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Uniting for Peace: la Risoluzione 377 A (V) nella prassi delle Nazioni Unite, dal 1950 alla guerra in Ucraina

La guerra tra Russia e Ucraina: il ricorso ripetuto alla procedura basata sulla Risoluzione ''Uniting for Peace''

Nel corso di quest'ultimo capitolo, sarà affrontato il caso legato alla procedura "Uniting for Peace" che ha ispirato questa tesi, ossia la guerra in Ucraina, scoppiata con l'invasione da parte delle forze armate russe il 24 febbraio 2022. Il motivo per cui questo caso ha suscitato l'interesse dell'autrice è la sua particolare collocazione temporale, infatti, esso è sulla carta immediatamente successivo a quello della costruzione del muro nella Palestina occupata, ma nei fatti, fra l'inizio della decima sessione speciale d'emergenza e l'inizio dell'undicesima sono passati ben 25 anni. Inoltre, si tenga a mente che, nonostante la decima sessione d'emergenza fosse iniziata nel 1997, essa è stata sospesa e riaperta a più riprese fino al 2018, suggerendo – fino all'inizio dell'undicesima sessione – un senso di sfiducia nei confronti della Risoluzione Acheson, a causa sia dell'inefficacia delle ultime risoluzioni adottate, sia del fatto che dalla questione palestinese in poi si preferì utilizzare procedure diverse per il collettivo mantenimento della pace e sicurezza internazionali. I possibili motivi di questo ritorno a "Uniting for Peace" saranno ricercati nelle pagine a seguire. Tuttavia, non prima di aver visto i motivi che hanno portato allo scoppio del conflitto, in seguito, sarà analizzato il lavoro dell'Assemblea generale, unitamente all'ordine emesso dalla Corte Internazionale di Giustizia e supportato dall'Assemblea medesima.

