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letteratura economica, che introduca innanzitutto la definizione di azienda e di idee, dando, allora,
spiegazioni e precisazioni, che risiedono alla base dei contenuti di economia.
Il metodo di lavoro si concentra innanzitutto sulla ricerca del materiale a disposizione secondo
le preferenze di analisi e trattazione, con fonti che vanno dalle riviste, testi e libri accademici, sino a
internet e agli stessi bilanci.
Dopo aver scelto l’ambito e le materie oggetto di trattazione, la decisione dell’argomento, le
alleanze strategiche nel settore dell’auto e più in particolare le joint ventures, segue a una serie di
letture effettuate sulle riviste specializzate, come “Strategic Management Journal”, e sui testi a
disposizione. Le ricerche, poi, effettuate sulla letteratura economica non si sono limitate solo ai testi
bibliotecari o ai libri di approfondimento accademici, bensì, si è preferito arricchire il materiale
anche per fonti alternative quali le risorse elettroniche (quotidiani e banche dati, proprio come “il
sole 24 ore”) e internet per la ricerca di materiale aggiornato.
Il mercato automobilistico, oggetto di analisi in tal sessione è stato preso in considerazione non
solo per la passione e le informazioni a disposizione, bensì perché espressione di un mercato
sofferente su differenti segmenti e alla ricerca di opportunità di crescita e sviluppo.
Le riflessioni e i dati riportati nella diagnosi e descrizione del mercato dell’auto sono
espressione e articolazioni di contenuti propri di riviste specializzate e siti internet delle case
costruttrici e degli stessi quotidiani. I bilanci e le relazioni finali (note sulla gestione e final report)
delle case automobilistiche completano i materiali disponibili alla articolazione di un discorso
logico e approfondito. Si è, poi, proceduto alla descrizione dei costi e dei benefici degli accordi di
joint venture rapportando il lavoro letterario ai casi presi in esame (Swatch-Mercedes e Fiat-Gm). Il
recupero dei dati di bilancio delle società quotate è possibile anche tramite internet, oltre che presso
la camera di commercio; il problema risiede nelle società non quotate se GmbH (estensione sociale
tedesca) le quali possono avvalersi di non ufficializzare i bilanci, e dunque di non depositarli presso
le camere di commercio (Handel Register in Germana) di competenza, procedendo direttamente con
il consolidamento dei dati con la capogruppo. Il reperimento dei Bilanci Smart è stata una missione
non facile e, dopo aver più volte tentato con le risorse elettroniche come Amadeus, Datastream ecc.,
aver intrapreso la strada formale delle camere di commercio e dello staff DaimlerChrysler e Smart e
9
recuperato contatti utili al reperimento di informazioni di qualsiasi tipo, si è proceduto a una
costruzione dei bilanci partendo dai dati recuperati e integrandoli a loro volta con ulteriori
informazioni ricavate dalla stampa e dallo staff DaimlerChrysler.
Si desume una ricerca lunga e profonda che però ha reso possibile l’elaborazione in dettaglio
dell’argomento.
Nel primo capitolo vengono affrontate le tematiche che premettono lo studio successivo dei
principi economici. Il suo inizio è caratterizzato da un’osservazione normativa riguardo la
definizione di azienda nel suo complesso organizzato di beni, portando avanti in tal sessione la
riflessione che l’era degli intangibles ha sul profilo giuridico, secondo cui a fronte di un’evoluzione
del sistema economico di azienda, necessita nella medesima misura l’evoluzione del sistema
giuridico che tuteli il sistema di impresa e i vari stakeholder. In seguito, la tesi, propone la
trattazione delle idee imprenditoriali interpretate nel lavoro come il principio e l’origine del sistema
di impresa, che portano alla definizione di azienda quale insieme di idee e scelte. Con la premessa
delle idee e delle scelte, riportando le critiche e le riflessioni di differenti correnti, si introduce il
discorso della strategia, intesa come il modello d’interazione esistente o desiderato tra l’impresa e
l’ambiente; in altri termini, la strategia viene a coincidere con le caratteristiche fondamentali
riconoscibili nel rapporto che l’impresa realizza o vorrebbe realizzare con il proprio ambiente di
riferimento e si traduce nell’impostazione che l’impresa dà, o vorrebbe dare, alla propria attività e al
cui interno maturano e si svolgono i processi di gestione operativa e i processi di gestione
strategica. Per questa ragione, vengono poi approfonditi i processi di riflessione strategica e la
valenza della strategia nell’innovazione, fino ad arrivare alle strategie competitive di Porter e alla
identificazione del raggio d’azione della strategia. Sempre nel primo capitolo, in ragione della
discussione dell’articolazione della strategia, si propongono ulteriori riflessioni in merito alla RBV
e all’evoluzione del sistema globale dell’economia con l’avvento degli intangibles, mettendo a
confronto, allora, la new economy contro la old economy, prestando attenzione all’effetto della
moda e della tendenza.
