6
Nel corso di questa tesi, suddivisa in 6 capitoli, analizzerò l’industria
cinematografica nel suo complesso, cercando via via di focalizzare la mia attenzione su
quei temi che ho ritenuto essere determinanti alla comprensione del mio oggetto di studi.
Il primo capitolo prende in considerazione la struttura dell’industria cinematografia
statunitense e ne considera l’attuale forma come il risultato di un processo storico unico
al mondo. Di seguito vengono analizzati il settore produttivo, distributivo e di esercizio, e
ampliato il discorso verso il progressivo processo di internazionalizzazione in atto e verso
i nuovi modi di fruizione del prodotto cinematografico.
Le nuove tecnologie e il loro impatto sul settore cinematografico mondiale sono
invece l’argomento del secondo capitolo. La diffusione di Internet, l’utilizzo del digitale
nei processi creativi e nei meccanismi di distribuzione, la nascita dei servizi di online
rental e di Video-on-Demand, ecc. verranno analizzati sulla base dei più recenti dati
disponibili. Una parte verrà dedicata anche alla minaccia digitale apportata al settore
cinematografico dal cosiddetto file sharing ed ai quesiti di ordine giuridico e morale che
questa minaccia ha sollevato.
Il terzo capitolo è dedicato all’analisi della classica strategia di marketing del
settore cinematografico. Verranno esaminati segmentazione, posizionamento, definizione
del target, accordi di merchandising, ecc. insieme ad una analisi delle specificità del
prodotto filmico, sospeso tra il reame dei beni tangibili e tra quello dei servizi. Un
paragrafo sarà dedicato anche allo studio dei cosiddetti high concept movie, i più recenti
frutti del compromesso economico-creativo nel mondo del cinema.
Strettamente connesso al terzo è il quarto capitolo. Qui vengono esposte le varie
strategie pubblicitarie messe in atto dalle Major hollywoodiane, dalla fase di pre-
produzione a quella di lancio. L’ordine in cui le strategie sono esposte non ricalca
necessariamente quello cronologico reale, visto che queste lavorano in maniera integrata
con la strategia di marketing e che questa è frutto di un costante lavoro di ridefinizione.
7
Il quinto capitolo riguarda la nascita e l’evoluzione delle comunità virtuali. Ne
analizzerà le implicazioni di marketing, insieme con i drivers sociali che ne hanno
favorito l’emersione, la natura e la forza delle relazioni sociali possibili al suo interno, il
ciclo di vita, le principali componenti costitutive, insieme con alcuni consigli su come
ottenre una comunità virtuale di successo.
Il sesto capitolo è dedicato al case study di questa tesi: le comunità virtuali delle due
pellicole di Spider-man. Nel corso del capitolo, introdurrò la più ampia comunità di
appassionati di comics e cercherò di ricostruire i passaggi seguiti dalla Sony per
comprenderne i gusti, concentrandosi successivamente sulla costituzione della prima
comunità virtuale del sito di Spider-man, sul suo contributo creativo riguardo al seguito e
su quello strategico di marketing ricoperto dalla community successiva.
Successivamente, analizzerò il secondo sito pubblicato online dalla Sony, soffermandomi
in particolare sullo spazio scelto per rendere possibile l’interazione tra membri all’intreno
della community. L’ultimo paragrafo è dedicato all’analisi dei risultati economici ottenuti
dalle due pellicole.
Dall’analisi del caso di studio, risulterà come la corretta progettazione e gestione di
una comunità virtuale in seno al sito di promozione di una pellicola, renda possibile una
notevole diminuzione dei rischi associati alla produzione della pellicola stessa,
particolarmente nel caso in cui questa si configuri come un’opera ad alto budget inserita
in un più ampio progetto di serializzazione sulla base di una proprietà letteraria di
successo. Per raggiungere questo scopo, mi sono avvalso di una bibliografia in buona
parte straniera, di estesissime ricerche in Rete e della collaborazione della Columbia
Tristar Pictures Italia, la sussidiaria nel nostro Paese della Sony Pictures.
