La7, costruzione di identità per differenza

All’inizio del progetto non c’è una realtà editoriale di destinazione già definita, per cui l’individuazione del target non viene effettuata a priori. Dopo il contatto con La7 ci si rende conto che esiste una compatibilità con il pubblico femminile a cui punta la rete.
E’ Claudio Canepari ad avere l’intuizione di ritenere “I viaggi di Nina” potenzialmente omogeneo e affine alla fisionomia di questa emittente (e, in seconda battuta, di Rai Tre). Stefano Orsucci, all’epoca direttore di rete, visiona la prima puntata quasi completa; insieme a Valentina Orengo, che diventerà curatrice del programma, decide di dare fiducia al prodotto e di inserirlo in palinsesto. Ad Orsucci subentrerà in seguito Alessandro Lostia, che seguirà le ultime due edizioni della trasmissione. Il punto di contatto più importante tra il prodotto e l’identità del canale è rappresentato dalla capacità, e in un certo senso dal coraggio, di dare voce a mondi ed a realtà sociali che in genere in televisione non trovano facilmente spazio. Questo discorso vale soprattutto per l’approfondimento della tematica omosessuale, che La7 ha affrontato, ricordiamo, anche trasmettendo L Word.

Va detto che il progetto parte in modo assolutamente autonomo, senza nessuna commissione o incarico, nasce semplicemente come risposta all’esigenza di conoscere e al desiderio di approfondire un argomento da parte dell’autrice. Da qui, i primi viaggi e le prime ricerche: nel momento in cui raccoglie materiale indicativamente sufficiente a confezionare una puntata, Nina propone il progetto a Canepari e da qui inizia una fase di produzione più strutturata.
Sarà soprattutto il tema dell’omosessualità femminile, trattato in un modo così sperimentale, a portare una certa risonanza sui media. Molti, tra cui La Stampa e Il Manifesto, ne scriveranno positivamente, Aldo Grasso si esprimerà con più cautela.