Il ruolo dell'inetto e il suo riscatto
Montale e Svevo
Dopo aver tratteggiato la figura umanissima di Ettore attraverso le parole della moglie, ci avviciniamo a Italo attraverso i saggi di Eugenio Montale, che, outsider come lui, in un mondo letterario oramai stantio, poté capirne bene la grandezza.
L’autore che decreta il successo di Italo Svevo ha all’epoca ventinove anni, trent’anni meno dello scrittore. Gli scritti che vedono la luce tra il 1880 e il 1923 sono troppo all’avanguardia per non essere capiti che da un autore giovane, In poche parole sono ambedue esordienti. È l’autore Bobi Bazlen, amico di Montale a segnalargli i libri di Ettore, autore delle realtà alternative.
“La realtà non è quella che si vede”30 ebbe a scrivere Montale e questa strofa ben sintetizza la vita dei personaggi raccontati da Italo.
“…L’esordiente destinato a diventare il poeta del nostro Novecento incontra il romanziere che solo sul finire della vita vede compresa e riconosciuta la sua opera. La giovinezza dell’uno si riconosce nella vecchiezza dell’altro, dando vita a un’amicizia singolare, intensa e necessaria, se ancora oggi si pronunciano insieme i nomi di Montale e Svevo.
Nel 1925 “un giovane letterato ligure, di gusti deliberatamente difficili, procedendo nelle sue ricercate e raffinate letture, mise la mano sui romanzi di Italo Svevo. Il giovane letterato era Eugenio Montale; e basta dirne il nome, oggi noto per il bel successo dei suoi versi, per comprendere che alla sua bacchetta di sicuro rabdomante cercatore di sepolte fonti di bellezza e di vene nascoste di poesia, non poteva sfuggire il forte talento del solitario e ignorato triestino”. Così scriveva, sul “Lavoro” di Genova, cinque giorni dopo la scomparsa di Svevo, il 18 settembre 1928, Giovanni Ansaldo.31
Al di là del tanto citato “caso Svevo” pare giusto sottolineare l’importanza che ebbe il carteggio tra i due grandi artisti. Svevo è ormai anziano, sente avvicinarsi la fine della sua vita e Montale gli dà l’occasione di “riconoscersi allo specchio”.
Lo scambio di lettere si apre con i ringraziamenti di Italo a Montale.
“Ancora stupito e quasi incredulo della bella favola per cui, a lui vecchio e disilluso, era giunto, nella sua forma più splendida e aperta, quel riconoscimento invano atteso negli anni giovanili, egli si aggirava nel mondo delle lettere con una curiosità insaziabile, portando su tutto un’attenzione insieme candida e rigorosa” scrisse Solmi nel ricordare la figura del triestino.32
“In quest’uomo rinasce l’antica e sempre rara qualità dell’arte ispirata, che ha volti e cuori umani, semplici forme e talora dimesse. Si parla qui di anni lontani: 1893, 1898! I pochi scrittori che oggi tendono a risultati di quest’ordine sono perciò fuori del nostro discorso…Si potrebbe anche dire che lo Svevo ci ha dato almeno uno di quei romanzi, di vita e psicologia borghese, che tentò di scrivere il primo Verga…La natura dell’autore di “Una vita”, di “Senilità”, di “La Coscienza di Zeno”, è di una qualità più pura e più vicina a noi per tutto che riguardi effetti e risonanze di un ordine che tenteremo, più innanzi, di definire”.33
Montale analizza in modo acuto i tre romanzi di Italo Svevo e il suo approccio alla loro lettura è originale e completo. Senza perderci in brevi riassunti di testi che bene conosciamo, lo citiamo per dire che “Svevo non è riassumibile”. Le sue opere sono fondamentalmente introspettive, gli accadimenti esterni, minimi, quasi banali, si poggiano su trame di vita prive di impennate e di fatti davvero importanti. Tutto avviene nell’ interiorità dei personaggi principali, che si vedono vivere e che colorano con le loro impressioni l’umanità grigia che si “aggira” intorno a loro. Tutti e tre gli scritti possono essere riassunti in un pugno di righe, così come avviene di fatto nei testi di letteratura, e i protagonisti, in queste righe si destrutturano totalmente, fino ad essere classificati come “inetti”, perché non si sono adeguati al contesto. Piccoli pezzi di un puzzle sbagliato.
Da una più attenta lettura, più volte ripetuta, si riesce a conoscerli meglio, a farseli amici, a vincere la loro diffidenza verso chi tenta di approcciarli avvicinandosi troppo. Come una magia, allora, si svelano piccoli loro gesti attenti e umani, se ne riconosce l’umanità fragile che così bene potrebbe caratterizzare ciascuno di noi lettori.
[…]
30 E. Montale, Ho sceso dandoti il braccio, Tutte le poesie, Xenia II, Grandi classici Mondadori
31 Carteggio, Con gli scritti di Montale su Svevo, Introduzione, p. XII
32 Ivi, Introduzione, p. XXI
33 Carteggio, Scritti di Montale, p. 72 (da “L’Esame”, anno IV, fasc, XI XII, novembre – dicembre 1925 pp. 804 – 13)
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Il ruolo dell'inetto e il suo riscatto
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Informazioni tesi
Autore: | Patrizia Sabina Muraglia Bruni |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2022-23 |
Università: | Università Telematica Pegaso |
Facoltà: | Lingua e Cultura Italiana |
Corso: | letteratura contemporanea |
Relatore: | Nunzia Soglia |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 41 |
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