*****
8
Desidero ringraziare alcune persone senza la quale questo lavoro non avrebbe
probabilmente visto la luce. Prima di tutti, Roberta Voltan, senza la quale non sarei mai
venuto a conoscenza della possibilità di studio accademico presso l’Università della
California. Ai miei coinquilini di Robbins Street, grazie ai quali ho potuto adattarmi
all’ambiente americano e migliorare uno tra i più importanti strumenti di studio per
questa tesi: l’inglese. A Giuseppe Di Fazio, per l’idea sulla direzione da dare alla mia
tesi. Al professor Giampiero Brunetta, per aver acceso in me più vivida la fiamma della
passione cinematografica. Ai professori Stefano Micelli e Marco Bettiol, per avermi
accettato in tesi e per gli input costati con i quali mi hanno stimolato. Alla gentilissima
Ilaria Iozza, per la sua gentilezza e disponibilità. A Karin Olgin, per le sue indispensabili
informazioni riguardanti i siti e le community di Spider-man. Alla Columbia Tristar
Pictures Italia, per l’aiuto costante. Alla professoressa Meighan Maguire, per la
straordinaria gentilezza e per avermi rassicurato sulla bontà della mia scelta. A Janet
Wasko, per l’aiuto disinteressato e puntuale. A Domenico Lanzilotta, per il prezioso aiuto
nella ricerca del materiale. A Michail e Massimiliano, per avermi supportato (e
sopportato) lungo il processo di scrittura. Ai miei amici più cari: Roberto, Manuel,
Francesco, Nicola, Giampaolo, Danilo, Luca, Cecilia, Claudio, Pietro, Francesca, Chiara.
Nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza di loro e senza la mia famiglia, a
cui devo una gratitudine che trascende qualsiasi parola.
Grazie.
9
1. LA FINE DI HOLLYWOOD COSÌ COME LA CONOSCIAMO
Il miglior modo di vedere cosa c’è di nuovo
è di prima far chiarezza su ciò che c’è di
vecchio
L. Manovich (2001)
Hollywood è molto cambiata nel corso dell’ultimo trentennio e ancora più cambierà
nel corso dei prossimi anni. Nata già grande durante il primo decennio del secolo scorso,
1
alla fine della seconda guerra mondiale si è ritrovata a dominare in modo incontrastato il
mercato cinematografico mondiale.
2
La scoperta del marketing durante gli anni ’70 ha
modificato radicalmente le logiche produttive e distributive del settore, portando a
maturazione il traballante sistema nato dai Decreti Paramount.
3
L’avvento dei moderni
conglomerati multimediali negli anni ’80-’90 ha riproposto una situazione in parte simile
a quella presente durante la Studio Era, con aziende operanti in una filiera produttiva
completamente verticalizzata.
In un contesto di grandi sconvolgimenti per il mondo del cinema, il settore
dell’esercizio ha ritrovato slancio grazie soprattutto alla nascita e all’evoluzione delle
multisala, con il loro alto tasso tecnologico, la qualità dei servizi e il felice contesto
commerciale.
4
Infine, l’aumento vertiginoso dei costi di produzione ha provocato un mutamento di
obbiettivi nelle case di produzione e distribuzione, con fenomeni sempre più frequenti di
outsourcing e di internazionalizzazione del prodotto,
5
nonché lo sviluppo di un più
articolato ciclo di vita del film e di fonti alternative di profitto. Ciò ha condotto a diverse
modalità di fruizione del bene filmico, con la nascita del settore home video e la
successiva definizione dello standard DVD.
1
Maguire M., appunti dalle lezioni di Cinema Industry, University of California San Diego, 2003
2
Brunetta G. P., appunti delle lezioni di Storia e Critica del cinema, Università di Padova, 2002
3
Maguire M., appunti dalle lezioni di Cinema Industry, University of California San Diego, 2003
4
Ferrero C., Multisale cinematografiche centri commerciali. Potenzialità di sviluppo immobiliare e
sostenibilità economica, ANCE, 2000
5
Miller T., Maxwell R., Govil N., McMurria J., Global Hollywood, Blackwell’s Oxford, 2001
10
1.1 L’evoluzione del settore cinematografico negli USA
Lo sviluppo economico del settore cinematografico statunitense può essere definito
da tre fasi.
