
rafforzano la creazione di un oligopolio industrial-finanziario, che si
instaura sostanzialmente senza problemi su un monopolio naturale.
In questa espansione rapida di pochi grandi gruppi in concorrenza tra loro,
si può notare la manifestazione anche nel settore elettrico di una tendenza
che, dall’inizio del secolo, comincia a diffondersi sostanzialmente in tutti i
settori industriali in seguito alle concezioni sviluppatesi negli studi teorici di
economia manageriale intorno al modello di cosiddetta impresa fordista,
cioè l’organizzazione caratterizzata dalle grandi dimensioni e da una
spiccata tendenza all’accentramento e all’isolamento rispetto alle altre
imprese operanti nello stesso settore.
Nel frattempo la crescita della domanda di elettricità sostiene lo sviluppo
del sistema stesso, passando dai 100 milioni di kWh del 1899 ai circa
2500 alla fine del primo decennio del Novecento.
Nel 1914 la potenza installata supera i 1000 MV, una potenza risibile se
valutata con il metro attuale, ma per l'epoca importante.
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Accendere la comunicazione dei consorzi elettrici. Il caso V.E.R.A. Energia.
PRIMA PARTE – Storia caratteristiche e regole del settore elettrico italiano
Un discorso a parte merita la nascita e lo sviluppo delle cosiddette
municipalizzate. Nel 1903 viene approvata una legge sull’assunzione
diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni, che fa propria la tendenza
verso la municipalizzazione, sviluppatasi progressivamente in Italia
essenzialmente a causa di tre fattori: lo sviluppo industriale, l’incremento
demografico e le migrazioni interne; in conseguenza di essi, le
amministrazioni pubbliche locali si trovano a dover fornire servizi
qualitativamente e quantitativamente molto più consistenti che in passato.
Tuttavia i risultati raggiunti sulla base di questa legge sono piuttosto
modesti: in sostanza si può affermare che solo nelle grandi città del
Centro-Nord vengono effettuati investimenti consistenti per la fornitura di
elettricità a livello municipale, poiché solo questi comuni dispongono di
risorse finanziarie sufficienti. Tra il 1904 e il 1909, in conseguenza di
questo processo, si ha nelle grandi città una rilevante diminuzione dei
prezzi dell'energia elettrica. Milano, Roma e Torino sono gli esempi più
emblematici. In nessuno di questi casi si procede, però, ad un riscatto di
imprese già esistenti, ma vengono create aziende ex novo da porre in
competizione con le società già presenti sul mercato. La produzione di
energia elettrica delle municipalizzate (quasi interamente dovuta al
contributo di AEM Milano, AEM Torino, ACEA Roma con l'azienda
consortile di Merano e l'ente autonomo Volturno di Napoli) arriva, nel
1928, al 7,6 % di quella nazionale.
Il decennio del 1915-1925 segna il progressivo declino della classe
dirigente liberale e dello stesso Stato liberale. Sono i difficili anni del
dopoguerra, anni di protesta sociale, del gravissimo deficit del bilancio
statale e dell’inflazione galoppante. A causa dell’enorme aumento dei
prezzi del carbone verificatosi dopo l’inizio della guerra, a partire dal 1916
alle due produzioni già in atto si affianca quella geotermoelettrica, che
tuttavia riveste un’importanza limitata in termini quantitativi. Per la stessa
ragione, inoltre, ritorna ad essere auspicata da molti la nazionalizzazione.
Ma, anche in questa fase l’idea è presto abbandonata, non solo a seguito
del contrasto di interessi fra le parti coinvolte, ma anche perché alla fine
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Accendere la comunicazione dei consorzi elettrici. Il caso V.E.R.A. Energia.
PRIMA PARTE – Storia caratteristiche e regole del settore elettrico italiano
della guerra gli industriali siderurgici, i più interessati a misure per la
diffusione di energia elettrica volte a neutralizzare o compensare
l’aumento dei prezzi del carbone, si trovano nella necessità di affrontare
problemi di altra natura.