Il secondo capitolo, invece, avvalendosi delle premesse fatte dalla prima parte, ha come oggetto
di discussione la crescita e i suoi driver per la creazione di valore. Partendo, dunque, dalla
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condivisione dell’obiettivo di crescita per ogni realtà aziendale, il secondo capitolo identifica le
operazioni che sottendono la creazione di nuova ricchezza tra alcune delle operazioni di finanza
straordinaria che creano opportunità di crescita, analizzando per ciascuna di esse le particolarità in
chiave di costi e vantaggi, per poter ben introdurre il concetto di creazione di valore, spesso
associato alla crescita, per la quale vengono citate le aree d’intervento per accrescere il valore
d’impresa e indicate le differenti modalità di misurazione e stima. Proprio in merito alla
quantificazione del valore, sempre in tal sessione, viene proposto un’alternativa di valutazione, sulla
stratificazione del valore, riadatta agli accordi di alleanza strategica con le dovute modifiche, al fine
di stimare ciascuna componente che contribuisce al valore dell’accordo. Viene, allora, portata
avanti un’analisi sui valori divisibili e indivisibili, nella ragione e fattispecie di acquisizione, con lo
scopo di identificarne la ragione di creazione di nuova ricchezza e di stimarne il prezzo massimo cui
si è disposti a pagare in ragione anche e soprattutto dei flussi previsionali. Ad approfondire l’analisi,
si aggiungono, riflessioni in merito al valore soggettivo e al ricorso a mezzi di terzi come
opportunità di creazione di nuova ricchezza facendo perno sull’effetto della leva finanziaria; si
aggiungono, inoltre, osservazioni sulla convenienza e diversità della crescita per vie interne o
esterne, curando per grandi linee gli aspetti delle operazioni M&A.
Il terzo capitolo è quello della alleanze strategiche, che dopo aver, seppur brevemente,
introdotto le linee guida e le dinamiche del sistema economico globalizzato, propone la trattazione
degli accordi intravisti come opportunità di crescita dimensionale, geografica, produttiva e
generatori di costi e benefici derivanti da contratti di collaborazione. Dopo aver mostrato la
rilevanza delle alleanze strategiche nel sistema moderno dell’economia, il terzo capitolo mostra un
approfondimento sulla specificità dell’approccio economico-aziendale allo studio delle
concentrazioni e delle aggregazioni interaziendali, con lo scopo di introdurre gli efficaci
suggerimenti su come far funzionare un’alleanza e sulla modalità di instaurazione del rapporto di
collaborazione nella ragione della “trappola del 51%”. Dopo aver discusso anche in merito agli
obiettivi e ai benefici derivanti dalle alleanze, vengono menzionate le modalità di accordi strategici
più comuni tra imprese per poi essere studiate in maggior dettaglio, alleanze tra le quali la più nota
è l’accordo di joint venture, oggetto di approfondimenti successivi.