6
Nella prima fase, che considera il periodo dalle prime proiezioni pubbliche
fino al 1915, la produzione e la distribuzione di prodotti cinematografici è integrata con
la produzione e distribuzione di apparecchiature e poi organizzata in attività specializzate
e in un business autonomo. Nella seconda fase, cha va dal 1915 fino alla fine degli anni
Quaranta, le attività di produzione, distribuzione ed esercizio cinematografico sono state
industrializzate da parte di un gruppo di cinque imprese verticalmente integrate (Major)
entro un sistema di offerta oligopolistico. Nella terza fase, che prende avvio tra la fine
degli anni Quaranta e l’inizio del decennio successivo e che continua fino al presente, il
settore si è organizzato in un sistema semi-integrato. La produzione è frammentata e
gestita attraverso imprese specializzate, la distribuzione continua a essere controllata da
un numero ristretto di imprese precedentemente integrate e l’esercizio presenta livelli
relativamente elevati di concentrazione con prevalenza di alcuni circuiti di sale
indipendenti dalle imprese di produzione e distribuzione.
A queste tre fasi si possono sovrapporre cinque eventi di straordinaria importanza
per la cinematografia statunitense e mondiale:
7
la nascita del lungometraggio; la nascita
del cinema sonoro; i decreti Paramount; l’avvento della TV e la nascita dei grandi
conglomerati multimediali.
Il primo di questi eventi si situa nella fase di transizione tra la nascita e il
consolidamento di un mercato statunitense. Gran parte dei primi anni di storia della
cinematografia statunitense è identificata con una situazione di instabilità nel settore
6
Peretti F., Negro G., Economia del Cinema, ETAS, 2003, pp. 16
7
Elaborazione personale da Hill J. & Gibson P. C., American Cinema & Hollywood, Oxford University
press, 2000 pp. 3 e Brunetta G. P., appunti delle lezioni di Storia e Critica del cinema, Università di
Padova, 2002
11
hardware,
8
dovuto alla presenza sul mercato di numerose apparecchiature non compatibili
fra loro e in competizione per la definizione di uno standard tecnico unico. Poco peso
aveva in sostanza la produzione del bene filmico in se stesso, visto più come un prodotto
usa e getta all’interno di una logica produttiva già altamente industrializzata.
9
Nel 1908,
operavano infatti sul mercato statunitense circa 8mila teatri nicklodeon che proiettavano
regolarmente programmi composti da 3 film della lunghezza di una bobina ciascuno,
sostituiti giornalmente.
10
La creazione di un mercato di sbocco permanente ed autonomo
per i prodotti cinematografici negli Stati Uniti, “generò un ulteriore aumento del tasso di
obsolescenza dell’output, esercitando una forte pressione sui produttori in termini di
capacità produttiva”.
11
In questo contesto si situa la nascita dell’MPPC (Motion Pictures
Patents Company), un Trust con a capo il noto inventore e uomo d’affari, Thomas
Edison. L’MPPC contava tra i suoi soci le principali case di produzione di software e
hardware, nonché il principale fornitore di materie prime, la Eastman-Kodak.
L’obbiettivo principale del cartello consisteva nel controllo e nella razionalizzazione
dell’offerta di apparecchiature e prodotti cinematografici, ma non era secondaria
l’esclusione dal mercato delle imprese non licenziatarie attraverso la creazione di barriere
all’entrata associate con la proprietà dei brevetti.