Dopo la prima guerra mondiale si verifica la seconda fase di grandi
investimenti nel settore: fra il 1921 e il 1931 la potenza installata sale da
1.840.000 a 5.180.000 kW. Questo sviluppo, consentito da un forte
afflusso di capitali americani e da consistenti contributi statali, è
necessario per fronteggiare la crescita della domanda, che continua ad
aumentare soprattutto grazie al progressivo incremento dei consumi ad
uso industriale, nei settori siderurgico e chimico in particolare, oltre che nei
trasporti anche a seguito del lancio del programma di elettrificazione delle
ferrovie. In particolare nel 1926 si manifesta una richiesta pari a 8.552
GWh, con un incremento di quasi il 19% rispetto all’anno precedente, e si
ricorre quindi alle importazioni che risultano in saldo netto rispetto alle
esportazioni per 223 GWh. Va osservato che, fin dalla nascita dei primi
collegamenti con l’estero, il saldo fra importazioni ed esportazioni risulterà
poi quasi sempre nel senso di una prevalenza delle prime, a
dimostrazione di uno sviluppo continuo e sempre consistente della
domanda e, dopo la prima crisi energetica del 1973, di un mancato
adeguamento della struttura del sistema elettrico alle nuove esigenze. Al
tempo stesso, con la realizzazione dei primi collegamenti con l’estero,
però, si manifesta una tendenza verso i primi superamenti del modello
fordista e, parallelamente, verso le prime forme di collaborazione fra
imprese dello stesso settore.
Nonostante questo sviluppo, anche durante gli anni del fascismo si torna a
parlare di nazionalizzazione, soprattutto in considerazione dell’influenza
politica ed economica acquisita dai gruppi detentori del controllo
sull’industria elettrica. Nel 1933, infatti, nasce l'IRI, l'Istituto per la
Ricostruzione Industriale, pensato come ente provvisorio con il compito di
salvare dalla crisi il sistema creditizio italiano. L'IRI si pone come nuova
guida dello sviluppo del settore elettrico attraverso la proprietà di banche e
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Accendere la comunicazione dei consorzi elettrici. Il caso V.E.R.A. Energia.
PRIMA PARTE – Storia caratteristiche e regole del settore elettrico italiano
di imprese, che tuttavia continuano a mantenere la loro struttura giuridica
di società per azioni. Nel 1937 lo stato italiano si trova quindi a controllare
ampie porzioni dell’industria nazionale e del sistema creditizio, in
particolare nei settori ad alta intensità di capitale con imprese di grandi
dimensioni, tra cui l'80% del settore bancario (le tre principali banche
italiane: Banca commerciale italiana, Credito italiano, Banco di Roma) e il
30% dell’industria elettrica.
L’ultima fase del dibattito sulla nazionalizzazione ha inizio verso la fine
della seconda guerra mondiale. Se in principio si tratta di proposte
generiche ispirate dal desiderio di combattere l’oligopolio,
successivamente queste proposte divengono più concrete ed appare
chiaro che l’orientamento verso la proprietà pubblica dell’industria elettrica
è ormai alquanto diffuso: si può in sostanza ritenere che questa fase sia
quella che porterà, di lì a qualche anno, alla nascita dell’ENEL.
Alla vigilia della nazionalizzazione, in Italia il mercato dell’energia elettrica
è caratterizzato sostanzialmente dalla compresenza di quattro gruppi di
operatori: i grandi raggruppamenti di tipo industrial finanziario, le imprese
private minori, le aziende municipalizzate e gli autoproduttori. È con
particolare riferimento al primo gruppo che risulta evidente la
concentrazione dell’offerta nelle mani di pochi operatori. Questi sono: il
gruppo Edison, che serve la Lombardia, una parte del Piemonte e
dell’Emilia e la Liguria, ed è il più importante del Paese; il gruppo SIP
(Società Idroelettrica Piemonte), che serve gran parte del Piemonte e
della Lombardia occidentale; il gruppo Adriatica, che serve il Veneto, la
Venezia Giulia e parte dell’Emilia; il gruppo Centrale, che riunisce la Selt-
Valdarno (Toscana) e la Romana Elettricità, che serve le restanti regioni
centrali e meridionali; la Società Elettrica Sarda; la Società Elettrica della
Sicilia.
