Il linguaggio pubblicitario come costruttore di identità e di valori. Il caso delle pubblicità Barilla in Italia e negli Stati Uniti
L’identità e i valori Barilla in un logo e uno slogan
Si è detto e ripetuto più volte che il primo marchio creato dall’azienda nel 1910 è rappresentato da un garzone che versa un uovo gigante in un contenitore di farina; non ci sono parole, né slogan: tutto il mondo valoriale di Barilla è lasciato al sorriso di quel bambino e all’unione di quei due ingredienti, uova e farina. A una prima analisi si potrebbe quasi dire che quel marchio non parlava dei valori della ditta, nè dei prodotti che produceva; ma a una analisi più profonda, non superficiale, già si intravede lo spirito di fondo che poi avrebbe segnato tutta la comunicazione Barilla: quel garzone era un’immagine familiare per l’epoca, aveva stampato un sorriso sul volto, segno di cordialità, allegria, gioia.
Negli anni successivi, accanto al marchio, prende vita il logo, che esprime l’identità verbale della Barilla. A partire dal 1936 la promozione pubblicitaria dell’azienda si diversifica, e il nome deve essere visibile e riconoscibile sulla carta intestata, sulle prime confezioni di pasta, sui manifesti. Pietro Barilla, da poco entrato in azienda, affida l’incarico di creare il logo alla tipografia Zafferi, che propone una versione, per così dire, sognante del marchio, quasi fosse scritto su una nuvola azzurra. Nel 1939 Venturini proporrà una forma più ordinata, dai contorni più definiti, che riproporrà nel secondo dopoguerra su sfondo rosso. Il nuovo logo, quindi, si concentra sul nome dell’azienda, e abbandona ogni figura o elemento di distrazione. Queste scelte rispondono a due strategie e voleri comunicativi: da una parte mettere in primo piano il nome dell’azienda significa impegnarsi, offrire garanzia; dall’altra la sobrietà nella grafia e i contorni netti avevano l’obiettivo di trasmettere e assicurare l’unicità e la distintività della marca (Musso e Semprini, 2003: 14).
La vera svolta avverrà nel 1956 grazie a Erberto Carboni, che rinnova il logo, inserendo il nome dell’azienda all’interno di una forma ovale, che richiama visivamente la forma dell’uovo, elemento centrale della produzione Barilla. Così il marchio rimarrà praticamente imperturbato fino al 1969 quando l’agenzia Lippincott&Margulies penserà a un leggero ammodernamento, dando ai caratteri della scritta contorni più sobri e squadrati, mantenendo però intatto il contorno a forma ovale. Le linee arrotondate, i continui giochi di colore tra il rosso e il bianco, la forma ovale attribuiscono al logo un certo brio, una certa allegria, alludendo anche alla maternità (la forma morbida e avvolgente) e alla fertilità (uovo come segno di vita).
Nel 2002 avviene l’ultimo ritocco del logo, con alcuni cambiamenti decisivi e sempre coerenti. Il primo è nella brillantezza dei colori, il rosso e il bianco si accendono, diventano più luminosi, quasi metallici; la seconda innovazione riguarda l’effetto ottico della tridimensionalità, infatti sia nella zona superiore che in quella inferiore dell’ovale notiamo un riflesso che dona l’effetto dello spessore, e le lettere del logo sono seguite da una leggera ombreggiatura che le fa risaltare e dona loro volume, tridimensionalità. Musso e Semprini suggeriscono che la scelta è in perfetta sincronia con l’evoluzione dell’azienda. Essi suggeriscono che il logo richiama alla mente un piatto di pasta adagiato su una tovaglia bianca: «il logo attuale, evocazione fortemente stilizzata di un piatto di pasta, esprime in modo esplicito l’evoluzione della marca, passata da una focalizzazione sul prodotto pasta, alla realizzazione di sughi e piatti pronti».
Si possono individuare tre grandi aree semantiche che Barilla ha voluto sviluppare attraverso il proprio logo, e che hanno portato la marca ha comunicare forti valori. Nella prima fase (dal 1926 al 1936), Barilla ha veicolato valori di rassicurazione: solidità, continuità, equilibrio; l’immagine che si voleva trasmettere era quella di una marca seria, affidabile, di fiducia.
La seconda fase (1936-1954) esprime i valori affettivi: la tenerezza, la rotondità, la maternità, la bontà. Sono valori che veicolano un’immagine di marca “relazionale”, che si preoccupa e si prende cura dei suoi consumatori.
La terza fase (1954-2002) dà sfogo ai valori ludici: la giocosità, il dinamismo, la semplicità, l’allegria; insieme questi valori servono a proporre un’immagine di marca giovane, in movimento, simpatica e gioviale (Musso e Semprini, 2003: 21).
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il linguaggio pubblicitario come costruttore di identità e di valori. Il caso delle pubblicità Barilla in Italia e negli Stati Uniti
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Informazioni tesi
Autore: | Diana Tuorto |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere |
Corso: | Lingua, società e comunicazione |
Relatore: | Maxine Lipson |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 199 |
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