12
Nel 1911, con l’arrivo dei primi
lungometraggi importati dall’Europa e con l’uscita della Eastman-Kodak dal Trust, si
impone una svolta per l’intero settore. I lungometraggi sostituiscono in fretta i vecchi
cortometraggi ed il mercato si ritrovò a dover ripartire da zero. Con i costi di produzione
in vertiginoso aumento, per restare nel business bisognava comprendere rapidamente
quali e quante fossero ora le competenze da sviluppare. Fecero la loro comparsa le prime
sceneggiature e i primi produttori. La distribuzione modificò sostanzialmente le politiche
8
Anderson R., The Motion Pictures Patent Company: A Reevaluation, in The American Film Industry, in
Balio T., The American film Industry, University of Winsconsin press, 1985, pp. 134
9
Peretti F., Negro G., Economia del Cinema, ETAS, 2003, pp. 22
10
Peretti F., Negro G., Economia del Cinema, ETAS, 2003, pp. 23
11
Peretti F., Negro G., Economia del Cinema, ETAS, 2003, pp. 23
12
Peretti F., Negro G., Economia del Cinema, ETAS, 2003, pp. 24
12
di prezzo e di promozione. Si allungò il ciclo di vita del prodotto nelle sale. Venne
condotta a termine la completa separazione della visione cinematografica dal contesto del
vaudeville.
13
Nel 1915, una sentenza emessa dalla corte distrettuale di New York dichiarò illegali
le pratiche utilizzate dall’MPPC e confermò attraverso forme giuridiche ufficiali gli
effetti di una trasformazione economica radicale che già stava avvenendo nel settore.
All’alba degli anni Trenta fece la sua comparsa il sonoro. A quel tempo l’industria
cinematografica americana aveva già raggiunto un dominio quasi assoluto sui mercati di
mezzo mondo.
14
La necessità di rifornire migliaia sale in maniera continuativa nell’arco
di tutto l’anno determinò la rilocalizzazione del comparto produttivo, da New York al sud
della California, nell’ideale contesto geoclimatico di Hollywood. In Europa, il sonoro
contribuì al frazionamento e alla contrazione dei singoli mercati nazionali, divisi ora da
barriere linguistiche che ne limitavano la distribuzione entro più angusti confini
geografici.
15
Il doppiaggio non modificò di molto le cose. Infatti, se ora le filmografie
nazionali potevano nuovamente affacciarsi all’estero, lo stesso si verificava per i film
americani con risultati nettamente più favorevoli per questi ultimi.
Di poco successiva al 1918 è la nascita negli Stati Uniti del cosiddetto Studio
System, un modello industriale che vedeva poche imprese integrate verticalmente - le
cosiddette Major - presidiare tutti e tre i comparti della filiera (produzione, distribuzione
ed esercizio). Grazie a contratti a lungo termine con le star, a strutture produttive garanzia
di output costante, alla proprietà delle principali sale di prima visione del Paese, all’uso di
13
Brunetta G. P., appunti delle lezioni di Storia e Critica del cinema, Università di Padova, 2002
14
Maguire M., appunti dalle lezioni di Cinema Industry, University of California San Diego, 2003
15
Maguire M., appunti dalle lezioni di Cinema Industry, University of California San Diego, 2003
16 Conant (1960) definisce block booking come “la pratica di cedere in licenza, o offrire in licenza, un
lungometraggio o un gruppo di lungometraggi dietro la condizione che l’esercente acquisti la licenza per un
altro lungometraggio o gruppo di lungometraggi commercializzati dallo stesso distributore in un dato
periodo”, pp. 77. Donahue (1987) definisce invece blind bidding come “pratica secondo cui gli esercenti
presentano offerte in concorrenza l’uno con l’altro in cambio dell’opportunità di programmare un film
senza averlo prima visionato”, pp. 121.
13
pratiche commerciali controverse come il block booking e il blind bidding,
16
aziende
come la Paramount avevano di fatto trasformato il mercato americano in un potente
oligopolio.
17
Nuove figure manageriali furono introdotte, al fine di meglio coordinare le
attività di un settore il cui impianto produttivo era altamente centralizzato e
standardizzato.
Nel 1948, tutto questo cadeva a pezzi. Una serie di decisioni della Corte Suprema
riconobbero le cinque grandi imprese integrate e le tre imprese semi-integrate colpevoli
di ridurre la concorrenza nel settore cinematografico, ma soprattutto imposero di: 1)
interrompere l’utilizzo delle pratiche commerciali che vincolavano l’acquisto di film da
parte degli esercenti; 2) operare una separazione formale e sostanziale di ciascuna delle
cinque imprese completamente integrate in imprese di produzione e distribuzione da un
lato e imprese di esercenti dall’altro.
