La disciplina delle spese nel processo civile

L’art. 95 c.p.c. definisce le spese del processo di esecuzione, come quelle spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione, e dice che sono a carico di chi ha subito l’esecuzione, fermo però, il privilegio stabilito dal codice civile. Questa norma riconosce il diritto del creditore di non subire il costo dell’espropriazione forzata, unica procedura esecutiva cui l’art, 95 è riferibile. In dottrina, per alcuni autori, la norma in esame fonderebbe all’applicazione, nel processo di esecuzione, della regola generale della soccombenza, seppure in senso differente da quello fatto proprio dall’art. 91 c.p.c., sicché soccombente è, per definizione il debitore, mentre, viceversa, per altri autori la regola generale non è applicabile al processo di esecuzione, in quanto richiede una situazione che si avvera a carico di una parte in un giudizio ad esito non prevedibile, cosa che invece, il processo di esecuzione ha un esito presumibile308; gli articoli 91 e 95 c.p.c., in definitiva, conducono allo stesso risultato: il carico delle spese su colui nei confronti del quale è accolta la domanda tendente all’emanazione di un provvedimento giurisdizionale, ciò che consentirebbe di individuare al fondo di entrambe le disposizioni un criterio di responsabilità oggettiva. L’art. 95 presuppone che il processo esecutivo si sia concluso, si parla espressamente di esecuzione fruttuosa, e che non
si sia arrestato per rinuncia o inattività del creditore procedente, ipotesi per le quali le spese sostenute sono poste, rispettivamente, a carico del rinunciante, in mancanza di diverso accordo tra le parti, a carico di chi le ha anticipate.