La Cina: sviluppo economico globale e regime politico non democratico

Esempio emblematico della cinicità governativa è l’esperienza che si è avuta durante la prima grande epidemia della cosiddetta SARS, scoppiata nel marzo del 2003 ad Hong Kong, dapprima, e poi diffusasi rapidamente nel resto della Cina continentale, per propagarsi successivamente in buona parte del mondo. In quell’occasione, l’inaffidabilità e l’autoritarietà, mista alla cocciutaggine, della classe dirigenziale cinese, non solo hanno messo a rischio la vita di un gran numero di persone, ma ha anche mostrato, al mondo intero, l’altra faccia della ‘grande Cina’, di quel Paese, cioè, reputato ad essere la guida economica del prossimo avvenire; una faccia composta da silenzi e inettitudine di governo, mascherata in parte, quando ormai la frittata era già stata fatta, da scuse e ripensamenti postumi a denunce e reportage internazionali sulle modalità con le quali era stata gestita la crisi dovuta all’epidemia di SARS. In pratica, i dirigenti del partito unico, una volta che la malattia si era diffusa dalla vicina Hong Kong al resto del territorio cinese, hanno ‘imbavagliato’ qualsivoglia informazione sulla patologia, che nel frattempo si stava diffondendo a macchia di leopardo, per evitare, molto cinicamente, che gli investitori e gli imprenditori stranieri scappassero dal Paese, spaventati dalle conseguenze che la SARS avrebbe loro provocato, portandosi con loro il denaro che avevano scelto d’investire in Cina in opere di diversa tipologia. Ma la notizie e le immagini delle prime vittime della malattia si sono diffuse ugualmente e ciò ha provocato il risentimento non solo di quei gruppi imprenditoriali presenti sul territorio, e che erano stati tenuti alla scuro di tutto, ma anche dell’opinione mondiale, la quale, vedendosi tenuta in disparte riguardo ad un pericolo ipoteticamente di dimensioni vaste, come appunto un contagio mondiale, ha ritenuto la Cina poco affidabile da un punto di vista della gestione di problemi seri e per quanto riguardo la trasparenza nei confronti della comunità mondiale.
Il governo cinese si è affrettato ad emanare un comunicato in cui si riconosceva l’errore fatto: ciò nonostante l’amministrazione di Beijing ha ricevuto un importante smacco a livello di prestigio internazionale, tanto che alcuni di quegli investitori, la cui vita era stata messa in pericolo, hanno preferito cambiare aria, delusi dalla politica e dalla mancata tutela nei loro confronti per come era stata gestita la crisi della SARS.
Quella appena descritta è una prospettiva che inquadra molto bene un aspetto della realtà cinese: da una parte un Paese che ha una crescita annua del PIL di almeno cinque volta quella italiana, dall’altra mostra evidenti lacune nella gestione e nella comunicazione di eventi socialmente e politicamente molto importanti. E ciò si realizza non solo con la SARS, ma anche con altri eventi simili, visto che in Cina vige una legge secondo la quale, in caso di epidemie, l’informazione riguardante la diffusione di tali patologie può avvenire solo ed esclusivamente in seguito ad un’autorizzazione proveniente dall’alto.