Le intercettazioni: prospettive di riforma 2009
Intercettazioni di conversazioni riguardanti membri del Parlamento
La materia delle intercettazioni delle conversazioni cui prendano parte membri del Parlamento è stata completamente disegnata dalla recente legge 20 giugno 2003 n. 140, con la quale (colmando una lacuna creata da una serie di decreti legge mai convertiti) è stata data attuazione all’art. 68 Cost., secondo cui – tra l’altro – è richiesta l’autorizzazione della camera alla quale appartiene quel membro per poter sottoporre lo stesso ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni.
Tale legge, meglio nota come “Lodo Maccanico-Schifani”, regola le modalità di autorizzazione di intercettazioni aventi per oggetto comunicazioni a cui prendano parte i membri del Parlamento. Ispirata al principio di assicurare una copertura totale alla funzione, la normativa si applica tanto alle intercettazioni dirette quanto a quelle indirette.
Con riferimento alle prime, che hanno ad oggetto le comunicazioni relative all’utenza di cui il parlamentare sia titolare o utilizzatore e le conversazioni nei luoghi nella sua disponibilità, viene in rilievo l’art. 4 della legge, a mente del quale l’autorità competente richiede direttamente l’autorizzazione della Camera alla quale il soggetto appartiene.
Ai sensi dell’art. 5 la richiesta contiene l’enunciazione del fatto per il quale è in corso il procedimento, le norme che si assumono violate e gli elementi su cui si fonda il provvedimento.
Le disposizioni citate prescindono dall’assunzione della qualità di indagato da parte del parlamentare, operando, ad esempio, anche qualora lo stesso sia l’offeso o una persona informata sui fatti.
Di rilievo in materia sono gli interventi della Cassazione, tra i quali si evidenzia il provvedimento di sospensione in cui la Corte stessa ha dichiarato d’ufficio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 commi 2, 3, 4, 5 e 6 e dell’art. 7 della legge n. 140 del 2003 in riferimento agli artt. 3, 24, 112 Cost. L’assunto da cui muove la Suprema corte è quello dell’arbitraria estensione della tutela alle intercettazioni indirette, a fronte dell’art. 68 comma 3 Cost., il cui contenuto precettivo si esaurirebbe nell’ambito di quelle dirette. L’introduzione della nuova normativa, che ha riservato al parlamentare un trattamento differenziato rispetto al comune cittadino, non troverebbe poi adeguata giustificazione, entrando in conflitto col principio dell’art. 3 Cost., da intendersi quale limite alle discriminazioni irragionevoli.
Questa disposizione sarebbe violata, unitamente all’art. 24 Cost., dalla disciplina di cui all’art. 6 comma 5 in virtù del quale, qualora l’autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni non venga richiesta o sia negata, la documentazione deve essere distrutta immediatamente e comunque non oltre i dieci giorni dalla comunicazione del diniego. Oltre all’ovvia considerazione del carattere irrimediale dell’eliminazione del materiale, come tale preclusivo di ripensamenti da parte della camera competente, i dubbi di legittimità riguardano l’effetto prodotto sulla posizione delle persone sottoposte ad indagini nei procedimenti in esame, le quali potrebbero dunque risultare esenti dalla giurisdizione penale, così come, al contrario, incorrere in un pregiudizio difensivo per il venir meno di tali dati probatori.
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Informazioni tesi
Autore: | Elena Scuritti |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli studi di Genova |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Vittorio Fanchiotti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 287 |
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