Il mercato discografico e la sfida digitale: esperienze, strategie e possibili sviluppi

Il mercato del Cd, ossia la fonte primaria di introiti per le lobby della discografia si trova pertanto alle porte di un cambiamento epocale, in cui il rischio di veder diventare obsoleto l’intero “sistema musica” così come si era configurato sino ad allora, appare più che concreto. Nella seconda metà degli anni '90 si sono verificate in parallelo l’ esplosione del fenomeno Napster e del digital download mediante questo e altri sistemi peer-to-peer (P2P), e un brusco calo delle vendite di dischi. In tale scenario le alternative strategiche tra cui le major potevano scegliere erano fondamentalmente due: o la repressione e la lotta al nuovo sistema che andava delineandosi, o altrimenti, l’accettazione di dover avviare un processo di rinnovamento radicale (e all’interno delle aziende, e del mercato stesso), i cui sviluppi apparivano del tutto confusi e sconvenienti. Le major stabilirono immediatamente un rapporto causa-effetto tra i due fenomeni, e tale contingenza le indusse a elaborare una strategia di difesa basata sullo sviluppo di sistemi anti-copia (sistemi DRM: Digital Rights Management) che teoricamente avrebbero dovuto rendere impossibile l’operazione di trasferimento dei brani su PC e la loro successiva compressione, così da impedirne la diffusione. Si aprì così un periodo di duri conflitti tra le major e la rete. Per molti anni infatti l’industria della musica, ancorata alle proprie logiche conservatrici e dominata esclusivamente da principi di natura economica, era stata viziata con profitti molto alti rispetto ad altri settori industriali, tanto da guadagnarsi l’attenzione dell’autorità anti-trust in più di un occasione (specialmente in Europa a seguito dell’introduzione dell’Euro), e il solo pensiero di veder svanire o comunque ridursi i propri benefici la portò ad intraprendere la strada della resistenza.