18
Queste le conseguenze dei famosi decreti Paramount. In questa fase di profonda
crisi si situa l’arrivo nelle case americane dei primi apparecchi televisivi, all’inizio degli
anni Cinquanta. Gli effetti non tardarono a farsi sentire. A partire dal 1948, la domanda di
film subì una riduzione regolare e continua, passando dal picco di 98 milioni di spettatori
settimanali nel 1948, ai 44 milioni del 1955.
L’ultimo evento preso in considerazione, la nascita dei moderni conglomerati
multimediali, si affaccia sul finire degli anni Ottanta (Nascita di Time Warner) e si situa
ben all’interno della terza fase di evoluzione del settore cinematografico americano.
Dalle ceneri dello Studio System, nacque un sistema ben più complesso ed articolato
ma non per questo meno solido: il “sistema decentrato flessibile” o package unit
system.
19
17
Peretti F., Negro G., Economia del Cinema, ETAS, 2003
18
Borneman E., United States Versus Hollywood: The Case Study of An Antitrust Suit, in Tino Balio, The
American film industry, University of Winsconsin Press, 1985
19
Peretti F., Negro G., Economia del Cinema, ETAS, 2003, pp. 39
14
L’impossibilità di assicurare un mercato per il proprio output e la riduzione della
domanda causarono un generale decentramento delle attività di produzione.
20
Società di
produzione indipendenti dalle Major e imprese specializzate di servizi si sostituirono agli
Studios nel controllo di una serie di operazioni. Questi ultimi conservarono interamente
solo una quota esigua dei progetti e concentrarono i propri interessi nel controllo della
funzione di distribuzione e finanziamento della produzione.
21
Gli input, compresi quelli
creativi, non furono più associati alle imprese di produzione attraverso contratti a lungo
termine, ma furono resi disponibili al mercato e assemblati per accordi individuali con il
coinvolgimento di agenti.
22
La televisione si trasformò via via in un importantissimo mercato da rifornire
costantemente, seguita più tardi da altri canali “ancillari” come la TV via cavo e l’home
video. Gli stessi Studios di Hollywood iniziarono poi a produrre programmi destinati
unicamente alla distribuzione televisiva o secondaria.
23
In un contesto estremamente
diverso da quello della Studio Era, Hollywood intraprese la strada del cambiamento,
trasformandosi nel fulcro del sistema multimediale nato alla fine degli anni Ottanta.
24
20
Christopherson S., Storper M., The effects of flexible specialization on industrial politics and the labor
market: the motion picture industry, in Industrial and Labor Relations Review, pp. 331-347, 1989
21
Storper M., The Transition to flexible specialisation in the US film industry: the division of labour,
external economies, and the crossing of industrial divides, Cambridge Journal of Economics, 1989
22
Bordwell D., Narration in the Fiction Film, University of Winsconsin Press, 1985
23
Hilmes M., Hollywood and Broadcasting: From Radio to Cable, University of Illinois Press, 1990
24
Wasko J., Show me the Money: Challenging Hollywood economics, University of Oregon, 2001
15
1.2 Più grande è meglio?
Nel 1989 Time Inc. era già una delle più grandi multinazionali al mondo nel settore
dei contenuti media. Nel suo portafoglio prodotti trovavano spazio testate giornalistiche
prestigiose come Time Magazine e innovativi servizi via cavo come Home Box Office
(HBO).
Ogni costosissimo programma trasmesso dai propri servizi via cavo doveva però
essere ottenuto dal mercato aperto delle case di produzione, da cui HBO era dipendente.
Alcune di questa società (MCA, Paramount, Columbia, 20th Century Fox) provarono
nel 1980 a creare un proprio canale via cavo, Premiere, che fu però bloccato dal
dipartimento di giustizia perché in odore di monopolio.
25
L’episodio rivelò la
vulnerabilità di HBO e più in generale dell’intero settore produttivo e distributivo di
Time Inc.
