Evasione fiscale, tra criminalizzazione, decriminalizzazione e senso civico

Gli interventi pubblici contro la crisi sono ostacolati da una situazione di finanza pubblica già deteriorata nel tempo: gli inasprimenti fiscali sui redditi alti ci sono già stati, l’indebitamento nel settore pubblico anche, come pure l’espansione della spesa. In questo contesto l’unica via di uscita è portare le imposte dove non ci sono, indirizzando i controlli verso la materia imponibile nascosta al Fisco, e smettendo di fare accademia sul regime giuridico di quanto è stato dichiarato.
Per farlo occorre che i tributaristi indichino al resto dell’opinione pubblica, e allo stesso legislatore, i punti di forza e di debolezza delle attuali forme di tassazione, superando le anacronistiche visioni moralistico-sociologiche dei fenomeni di evasione fiscale.
Nei momenti di crisi parafrasando Kennedy, gli studiosi della società, non dovrebbero pensare tanto a cosa il legislatore potrebbe fare, ma a cosa loro potrebbero fare per il legislatore; senza sconfinare nelle scelte di competenza generale, ma senza neanche ridursi a commentatori della legislazione. I tributaristi devono proporre gli strumenti per determinare la capacità economica, secondo i migliori compromessi tra precisione, semplicità, certezza, cautela antievasione, informazioni disponibili ecc.