La condizione giuridica dei rifugiati e degli sfollati (IDPs) nel quadro degli Accordi di Dayton: sviluppi recenti in Bosnia-Herzegovina

La libertà di movimento e l’abbattimento delle frontiere, che figurano come alcuni dei presupposti stessi della globalizzazione, non sono patrimonio di tutte le persone, bensì relativi alla circolazione delle merci e dei cittadini del mondo sviluppati; infatti la possibilità di viaggiare e di fuggire da situazioni di guerra e miseria per cercare all’esterno una possibilità di salvezza viene spesso ostacolata dal rafforzamento dei confini nazionali dei paesi occidentali.
I fattori soggettivi che spingono alla migrazione sono da imputare a quei processi planetari di squilibrio che amplificano senza sosta il divario tra paesi ricchi e paesi poveri, alimentando la fame, la miseria e la guerra. L’immigrato viene però percepito come colui che si muove principalmente per ragioni economiche; concetto riduttivo, se si considera che i motivi che portano a migrare sono legati spesso alla ricerca di tutela al di fuori del paese di origine, come nel caso dei rifugiati.
Gli accordi di Schengen del 1985 e la Convenzione di Dublino del 1990 fissano rigidamente i principi a fondamento delle politiche migratorie per l’ingresso nell’Unione Europea; inoltre i paesi di destinazione, come l’Italia, hanno adottato leggi sull’immigrazione sempre più severe e restrittive, prevedendo l’istituzione di centri di permanenza temporanea degli immigrati clandestini, centri di identificazione per i richiedenti asilo12 e l’introduzione del reato di clandestinità13, come previsto dalla nuova normativa sui migranti varata dal Governo.