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Il sublime fra passione e rappresentazione: da Longino a Burke

Il sublime di Dennis

L’Art Poétique di Boileau fu l’espressione perfetta del codice neoclassico e in quanto tale rimase uno dei documenti principali del conservatorismo letterario del diciassettesimo secolo, rappresentando una delle massime razionalizzazioni di un tipo d’arte che il diciannovesimo secolo avrebbe denigrato.
La tradizione di Longino, prendendo una via completamente diversa, fu invece, per tutto il periodo neoclassico, il perno attorno al quale ruotarono, in Inghilterra, nuove idee che indussero i poeti a disfarsi delle vecchie. In tal modo Boileau mise inconsapevolmente in moto due forze che, alla fine, divennero reciprocamente ostili.
Con la Restaurazione, l’Inghilterra, dopo il suo esperimento di libertà politica, si adagiò a godere un confortevole e civile illuminismo sotto una monarchia costituzionale e la tendenza fu quella di sottoporre il gusto e l’arte poetica a regole che, nel nome del neoclassicismo, cercavano di esercitare un “controllo”.
Il genio inglese non fu però mai a proprio agio negli abiti presi a prestito e tagliati su misura dalle regole. A dispetto della difesa che ne fecero vari poeti e critici, la chiarezza e la regolarità erano, in Inghilterra, come suggerisce Monk, “piante esotiche”. Si aveva la sensazione istintiva, che il vero destino delle lettere inglesi fosse dalla parte di Shakespeare, non da quella di Orazio e Boileau, anche quando, fra il 1660 e il 1740, le idee neoclassiche ebbero il sopravvento. Non c’è periodo che sia uniforme nei propri gusti: romanticismo e classicismo, in una qualsiasi delle loro varietà, esistono sempre fianco a fianco. Lo studio della critica del diciottesimo secolo è in effetti lo studio della sempre più rapida disintegrazione dei modelli neoclassici e del ri-emergere di una teoria artistica più libera, più individualista e, di conseguenza, più autoctona.
Non è Longino la causa di questa disintegrazione, ma è pur vero che durante tutto il secolo il Perì hypsous fu una sorta di locus classicus per quel tipo di pensiero critico che cercava di combattere e distruggere le regole.
Gli stretti rapporti fra la critica inglese e quella francese negli ultimi decenni del diciassettesimo secolo fecero sì che ogni evento letterario che si verificava in un paese avesse ripercussioni anche nell’altro. La disputa sugli Antichi e i Moderni aveva reso prestigioso il nome di Longino in Francia e fatto del sublime un argomento di dibattito critico. Si può quindi ritenere che le lodi tributate a Boileau al Perì hypsous, e l’uso che egli ne aveva fatto, determinassero un interesse per il suo autore anche al di là della Manica.
Dopo il 1674, era inevitabile che l’autorità di uomini quali Boileau, e, per la critica inglese, Dryden, rendesse le idee pseudolonginiane non solo prestigiose, ma addirittura alla moda, ed era facile prevedere che, dopo che i due maggiori critici del secolo avevano riconosciuto il valore di Longino, lo prendessero in considerazione anche i critici minori.
La teoria drydeniana dello stile appropriato alla tragedia e alla poesia eroica si basa largamente sull’antica concezione dello stile elevato, col suo linguaggio figurato e il suo effetto emotivo. Egli non ha una vera e propria teoria del sublime, ma a volte sembra usare il termine in modo analogo a quello di Longino. Dice ad esempio che Lucrezio possiede “un genio sublime e audace” dal quale scaturiscono versi elevati, e a Milton riconosce “vera sublimità ed elevati pensieri”. Nonostante affermi la necessità di sostenere con grandi pensieri uno stile ornato e patetico, e nonostante associ la sublimità all’audacia del genio, Dryden non sembra aver mai considerato la sublimità stessa un oggetto degno di riflessione teorica. L’importanza di Dryden è quindi dovuta più al suo aver ratificato l’autorità di Longino adottandolo come guida, che all’aver formulato un chiaro concetto delle implicazioni estetiche del sublime. Resta ad ogni modo indubbio che, col suo elogio di Longino, egli diede un notevole impulso all’indagine critica sulla sublimità.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il sublime fra passione e rappresentazione: da Longino a Burke

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Informazioni tesi

  Autore: Manuela Conti
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Parma
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filosofia teoretica, morale, politica ed estetica
  Relatore: Rita Messori
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 292

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