La Convenzione europea dei diritti dell'uomo e l'ordinamento italiano
Il principio di specialità come mezzo di risoluzione delle antinomie
Un’ultima considerazione sembra doverosa in relazione al “principio di specialità”: la ricerca giurisprudenziale testimonia che i giudici comuni non hanno affatto abbandonato, dopo le sentenze n. 348 e n. 349 del 24 ottobre 2007, questo criterio interpretativo – ulteriore rispetto quello della presunzione di conformità della legge interna all’obbligo internazionale – a cui attingevano già in epoca anteriore alla riforma costituzionale per assicurare prevalenza agli obblighi internazionali nella risoluzione delle concrete controversie.
La giurisprudenza da molti anni fa largo ricorso al principio di specialità inteso nella sua accezione più comune, fondata sulla specialità dei destinatari e/o degli oggetti disciplinati dalle norme di origine pattizia che di volta in volta vengono in considerazione, allo scopo di risolvere in via interpretativa a favore degli obblighi internazionali il numero maggiore di contrasti con la normativa interna successiva.
La più avvertita dottrina internazionalistica, all’indomani dei leading cases del 2007, aveva già notato come la Corte Costituzionale non avesse voluto valorizzare tutti gli strumenti interpretativi già presenti nel patrimonio dei giudici comuni che avrebbero consentito di risolvere molte delle possibili antinomie tra norme interne e norme di origine pattizia senza ricorrere alla Corte Costituzionale.
In particolare, gli studiosi hanno messo in rilievo che solo nella sentenza n. 349/07, e non nella n. 348 di pari data, la Corte invita i giudici a ricorrere ancora allo sperimentato strumento della presunzione di conformità della norma interna alla norma di origine internazionale, mentre in nessuna delle due pronunce il Giudice delle leggi fa mai cenno alla perdurante possibilità per i giudici di ricorrere al criterio di specialità allo scopo di far prevalere l’obbligo internazionale senza passare attraverso il giudizio di costituzionalità.
Il silenzio della Corte costituzionale sul punto è stato inteso dalla stessa dottrina in vari modi.
Come divieto per il giudice comune di fare ancora ricorso al criterio di specialità, oppure come possibilità di utilizzare tale criterio solo allorché una norma convenzionale sia stata resa esecutiva nell’ordinamento interno con atto legislativo e possieda caratteri tali da poter essere applicata direttamente nei giudizi interni.
Quel che è probabile, è che, il principio di specialità possa continuare a essere applicato nei rapporti tra norme interne e norme di origine pattizia, purché queste ultime siano state oggetto di un procedimento di adattamento attuato con fonte di grado legislativo e possano dirsi speciali per il loro contenuto e i loro destinatari.
Questo brano è tratto dalla tesi:
La Convenzione europea dei diritti dell'uomo e l'ordinamento italiano
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Informazioni tesi
Autore: | Deborah D'Ancona |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Luciano Garofalo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 193 |
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