Da qui nacque l’esigenza di assicurarsi all’origine parte dell’output di cui HBO
aveva bisogno. Warner Communications venne ritenuta “attrattiva per il suo sistema di
distribuzione internazionale e per ciò che le sue attive unità di produzione offrivano in
termini di asset”.
26
Le due compagnie combinate assieme avrebbero garantito traguardi
strategici nell’integrare produzione e possesso dei contenuti, incrementando la portata
globale di Time e espandendo la sua presenza globale nel mondo dei media.
27
Nel 1989
questo matrimonio viene condotto a termine.
La neonata Time Warner divenne la più grande e completa compagnia di
intrattenimento del mondo.
Durante gli anni Novanta, Il suo business arrivò a comprendere; un portfolio unico
25
Collette L., The Wages of Synergy: integration into Broadcast Networking by Warner Brothers, Disney,
and Paramount, in The Motion pictures Mega-Industry,Ally &Bacon, 1997, pp. 124-5-6
26
Collette L., The Wages of Synergy: integration into Broadcast Networking by Warner Brothers, Disney,
and Paramount, in The Motion pictures Mega-Industry,Ally &Bacon, 1997, pp. 124
27
Collette L., The Wages of Synergy: integration into Broadcast Networking by Warner Brothers, Disney,
and Paramount, in The Motion pictures Mega-Industry,Ally &Bacon, 1997, pp. 126
16
di testate editoriali (People, Time magazine, ecc); la produzione, distribuzione ed
esibizione di film; la proprietà di HBO Inc, il servizio via cavo più popolare del mondo;
l’alleanza con Bell per la creazione di un sistema integrato di servizi utilizzando le
infrastrutture di telecomunicazione preesistenti e l’acquisizione di TBS Superstation e
delle sue library televisive, delle sue unità produttive, dei sui servizi via cavo e di altre
proprietà, per potersi imporre nel settore dei servizi via cavo di base.
28
Non ultima la
fusione col provider Internet più grande del mondo: America On Line (AOL).
Il resto è storia di recente. Poco dopo la nascita di Time Warner, anche Viacom e
Paramount decisero di seguirne l’esempio e di seguito fu il turno di Disney (acquisto di
ABC), Sony (Columbia tristar), Vivendi (Universal), News Corp. (Twentieth
Century Fox). Le conseguenze non furono sempre positive per le aziende interessate e
alcuni di questi “matrimoni d’interessi” non hanno retto molto a lungo (celebre il
recentissimo riassestamento di Vivendi con Universal).
29
Ma indipendentemente dai singoli episodi che hanno segnato, e ancora stanno
segnando, questa lunga fase di trasformazione nel settore dei media, è vitale comprendere
le ragioni di business sottostanti che hanno condotto a questa situazione. Secondo
alcuni,
30
in un settore ad alto rischio come quello cinematografico, dove i costi sono
aumentati vertiginosamente negli ultimi 25 anni, i profitti sono diminuiti e le concorrenza
si è intensificata, l’unica opzione risiedeva nel riposizionamento dell’intero settore in un
contesto nuovo e più centrale al core business del settore Media. La parola magica
divenne “sinergia, sinergia, sinergia”, e si diffuse la convinzione che “The Bigger, the
Better”, “più grandi è meglio”. Almeno finché queste fusioni avvenissero tra settori in
qualche modo vicini. Ma vediamo con ordine le principali motivazioni di alla base
28
Collette L., The Wages of Synergy: integration into Broadcast Networking by Warner Brothers, Disney,
and Paramount, in The Motion pictures Mega-Industry,Ally &Bacon, 1997, pp. 126
29
Big Media falls On Hard Times, Newsweek, 25 settembre 2003
30
The Wages of Synergy: integration into Broadcast Networking by Warner Brothers, Disney, and
Paramount, in The Motion pictures Mega-Industry, Ally &Bacon, 1997
17
dell’ondata di fusioni:
31
1) Ottimizzazione degli asset disponibili, generazione di economie di scopo;
2) Riduzione dei costi da transazione;
3) Vantaggi da differenziazione di prodotto;
4) Vantaggio competitivo verso le aziende non integrate, innalzamento di barriere
all’entrata;
5) Volontà di controllare parte della fase di esercizio per ottimizzare il timing della
fase di lancio;
6) Tentativo di indebolire il potere contrattuale del settore dell’esercizio, sempre più in
mano a un numero ristretto di grande catene;
7) Necessità di investire solo su progetti che assicurino il necessario sfruttamento
attraverso un range molto ampio di differenti media.
