Fernando Arrabal y su ''Pánico''

“No entiendo por autor dramático verdaderamente sino al que concibe un texto literario expresamente en función de la representación teatral”. Scrittore, attore, critico letterario, uomo di teatro, ma innanzitutto e soprattutto regista, Cipriano de Rivas Cherif fu uno dei primi a rivendicare l’importanza di tale figura all’interno dell’universo teatrale spagnolo d’inizio Novecento. La rappresentazione doveva assumere ai suoi occhi la forma di un concerto sinfonico, orchestrato dal director de escena. Tale intuizione si attaglia perfettamente alla messa in scena del teatro arrabaliano: strutturate magistralmente, le pièces del nostro autore si offrono completamente “libere” e, assolutamente, accessibili a quei registi desiderosi di confrontarsi con un teatro per nulla scontato. Il grado di complicità tra regista ed autore, condizione necessaria al conseguimento di un esito positivo dello spettacolo, viene suggellato dalla fiducia che lo stesso drammaturgo ripone nel direttore artistico: “je suis obbligé de leur faire confiance” afferma al riguardo Arrabal. Fondamentale è che il regista riesca a percepire e, parallelamente, a trasmettere le intenzioni di chi si fa portavoce. Un errore frequente dei direttori di scena, che si occuparono del teatro arrabaliano, fu quello di proporre allestimenti completamente “scollati” dalle sue opere: i testi di Arrabal non sono immutabili; il regista può modificarli e, successivamente, confezionare creazioni autonome rispetto alle originali. Arrabal, infatti, concede al regista una totale libertà: un brave auteur è colui che sprona le metteur en scène a realizzare uno spettacolo prodigioso, a costo di “tradire” l’elaborato del drammaturgo. A volte scioccato, a volte sorpreso, il nostro autore si dispiace, però, di non aver “jamais vu une représentation qui colle à sa pièce, qui corresponde à sa mise en scène intérieure”.