I motivi del conflitto
Prima di scendere nei dettagli delle cause che hanno portato la Russia ad invadere il territorio ucraino è necessaria una premessa riguardo la nascita dell'Ucraina come la conosciamo oggi. Infatti, è fondamentale sapere che essa ha raggiunto la totale indipendenza solo nel 1991, a seguito della dissoluzione dell'Unione Sovietica, di cui a suo tempo era stata cofondatrice. Raggiunta l'indipendenza, l'Ucraina si dichiarò uno Stato neutrale ed entrò a far parte Comunità degli Stati Indipendenti, nata dai “resti” dell'URSS con lo scopo di costituire una forma più limitata di associazione tra i nuovi Stati indipendenti. Inoltre, nel 1994, l'Ucraina aderì anche al Partenariato per la pace con la NATO, ossia il programma creato per costruire mutua fiducia tra la NATO, gli Stati europei che non hanno aderito all'Alleanza Atlantica e gli Stati appartenenti all'ex Unione Sovietica. Dunque, da un lato l'Ucraina manteneva relazioni amichevoli con la Russia e gli altri Stati ex sovietici, mentre dall'altro essa iniziava a dimostrare una tendenza di avvicinamento all'Occidente. Le due tendenze divergenti emersero subito nella prima crisi affrontata dall'Ucraina, ossia la secessione della Crimea appoggiata da Mosca e poi ad essa annessa. L'incipit di questa crisi è da ricercare nell'adozione della Prima Costituzione della Repubblica di Crimea, indipendentista, avvenuta il 6 maggio 1992 ma subito rigettata da Kiev. Un secondo tentativo seguì nel settembre 1992, quando venne varata la seconda Costituzione della Repubblica di Crimea che la definiva “Stato entro l'Ucraina”, questa volta tollerata e accettata dal governo di Kiev. Nel 1994, venne eletto primo Presidente della Repubblica Autonoma di Crimea il filorusso Jurij Meškov che espresse apertamente il desiderio di riportare la Crimea sotto la Russia. Ovviamente, tale affermazione suscitò la reazione di Kiev, che non appoggiò l'idea di secessione avanzata dai russofili di Crimea; inoltre, nel 1995 il presidente ucraino Leonid Kučma abolì la presidenza crimeana e soppresse la Costituzione della Repubblica di Crimea. Solo nel 1998 l'Ucraina accettò una nuova Costituzione della Crimea, che garantiva autonomia limitata rispetto alla precedente. Il compromesso del 1998 fu rispettato fino al 2014, quando, la fuga e la deposizione del presidente Viktor Janukovyč creò il clima ideale per una manifestazione anti-ucraina a Sebastopoli, la quale coinvolse 20.000 persone. Alla mattina del 27 febbraio 2014 delle truppe con uniformi non riconoscibili298 iniziarono a occupare i luoghi strategici e gli edifici pubblici in Crimea, compreso l'aeroporto di Sinferopoli e l'istmo che congiungeva la Crimea al resto dell'Ucraina, stabilendo così di fatto una frontiera. In aggiunta, una sessantina di uomini occupò il Parlamento crimeano e vi issò la bandiera nazionale russa. Il Parlamento di Sinferopoli si affrettò a riunirsi lo stesso giorno sotto la presidenza di Vladimir Konstantinov, proclamando, sempre in quella data, la secessione della Crimea dall'Ucraina; inoltre, venne indetto un referendum confermativo per il 16 marzo. Giunti al giorno del referendum, la Crimea era già stata totalmente occupata dalle truppe russe, e in queste condizioni si tenne il referendum; secondo i dati ufficiali votò l'83,01% dei crimeani e il 96,77% scelse l'incorporazione nella Russia. Dunque, il 17 marzo, il Parlamento crimeano dichiarò l'indipendenza della Crimea dall'Ucraina; il giorno successivo, al Cremlino, la Crimea neo-indipendente firmò con Putin un trattato di adesione alla Federazione russa. In ottobre 2014 il Parlamento della Crimea elesse il Primo Ministro Sergej Aksënov a Presidente, mantenendogli il posto di Primo Ministro. Nel 2017 la Russia inaugurò il ponte di Kerč che univa direttamente la Crimea al resto della Federazione russa attraverso la penisola di Taman'. L'annessione della Crimea non lasciò indifferente la comunità internazionale, anzi, provocò alcuni contraccolpi ai danni della Russia. Infatti, Sati Uniti ed Unione Europea reagirono con pesanti sanzioni economiche verso la Potenza orientale. Ovviamente, anche l'Assemblea generale ebbe modo di esprimersi sulla questione, e durante la sessantottesima sessione ordinaria, il 27 febbraio condannò il referendum e l'annessione attraverso una risoluzione appoggiata da 100 voti favorevoli e solo 10 contrari299. Tutto ciò, purtroppo, non ebbe alcun effetto pratico e la Crimea è ora integrata nella Federazione russa, nonostante la sua appartenenza alla Russia non sia riconosciuta dalla comunità internazionale nel suo complesso, come dimostrato dalla schiacciante maggioranza di voti favorevoli che hanno portato all'approvazione della già menzionata Risoluzione 68/262 del 27 marzo 2014, nella quale si dichiarava anche la sovranità ucraina sulla Crimea.
Come precedentemente accennato, nel 2014 ci fu la deposizione del governo di Kiev, e in effetti, questo accadde perché l'Ucraina stava facendo i conti con una seconda crisi, in particolare, si tratta della crisi del novembre 2013 e l'annessa rivolta di Majdan Nezaležnosti. Questa crisi fu originata dal fatto che quel periodo l'Ucraina stava cercando di avvicinarsi all'Unione Europea grazie ad un accordo economico, tuttavia l'allora presidente Viktor Janukovyč, in stretti legami con la Russia, rifiutò di firmare l'accordo di associazione. Tale decisione rappresentò un fulmine a ciel sereno, in quanto Janukovyč si era dapprima dichiarato disponibile per poi cedere alle pressioni di una Russia non disposta ad accettare un'Ucraina realmente indipendente; con ciò si giunse alla crisi ucraina che da quel momento non ha fatto che aggravarsi sino ai tragici avvenimenti di questi ultimi mesi. Una settimana dopo rispetto a questo avvenimento, il 28 novembre 2013, venne convocato un vertice a Vilnius, che purtroppo finì in un fallimento, il quale portò a sua volta ad un aumento delle manifestazioni iniziate già il 21 novembre. Così, nel rigido inverno caratteristico di quella regione, l'opposizione filoeuropea iniziò a manifestare a Kiev, specialmente in Majdan Nezaležnosti, (“Piazza dell'Indipendenza”). Senza scendere nei dettagli dello svolgimento degli scontri, questi raggiunsero in pochi mesi la portata di una vera e propria rivoluzione, portando a Kiev i Ministri degli Esteri di Germania, Francia e Polonia per mediare. Il 21 febbraio 2014, si diffuse la notizia che era stato raggiunto un compromesso fra Janukovyč e l'opposizione sotto l'egida dell'Europa, a tale notizia i poliziotti antisommossa di guardia agli edifici pubblici iniziarono a disertare; ciò fu una sgraditissima sorpresa per Janukovyč che decise di fuggire; lasciando libero accesso agli oppositori. L'accordo prevedeva la restaurazione delle limitazioni ai poteri presidenziali, l'abolizione di una legge che riconosceva il russo come lingua regionale ufficiale, elezioni presidenziali in tempi celeri (entro dicembre 2014) e amnistia generale per tutti i manifestanti, i quali avrebbero dovuto evacuare gli edifici governativi occupati e consegnare le armi da fuoco di cui si erano illegalmente impossessati. Ovviamente, il successo della rivoluzione portò alla caduta del governo e, sempre in forza dell'accordo, si optò per l'installazione di un nuovo governo provvisorio presieduto da Arsenij Jacenjuk, il quale terminò con l'elezione di Porošenko il 25 maggio 2014.
