La tutela degli enti collettivi nel procedimento penale e il monopolio dell'azione penale
L’ente rappresentativo come parte civile
L’azione civile nel processo penale si presenta come azione meramente eventuale. Tale carattere è ancora più avvertito in capo all’ente rappresentativo stante la difficoltà per il soggetto collettivo di far propri i requisiti stabiliti per la persona fisica.
Questa azione ha come presupposto un danno diretto e immediato, come conseguenza del reato per cui si procede. La difficoltà per l’ente di vedersi attribuita la capacità processuale di esperire tale azione sta, dunque, nel considerare delle persone giuridiche come entità capaci di subire un danno immediato e diretto dal reato.
A tal punto è importante distinguere: un’azione “personale”, vale a dire un’azione a tutela di un interesse meramente privato; un’azione “individuale” esercitata collettivamente, da parte cioè di un’associazione di difesa; un’azione “collettiva” vera e propria, a tutela cioè dell’interesse del gruppo di cui l’ente è portatore.
Sotto il primo profilo vi sarebbe una situazione analoga a quella dell’azione civile proposta dalla singola persona fisica senza quindi particolari problemi. Si può, ad esempio, citare l’ipotesi di una azione civile esercitata dall’ente a tutela del proprio patrimonio o della reputazione in ipotesi di furto, diffamazione, ecc., cioè di un pregiudizio riferibile all’associazione come persona morale individuale e non quale rappresentante dell’interesse di categoria, allo stesso modo di quanto avviene per qualsiasi persona fisica che agisca a salvaguardia della sua reputazione o del suo patrimonio direttamente lesi dal reato.
Analogamente può ragionarsi per il secondo profilo, quando gli appartenenti ad un determinato gruppo uti singuli si riuniscono per difendere un interesse comune rappresentato dalla somma di identici interessi propri di ciascun individuo e non da quello unico collettivo in vista del quale l’ente stesso è stato costituito. Si ha in tal caso, in altre parole, una situazione sostanzialmente uguale a quella in cui ciascuno eserciti autonomamente e distintamente dagli altri, nonostante l’identità dell’interesse individuale in gioco, l’azione risarcitoria civile.
Il problema sorge, invece, quando l’ente morale pretende di agire a tutela dell’interesse del gruppo nel suo complesso, come entità autonoma e diversa dalla somma degli interessi dei singoli, cioè per far valere in nome proprio, a prescindere quindi dai singoli associati e da qualsiasi danno individuale, quell’interesse collettivo di cui è il portatore, ed in vista del quale l’ente stesso si è costituito, che si ritenga pregiudicato dalla commissione di un reato.
La costituzione di parte civile delle associazioni, quindi, avrà una valenza non in funzione di tutela degli interessi diffusi lesi dal reato, prevista dall’articolo 91 c.p.p., e quindi in via derivativa, bensì – ed ecco allora la novità - in funzione di interessi propri, quale soggetto direttamente danneggiato dal reato a norma dell’articolo 74 c.p.p., in quanto portatore di ben più limitati interessi collettivi.
In sostanza qualora l’ente riesca a dimostrare la più pregnante qualifica di persona offesa in maniera propria e diretta ciò comporterà l’applicazione della relativa normativa dell’articolo 74 c.p.p. a preferenza di quella che trova applicazione a favore dell’ente per il solo fatto della sua rappresentatività ed in tal caso l’ente potrà ben intervenire nel processo senza che occorra l’ulteriore requisito del consenso dell’offeso, perché confuso nello stesso soggetto che agisce.
Detto questo, bisogna rilevare un importante limite della costituzione di parte civile che, se comparato con la norma sull’intervento, dà il senso della vera novità spettante agli enti dalla previsione dell’articolo 91 c.p.p. L’azione civile è esperibile in sede penale solo a seguito dell’esercizio dell’azione penale, ossia dal momento in cui ha inizio il processo e, viceversa, è preclusa durante il procedimento in senso stretto nel quale manca l’imputato nei cui confronti promuovere l’azione.
Diversamente, come poi vedremo, l’intervento, essendo slegato da una azione contra reum e definito per relationem ai poteri attribuiti alla persona offesa, abilità l’ente a partecipare sin dalla fase delle indagini e dunque per l’intero procedimento, rendendo più pregnante e completa la tutela degli interessi ad esso sottesi.
Questo brano è tratto dalla tesi:
La tutela degli enti collettivi nel procedimento penale e il monopolio dell'azione penale
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Informazioni tesi
Autore: | Domenico Rossi |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Siena |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Gian Marco Baccari |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 150 |
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