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Accendere la comunicazione dei consorzi elettrici. Il caso V.E.R.A. Energia.
PRIMA PARTE – Storia caratteristiche e regole del settore elettrico italiano
3. La nascita dell’ENEL e le crisi petrolifere
Dopo la seconda guerra mondiale tutti i Paesi coinvolti nel conflitto si
trovano a dover porre rimedio a distruzioni materiali, alla forte diminuzione
del reddito nazionale e al dissesto della finanza pubblica. Si diffonde
rapidamente la convinzione che sia indispensabile un intervento pubblico,
che, dalla maggior parte dei governi europei, viene attuato con due tipi
simultanei di interventi:
- una programmazione economica volta all’eliminazione di
squilibri settoriali e regionali;
- l’estensione della proprietà pubblica, sia per ridimensionare
posizioni monopolistiche che per favorire lo sviluppo di attività
infrastrutturali e di interesse collettivo.
In Italia si deve procedere al ripristino di circa un quarto della potenza
efficiente nel 1942. I danni di guerra risultano decisamente più ingenti
nelle regioni centrali e per gli impianti termoelettrici, la cui localizzazione
era più prossima agli obiettivi bellici come porti ed industrie. Se già nel
1939 la produzione di energia elettrica aveva raggiunto i 18,4 miliardi di
kWh, dei quali 17 (pari al 92%) idroelettrici, 923 milioni termoelettrici e
488 milioni geotermoelettrici, nel dopoguerra il "miracolo economico
italiano" fece crescere straordinariamente i consumi di energia, sia a
seguito dello sviluppo industriale sia ad opera della progressiva diffusione
degli elettrodomestici.
In questo periodo, tre sono i fatti che caratterizzano lo sviluppo del
sistema elettrico italiano: lo sviluppo delle reti di trasporto, la creazione di
numerose centrali termoelettriche e la nascita del CNRN (Comitato
Nazionale per le Ricerche Nucleari).
Innanzitutto lo sviluppo delle reti di trasporto dell'energia elettrica: tra il
1948 e il 1960 le terne a 220 kW aumentano di 7 volte, realizzando una
connessione in parallelo delle varie reti di distribuzione. In secondo luogo
la creazione di numerose centrali termoelettriche, che tra il 1956 e il 1960
raggiungono un incremento in potenza installata per la prima volta
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Accendere la comunicazione dei consorzi elettrici. Il caso V.E.R.A. Energia.
PRIMA PARTE – Storia caratteristiche e regole del settore elettrico italiano
superiore a quello degli impianti idroelettrici. Questo avviene a seguito del
lancio del programma termoelettrico del 1949, anche in conseguenza degli
aiuti in tal senso predisposti dal Piano Marshall, e del progresso tecnico
che porta nel 1962, nella centrale di La Spezia, all'inaugurazione del primo
gruppo da 320 MV.
Infine, in questo periodo comincia anche in Italia lo studio e la
realizzazione di centrali nucleari. Nel 1952, infatti, nasce il CNRN
(Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari), i cui piani si
concretizzeranno nei primi anni Sessanta.
Il 27 novembre 1962 la Camera approva in via definitiva il disegno di legge
sulla nazionalizzazione del sistema elettrico che all'articolo 1 recita: “E'
istituito l'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica (E.N.E.L.), al quale è
riservato il compito di esercitare nel territorio nazionale le attività di
produzione, importazione ed esportazione, trasporto, trasformazione,
distribuzione e vendita dell'energia elettrica da qualsiasi fonte prodotta”.