Trincerati dietro posizioni apparentemente inattaccabili, i grandi conglomerati
multimediali spesso hanno confidato eccessivamente nella matematica tutta particolare
delle sinergie. Per loro ogni addizione si concretizzava in risultati sempre e comunque
superiori alla somma degli addendi, indipendentemente da quanto senso avessero le
strategie di business che venivano portate avanti.
32
È il caso di Vivendi. Vivendi nasce
come azienda pubblica responsabile per il settore idrico in Francia. Durante gli anni
Novanta, l’azienda decide di espandersi nel settore dell’intrattenimento e delle
telecomunicazioni e la scelta del mezzo cade su la Universal Pictures.
33
31
Elaborazione personale da: Collette L., The Wages of Synergy: integration into Broadcast Networking by
Warner Brothers, Disney, and Paramount, in The Motion pictures Mega-Industry, Ally &Bacon, 1997;
Caves R., Multinational enterprise and economic analysis, Cambridge surveys of economic literature, 1982
e Peretti F., Negro G., Economia del Cinema, ETAS, 2003
32
Maguire M., appunti dalle lezioni di Cinema Industry, University of California San Diego, 2003
33
Big Media falls On Hard Times, Newsweek, 25 settembre, 2003
18
Quale relazione ci fosse tra i due settori “nessuno lo ha mai capito e difatti gli esiti
sono stati disastrosi”.
34
Il tentativo di integrare settori troppo dissimili e la mancanza di
professionalità adeguate allo scopo ha condotto l’azienda ad alcune operazioni infelici.
Oggi Vivendi ha un debito di 16 miliardi di dollari e l’unica opzione strategica rimasta è
il disinvestimento di gran parte dei propri asset e la rifocalizzazione verso settori business
più definiti.
35
Time Warner è andato incontro a difficoltà simili. L’acquisizione da parte di AOL
ha portato pesanti squilibri all’interno di una già fragile alleanza. L’eccessiva fiducia
nella rapida crescita di Internet come piattaforma di business, ha prodotto più debiti che
entrate e alcune inefficienza dovute a sovrapposizioni fra Time e Warner in alcuni settori
hanno fatto credere che “più grande non è sempre meglio”.
36
Per non parlare dei dubbi e sulle preoccupazioni sollevate in ambito politico e
culturale a proposito dell’eccessiva concentrazione venutasi a creare nel settore
dell’informazione.
37
Con sempre meno voci libere in circolazione e sempre più omologazione all’interno
dei grandi media, si avverte fortemente il bisogno di un deciso intervento regolatore da
parte dei vari governi per garantire e salvaguardare la pluralità di voci nel settore
dell’informazione.
Ma in realtà non è più possibile tornare indietro. Come scrive in un recente articolo
Newsweek, “I grandi Media hanno perso tutte le battaglie fino ad oggi, ma alla fine
vinceranno la guerra”.
38
34
Special Report: How to manage a dream factory, Economist, 2004
35
Special Report: How to manage a dream factory, Economist, 2004
36
Big Media falls On Hard Times, Newsweek, 25 setembre, 2003
37
Guback T.H., Who Owns the Media?Concentration of ownership in the mass communications industry,
NY: Knowledge Industry Publications, 1989
38
Was Big Media Bamboolized?, Newskeek, 6 agosto, 2002
19
I casi più fortunati di Disney, News Corp. e di Viacom, a tutt’oggi le più solide
realtà del settore dei media, ci ricordano come l’esistenza di un conglomerato
multimediale è possibile ed ha senso non come creazione di un nuovo paradigma di
business, ma come sforzo coerente per rendere migliori business già esistenti.
39
39
Special Report: How to manage a dream factory, Economist, 18 gennaio, 2003