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Alle alleanze vengono, sempre nel terzo capitolo, messi in raffronto le operazioni di
acquisizione e fusione, al fine di delinearne i caratteri vicendevoli e per introdurre un approccio
multidisciplinare, nell'ambito della teoria economica-aziendale delle concentrazioni e delle
aggregazioni. In seguito costituiscono oggetto, inoltre, le riflessioni sulle difficoltà e sui vantaggi
derivanti dall’integrazione culturale per il successo delle aziende aderenti, sulla gestione di tali
accordi nell’efficace ed efficiente utilizzo delle conoscenze, per poi, dopo aver menzionato
brevemente le normative sulle alleanze, proporre un piccolo approfondimento sugli accordi di joint
ventures, oggetto di discussione del capitolo successivo, che storicamente, risalgono agli antichi
sistemi statunitensi di common law e che corrispondono a forme di collaborazione più o meno
formale tra imprese, dette coventures, con lo scopo di accedere a settori dell’economia e del mondo
della finanza spesso non facilmente accessibili dalle singole imprese per l’entità delle risorse
richieste, la complessità del progetto da realizzare o la semplice esposizione al rischio.
Il quarto capitolo è dedicato appunto alla discussione delle joint ventures, che, dopo aver
premesso il significato e l’articolazione dell’accordo, mostra l’insieme delle discipline comunitarie
in materia delle concentrazioni per joint ventures, volendo, dunque, cercare di capire i confini di
operatività nei limiti del regolare esercizio della propria attività. Viene poi identificato il lungo
processo di costituzione dell’accordo, a partire dagli obiettivi d’impresa che spingono alla
stipulazione dell’accordo, dalla ricerca della controparte, dal joint ventures agreement, al
transborder business agreement, alla due diligence, alla decisione della modalità di accordo in
ragione delle modalità della migliore joint venture capace di perseguire gli scopi e gli obiettivi
preposti e alla chiusura delle negoziazioni e alla relativa integrazione. Viene anche portata avanti
una serie di considerazioni sugli accordi tra imprese e i legami che le stringono, per parlare della
cooperazione tra imprese col medesimo fine. In ultima analisi vengono proposti i differenti vantaggi
ricercati negli accordi di joint ventures e i relativi costi e sacrifici, per poter poi discutere e portare
avanti delle considerazioni economico-finanziarie su tali tipi di accordi, rimodellando, allora, la
stratificazione del valore perché possa essere utile nella quantificazione del valore anche negli
accordi di joint ventures.
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La storia e le dinamiche del mondo dell’auto è il titolo del quinto capitolo che si propone di
ricostruire l’evoluzione di tutto il mercato dell’auto e delle condizioni che hanno reso possibile lo
sviluppo dell’autovettura. Il capitolo viene introdotto dalla nascita di una nuova concezione di
lavoro e dall’avvento della Prima Rivoluzione industriale, nell’affermazione delle fabbriche e della
macchina a vapore, con lo scopo di sottolineare il contesto storico e culturale in cui l’industria
dell’auto inizia a prender forma. Con la descrizione, in seguito, della Seconda Rivoluzione
Industriale, viene introdotto il nuovo modello produttivo post-fordista o Toyota, con il quale si
introduce il concetto di efficienza produttiva ed efficacia nella qualità della risposta al cliente. La
Terza Rivoluzione Industriale, a completare il ciclo evolutivo, conferma la spinta alle innovazioni
tecniche e lo sviluppo delle applicazioni elettroniche, che creano le basi della nascita di nuovi
mercati e business e l’evoluzione dei mercati già esistenti. Con tale premessa storica e culturale si
introduce la trattazione del mercato dell’automobile, dalla sua nascita ai giorni nostri, mettendo in
luce lo stato evolutivo e le problematiche dello sviluppo e crescita del business nel tempo. In tale
sessione si propone inoltre una descrizione attenta dei processi di progettazione della vettura nel
nuovo millennio, mettendo in evidenza la valenza del design e le relative ripercussioni economiche.
