Profili di illiceità dell'utilizzo della posta elettronica nell'ordinamento giuridico italiano: responsabilità per phishing

Il phishing è senz’altro riconducibile al reato di truffa, che l’art. 640 del codice penale descrive come la condotta di chi, “con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”.
Gli elementi descritti nella norma sono tutti ravvisabili nella condotta del phisher.
La tecnica consistente nell’invio di e-mail ingannevoli, infatti, costituisce un artificio o raggiro ai danni dei destinatari, i quali vengono indotti in errore perché convinti che la mail provenga effettivamente dal proprio istituto di credito.
Il seguente furto dei dati personali d’accesso ai conti online e la sottrazione del denaro, invece, rappresentano l’ingiusto profitto per il phisher e il danno per la vittima titolare del conto.
Potrebbero essere avanzate obiezioni in merito al fatto che spesso le mail siano scritte in un italiano poco corretto e che il link contenuto all’interno del messaggio non rimandi al vero sito della propria banca e che, perciò, un utente accorto dovrebbe accorgersi del raggiro.
Pur trattandosi di osservazioni corrette, permane comunque il carattere truffaldino del phishing, soprattutto considerando che negli ultimi tempi le e-mail sono state sempre più perfezionate al fine di raggirare maggiormente le vittime.