Dal Varietà a commedia: il ''genere Viviani''

Innanzitutto, la volontà di dar voce ad un popolo indissolubilmente legato alla napoletanità dell’ambiente da cui emerge. L’ambiente, infatti, nella produzione teatrale di Viviani, è il punto di partenza di ogni opera, una sorta di intonaco a cui le sagome dei personaggi si legano indissolubilmente e dal rapporto col quale, come in uno splendido affresco medievale, prendono forma e vita.
Purtroppo la sconfitta di Caporetto segna la fine e la chiusura dei teatri di Varietà e molti attori sono costretti a cercare nuovi spazi nel mondo dello spettacolo.
Il noto autore R. De Angelis ci descrive in modo impressionistico la fine del Varietà: “ Addio gambe nostrane danzanti in russo, in rumeno, in ungherese, in francese, in inglese, in spagnolo, in americano, sulle punte, a ruota, a spaccate.
Addio cani sapienti, pappagalli parlanti, scimmie intelligenti, topolini bianchi sorprendenti.
Addio testine bionde, brune, rosse, dipinte, alle prese con le imprese per il numero del programma, per la dimensione dei caratteri sul manifesto, per la prima vedette, per la seconda, per lo “striscione, per il preavviso”. Tragedie della predominanza addio!
Addio lanterne magiche, luci colorate, riflettori, addio!”
Quando la chiusura dei teatri di Varietà costringe Viviani ad abbandonare i suoi vecchi “numeri”, a cercare nuovi spazi e a crearsi un nuovo repertorio, il Nostro non si perde d’animo, è pronto a reinventarsi e a compiere il salto di qualità tanto atteso elaborando un programma interessante: il passaggio dal Varietà alla commedia.
Del resto, il veto non toccava l’attività delle compagnie drammatiche e questo permetteva di trovare escamotage diversi per continuare a dare numeri di Varietà e canzonette: prima o dopo la prosa o all’interno dello spettacolo finchè i singoli numeri diventarono parte integrante dello spettacolo.
Mantiene una cornice drammatica simile a quella in cui si inseriscono i numeri di varietà presentando opere che si configurano come un susseguirsi di scene che raffigurano tipi e situazioni, però gli ambienti, i tipi e le situazioni sono radicalmente innovati in quanto Viviani si rifiuta di rappresentare la Napoli solare e colorata delle cartoline per mostrarci una Napoli tribolata, notturna, in bianco e nero.
“I motivi sparsi e frammentari del suo teatro di varietà, diventano unitari e coerenti se venivano attraverso il canto, la realtà dell’ambiente di cui vi aveva partecipato nella vita quotidiana o vi ci partecipava in quel momento.”
Viviani si serve delle canzonettiste Tecla Sclarano e Tina Castigliana e dei macchiettisti Cesare Faras, Gigi Pisano e Salvatore Costa per dare vita alla prima compagnia di cui fa parte anche la sorella Luisella.
Anche nella scelta dei collaboratori, che non è casuale, Viviani mostra piena aderenza al percorso prefissatosi; infatti, scrittura attori provenienti dalle fila del Varietà e non attori drammatici perché solo loro potevano essere addestrati a quel nuovo teatro che nasceva come prosieguo e sviluppo delle macchiette.