La stessa legge fa salve dal trasferimento alcune situazioni particolari:
- le imprese di produzione di energia degli enti locali che, al
momento della nazionalizzazione, hanno già proceduto alla
municipalizzazione dei servizi elettrici;
- le imprese industriali che producono energia destinata a
soddisfare bisogni propri almeno in misura pari al 70% dell’energia
prodotta;
- le piccole imprese elettriche di produzione e distribuzione
con un volume di energia prodotta e distribuita non superiore,
nell’arco di due anni consecutivi, ai 15 milioni di chilowattora per
anno.
Delle tre categorie, soltanto le imprese degli enti locali e le imprese minori
possono svolgere tutte le attività dalla produzione alla vendita, mentre gli
autoproduttori possono solamente produrre elettricità.
Ciò quindi non modifica la sostanza di una situazione di netta centralità
riservata all’ENEL che, nel corso degli anni, a partire appunto dal 1962,
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Accendere la comunicazione dei consorzi elettrici. Il caso V.E.R.A. Energia.
PRIMA PARTE – Storia caratteristiche e regole del settore elettrico italiano
acquisisce e integra in un’unica struttura oltre 1200 imprese elettriche
preesistenti.
La nascita dell’ENEL è il punto di arrivo dell’ultima fase del dibattito sulla
nazionalizzazione che era ritornato periodicamente nelle discussioni di
politica economica italiana dalla fine dell’Ottocento.
Se alla base di questa scelta si trovano, non solo in Italia, innanzi tutto
ragioni di politica economica; non si può però negare che in questa fase si
guardi alla nazionalizzazione con un’ottica influenzata dalle concezioni
prevalenti della teoria economico-aziendale, che vede ancora nella grande
impresa il modello più vantaggioso per le economie di scala dimensionale
e tecnologica. Questo aspetto, all’epoca, viene espressamente
sottolineato dai sostenitori della proprietà pubblica, i quali vedono in essa
lo strumento in grado di rendere possibile, in termini economico-aziendali,
la fornitura del servizio anche laddove, in presenza di una pluralità di
imprese private, esso sarebbe antieconomico. Proprio la gestione
integrata e pubblica dell'intera filiera elettrica sembrava essere l'unica in
grado di assicurare a lungo termine il soddisfacimento della crescente
domanda di energia elettrica, l'utilizzazione ottimale delle risorse,
condizioni uniformi di trattamento per ogni utente e, grazie alla
programmazione economica, uno sviluppo armonico dell'intero settore.
Il primo anno di vita del nuovo ente vede però la più grande sciagura
dell'industria elettrica italiana: il 9 ottobre 1963 quasi 2000 persone
muoiono sepolte da un'ondata di fango e detriti che sommergono
numerosi paesi della valle del Piave, tra cui in particolare Longarone e le
frazioni vicine di Rivalta, Pirago, Faè, Villanova, oltre ad alcune frazioni di
Erto e Casso. Circa 300 milioni di metri cubi di roccia e fango si
staccarono dal Monte Toc precipitando nel bacino idroelettrico del Vajont.
La diga aveva retto l'urto, ma era stata superata da un'ondata alta più di
200 metri che si abbatté nella vallata sottostante.
Nel periodo successivo alla nazionalizzazione si verificano importanti
vicende che influenzano profondamente l’assetto del sistema elettrico
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Accendere la comunicazione dei consorzi elettrici. Il caso V.E.R.A. Energia.
