Il genocidio armeno nella coscienza europea recente
La convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio
Coniato (a quanto sembra) nel 1944 dal giurista polacco Raphael Lemkin, il termine genocidio ha già nella sua etimologia i caratteri terribili che definiscono tale crimine: è infatti l’unione della parola greca ghènos, cioè razza, stirpe, e del verbo latino caedo, uccidere, distruggere. Il concetto, che solo più tardi si evolverà nell’idea di genocidio, fu originato dalle violenze di massa perpetrate contro gli assiri in Iraq nel 1933, che lo stesso Lemkin accostò a quelle degli armeni durante la seconda guerra mondiale. È nel suo libro Axis Rule in Occupied Europe che per la prima volta appare questa parola insieme alla sua definizione.
Lemkin sentì la necessità di un nuovo termine per descrivere la realtà nuova dell’Olocausto, in cui avevano perso la vita circa cinquanta dei suoi parenti più stretti, quando la Polonia fu invasa da Hitler nel 1939. All’indomani della tragedia della Shoah ebraica, la mobilitazione di Lemkin per l’accettazione universale di leggi internazionali che definissero e proibissero il crimine di genocidio sfociò nella risoluzione approvata nel 1946 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che condannava il genocidio come un «rifiuto al diritto all’esistenza di un intero gruppo umano che sconvolge la coscienza dell’umanità», e nell’istituzione di un Comitato giuridico per la formulazione di un trattato che bandisse questo reato. Il suddetto trattato diventò, due anni dopo, la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, che all’articolo II recita: «[...] per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: a) uccisione di membri del gruppo; b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro».
Lemkin ricordò spesso nei suoi scritti l’importanza che ebbero, nella sua formazione e nella determinazione a inserire il genocidio tra i nuovi crimini del diritto internazionale, le violenze sugli armeni avvenute nel corso della prima guerra mondiale, che la pace di Parigi non era stata capace di sanzionare pubblicamente con un processo internazionale.
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Informazioni tesi
Autore: | Gaia Colleoni |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Guido Formigoni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 89 |
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