Tutto ciò con l’obiettivo di presentare al meglio le dinamiche del mercato attuale dell’auto e quindi
le operazioni di concentrazione dei marchi nelle grandi case costruttrici e le problematiche che
affliggono il mercato, che compromettono, a loro volta, la sopravvivenza di chi non riesce a stare
dentro gli schemi dell’efficienza produttiva o di chi non si proietta in una politica di collaborazione
e condivisone di risorse e di rischi. Il segmento di mercato ancora in sostenuta crescita è quello dei
bassi consumi, con i motori diesel, e delle basse emissioni, con le vetture ecologiche. L’auto
richiede molti costi strumentali e accessori per i quali l’occasione di mantenerla è per sempre meno
gente. Il diesel ha subito una forte evoluzione sin dalla abolizione del “maxi bollo”, con lo sviluppo
di motori performanti e dai ridotti consumi, proprio quando il cliente ricercava il risparmio delle
risorse. Anche il segmento delle vetture dalle basse emissioni, le vetture ecologiche, rappresentano
l’opportunità dello sviluppo prettamente derivante dai larghi contributi statali concessi agli
acquirenti in qualità di bonus all’ecologia.
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In questo capitolo, infine, si è cercato di dare una risposta all’individuazione delle prospettive di
rilancio e di sviluppo, viste nei segmenti dei motori diesel ed ecologici, dove la Cina svolge il ruolo
da protagonista con una crescita del mercato a due cifre e con il suo caratteristico costo di
produzione e di approvvigionamento.
Il sesto capitolo, il caso Mercedes-Group e The Swatch Group nella comune realizzazione della
Smart, presenta una particolare fattispecie di accordo di joint venture societario, all’origine Mcc
Smart evolutosi, poi, in Smart GmbH a seguito della totale acquisizione dalla DaimlerChrysler,
finalizzato alla comune realizzazione di una micro-vettura che avrebbe aperto gli orizzonti per un
nuovo segmento nel mercato dell’auto. Il capitolo ha inizio con una premessa sulla vettura e
sull’accordo di joint venture stretto tra le due società, per poi descrivere in dettaglio il core business,
la struttura, le dinamiche e gli andamenti di mercato di entrambe le co-ventures, con lo scopo di
individuare le possibili sinergie ed economie nella realizzazione in collaborazione della Smart. In
seguito la tesi cura le particolarità della nuova vettura e quindi come si sviluppa l’idea Smart, il
concetto da cui nasce il suo semgmento e il suo target, gli obiettivi ambiziosi, le difficoltà della
ricerca della controparte da parte di Swatch, madrina del prototipo, come anche le difficoltà
dell’integrazione nello sviluppo della micro-vettura. La Smart oggi presenta una tipologia di offerta
multiprodotto e multisegmento, segno del successo della biposto e dell’evoluzione dell’intero
mercato dell’auto. La Smart è ormai non più una macchina, ma un marchio, dato che è entrata nei
segmenti delicati della vettura di tendenza come può essere la tipica biposto, con la Roadster e la
ForTwo, o come può essere la tipica utilitaria giovanile nella qualità della ForFour, oppure ancora,
con la ForMore, nel segmento delle SUV. Dopo aver speso le dovute riflessioni e analisi riguardo la
tipologia di offerta Smart, si pone attenzione sul processo della costituzione dell’accordo a iniziare
dalla complessa ricerca della controparte, dalla quasi paritaria partecipazione sulla nuova società,
rilasciando il potere decisionale alla DaimlerChrysler, dal finanziamento del progetto, dalla comune
realizzazione di uno stabilimento simbolo della modernità e dell’ecologia, all’aumento di capitale
sociale interamente sottoscritto dalla compagnia tedesca che si vede riconosciuto il 30% in più delle
quote possedute in precedenza e fino alla totale acquisizione della Mcc Smart che diviene parte
integrante del gruppo Mercedes, a sua volta controllato dal gruppo DaimlerChrysler.
14
Sono sottoposte a ulteriore analisi le partnership di cui Smart è protagonista, unitamente allo
studio degli smart-center e della descrizione della struttura commerciale, con l’obiettivo di mostrare
una panoramica completa sul sistema che gira attorno alla Smart. Vengono, infine, proposte delle
analisi economico-finanziarie le cui riflessioni derivano dai dati di bilancio, unitamente con lo
scopo di stimare in seguito il valore della jont venture secondo la stratificazione del valore, per
individuare la specifica fonte del valore, che sia dunque derivante dal valore base o dal differenziale
flussi o dal differenziale di struttura finanziaria o ancora dal differenziale di rischio.
