L'importanza del riformato articolo 2409 c.c. come nodo ordinamentale tra interesse pubblicistico e privatistico

Riguardo l'ordinamento del settore bancario l'esame verte sul perché il legislatore abbia voluto esplicitamente escludere l'applicabilità del procedimento ex art. 2409 c.c. (art. 70 T.u.b.), quali sono i rimedi apprestati e se essi riescano ad ovviare alla carenza delle garanzie apprestate dal regime del controllo giudiziario.
La soluzione predisposta dall'art. 70 T.u.b. ha posto fine ad una complessa e delicata disputa che aveva impegnato giurisprudenza e dottrina sin dagli anni della legge bancaria del 1936 – 1938. Da un lato c'era chi sosteneva che il ricorso al procedimento ex art. 2409 c.c. non fosse necessario, anche perché questo avrebbe concorso con quello amministrativo; dall'altra c'era invece chi ne rilevava l'assoluta necessità per non privare la minoranza dei soci di uno strumento di tutela dei loro interessi, tutela che con i sistemi apprestati risultava solamente in via indiretta.
L'art. 70 T.u.b. viene applicato anche alla disciplina delle società capogruppo nei gruppi bancari; ne consegue che la Banca d'Italia si trova a sostituire l'autorità giudiziaria nel tutelare anche interessi diversi da quelli tipici del sistema creditizio, tra i quali quelli dei soci, in un procedimento che “si svolge al di fuori delle garanzie giurisdizionali”. Secondo l'art. 70 T.u.b. la Banca d'Italia deve garantire il suo intervento a tutela degli interessi di una minoranza di azionisti a cui è affidata l'iniziativa; l'intento del legislatore è sembrato quello di introdurre una disciplina modellata su quella dell'art. 2409 c.c. quasi a compensazione della sottrazione delle banche al procedimento medesimo. La “riserva di giurisdizione” alla Banca d'Italia va dal controllo sulle gravi irregolarità nella gestione alla soluzione delle crisi bancarie, parendo essa quindi rispondere più ad un interesse di sistema che non ad un interesse giuridico in senso ampio; a tal proposito un indirizzo dottrinale sottolinea che “il pubblico interesse della giustizia è di un grado più elevato di quello dell'amministrazione”, e ciò in ossequio al principio costituzionale della completezza e pienezza della tutela giurisdizionale.