Striving for Silence
Ragionamenti sulla rovina
Le rovine dell’Acropoli, di Villa Adriana, i templi di Paestum, quelli siciliani di Segesta e Agrigento, e poi i mausolei e monumenti della Via Appia, tanto quanto le rovine marocchine di Palazzo El Badi dall’altro lato del Mediterraneo, obbligano ogni volta a porsi delle domande sulla natura dell’incredibile potenza evocativa del rudere, architettura abbandonata, “morta”, eppure così grandiosamente capace di trasmettere la sua energia. Durante tutto il percorso accademico, interno ed esterno a questo master, la rovina è costantemente tornata a riproporsi come sfida progettuale sempre incredibilmente ardua e diversa. E la sua presenza ha finito per diffondersi anche nelle nostre biblioteche personali, spesso involontariamente. Un tema difficilissimo da snocciolare, a cui a volte è dedicato l’intero scritto, più spesso un breve capitolo, o addirittura solamente una frase. Ognuno cerca di dare una definizione sua di rovina, cerca di spiegare dove si nasconde il suo fascino ambiguo, il suo segreto. Questo capitolo è quindi un tentativo di raccogliere, interpretare e far interagire alcuni dei pensieri incontrati negli anni, tra le pagine di alcuni libri che nel tempo sono diventati parte dell’ossatura culturale del nostro fare architettura, cercando una verità comune, un punto di contatto.
L’obbiettivo è provare a capire perché camminare tra i resti di Villa Adriana, sotto le enormi volte termali romane, o all’ombra delle gigantesche colonne del Partenone sia un’esperienza impossibile da equiparare al visitare un edificio storico “funzionante”, intatto. Da dove ha origine il coinvolgimento emotivo che sentiamo verso le archeologie? Da cosa dipende? E infine, come questo viene minato o tutelato dagli interventi progettuali contemporanei?
Tecnicamente la parola rovina deriva dal latino ruina, derivazione di ruere ossia “precipitare”. Definisce il disfacimento di un edificio, la perdita di alcune sue parti e la sua riduzione a rudere. È quindi nella perdita della solidità e completezza originaria che ha inizio la nuova vita di quello che un tempo era un edificio e oggi rudere?
Su questa immagine si sviluppano le argomentazioni di Franco Purini, che riconosce nella rottura del triangolo vitruviano la ragione di attribuzione di valore alla rovina. In un capitolo di Discorso sull’architettura intitolato Leggere l’architettura nel tempo scrive: “per Vitruvio la venustas è sempre accompagnata dalla firmitas e dall’utilitas. Non è quindi possibile osservarla da sola, constatandone la natura e l’intensità, perché le altre due specificazioni della ragione dell’architettura la immetterebbero in un nucleo inestricabile di riflessioni incrociate. Per considerarla da sola, cioè per quello che è, bisogna eliminare dal triangolo vitruviano la solidità e la funzione. L’eliminazione dei due attributi si realizza solo nel rudere, e quindi la rovina è la forma assoluta della bellezza in architettura.”²
In questo risiede il senso della rovina.
Purini introduce un tema chiave: il disvelamento di un valore segreto. Normalmente nascosto o difficilmente isolabile, si identifica nella bellezza architettonica, descritta alcune pagine più tardi secondo quattro accezioni diverse, ovvero: logica costruttiva, identità plastica del volume, tecnica costruttiva, o come qualcosa di inarrivabile e misterioso; ma ad ogni modo riguardante il rapporto armonioso tra tettonica e architettura che fa sì che “un edificio sia ciò che deve essere”³.
Eppure, non tutte le rovine, pur perdendo alcuni pezzi, strappati via dal tempo, dalla natura e dagli uomini, perdono la loro firmitas, la loro solidità, soprattutto se con questa non intendiamo il puro calcolo matematico, l’efficienza strutturale, ma piuttosto il corpo dell’architettura. Inoltre, non sono questo tipo di rovine, quelle che dopo secoli ancora troneggiano calme sulla sommità di un’acropoli, per esempio, manifestazione fisica e simbolo di solidità? Siamo peraltro dell’idea che firmitas e venustas dipendano l’una dall’altra, struttura e forma, corpo e anima. Parafrasando Aldo Rossi “la forma trae la sua bellezza dalla statica e dalla concezione costruttiva”⁴. È riferendosi a Nervi che Rossi sottolinea “come la bellezza dell’architettura sia legata alle leggi della statica, i materiali, la sua vita interna”⁵.
Se non è la perdita della solidità e dell’utilitas, da dove ha origine il mistero della rovina, la sua aura? Le parole di Louis Kahn vengono riportate a riguardo da Marco Biraghi in Questa è Architettura. Secondo Kahn infatti: “un edificio che è divenuto rovina è nuovamente libero dal vincolo della funzione”⁶. Ciò non significa che ne è privo, ma piuttosto è la “conquista da parte dell’architettura di una sua propria utilitas”⁷, quella di comunicare ed emozionare, la possibilità di andare oltre la prospettiva dell’utile raggiungendo la sua massima “felicità”. Per Biraghi non si tratta quindi di una perdita, la rottura del sacrosanto triangolo vitruviano, ma piuttosto di una trasformazione di senso, la rinascita dell’architettura che si svela per quel che è, e anzi “lascia letteralmente spazio alla firmitas”⁸.
2. F. PURINI, Discorso Sull’architettura: Cinque Itinerari Nell’arte Del Costruire Marsilio Editori spa, Venezia, 2022, p. 64.
3. Ivi, p. 113.
4. A. ROSSI, Introduzione a Pierluigi Nervi, in P. L. NERVI, Scienza o arte del costruire?: Caratteristiche e possibilità del cemento armato, Milano: Città studi, 1997, citato da M. BIRAGHI, Questa è architettura: Il progetto come filosofia della prassi, Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino, 2021, p. 39.
5. Ivi, p. 5.
6. L. KAHN, Remarks (1963) 9-10, citato da M. BIRAGHI, Questa è architettura: Il progetto come filosofia della prassi, Op. cit., p. 37.
7. M. BIRAGHI, Questa è architettura: Il progetto come filosofia della prassi, Op. cit., p. 37.
8. Ibidem.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Striving for Silence
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Informazioni tesi
Autore: | Davide Betti |
Tipo: | Tesi di Master |
Master in | Architettura, archeologia e musealizzazione degli interni |
Anno: | 2024 |
Docente/Relatore: | Tolve Valerio |
Istituito da: | Accademia Adrianea |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 30 |
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