Anche il caso Fiat-Gm, oggetto del settimo capitolo, segue la medesima logica di redazione e ha
inizio con una presentazione dell’operazione posta in essere dalle co-ventures specificando le
particolarità del contratto e dell’opzione che lega le controparti. Come fatto per il caso precedente,
viene studiato il business, la struttura e le dinamiche dei mercati di riferimento di entrambe le
contraenti. Nei fatti Fiat e Gm costituiscono un duplice accordo di joint venture finalizzato non più,
come fattispecie del caso Smart, nella comune produzione e commercializzazione di un unico
veicolo, bensì concentrato sulle riduzioni dei costi di approvvigionamento, di sviluppo tecnologico,
di Know-How e così via relativi ai comuni segmenti produttivi. In tal sessione si propone, inoltre di
quantificare la serie di flussi recuperati per merito di tale operazione, mettendo in luce il singolo
contributo sinergico in rapporto ai flussi totali risparmiati.
L’ottavo e ultimo capitolo è dato dalle sintesi e conclusioni in cui viene ricostruito il percorso
logico seguito dalla tesi con le questioni e le domande che guidano il lavoro di ricerca. Sempre in
tal sessione, a conclusione del lavoro svolto, si risponde ai quesiti che hanno pilotato lo svolgimento
della tesi, cercando di identificare quali risposte siano coerenti con la letteratura economica, quali
invece siano state le scoperte nel corso dello svolgimento del lavoro, se gli elementi oggetto di
analisi siano chiaramente desumibili dalla teoria esistente e cosa nel futuro possa essere oggetto di
studio e ulteriore approfondimento.
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Capitolo Primo
L’azienda: le idee, le scelte e l’azione
orme dettate dal codice civile stabiliscono che, per azienda, si intenda quel “complesso
dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”
1
(ex art. 2555 cc),
dove a sua volta la figura dell’imprenditore viene interpretata come colui che esercita
professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di
beni o di servizi (ex art. 2082 cc). L’intenzione del legislatore, risiede nel racchiudere la definizione
di azienda e di imprenditore all’interno del circolo di interazione tra domanda e offerta, anche
definito mercato.
L’interazione tra produttore e consumatore, finalizzata alla soddisfazione di bisogni, necessità,
stati di mancanze, alimenta il motore dell’economia mondiale, di cui noi tutti, che si voglia o no, ne
siamo partecipi.
1
Art. 2555 Codice Civile.
N
16
1.1. L’azienda: un insieme di idee e scelte
L’azienda sarà un complesso di beni, come ci suggerisce il codice civile, sarà un sistema
dinamico in continuo divenire di flussi e di deflussi monetari, se si segue l’ottica finanziaria, ma è
da intendere innanzitutto quale insieme strutturato di idee imprenditoriali selezionate (perché
soggettivamente ritenute vincenti) che interagiscono con l’ambiente esterno nell’esercizio
dell’attività imprenditoriale.
Si dovesse dunque riformulare la nozione di azienda, alla luce di quanto appena esposto, si
potrebbe, allora, affermare che essa sia un insieme di scelte e direzioni di marcia, predisposte
dall’imprenditore, finalizzate all’esercizio d’impresa per mezzo di beni organizzati e strumentali
alla soddisfazione di bisogni, espressi o nascosti, relativi alla clientela di riferimento; tenendo
comunque a mente che per astrazione si definisce azienda, sempre “quell’ordine strettamente
economico di un istituto
2
, ossia l’insieme degli accadimenti economici disposti a unità secondo
proprie leggi”
3
.
L’esigenza di riformulare l’interpretazione del concetto di azienda dimostra l’evoluzione del
sistema globale dell’economia e, dunque, la obsolescenza per certi versi di alcune definizioni,
norme, tuttora ancorate a una visione di un’azienda costituita prevalentemente da investimenti
materiali ed operanti in un contesto non dinamico e non caratterizzato da una elevatissima
concorrenzialità e globalizzazione.