Tuttavia, le turbolenze in Ucraina erano ben lontane dalla fine, infatti lo stesso anno scoppiò un nuovo conflitto interno, questa volta per mano dei separatisti filorussi della regione del Donbass, dove la popolazione è in gran parte russofona ancorché, etnicamente, i russi vi siano in minoranza. In marzo e a inizio aprile 2014 si tennero numerose dimostrazioni anti-ucraine in Donbas. Il 7 aprile, i manifestanti russofili si impadronirono degli edifici governativi di Doneck e proclamarono la “Repubblica popolare di Doneck”, lo stesso giorno venne proclamata anche la “Repubblica popolare di Kharkiv”; quest'ultima ebbe vita breve, al contrario della Repubblica popolare di Doneck. Il 20 aprile, i separatisti filorussi proclamarono anche la Repubblica popolare di Luhans'k; mentre il 28 e 29 aprile si impadronirono degli edifici governativi della città. L'11 maggio 2014, si tennero referenda sulla separazione dall'Ucraina sia in DNR (oblast’di Doneck) che in LNR (oblast’di Luhans'k); l'89,07% votò a favore dell'indipendenza in Doneck e il 96,2% in Luhans'k, con una partecipazione rispettivamente del 74% e 75% al voto. Giunti a questo punto, le cose sembravano andare nella stessa direzione in cui si era diretta la Crimea, tuttavia, la DNR e la LNR non vennero annesse alla Russia, in quanto Mosca non aveva al momento intenzione di annetterle, ma al contempo era decisa a sostenerle. Infatti, il 17 aprile 2014, Putin tenne un discorso in cui si riferì alla storia 6 oblasti ucraini, sostenendo che questi furono dati all'USRR dal governo sovietico di Mosca. Questa fu una dichiarazione importante perché per prima volta il presidente russo iniziò a porre in dubbio pubblicamente la legittimità stessa dell'Ucraina e addirittura l'esistenza di un popolo ucraino a sé stante. Ad ogni modo, il tentativo di secessione provocò lo scoppio di un'atroce guerra civile; da parte ucraina, oltre alle forze regolari, si fece notare il battaglione Azov (di estrema destra), da parte russofila vennero volontari e cosacchi dalla Russia, ma anche volontari dall'estero. Inoltre, fu durante questi scontri che avvenne l'abbattimento dell'aereo della Malaysian Airlines presso la città di Torez in Doneck300. Il 5 settembre venne concordato un primo cessate il fuoco a Minsk (c.d. Protocollo di Minsk301), che purtroppo non durò a lungo; infatti, nel dicembre 2014 ripresero intensi combattimenti attorno all'aeroporto internazionale di Doneck, il quale, nel gennaio 2015, cadde in mano ai separatisti. Il 12 febbraio venne firmata una seconda tregua a Minsk (c.d. Protocollo di Minsk II302); il cessate il fuoco era previsto il 15 febbraio ma i combattimenti, contrariamente a quanto auspicato, si intensificarono fino al 18 dello stesso mese, quando gli ucraini infine lasciarono anche Debal'ceve ai separatisti. Il Protocollo Minsk II istituì una fragile tregua basata sulla spartizione de facto del Donbas fra Kiev e i separatisti (DNR e LNR), in cui i separatisti controllavano buona parte dell'oblast' Doneck e la parte meridionale dell'oblast’ Luhans'k.
Nonostante gli anni successivi non siano stati privi di eventi importanti per la storia ucraina e i suoi rapporti con la Russia, per amor di sintesi, si è scelto di limitare l'introduzione storica al racconto di queste tre crisi, le quali sono state fondamentali nel creare la tensione che ha portato al conflitto armato attualmente in corso. Quindi, qui di seguito si passerà ad analizzare gli eventi immediatamente precedenti all'invasione russa procedendo con un salto in avanti al 2021.
Infatti, nel luglio 2021 venne pubblicato l'articolo di Putin303 in cui sosteneva l'assenza di un diritto all'esistenza separata del popolo ucraino (tornando così alle posizioni dell'epoca imperiale), non tenendo in considerazione il fatto che il mondo era cambiato rispetto al XIX secolo e ciò che, ai tempi, poteva essere considerato possibile e fattibile, diveniva pericoloso, nonché una negazione del secolo di sviluppo dell'identità nazionale ucraina.
Questo articolo rappresenta l'idea alla base della politica di Putin nei confronti delle crisi in Ucraina perché, se un popolo ucraino non esiste, allora non esiste motivo per cui mettere in dubbio la legittimità degli atti commessi dagli indipendentisti, anzi, in quest'ottica sarebbe addirittura plausibile affermare che l'Ucraina non sia uno Stato dal punto di vista giuridico, in quanto provvista di sì territorio e sovranità, ma non di un popolo. Purtroppo, la comunità internazionale non diede a queste dichiarazioni il peso loro peso effettivo; e la conseguenza fu che partire dall'autunno avanzato del 2021 fonti di intelligence occidentali incominciarono a parlare di un'imminente invasione russa dell'Ucraina, facendo notare il forte concentramento di forze russe sulla frontiera fe in Crimea. Con l'arrivo del 2022, la situazione subì un'escalation che non fu possibile arrestare neanche con tempestive reazioni diplomatiche, forse anche a causa delle molte “visite di solidarietà” in Ucraina e delle troppe poche visite (di qualsiasi sorta) al Cremlino. Martedì 15 febbraio la Duma di Stato russa304, con l'appoggio più o meno esplicito di Putin, votò un ordine del giorno in cui invitava Putin a riconoscere al più presto l'indipendenza delle cosiddette “Repubbliche popolari” di Doneck e di Luhans'k; a questa mossa si associò poi il Consiglio della Federazione, la Camera Alta. Lunedì 21 febbraio 2022 Putin decise di dar seguito alle richieste dell'Assemblea federale; quindi, annunciò il riconoscimento de iure della DNR e della LNR, il giorno dopo firmò “trattati di amicizia e alleanza” con le due entità e, infine, iniziò a inviare truppe russe su “richiesta” delle autorità delle due repubbliche separatiste. Due giorni dopo, alle prime ore di giovedì 24 febbraio, le forze armate russe penetrarono in massa in Ucraina, iniziando l'invasione, in spregio, non solo al diritto internazionale, ma anche agli stessi trattati liberamente sottoscritti da Mosca con Kiev. L'obiettivo dichiarato di Putin era quello di rovesciare il legittimo presidente ucraino Volodymyr Zelens'kyj, invitando l'Esercito ucraino a deporlo305; molto probabilmente, con il proposito di instaurare un regime favorevole alla Russia.306
Ora che sono stati delineati i principali eventi storici che hanno portato a quest'ultima crisi, nonché i passaggi centrali che hanno caratterizzato l'escalation prima dell'invasione russa, è possibile procedere ad analizzare il lavoro delle Nazioni Unite, e in particolare dell'Assemblea generale, rispetto alla guerra in corso.





