Cantiere per l'esecuzione di un ripascimento con temporaneo deposito in mare: analisi della dispersione dei sedimenti
Il ripascimento artificiale
L’aggiornamento del Piano Coste, risalente alla metà degli anni ’90, ha evidenziato come il ripascimento sia l’attività centrale attorno a cui ruota la strategia di intervento per la protezione delle spiagge. Fino ad allora la sabbia da ripascimento era stata prelevata in gran parte da cave di prestito a terra con conseguente forte impatto ambientale, spreco di risorse fruibili nel campo dell’edilizia e costi elevati: queste ragioni posero l’esigenza di ricercare fonti alternative di prelievo [Preti et al., 1995, 4].
Il confronto fra le varie tecniche e fonti usate fino ad oggi per il ripascimento delle spiagge permette di fare una breve considerazione. Le fonti di prelievo della sabbia sono state: le cave di prestito a terra, le zone litoranee interessate da un costante accumulo di materiale, le barre all’imboccatura dei porti e gli accumuli sottomarini. Tra le diverse modalità di attuazione del ripascimento quella basata sull’utilizzo di sabbie sottomarine è risultata la migliore per i bassi costi unitari della sabbia, per la possibilità di apportare in tempi ridotti ingenti volumi di materiale e per l’impatto ambientale pressoché nullo.
Un progetto interregionale, BEACHMED, conclusosi nel 2004, ha affrontato i problemi legati al ripascimento con sabbie sottomarine lungo alcune delle coste del Mediterraneo occidentale.
Occorre precisare, però, che in Italia l’utilizzo di inerti provenienti dai fondali marini è una pratica poco diffusa e quindi non sono molti gli esempi cui fare riferimento nella definizione e sviluppo di questo tipo di interventi. Contemporaneamente, si osserva la necessità di sottrarre al litorale volumi di sabbia anche notevoli mediante il dragaggio dei porti e la pulizia delle spiagge; inoltre l’aggiornamento del Piano Coste ha mostrato come, dopo molti decenni, è in atto una ripresa del trasporto solido a mare dei fiumi che determina la formazione, in diversi tratti costieri, di consistenti accumuli di sabbia, eventualmente sfruttabili come cave di prestito.
Il dragaggio dei porti, in particolare, è sempre stato da un certo punto di vista uno spreco di risorse naturali e finanziarie. Infatti l’apertura di un canale sottomarino per favorire l’accesso dei natanti ai numerosi porti-canale regionali costringeva a trasportare al largo sabbia di ottima qualità, spesso contaminata da sostanze inquinanti. Inoltre la modificazione della morfologia del fondale ha sempre avuto inevitabilmente breve durata poiché il moto ondoso, sollevando e spostando la sabbia fino a colmare il canale sottomarino, tende a ripristinare la situazione iniziale del fondale e rendere perciò necessaria la ripetizione dell’operazione di dragaggio. Anche per questo motivo l’utilizzo dei sedimenti dragati come materiale di ripascimento rappresenta una soluzione percorribile.
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Cantiere per l'esecuzione di un ripascimento con temporaneo deposito in mare: analisi della dispersione dei sedimenti
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Informazioni tesi
Autore: | Davide Merli |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Ingegneria |
Corso: | Ingegneria civile e ambientale |
Relatore: | Alberto Lamberti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 135 |
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