2
“Un istituto si presenta come complesso di elementi e di fattori, di energie e di risorse personali e materiali. Esso è
duraturo; il suo permanere è della specie dinamica, sia per i fenomeni interni sia per quelli di rapporti esterni con
l’ambiente. Come complesso è ordinato […] secondo proprie leggi anche di varia specie (fisiche, sociologiche,
economiche, religiose, e così via) ed in multiforme combinazione. E’ una unità per i rapporti che lo costituiscono, ma
che proprio si manifestano in un modo e non in altro e con vincolo degli elementi e fattori a carattere di
complementarietà per essere rivolti ad un insieme di fini comune […] L’istituto presenta inoltre il carattere dell’essere
autonomo, ma di una autonomia relativa per i nessi con le altre componenti della società umana. La ricerca intorno ad
un istituto è necessariamente di tipo interdisciplinare.” Tratto da Airoldi, Brunetti, Coda, 1994.
3
Airoldi, Brunetti, Coda, 1994, Economia Aziendale, Ed. il Mulino, pp. 39.
17
1.2. Le idee imprenditoriali
Necessita qui un ulteriore chiarimento la posizione assunta riguardo le idee imprenditoriali, le
linee guida, le direzioni di marcia che guidano la nascita e il continuo divenire della struttura
aziendale: difatti, proprio nelle idee imprenditoriali risiede il compito critico della definizione di un
bene o di un servizio, partendo dall’interazione con l’ambiente e quindi con il pubblico al fine di
osservare stati di necessità, di privazione, esigenze, bisogni magari inespressi, e con l’obiettivo,
inoltre, di aprire un dialogo costruttivo con la clientela. Le idee sono l’origine della definizione
della struttura d’offerta d’impresa (intesa quale legame materiale con il mercato), ma sono altresì
condizioni essenziali di crescita e di sviluppo del prodotto, del mercato, della tecnologia.
Definite allora quali comune denominatore della introduzione e gestione del business d’impresa,
le idee, spesso trascurate nella letteratura, possono essere sottoposte a una “classifica”, che a sua
volta dipende non solo dalla qualità delle stesse (dunque quanto possano rispondere ai requisiti di
efficacia ed efficienza), ma spesso anche da colui che le sponsorizza ed è finalizzata alla selezione
di quella che più si approssima al desiderio imprenditoriale o pubblico.
Tra l’idea e la scelta si colloca il processo decisionale che analizza le singole alternative, cui
principio chiave è la razionalità e dunque la selezione della migliore alternativa in gioco.
Affinché un’azienda possa perdurare nel mercato si rendono necessarie una serie di idee e scelte
vincenti capaci di saper sfruttare punti di forza e affinare eventuali debolezze: si rendono necessarie
allora ulteriori idee e scelte finalizzate alla costruzione di una struttura d’offerta efficiente ed
efficace rispetto il segmento di posizionamento.
E’ ormai abitudine, se non prassi, leggere nei libri di economia aziendale e di economia e
gestione delle imprese passi riferiti al ciclo di vita di un’impresa o dei suoi prodotti o ancor di più
riguardo le proprie tecnologie; si tratta dunque di analisi focalizzate sull’introduzione (ovvero lo
start-up), lo sviluppo, la maturità e il declino, tutte fasi che, alla luce di quanto affermato in
precedenza, prescindono innanzitutto e soprattutto dalla definizione dell’idea imprenditoriale.
Si parla allora di un ciclo di vita della bontà dell’idea, considerata ora come condizione
necessaria di performance aziendale, dove appunto lo stesso ciclo si ritiene che sia condizionato
18
dalla qualità (originalità, prestabilità, funzionalità, piacevolezza nel design…) e dunque capacità
dell’idea stessa di essere ben apprezzata dal mercato. Basandoci su quanto sostenuto in precedenza,
si può affermare che le idee, i cosiddetti principi guida strutturali dell’impresa, siano i capisaldi
della creazione dell’attività imprenditoriale e del proprio continuo dinamismo e solo perché esse
esistono si spiega l’invenzione e ancor di più l’evoluzione del sistema globale dell’economia.
