La scissione non proporzionale di società

A differenza dell’abrogato codice di commercio, il codice civile vigente, pur a seguito dell’ampliamento della fattispecie operata dalla riforma del 2003, prevede esplicitamente la scissione tra le ipotesi di recesso solo per le società di persone e per le società a responsabilità limitata, ma non, invece, per le società per azioni. Pervero, la legislazione speciale aveva concesso agli azionisti dissenzienti da deliberazioni di scissione, che comportassero l’assegnazione di azioni non quotate, il diritto di recedere ai sensi dell’art. 2437 c.c.; tuttavia, la riforma del 2003, muovendo dalla premessa che il recesso trova qui giustificazione non già nella scissione in quanto tale, bensì nell’assegnazione ai soci di titoli non quotati, ha opportunamente generalizzato tale diritto in relazione ad ogni ipotesi in cui si delibera l’esclusione dalle negoziazioni (art. 2437 quinquies c.c.) o, comunque, si modifichino i criteri di determinazione del valore dell’azione in caso di recesso (primo comma, art 2437 c.c., lett. f); fattispecie queste che, all’evidenza, assorbono il caso della delibera di scissione che preveda, all’esito dell’operazione, l’assegnazione di azioni non quotate. È d’obbligo allora, in tema di recesso distinguere a seconda che si sia in presenza di società per azioni o società a responsabilità limitata. Per le società per azioni, bisogna premettere che il d.lgs. 17 gennaio 2003 n° 6 ha consentito che la disciplina del recesso fosse rivisitata, prevedendo nuove cause di recesso e consentendo allo statuto di ampliare le stesse, anche oltre le cause esplicitamente previste dalla legge, a differenza di quanto poté fare la Commissione Ministeriale quando attuò la direttiva 82/891 CEE.