298 In realtà si trattava dei c.d. omini verdi (Little Green Men), ossia gruppo di soldati, indossanti uniformi militari verdi anonime, sprovviste di mostrine e altri simboli che potessero ricondurre ad un corpo d'appartenenza, infine risultati appartenere a truppe d'élite russe.
299 UN Doc. A/RES/68/262, 27 February 2014.
300 Evsngelisti M.; “Precipita aereo di linea malese, abbattuto da un missile al confine tra Ucraina e Russia: 295 morti”, Il Messaggero, (https://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/boeing_aereo_abbattuto_malese_malaysia_precipita_ucraina_russia_295_passeggeri_morti-503088.html), 17 luglio 2014,
301 Il Protocollo di Minsk era un accordo di cessate il fuoco, raggiunto il 5 settembre 2014 dal Gruppo di Contatto Trilaterale sull'Ucraina, composto dai rappresentanti di Ucraina, Russia e delle autoproclamate Repubblica Popolare di Doneck e Repubblica Popolare di Luhans'k. Venne firmato a Minsk, la capitale della Bielorussia, sotto l'egida della Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE).
302 Il Protocollo di Minsk II (anche detto Minsk II), è un accordo, stipulato nel vertice tenutosi a Minsk l'11 febbraio 2015, tra i capi di Stato di Ucraina, Russia, Francia e Germania e fa seguito al Protocollo di Minsk.
303 Putin Vladimir V., “On the Historical Unity of Russians and Ukrainians”, (http://en.kremlin.ru/events/president/news/66181),12 July 2021.
304 La Duma di Stato è la camera bassa dell'Assemblea federale della Federazione Russa.
305 UN Doc. S/2022/154, Letter dated 24 February 2022 from the Permanent Representative of the Russian Federation to the United Nations addressed to the Secretary-General, 24 February 2022.
306 Per tutti i fatti esposti nel capitolo, salvo riferimenti specifici, si è consultato: Vassallo, M. Breve storia dell’Ucraina: Dal 1914 all’invasione di Putin. Italia, Mimesis Edizioni, 2022, Capitolo 10.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Uniting for Peace: la Risoluzione 377 A (V) nella prassi delle Nazioni Unite, dal 1950 alla guerra in Ucraina

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Informazioni tesi

  Autore: Sally Bertone
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2023-24
  Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Antonello Tancredi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 151

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