1.3. Il processo decisionale: dall’idea alla decisione
Affinché un’idea possa divenire l’origine di un’azione è necessario porre attenzione alla
razionalità sottostante, ovvero, come in precedenza definito processo decisionale, si rendono
necessari una serie di ragionamenti sulla sostenibilità dell’iniziativa, che si sintetizzano nella
programmazione e nella progettazione dell’ipotetico servizio o prodotto quale prospettiva d’offerta
al pubblico.
Non si esclude (anzi è quasi norma) che vi siano ulteriori idee, magari discordanti tra loro, oltre
quella già posta in analisi: in tal caso si ricorre sempre al principio della razionalità, cercando la
migliore soluzione che possa efficacemente ed efficientemente rispondere alle esigenze della
clientela e soprattutto ai desideri dell’imprenditore. Si procede, dunque, con una programmazione e
una progettazione “simultanea”, ovvero, ancor prima di realizzare e procedere con l’attività
produttiva, si effettua una ponderazione dei risultati – benefici e dei costi, per procedere
successivamente alla soluzione che meglio si avvicina agli standard di mercato e imprenditoriali.
19
1.4. La strategia
Definire la direzione di marcia, la modalità di interloquire con il mercato significa sviluppare
una strategia.
“Con il termine strategia si intende proprio il modello d’interazione esistente o desiderato tra
l’impresa e l’ambiente; in altri termini, la strategia viene a coincidere con le caratteristiche
fondamentali riconoscibili nel rapporto che l’impresa realizza o vorrebbe realizzare con il proprio
ambiente di riferimento e si traduce nell’impostazione che l’impresa dà, o vorrebbe dare, alla
propria attività e al cui interno maturano e si svolgono i processi di gestione operativa e i processi di
gestione strategica”
4
.
Ciascuna impresa si contraddistingue per una propria strategia ovvero per un proprio modo di
interloquire con l’ambiente, che questo sia esplicito o magari anche non intenzionale. E’ corretto
quindi associare a una azienda un personale concetto di strategia, che sia ufficiale e intenzionale o
no e, come ogni altro elemento sottoposto a giudizio, anche la strategia non si sottrae alle critiche
che concorrono alla definizione di una strategia di successo, mediocre o magari anche fallimentare.
La strategia è stata per secoli l’arte di condurre le grandi operazioni belliche, in particolare i
movimenti delle truppe non direttamente impegnate in un conflitto, mentre la tattica regolava le
varie fasi del combattimento. Nell’antica Grecia, da cui il termine strategia ha avuto origine, lo
“stratega” era colui che organizzava e disponeva al meglio le risorse militari, sviluppava i piani di
attacco, o di difesa, e guidava l’esercito in battaglia. Nel corso degli anni la strategia è venuta
definendosi quale l’arte militare avente lo scopo di prevalere sul nemico, non necessariamente
mediante uno scontro in battaglia, quanto piuttosto attraverso azioni tendenti ad assicurare il
successo finale nel confronto bellico. Nella seconda metà del XX secolo il termine “strategia” fu
introdotto nel campo dell’economia aziendale. Secondo una prima corrente di pensiero, che risale a
Chandler
5
, la strategia aziendale include la definizione dei fini d’impresa, cui fa seguito lo sviluppo
dei piani d’azione per il loro conseguimento.
4
Tratto da Coda, 1988, pp. 24 e seguenti; Andrews, 1971, p. 41, Ansoff, 1965, p.202, e AAVV.
5
Tratto da Chandler, 1962, Strategy and Structure. Chapters in the history of the American Industrial Enterprise.
20
Secondo altri, la strategia si ridurrebbe all’individuazione delle mosse aziendali che
consentirebbero il conseguimento delle finalità d’impresa, le quali dovrebbero essere considerate
presupposto per la definizione della strategia medesima.
“Alcuni autori considerano i fini e gli obiettivi di fondo delle imprese come dati e vedono nella
strategia i modi attraverso i quali l’impresa utilizza le sue risorse e interagisce con l’ambiente per
conseguire fini stabiliti a priori. Altri autori includono invece nella strategia sia i fini fondamentali
perseguiti sia le politiche intese a realizzarli.”
