La disciplina dei fondi marini internazionali
I fondi marini internazionali
Nella concezione classica, ispiratrice della Convenzione di Ginevra, il letto dei mari era qualificato come “res nullius” ed ogni Stato era libero di esplorare e di utilizzare il fondo del mare e degli oceani al di là del limite delle giurisdizioni nazionali, con il solo obbligo di non intralciare la libertà di utilizzazione da parte degli altri Stati. Per molto tempo, l' assenza di un sufficiente sviluppo della tecnica, ha comportato che la possibilità di sfruttamento e la conseguente utilizzazione dei fondali marini internazionali costituisse un problema unicamente teorico, sprovvisto di rilievo pratico. La diffusione, a partire dagli anni sessanta, delle conoscenze circa l’esistenza e la possibilità di sfruttamento non solo di idrocarburi, ma anche di risorse minerali solide nei fondi marini, ha avuto effetti giuridici e politici di segno opposto. La tendenza degli Stati costieri ad estendere la propria giurisdizione su zone di mare sempre più vaste ha finito con l' imporsi all' interno della comunità internazionale. La qualificazione dei fondi marini internazionali come “res nullius” non poteva più reggere allo stato della tecnica. Se si fosse seguito lo schema della libertà , che ha da sempre ispirato il regime dell’alto mare, si sarebbe determinata una corsa allo sfruttamento da parte dei soli Stati capaci di farlo. Pertanto, si fece largo una concezione che prevedeva che l’esplorazione e lo sfruttamento dei fondi marini internazionali (denominati “Area”) fossero effettuati nell’interesse di tutta l’umanità, tenendo conto delle esigenze e degli interessi dei Paesi in via di sviluppo.
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La disciplina dei fondi marini internazionali
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Informazioni tesi
Autore: | Giuseppe Santagata |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Messina |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Cinzia Ingratoci |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 77 |
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