La Cooperazione Internazionale allo Sviluppo, breve excursus storico (anni 1950 - 1990)
La dimensione moderna della povertà
Negli studi che si sono susseguiti nel XX secolo, la povertà è stata maggiormente presentata come fenomeno relativo e multidimensionale, strettamente correlato alla situazione sociale ed economica del paese di riferimento, portando così ad un fiorire di indagini divergenti tra loro per metodologia, oggetto e risultati. A maggior espressione e chiarezza illustrativa della immagine multidimensionale della povertà, richiamiamo su tutte la teoria di Baulch.
Essa utilizza lo strumento di una piramide all’interno della quale l’economista colloca in maniera sempre più espansa tutte gli elementi che, uniti al solo e principale elemento del consumo, del reddito, contribuiscono ad identificare situazioni più complesse ma definibili, allo stesso modo, di povertà.
Al vertice della piramide ritroviamo la definizione di povertà come risultante del livello di reddito ovvero della capacità di consumo del soggetto o gruppo in esame. Una definizione di facile individuazione e soprattutto univoca, ferma all’espressione numerica del valore indicato. Man mano che si procede dall’apice verso la base della piramide, il concetto di povertà acquista una sempre maggiore ampiezza includendo elementi di carattere soggettivo e sociale per cui diventa automaticamente più complesso darne una misurazione univoca che non lasci spazio ad altre interpretazioni.
Nella interpretazione che Biggeri e Volpi danno della piramide di Baulch, viene inserito un ulteriore elemento, la partecipazione intesa come la possibilità/capacità di partecipare ai processi sociali, politici ed economici. Allo stesso modo si parla di esclusione sociale, termine che si presta ancora una volta ad una molteplicità di definizioni e che sostanzialmente individua diverse “forme di difficoltà che l’individuo può sperimentare nel corso della sua esistenza – disagio, marginalità, povertà, precarietà, instabilità, vulnerabilità”. (Stranges M.).
In questo filone la posizione di Amartya Sen, Premio Nobel per l’economia, costituisce un apripista dei più attuali approcci allo studio delle politiche di aiuto allo sviluppo che ha contribuito profondamente ad innovare attraverso uno spettro di analisi più ampio. In particolare si evidenzia come la definizione dei concetti di sviluppo e di benessere debbano procedere ben oltre il mero possesso di beni o la disponibilità di servizi, focalizzando l’attenzione su ciò che essi permettono agli individui di fare. Il possesso di beni e la disponibilità di reddito sono un mezzo per ottenere benessere ma non sono, di per sé, indice di benessere.
Accanto a questi valori di riferimento, tradizionali, entrano a far parte della definizione di povertà valori quali la mancanza di potere decisionale e di espressione (tema questo assai caro ai sostenitori della libertà di utilizzo dei nuovi mezzi informatici per la diffusione delle idee), la presenza di un numero maggiore di fattori di rischio quali la posizione geografica, il contesto culturale, l’etnia, la religione a cui si aggiunge la tensione psicologica della incertezza circa la reale disponibilità di risorse e di strumenti nel futuro.
L’importanza della considerazione di un simile approccio emerge direttamente dall’analisi delle politiche economiche di aiuto allo sviluppo che, come vedremo di seguito, hanno seguito un percorso evolutivo corrispondente all’ aumento del “peso economico” che la povertà ha assunto nel corso dell’ultima parte del XX secolo: la persona, non più il reddito, diventa oggetto di attenzione economica.
Ne deriva un diversa focalizzazione degli obiettivi delle politiche di sviluppo che sostituiscono adesso una prospettiva antropologica a quella puramente materiale finalizzata alla sinergica applicazione di politiche di macro e di micro-economia. In sintesi si può affermare che si è passati da una condizione di povertà, intesa come una scarsità di reddito tale da non poter soddisfare i bisogni fondamentali, ad una condizione di povertà come scarsità di capacità e possibilità, tali da generare l’esclusione sociale. Una povertà che include più forme di povertà parziali, più forme di deficit che si sommano e si rafforzano a vicenda, a volte a tal punto da configurare “trappole di povertà” da cui è difficile uscire.
Una concezione totalmente rinnovata che apre scenari di analisi e applicazione vastissimi e che richiederebbe una completa revisione delle politiche di cooperazione allo sviluppo ancora troppo ancorate all’utilizzo dell’assioma della povertà calcolata sulla base di una soglia di riferimento (poco più di un dollaro al giorno) che distingue i poveri dai non poveri.
Questo brano è tratto dalla tesi:
La Cooperazione Internazionale allo Sviluppo, breve excursus storico (anni 1950 - 1990)
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Informazioni tesi
Autore: | Mariarosaria Francese |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Salerno |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze Politiche |
Relatore: | Mariarosaria Garofalo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 103 |
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