6
Molti sono gli studiosi e dunque molte sono le definizioni riguardo l’ampiezza e il contenuto
del concetto di strategia: Ansoff, Hofer e Schendel e Grant, secondo i quali la strategia di
un’impresa non ne comprende i fini e gli obiettivi, ma solo i principali mezzi che l’impresa
impiegherà per raggiungerli, vincoli ambientali permettendo. Di conseguenza la strategia viene a
coincidere con il sistema fondamentale di impiego attuale e pianificato delle risorse e di interazione
con l’ambiente che definisce il modo con cui l’impresa intende raggiungere i propri obiettivi:
l’impresa deciderà in quali business operare, come allocare le risorse, di quale struttura dotarsi,
quali risorse finanziarie utilizzare per raggiungere obiettivi predefiniti in termini, a esempio, di
profitto e di quota di mercato. Altri studiosi tra cui Chandler, Andrews, Coda, Hax e Majluf
ritengono che il termine strategia debba essere inteso in un’accezione ben più ampia, comprensiva
anche dei fini dell’impresa. Secondo tale interpretazione, la strategia, nel definire l’identità
complessiva dell’impresa, deve necessariamente comprendere i fini cui l’attività aziendale è
indirizzata (quali livelli di profitto e loro destinazione, quale posizione nell’arena competitiva, quale
ruolo con gli interlocutori sociali) e non solo il campo in cui si esplica (in quali aree di business e
con quale allocazione delle risorse fra i diversi business) e le direttive gestionali e organizzative cui
si uniforma (gli elementi utilizzati per vincere il confronto competitivo, il comportamento da
assumere nei confronti dei vari attori del sistema competitivo e così via), e ciò in base al
convincimento che non sia possibile procedere in modo separato alla determinazione dei fini e delle
politiche.
6
Airoldi, Bruenetti, Coda, 1994, Economia Aziendale, pp.358.
21
In sintesi, gli studiosi che ritengono che il termine strategia debba essere inteso in un’accezione
più ampia, pensano che essa comprenda la definizione delle finalità dell’impresa (quindi i livelli di
profitto e la loro destinazione, la posizione che l’azienda deve acquisire nell’arena competitiva, le
relazioni che deve stabilire con gli interlocutori sociali ecc…), la scelta del campo di attività da
svolgere per il raggiungimento delle suddette finalità (aree di business) e la definizione dei
comportamenti da seguire per raggiungere il successo (quindi gli elementi determinanti per vincere
il confronto competitivo, l’atteggiamento da assumere nei confronti dei vari attori del sistema
competitivo e così via). Secondo la visione riduttiva, invece, la strategia consisterebbe
nell’individuazione delle risorse e delle loro modalità d’impiego al fine del raggiungimento degli
obiettivi aziendali, la cui definizione sarebbe a monte. Di conseguenza la strategia verrebbe a
identificarsi con le decisioni concernenti la scelta dei business in cui operare, l’allocazione delle
risorse, la definizione della struttura di cui dotarsi, la disponibilità dei mezzi finanziari e così via. Le
due concezioni della strategia implicano due differenti visioni del sistema delle decisioni aziendali.
Il concetto di strategia inteso in senso più ristretto sottintende una visione più meccanica e
ingegneristica del sistema aziendale con decisioni gerarchicamente subordinate. Se invece si intende
per strategia anche la definizione delle finalità aziendali, ne scaturisce una visione come dimostrato
in precedenza più ampia, che abbraccia le scelte di fondo dell’azienda e l’identificazione delle
modalità per il loro conseguimento.
Se dunque da una parte la strategia qui definita in senso stretto richiama una visione
meccanicistica del sistema aziendale, dall’altra parte, stando alle precedenti definizioni, il concetto
di strategia in senso allargato richiama una concezione più organica dell’impresa. Analizzate in
dettaglio le singole caratteristiche di entrambe le accezioni riguardo il concetto di strategia, appare
preferibile adottare una concezione allargata del termine, con l’intenzione allora di intenderla quale
modello d’interazione tra l’impresa e l’ambiente in vista del raggiungimento del successo
imprenditoriale (non definito a priori, ma parte integrante del modello al cui interno trova
definizione).
7
7
Tratto da Coda, 1988, L’orientamento strategico dell’impresa pp. 24.