Processi di inclusione/esclusione nel Sudafrica contemporaneo. Dall’apartheid alla Rainbow Nation.
L’ondata di violenza xenofoba
Il persistere della povertà, della diseguaglianza e il continuo aumento della disoccupazione, che oscilla ormai tra il 20 e il 30%, costituiscono per il Sudafrica un’autentica minaccia al benessere e alla sopravvivenza per la maggioranza dei cittadini sudafricani svantaggiati o marginalizzati molti dei quali sono così costretti a darsi al crimine dopo aver aspettato inutilmente per quattordici anni quel miglioramento delle condizioni di vita promesso subito dopo la fine dell’apartheid.
Il Sudafrica contemporaneo presenta livelli intollerabili di omicidi, violenze sessuali e crimini violenti. Non si tratta semplicemente di un’eredità dell’apartheid, ma di una prova del fallimento del governo attuale nell’organizzare le forze dell’ordine e il sistema giudiziario.
La società continua a rimanere fortemente polarizzata: le leve del potere economico sono rimaste saldamente nelle mani dei bianchi, mentre le masse nere continuano a vivere nella miseria. La situazione è migliorata solo per l’élite dirigente nera. Quest’ascesa sociale riservata solo ad una stretta minoranza non ha fatto altro che alimentare i sentimenti di frustrazione e di delusione tra coloro che ne sono rimasti esclusi e che lottano ogni giorno per sopravvivere nelle township.
Così mentre le élite si spartiscono le ricchezze della Nazione, le masse popolari, soprattutto poveri e disoccupati, si chiudono dietro le loro ristrette identità nazionalistiche, aggravando così la divisione tra i gruppi etnici del Paese e alimentando una nuova xenofobia verso gli immigrati provenienti dai Paesi confinanti con il Sudafrica e disposti a tutto pur di mandare delle povere rimesse a casa dai familiari.
Essendo poi il Paese più industrializzato e con l’economia più avanzata del continente africano ha finito per attrarre le popolazioni limitrofe che vedono nel Sudafrica una speranza per un futuro migliore. Agli immigrati vanno inoltre aggiunti gli oltre tre milioni di rifugiati in fuga dallo Zimbabwe, colpito da una tremenda crisi a causa del regime dittatoriale di Robert Mugabe.
Ma nonostante il Sudafrica sia la prima potenza economica di tutto il continente, il 43% della sua popolazione vive con meno di due dollari al giorno, nell’ultimo anno si sono persi circa un milione di posti di lavoro e negli ultimi anni a dieci milioni di persone è stato interrotto il servizio di acqua e luce e a più di due milioni è stato eseguito uno sfratto.
Oltre ai fattori economici e sociali, va ricordato che il Sudafrica è da sempre stata una terra di violenza xenofoba. Fin dall’arrivo dei primi coloni europei nel 1652 che presero il controllo della regione asservendo le popolazioni locali, e impiegandole nello sfruttamento del territorio, per poi passare al regno Zulu che raggiunse dimensioni notevoli a danno delle altre popolazioni locali. Poi con il regime dell’apartheid la supremazia razziale dei bianchi, conquistata con la forza, è diventata addirittura legale ed istituzionalizzata. Certo il regime è stato “opera” dei bianchi ma quel periodo ha permesso di instillare nella popolazione nera sentimenti xenofobi e una certa cultura della violenza basti pensare alle oltre 60.000 vittime provocate dagli scontri tra etnie diverse nel periodo della transizione. Tenere assieme tutti i colori dell’arcobaleno quindi non è affatto facile. I neri sono il 75 % della popolazione, divisi in 11 etnie principali. I bianchi sono il 13%, discendenti di olandesi (boeri), francesi, tedeschi ed inglesi.
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Processi di inclusione/esclusione nel Sudafrica contemporaneo. Dall’apartheid alla Rainbow Nation.
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Informazioni tesi
Autore: | Emiliano Malnati |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Siena |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Federica Guazzini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 86 |
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