PRIMA PARTE – Storia caratteristiche e regole del settore elettrico italiano
italiano e delle quali occorre perciò tenere conto. In particolare va
ricordato che nel periodo in questione, si pongono alcune scelte relative
alle fonti da sviluppare, come accaduto all’inizio del secolo fra produzione
idroelettrica e produzione termoelettrica. La prima alternativa è quella
relativa al nucleare, e si colloca a cavallo dei due periodi. Fra il 1960 e il
1962 entrano, o stanno per entrare in funzione, le prime tre centrali
elettronucleari: quella di Garigliano (Finelettrica-Iri), quella di Latina (Agip-
Enel) e quella di Trino Vercellese (Edison-Volta). Si tratta di un momento
in cui, a causa del prossimo esaurimento delle fonti idriche, il nucleare è
considerato come la fonte che consente di ridurre fortemente il ricorso al
petrolio e quindi la dipendenza del settore energetico dall’estero. Il costo
di questo tipo di fonte è superiore a quello dei combustibili fossili di
importazione, ma il raggiungimento della competitività economica è
previsto fra il 1960 e il 1963. Nel 1966, infatti, si tocca una produzione di
3,9 miliardi di kWh, che fa dell'Italia il terzo paese nel mondo come
produzione di energia nucleare, dopo USA e Regno Unito. Ma la crisi del
CNEN porta ad abbandonare lo sviluppo di questa fonte, e l’Italia passa
così dal terzo al tredicesimo posto al mondo fra i Paesi produttori di
energia termonucleare.
Un’altra opportunità che si ritiene non sia stata sfruttata adeguatamente è
quella relativa alla fonte geotermica. Sebbene, come si è visto, l’avvio
della produzione di energia elettrica da questo tipo di fonte nel nostro
paese risalga addirittura al 1916, successivamente essa non è stata
sviluppata come era possibile, ed i programmi studiati sono rimasti
inattuati.
La mancanza di un’adeguata politica di diversificazione delle fonti volta a
ridurre la dipendenza dai prodotti petroliferi fa sentire i suoi effetti in modo
improvviso nel 1973, con la prima crisi energetica. La guerra del Kippur
determina una riduzione della disponibilità di petrolio e quindi un forte
aumento dei costi di produzione dell’energia. In quegli anni di austerity,
vengono lanciate le cosiddette “domeniche a piedi”, per ridurre i consumi
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Accendere la comunicazione dei consorzi elettrici. Il caso V.E.R.A. Energia.
PRIMA PARTE – Storia caratteristiche e regole del settore elettrico italiano
elettrici viene ridotto l'orario di apertura dei negozi e l'illuminazione
pubblica è pressoché dimezzata.
Ci si rende finalmente conto, in Italia come nel resto dei Paesi
industrializzati, dell’importanza dell’energia e quindi della necessità di
un’adeguata politica energetica. Se fino al 1973 l’aumento dei consumi di
energia era visto come un fatto genericamente positivo, si comincia ora a
comprendere la necessità di un corretto impiego dell’energia nei processi
produttivi e, parallelamente, si percepisce che la dipendenza energetica
dall’estero è un fattore di vulnerabilità economica e politica.
Nel 1975 viene attuato per la prima volta anche in Italia un tentativo di
programmazione energetica, attraverso la realizzazione, del Piano
Energetico Nazionale (PEN), che sarà periodicamente aggiornato ma
subirà gravi ritardi di realizzazione. Per ridurre la dipendenza dal petrolio
si individuano due fonti da sviluppare: il carbone e il nucleare.
Quest’ultima, in particolare, è considerata in grado di ridurre più in
generale la dipendenza del settore elettrico dall’estero e per questo nel
1977 il Parlamento approva una risoluzione che prevede la costruzione di
otto nuove centrali da 1000 MW ciascuna, oltre a quattro già programmate
fra il 1973 e il 1974. Per porre un rimedio immediatamente efficace alle
conseguenze che l’aumento del prezzo del petrolio produce sul bilancio
dell’ENEL, viene invece introdotto il meccanismo del cosiddetto
sovrapprezzo termico: in pratica è consentito alle aziende di adeguare le
tariffe dell’energia elettrica prodotta con l’uso di prodotti petroliferi
all’andamento del prezzo del petrolio.
La rivoluzione in Iran nel 1979 comporta ancora notevoli aumenti dei
prezzi del greggio, così come la guerra tra Iran e Iraq (settembre 1980)
che porta il prezzo del barile a raggiungere in media i 36 dollari al barile,
quasi il triplo di quello del 1978. Questa seconda crisi petrolifera
costituisce in molti Paesi lo stimolo decisivo per una politica di
diversificazione delle fonti di energia.
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